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16) DESCRIVERE LA DISCIPLINA DEL POTERE DI CONTROLLO DEL DATORE DI LAVORO CONTENUTA
NELL’ART.4 DELLA L. N°300 DEL 1970
Il potere di controllo è diretto a verificare che l’esecuzione dell’attività lavorativa venga effettuata secondo
le modalità stabilite dal datore di lavoro.
L’art.4 della L. n°300 del 1970 è stato modificato dall’art.23 d.lgs. n°151 del 2015. Questa norma disciplina i
controlli a distanza sul lavoro, compiuti tramite impianti audiovisivi (es. telecamere) oppure altri strumenti 18
tecnologici (es. tablet) o informatici (es. computer), prevedendo delle limitazioni.
Preliminarmente, l’installazione e il conseguente utilizzo di tali impianti e strumenti sono consentiti
esclusivamente “per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del
patrimonio aziendale”, anche se da essa derivi la possibilità di un controllo a distanza dei lavoratori.
L’installazione di tali impianti è vietata quando la sua finalità esclusiva sia quella del controllo diretto
dell’attività dei lavoratori.
Inoltre, per installare tali impianti e strumenti è prescritta dalla norma una condizione procedurale: è
necessario il previo accordo collettivo con le rappresentanze sindacali aziendali (o rsu), o, laddove non si
raggiunga l’accordo sindacale, la previa autorizzazione della sede territoriale dell’Ispettorato Nazionale del
lavoro.
Nel caso di imprese c.d. multi localizzate, cioè con unità produttive ubicate in diverse province della stessa
regione o in più regioni, l’accordo può essere stipulato a livello nazionale oppure, in mancanza di accordo,
gli impianti e gli strumenti possono essere utilizzati previa autorizzazione amministrativa rilasciata dalla
sede centrale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro. La funzione di accordo è quella di convalidare la
presenza delle esigenze aziendali che prevedono l’installazione.
17) DESCRIVERE I TRATTI ESSENZIALI DELLA DISCIPLINA DEL POTERE DISCIPLINARE DEL DATORE DI
LAVORO
Il potere disciplinare viene esercitato dal datore. È un potere tipico del contratto di lavoro che consente al
datore di lavoro di punire la violazione degli obblighi di osservanza, di diligenza e di fedeltà che gravano sul
lavoratore senza compromettere la conservazione e la continuità del rapporto di lavoro.
I limiti all’esercizio del potere disciplinare sono contenuti sempre nell’art.2106 c.c. che ha introdotto la 19
regola della proporzionalità della sanzione all’infrazione. L’art.7 St.lav. ha introdotto il principio di legalità
stabilendo che il codice disciplinare aziendale debba indicare le infrazioni e le sanzioni ad esse
corrispondenti. Il codice disciplinare deve essere portato a conoscenza del lavoratore mediante affissione in
luogo accessibile a tutti. L’affissione non può essere sostituita da altre forme di pubblicità.
L’art.7 comma 2 ha introdotto il principio del contradditorio che obbliga il datore di lavoro a contestare al
lavoratore la condotta e a concedergli la possibilità di presentare memorie difensive per iscritto e di essere
ascoltato personalmente entro 5 giorni dalla contestazione prima di irrogare la sanzione stessa. Il
lavoratore può richiedere entro 20 giorni dalla comunicazione della sanzione la costituzione di un collegio
di conciliazione e arbitrato i cui atti hanno natura negoziale.
La sanzione resta sospesa fino alla definizione del lodo che può non solo confermare ma anche modificare
la specie e l’entità della sanzione. La sanzione resta parimenti sospesa fino alla definizione del giudizio
dell’ipotesi in cui il datore di lavoro non intenda aderire alla procedura arbitrale e chieda al giudice
l’accertamento della legittimità della sanzione irrogata. La sanzione diventa inefficace se il datore di lavoro
non provveda, entro 10 giorni, alla nomina del proprio arbitro.
La sanzione della multa non può superare le 4 ore di retribuzione, e la sospensione dal servizio e dalla
retribuzione non può superare i 10 giorni.
Qualora la condotta illecita del lavoratore sia ripetuta nel tempo, si configura a carico del dipendente una
responsabilità disciplinare connotata da maggiore gravità, c.d. recidiva, per la volontà del lavoratore di
eludere sistematicamente l’obbligo di una corretta prestazione.
18) DESCRIVERE LA DISCIPLINA DEL TRASFERIMENTO DEL LAVORATORE (LUOGO)
L’art. 2103 comma 8 c.c., riconosce al datore di lavoro, in presenza di comprovate ragioni tecniche,
organizzative e produttive, il potere di modificare unilateralmente il luogo di esecuzione della prestazione
lavorativa, anche se questo sia stato determinato consensualmente nel contratto di lavoro al momento
dell’assunzione.
Il trasferimento comporta un mutamento definitivo del luogo di lavoro. 20
La tutela si estende a:
a) Qualsiasi operazione che comporti il mutamento della titolarità di un’attività economica
organizzata, con o senza scopo di lucro nel caso di cessione, fusione, usufrutto e affitto d’azienda;
b) Al trasferimento di una sola parte dell’azienda (c.d. ramo d’azienda).
Garanzie offerte al lavoratore:
- Il rapporto continua e mantiene i diritti già maturati;
- Sussiste una responsabilità solidale del cedente e del cessionario a garanzia del soddisfacimento dei
crediti vantati dal lavoratore all’epoca del trasferimento, salva azione di regresso interna tra le
parti;
- Il trasferimento non costituisce un giustificato motivo di licenziamento (ferma la facoltà di recesso
tra le parti);
- Il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti
collettivi vigenti alla data del trasferimento fino alla loro scadenza (se non sostituiti).
Nelle aziende con più di 15 dipendenti per poter effettuare il trasferimento d’azienda è necessario attivare
la procedura sindacale: la comunicazione deve essere scritta.
Per il trasferimento all’estero, la dottrina e la giurisprudenza prevalenti ritengono necessario il consenso
del lavoratore perché l’obbligo di collaborazione non copre un mutamento così radicale delle modalità di
esecuzione della prestazione lavorativa. Di norma è pattuita la corresponsione di un’indennità estero
aggiuntiva rispetto alla retribuzione tabellare e la previsione di rimborsi, spese di viaggio e eventualmente
di alloggio per sé e per la famiglia.
19) DESCRIVERE LA DISCIPLINA DELL’ORARIO DI LAVORO (DURATA)
(D.lgs. 66/2003): “è orario di lavoro qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia a disposizione del datore di
lavoro nell’esercizio delle sue funzioni o della sua attività”. Quindi, qualsiasi periodo in cui il lavoratore è a
disposizione del datore di lavoro nell’esercizio delle sue funzioni
Il tempo di lavoro viene inteso come:
a. Elemento tipico della subordinazione: indice sussidiario e non essenziale per distinguere il lavoro 21
autonomo dal lavoro subordinato;
b. Elemento di definizione delle obbligazioni: tempo come unità di misure delle 2 obbligazioni, il
criterio di determinazione della retribuzione e il criterio di determinazione dell’attività lavorativa.
Il fulcro della disciplina del lavoro è sempre stato quello di fissare dei limiti per quanto riguarda l’orario
settimanale. Secondo il d.lgs. 66/2003 il normale orario settimanale ha una media di 40 ore settimanali e
questo periodo non deve essere superiore ai 12 mesi, in quanto la contrattazione collettiva può prevedere
una multiperiodità sino ad un anno e ore settimanali inferiori rispetto alla legge. Il Decreto 66/2003 ha
introdotto il concetto della MULTIPERIODALITÀ in relazione all’orario di lavoro. Con la multiperiodità
l’orario di lavoro deve essere osservato come media in un certo periodo di riferimento, ultrasettimanale. Il
massimo delle ore di lavoro settimanali, per legge hanno come media 48 ore e per un periodo non
superiore a 4 mesi. Nella contrattazione collettiva se ci sono ragioni oggettive tecniche, inerenti
l’organizzazione, essa può prevedere un periodo per il calcolo dello straordinario fino a 12 mesi.
I limiti stabiliti si riferiscono al lavoro effettivamente svolto quindi certe situazioni non sono computate
nell’orario di lavoro come ad esempio:
- Tempo che occorre per recarsi sul posto di lavoro;
- Risposi intermedi per i pasti;
- Soste di lavoro superiori ai 10 minuti;
- Tempo impiegato per timbratura cartellino;
- Tempo indossato per indumenti di lavoro.
Modifica dell’estensione temporale: non rientra nei poteri del datore di lavoro; la modifica unilaterale della
durata della prestazione
Modifica della collocazione temporale: la legge non fornisce indicazioni precise, ma la giurisprudenza
ritiene possibile la modifica unilaterale della collocazione della prestazione lavorativa come potere direttivo
e organizzativo. (es. da 9-13 a 8-12).
La disciplina dell’orario di lavoro si applica a tutti i settori di attività, pubblici e privati.
Esclusione: la disciplina esaminata dell’orario di lavoro conosce delle eccezioni perché non si applica in
situazioni particolari:
a. Determinate tipologie di lavoratori (es. forse di polizia, forze armate);
b. Determinate attività (es. personale di volo, aviazione civile);
c. Attività di interesse pubblico (es. ufficiale sanitario, protezione civile, biblioteche, musei..)
A tali categorie si applica una disciplina speciale.
Invece, ad alcune tipologie di lavoratori si applica la disciplina generale in materia di lavoro ma non
rientrano nel campo di applicazione dei limiti. Es. lavoratori discontinui, lavoratori in agricoltura, lavoratori
in industrie di ricerca, commessi viaggiatori, giornalisti...
20) IL LAVORO STRAORDINARIO
È il lavoro prestato oltre l’orario normale settimanale fissato dalla legge (quando si eccede il limite delle 40
ore). Il contratto collettivo anche in questo caso svolge un ruolo assolutamente fondamentale:
a. Se regolamenta lo straordinario, prevede anche il limite e non è necessario il consenso del
lavoratore perché si ritiene che l’abbia già conferito (senza giustificato motivo), il datore può
prenderlo; 22
b. Se non regolamenta e non prevede nulla, il lavoratore svolgerà lo straordinario solo sotto suo
consenso e con limite massimo di 250 ore.
Salva diversa disposizione, il limite è di 48 ore settimanali, calcolate come media del periodo di riferimento.
Ipotesi tassative: per alcune specifiche ipotesi previste dalla legge, il lavoro straordinario può essere
richiesto a prescindere dal consenso del lavoratore. Ad esempio:
- Eccezionali esigenze tecniche produttive impossibili da fronteggiare attraverso l’assunzione di nuovi