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Estratto del documento

La giurisprudenza attribuisce una portata residuale alla disposizione,

attribuendole la funzione di consentire l’individuazione dello specifico contratto

collettivo applicabile: ciò ad esempio nel caso in cui il contratto individuale o

l’accordo aziendale facciano un rinvio generico al contratto collettivo. Art. 2070

cc viene riconosciuta la funzione di individuare il contratto collettivo di

categoria al quale rinvia l’art. 36 Statuto: si tratta della clausola sociale,

mediante la quale l’imprenditore, al fine di usufruire di benefici accordati dallo

Stato o di appalti di opere pubbliche si obbliga a garantire ai propri dipendenti

trattamenti economici e normativi non inferiori a quelli previsti dai contratti

collettivi di categoria.

Funzione normativa inderogabile del contratto collettivo –

L’inderogabilità già prevista nel regolamento del 1926 era regolata dall’art.

2077 cc a norma del quale, il contratto collettivo costituisce la disciplina

giuridica comune di tutti i rapporti individuali di lavoro fra datori di lavoro e

lavoratori della categoria alla quale si applica il contratto collettivo; le clausole

difformi sono sostituite di diritto dalle clausole del contratto collettivo. Esso

spiega la propria efficacia normativa (detta anche reale) sia nei confronti dei

contratti individuali preesistenti, sia nei confronti dei contratti individuali

successivi alla sua entrata in vigore, determinando di conseguenza la

modificazione del contenuto dei contratti individuali; fanno eccezione le sole

clausole (speciali condizioni) individuali più favorevoli ai lavoratori, che

trovando fonte nel contratto individuale di lavoro, possono essere modificate

solo consensualmente dalle parti di questo contratto.

Con la soppressione dell’ordinamento corporativo il problema del rapporto tra

contratto collettivo e contratto individuale doveva riproporsi e con esso la

questione dell’applicabilità dell’art. 2077 cc al contratto collettivo di diritto

comune. Nel 1973 il legislatore riformula l’art. 2113 cc e stabilisce l’invalidità

delle rinunce e delle transazioni del lavoratore su diritti derivanti da norme

inderogabili della legge e dei contratti collettivi.

A norma dell’art. 2077.2 cc alla regola dell’inderogabilità del contratto

collettivo fanno eccezione le sole clausole (speciali condizioni) individuali più

favorevoli ai lavoratori, che trovano fonte nel contratto individuale di lavoro,

possono essere modificate solo consensualmente dalle parti.

La giurisprudenza ha per lungo tempo tenuto ferma l’interpretazione restrittiva

dell’espressione “speciali condizioni” che si era affermata nel periodo

corporativo: la deroga al contratto collettivo di diritto comune era dunque

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ammessa solo per le clausole stipulate intitu personae cioè per quelle clausole

riguardanti il singolo lavoratore e le peculiarità tecniche della sua prestazione.

Solo più recentemente la giurisprudenza ha superato tale orientamento

reinterpretando l’espressione “speciali condizioni” nel senso ampio di

qualunque clausola più favorevole al lavoratore, che trovi fonte nel contratto

individuale di lavoro, senza che sia necessario indagare sulla presenza

dell’intitu personae; i giudici riconoscono in tal modo la piena autonomia delle

parti di pattuire trattamenti individuali più favorevoli di quelli previsti dal

contratto collettivo.

Efficacia nel tempo del contratto collettivo – Diversamente dalle leggi, i

contratti collettivi che pure contengono discipline di carattere generale

destinate a regolare in modo uniforme il contenuto di contratti individuali di

lavoro ai quali si applicano, sono discipline a termine, cioè soggette a

scadenza. La durata necessariamente determinata del contratto collettivo

dipende dal fatto che è appunto un contratto, la cui stipulazione rappresenta

un punto di equilibrio raggiunto dalle parti nella regolamentazione dei loro

contrapposti interessi come tale destinato a modificarsi nel tempo. Costituisce

non perpetuità dei vincoli obbligatori,

principio generale la dunque anche se la

data di scadenza non fosse stata prevista dalle parti, i vincoli obbligatori che

trovano fonte nel contratto collettivo, non potrebbero essere perpetui. I

contratti collettivi prevedono una durata dl contratto la cui definizione è

rimessa esclusivamente alla volontà delle parti (attualmente la durata è

triennale sia per i contratti nazionali sia per i contratti aziendali). In genere i

contratti collettivi prevedono la proroga o il rinnovo tacito di anno in anno del

contratto scaduto, che possono essere evitati mediante la disdetta, che

ciascuna delle parti può dare (ordinariamente 3 mesi) prima della scadenza. In

caso di disdetta (atto di recesso unilaterale) il contratto scade al termine dei 3

mesi (o del diverso periodo previsto) e perciò cessa a quella data di produrre

effetti. Ciò non avviene se il contratto collettivo prevede espressamente una

clausola di ultrattività in base alla quale il contratto scaduto (perché

disdetto, ovvero perché privo della clausola relativa al rinnovo tacito) resta in

vigore fino a che non sia sostituito da un nuovo contratto collettivo.

L’ultrattività deve essere espressamente prevista e non è mai implicita.

Secondo l’opinione consolidata della dottrina e della giurisprudenza l’art. 2074

cc (intitolato all’efficacia dopo la scadenza del contratto collettivo) in quanto

disposizione relativa al contratto collettivo corporativo, deve considerarsi

implicitamente abrogato per incompatibilità con i principi sanciti dall’art. 39.1

Cost. è in ogni caso inapplicabile al contratto collettivo di diritto comune. Il

contratto collettivo privo di clausola di ultrattività e definitivamente scaduto

non produce effetti e dunque non è più in grado di disciplinare i rapporti di

lavoro che ne erano destinatari; a tali rapporti restano invece applicabili le altre

discipline (legali e contrattuali) vigenti al momento del contratto collettivo sul

contenuto dei contratti individuali trova la sua spiegazione nella teoria che

configura il contratto collettivo come fonte eteronoma di regolamento,

concorrente con la fonte individuale (oltre che quella legale) del contenuto del

contratto individuale di lavoro.

Sistema contrattuale e contrattazione collettiva – La contrattazione collettiva è

un fenomeno complesso e dinamico: da un lato il singolo contratto collettivo

può avere un ambito di applicazione diverso, a seconda che sia un contratto

nazionale di categoria o un contratto aziendale (o eventualmente anche un

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contratto territoriale); d’altro lato, il contratto collettivo ha una durata

determinata (o determinabile) ed è destinato ad essere sostituito da un nuovo

contratto collettivo; infine nell’ambito di una stessa impresa sono spesso

applicabili contratti collettivi di diverso livello (il contratto nazionale della

categoria e il contratto aziendale, stipulato per quella determinata impresa). La

disciplina delle dinamiche della contrattazione e dei rapporti tra i diversi livelli

contrattuali costituisce il cosiddetto sistema contrattuale: un sistema di regole,

di carattere procedurale, la cui stipulazione ha impegnato per decenni, le parti

sociali. Dopo una lunga fase caratterizzata da una forte centralizzazione della

contrattazione collettiva, all’inizio degli anni 60, i contratti collettivi di categoria

riconobbero la contrattazione articolata, segnando il passaggio dalla

contrattazione nazionale esclusiva ad un sistema contrattuale coordinato su più

livelli di contrattazione. Le regole fissate vennero messe in discussione nella

stagione delle lotte operaie del 68/69 caratterizzata da una intensa attività

conflittuale e contrattuale: la contrattazione raggiunse nel periodo 68/73 il

massimo di decentramento e il minimo di istituzionalizzazione estendendosi nei

contenuti e introducendo innovazioni che superavano i confini posti dai

contratti nazionali.

A partire dalla seconda metà degli anni 70 la crisi economica e le sfavorevoli

condizioni del mercato del lavoro determinarono un processo di nuova

centralizzazione della contrattazione collettiva, che portò al ridimensionamento

della contrattazione aziendale. In quel periodo presero avvio le prime

negoziazione triangolare

esperienze di di procedimenti di politica economica e

sociale tra Governo, Confindustria e le 3 maggiori Confederazioni dei lavoratori.

Una ripresa della contrattazione collettiva a tutti i livelli si ebbe solo nella

seconda metà degli anni 80’ stipulata dalla favorevole congiuntura. All’inizio

degli anni 90’ il peggioramento della congiuntura economica e la sua necessità

di soddisfare i criteri di convergenza per l’unificazione monetaria dell’UE

crearono le condizioni per la realizzazione di importanti accordi (detti di

concertazione sociale) tra Governo e parti sociali. Preceduto dall’accordo

triangolare del 31 luglio 92’ che abolì la scala mobile (il meccanismo di

adeguamento automatico delle retribuzioni al tasso di inflazione, mediante

pagamento dell’indennità di contingenza) il Protocollo del 23 luglio 93’ sulla

politica dei redditi e dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche

del lavoro e sul sostegno del sistema produttivo. Tale sistema è rimasto in piedi

fino al 2009 quando è stato stipulato l’Accordo quadro (AQ) del 22 gennaio

2009. La CGIL ha partecipato alla trattativa ma non ha anche sottoscritto

l’Accordo manifestando aperto dissenso sui contenuti dell’accordo e sul metodo

della negoziazione.

Il sistema contrattuale previsto dal Protocollo era articolato su 2 livelli: -

contratto nazionale di categoria, che aveva una durata quadriennale per la

parte normativa e biennale per la parte salariale (l’accelerazione della parte

salariale era diretta a salvaguardare il potere di acquisto delle retribuzioni); il

contratto aziendale, aveva durata quadriennale. I livelli contrattuali avevano

competenze diverse e non sovrapponibili. La ripartizione delle competenze fra i

due livelli contrattuali si basava sul sistema delle clausole di rinvio (dal livello

nazionale a quello aziendale); era riservata al livello aziendale la gestione delle

vicende aziendali di riorganizzazione e ristrutturazione, attraverso le procedure

di informazione e consultazione sindacale. La coerenza tra i due livelli del

sistema contrattuale era affidata alla disciplina delle RSU e alla competenza

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negoziale congiunta di queste con le associazioni territoriali dei sindacati

nazionali stipulanti il contratto di categoria. L’AQ ha le caratteristiche di un

accordo interconfederale (tra confederazioni sindacali e con

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A.A. 2018-2019
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I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher LawTutor07 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Trieste o del prof Nunin Roberta.