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II, CAP IV LEGGE, CONTRATTO COLLETTIVO E INDIVIDUALE (pagg 231-244)
1. Fonti eteronome e contratto individuale di lavoro - Vediamo ora i rapporti tra legge e contratto di lavoro. La legge, Art.1374 c.c., dice: Il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte quelle conseguenze che ne derivano secondo la legge. Ciò significa che la legge può intervenire sul contratto in genere e quindi anche sul contratto di lavoro in cui interviene pesantemente: infatti mentre un contratto "normale" evoca di solito una situazione di eguaglianza tra le parti stipulanti, nel contratto di lavoro, dato lo squilibrio di potere tra lavoratore e imprenditore, si è sentita l'esigenza di un intervento di fonti superiori (legge e contrattazione collettiva) che consentissero di neutralizzare detto squilibrio. Ciò ha lasciato uno spazio molto ridotto all'autonomia individuale, il che fa del contratto di lavoro un contratto
1. L'integrazione eteronoma è un mix tra effetti voluti dalle parti ed effetti previsti dall'ordinamento.
2. Imperatività e inderogabilità delle norme di legge lavoristiche
Le fonti eteronome (legge e contratto collettivo) non solo si intromettono nel contratto individuale ma devono avere anche la forza di "prevalere" su eventuali clausole difformi presenti in esso. Infatti l'art.1418 c.1 c.c., dispone la nullità delle norme contrattuali difformi, che sono così sostituite di diritto; si tratta di una nullità parziale (cioè solo delle clausole difformi) che non mette in discussione il contratto nella sua interezza. Le norme lavoristiche sono dunque inderogabili. L'imperatività e l'inderogabilità guardano soltanto nella direzione a favore del lavoratore, proibendo l'applicazione, anche solo per via pattizia, di trattamenti peggiorativi per il lavoratore.
3. Relazioni e conflitti
tra fonti eteronome. È normale che ciascuna delle fonti tenti di ampliare il proprio raggio di azione, dando luogo a veri e propri conflitti di potere fra le istituzioni della democrazia parlamentare e quella della democrazia "sociale". Esse sono, peraltro, condannate a convivere, senza attentare all'esistenza dell'altra. Bisogna considerare che la Corte Costituzionale ha affermato che l'intervento della fonte legale deve essere limitato a ciò che si rende necessario per proteggere l'interesse generale, e non deve tradursi in un'espropriazione dell'autonomia collettiva. 4. Concorso di fonti Può succedere che ognuna delle due fonti si occupi di un problema diverso ma la situazione di gran lunga più frequente è quella in cui si verifica un concorso della fonte legale e di quella contrattuale nella disciplina di un medesimo istituto. Tale concorso può essere sollecitato, e tendenzialmente“guidato” dalla fonte superiore, la legge,tramite le già menzionate clausole di rinvio: la legge cioè, si limita a delineare in manieragenerica un istituto, rinviando cioè assegnando al contratto collettivo la funzione di andare nellospecifico (funzione di specificazione).Ad es: art.2110 c.2 c.c., stabilisce che il lavoratore è autorizzato a rimanere assente da lavoro incaso di malattia, ma non dice per “quanto” e delega tale determinazione ai contratti collettivi,ovviamente diversi da categoria a categoria.
-Oltre alla classica funzione di specificazione , nelle clausole di rinvio contenute nella legislazionespeciale emanata dagli anni 80 circa in avanti, ha sempre preso più piede una funzione“autorizzatoria” del contratto collettivo: si tratta di ipotesi nelle quali la legge in nome di unamaggiore flessibilità, ha reso più agevole l’accesso a tipologie contrattuali già esistenti (come
Il contratto di lavoro a termine) o ne ha riconosciute di nuove,(ma rinviandole e subordinandole al controllo sindacale); si parla di "autorizzazione" in quanto queste tipologie sono di massima meno favorevoli per un lavoratore e quindi non dovrebbero essere ammesse; la legge può autorizzarle.
II, CAP V IL CONFLITTO (pagg245-283)
1. Sciopero e teorie sociali
Lo sciopero è il principale strumento di pressione a disposizione dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali per sostenere le proprie rivendicazioni e la pressione consiste nel danno produttivo ed economico che l'astensione collettiva del lavoro comporta per l'imprenditore.
Il diritto al conflitto sociale è riconosciuto dalla Costituzione (art.40) ma rimane non facile da istituzionalizzare in una società civile tendente ad una relativa pacificazione.
Superata la concezione marxista del conflitto di classe e dello sbocco rivoluzionario, lo sciopero si è, per così dire, ridotto.
A strumento di difesa degli interessi.-A partire dagli anni 80 il suo peso è fortemente diminuito nell'industria (soprattutto per la progressiva istituzionalizzazione del conflitto), mentre si è accresciuto nel settore dei servizi, specificamente di quelli "essenziali", non a caso l'unico ad essere stato oggetto in Italia di una regolazione legislativa dello sciopero.-Può pesare sull'appeal dello sciopero la crescente diffusione dell'idea che società complesse come quelle in cui viviamo non possono permettersi il lusso di non limitare, in una misura stabile, il ricorso al conflitto e che le residue possibilità di vincere le sfide economiche del tempo attuale (o, quantomeno, di sopravvivere ad esse), risiedono nell'adozione, da parte di tutti i consociati, di comportamenti cooperatori e partecipativi, piuttosto che conflittuali (M. Biagi).-Oggi si è di fronte a uno scenario complesso, nel quale lo sciopero,
già in sé meno praticato, è stato ormai pienamente integrato nel sistema costituzionale. Esso comunque rimane una pietra miliare dell'ordinamento democratico delineato dalla Costituzione, e continua ad essere uno strumento importante a disposizione dei lavoratori per riequilibrare i rapporti di forza nel mercato del lavoro. 2. La disciplina giuridica dello sciopero - Nei primi anni dell'Unità, vigendo il codice penale sardo, lo sciopero era considerato un reato, tranne che nell'ex Granducato di Toscana. - L'eredità toscana fu raccolta, su scala nazionale, dal codice penale Zanardelli del 1889, dove lo sciopero era penalmente tollerato, pur rimanendo illecito sotto il profilo civilistico cioè i singoli lavoratori (e i sindacati) erano esposti comunque ad azioni di responsabilità contrattuale per inadempimento contrattuale dell'obbligo di lavorare, e potevano dunque essere licenziati. - L'era della tolleranza penale dellosciopero subì un brusco regresso nel periodo corporativo durante il quale lo sciopero tornò ad essere represso penalmente (codice penale del 1930 ispirato da Alfredo Rocco, e tuttora vigente seppur profondamente modificato), i cui artt. 502-505 prevedevano il reato di sciopero (e di serrata) a fini contrattuali o di protesta.
Infine la Costituzione repubblicana proclama lo sciopero come diritto (art.40); si è passati così lungo tre fasi (secondo la tripartizione di Calamandrei): sciopero-reato, sciopero-libertà, sciopero-diritto.
3. Lo sciopero come diritto
Art.40 Cost.: Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano.
Lo sciopero costituisce quindi:
- Una libertà nei confronti dello Stato, anzi un diritto soggettivo pubblico di libertà che impedisce alla legislazione penale di reprimere penalmente lo sciopero
- Un diritto soggettivo del lavoratore nei confronti del datore di lavoro, che consiste nel diritto
Di astenersi dal lavoro senza subire le conseguenze dell'inadempimento contrattuale. - Una tesi che ha avuto largo seguito, sostenuta negli anni 50 da Passarelli, è quella secondo cui lo sciopero costituirebbe un "diritto soggettivo potestativo", cioè il diritto di sospendere la prestazione di lavoro per la tutela dell'interesse collettivo; al suo esercizio corrisponde una posizione di "soggezione" del datore di lavoro. Peraltro di per sé, la qualificazione dello sciopero.
Quali sono le finalità dello sciopero? - È l'autotutela di un interesse collettivo; dunque non il soddisfacimento di esigenze meramente individuali. - Sulla interpretazione di cosa sia l'interesse collettivo la concezione che ha a lungo dominato in dottrina è stata quella dell'interesse professionale collettivo (Passarelli) per cui lo sciopero - diritto sarebbe solo lo sciopero economico-professionale effettuato per
avanzare pretese economiche o normative nei confronti della parte datoriale. Ma la Corte Costituzionale nel 1962 ammise la liceità dello sciopero di solidarietà. Da questa prima pronuncia del 1962, ha preso avvio una lettura in termini ampi del concetto di interesse collettivo, inteso come comprensivo di una gamma più vasta di pretese, per quanto non disponibili dal destinatario immediato dello sciopero; nonché ulteriormente alimentata dall'idea che le forme dello sciopero debbono essere lasciate alla libera determinazione dei soggetti collettivi: quindi sono diventati legittimi lo sciopero politico eccetto quello "sovversivo", lo sciopero nei confronti della pubblica autorità, lo sciopero di coazione (=pressione) sulla pubblica amministrazione. Si aggiunga la risalente enfasi dottrinale sullo sciopero come diritto di uguaglianza sostanziale e di partecipazione democratica. Modalità 7. - Nell'esperienza italiana non è statoquanto alla legittimità delle forme "anomale" di sciopero. La dottrina sosteneva che il diritto di sciopero non potesse essere limitato da considerazioni di correttezza e buona fede, né dalla valutazione del danno subito dall'imprenditore. Negli anni successivi, la giurisprudenza ha iniziato a rivedere la sua posizione, riconoscendo la legittimità di queste forme di sciopero. Si è infatti compreso che il diritto di sciopero non può essere limitato in base a criteri di equilibrio tra i sacrifici del lavoratore e dell'imprenditore, ma deve essere garantito come diritto fondamentale dei lavoratori. Oggi, le forme "anomale" di sciopero sono diventate molto rare, ma la loro legittimità è stata affermata dalla giurisprudenza e dalla dottrina. Questo ha contribuito a rafforzare il diritto di sciopero come strumento di lotta dei lavoratori per la tutela dei propri diritti.rano solo in ambito contrattuale, ma non potevano essere applicati allo sciopero. Inoltre, si sosteneva che lo sciopero fosse un'arma troppo potente nelle mani dei lavoratori, in grado di causare danni economici considerevoli alle imprese e alla società nel suo complesso. Tuttavia, nonostante queste critiche, lo sciopero è riconosciuto come un diritto fondamentale dei lavoratori, sancito dalla Costituzione e da numerosi trattati internazionali. Esso rappresenta uno strumento di lotta per la tutela dei diritti dei lavoratori e per il miglioramento delle condizioni di lavoro. È importante sottolineare che lo sciopero deve essere esercitato nel rispetto delle leggi e dei regolamenti vigenti, evitando comportamenti violenti o illegali. Inoltre, è fondamentale che venga garantita la continuità dei servizi essenziali per la collettività, come ad esempio i servizi sanitari o di emergenza. In conclusione, nonostante le critiche e le controversie che lo circondano, lo sciopero rimane uno strumento di lotta legittimo per i lavoratori, finalizzato alla difesa dei propri diritti e al miglioramento delle condizioni di lavoro.