Diritto del lavoro
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PROBLEMA: come si fa a sciogliere i casi dubbi? Specialmente quando sono inerenti a differenze non esplicite tra contratto
individuale e contratto collettivo.
ES. il contratto collettivo dice 50, il contratto individuale dice 30, ma ogni tre mesi dà 60 in più → spalmo i 20 che ti devo dare
secondo il contratto collettivo su tre mesi. Si viola il principio dell’inderogabilità? Il contratto individuale si discosta dal contratto
collettivo?
Per la GIURISPRUDENZA questa situazione è TOLLERABILE: il diritto al salario NON viene meno: è solo spalmato su un periodo
differente. I giudici in questi casi tendono ad essere elastici.
ES. il contratto collettivo dice 50 e dice che lo straordinario è compensato con una maggiorazione del 20%: 50 euro a settimana,
e poi se fai ore in più, 20% dei 50 euro in più nello stipendio. Se il contratto individuale dice che il salario settimanale è 40, ma lo
straordinario è compensato al 50%.
Occorre andare a vedere nel caso concreto → i giudici tendono a comparare i due contratti andando a vedere se la persona ha
subito un danno o no. QUINDI c’è il principio di efficacia oggettiva del contratto collettivo,
ma vi sono dei casi ambigui, a metà; casi in cui i giudici tendono ad essere più flessibili
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STATUTO DEI LAVORATORI L.300/1970 ARTICOLO 28
È una norma processuale, che è importante perché costituisce lo strumento tecnico attraverso cui si concretizzano le maggiori
controversie di diritto sindacale: quasi tutta la casistica del diritto sindacale passa attraverso questa norma.
Art. 28 Repressione della condotta antisindacale
1. Qualora il datore di lavoro ponga in essere COMPORTAMENTI diretti ad impedire o limitare l'esercizio della libertà e della attività sindacale
nonché del diritto di sciopero, su ricorso degli organismi locali delle ASSOCIAZIONI SINDACALI nazionali che vi abbiano interesse, il
pretore del luogo ove è posto in essere il comportamento denunziato, nei DUE GIORNI successivi, convocate le parti ed assunte sommarie
informazioni, qualora ritenga sussistente la violazione di cui al presente comma, ordina al datore di lavoro, con decreto motivato ed
immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.
2. L'efficacia esecutiva del decreto non può essere revocata fino alla sentenza con cui il pretore in funzione di giudice del lavoro definisce il
giudizio instaurato a norma del comma successivo.
3. Contro il decreto che decide sul ricorso è ammessa, entro 15 giorni dalla comunicazione del decreto alle parti, opposizione davanti al pretore
in funzione di giudice del lavoro che decide con sentenza immediatamente esecutiva. Si osservano le disposizioni degli articoli 413 e seguenti
del Codice di procedura civile.
4. Il datore di lavoro che non ottempera al decreto, di cui al primo comma, o alla sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione è punito ai
sensi dell'articolo 650 del codice penale.
5. L'autorità giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti dall'articolo 36 del codice penale.
6. [Se il comportamento di cui al primo comma è posto in essere da una amministrazione statale o da un altro ente pubblico non economico,
l'azione è proposta con ricorso davanti al pretore competente per territorio.]
7. [Qualora il comportamento antisindacale sia lesivo anche di situazioni soggettive inerenti al rapporto di impiego, le organizzazioni sindacali di
cui al primo comma, ove intendano ottenere anche la rimozione dei provvedimenti lesivi delle predette situazioni, propongono il ricorso davanti
al tribunale amministrativo regionale competente per territorio, che provvede in via di urgenza con le modalità di cui al primo comma. Contro
il decreto che decide sul ricorso è ammessa, entro quindici giorni dalla comunicazione del decreto alle parti, opposizione davanti allo stesso
tribunale, che decide con sentenza immediatamente esecutiva.]
Consente al giudice di intervenire per reprimere le CONDOTTE ANTISINDACALI → la norma protegge gli interessi sindacali; è una
norma di reazione alla lesione degli interessi sindacali, ossia tutti quelli che lo statuto protegge nel Titolo II, Titolo III.
A) È un’azione RAPIDA: la risposta giudiziale arriva (teoricamente) entro DUE GIORNI.
B) Serve ad intervenire subito contro le azioni che mettono in pericolo interessi sindacali → CONDOTTA,
COMPORTAMENTI: comportamenti è un concetto che ricomprende molte situazioni; un comportamento potrebbe
essere perfino un’omissione. È una FATTISPECIE STRUTTURALMENTE APERTA.
C) La norma abilita solo UN SOGGETTO ad agire in giudizio, a chiedere l’intervento del giudice: questo soggetto è il
SINDACATO; la norma costruisce una via processuale preferenziale SOLO per il sindacato. Si crea una situazione di
sbilanciamento: l’associazione sindacale ha un’azione processuale che il datore di lavoro NON ha.
COMMA 1:
Tipo di provvedimento reso ex art. 28 → decreto motivato: non è una sentenza! È una cosa meno complessa! Più
rapida. Il decreto:
1- deve comunque essere MOTIVATO
≫
2- è IMMEDIATAMENTE ESECUTIVO era un caso eccezionale nel 1970! Oggi non più. Gli effetti della pronuncia
hanno effetto immediato dal momento del deposito della decisione del giudice.
Il giudice ordina al datore di lavoro:
a- la cessazione del comportamento
b- la rimozione degli effetti
↪ è una tecnica che si limita a poco: il giudice non può fare altro, come per esempio condannare ad un risarcimento del
danno. Il giudice NON può decidere chi ha torto e chi ha ragione. Questo si spiega perché si rispetta il principio che
MENO IL GIUDICE INTERVIENE NELLA SITUAZIONE SINDACALE, MEGLIO E’. Il potere del giudice è limitato al rispristino
della situazione precedente. L’idea di fondo è che il rapporto sindacale si svolge all’interno di quell’ordinamento
sindacale, che non può tollerare la presenza di organismi esterni, come il giudice.
È una fattispecie TELEOLOGICAMENTE ORIENTATA: è diretta ad un fine, al fine di proteggere il sindacato da
comportamenti che hanno una finalità antisindacale; il 28 protegge:
1) Libertà sindacale → ESSERE LIBERI
2) Attività sindacale → AGIRE SINDACALMENTE
3) Esercizio del diritto di sciopero → SCIOPERARE
La norma collega il comportamento alla lesione di uno di questi tre beni: non sono individuate delle ipotesi casistiche
precise, ma sono richiamate delle categorie di beni che possono essere lesi dai comportamenti. La norma può essere
utilizzata per proteggere molte situazioni diverse. 25
ES. se l’imprenditore non concede gli spazi per l’assemblea sindacale, egli rischia un’azione ex 28.
Il giudice competente è il pretore del luogo dove è stato posto in essere il comportamento; nel 1970 il giudice
monocratico di primo grado era il pretore: OGGI in primo grado c’è il TRIBUNALE, che però è MONOCRATICO. In appello
invece i giudici sono tre e l’organismo si chiama corte d’appello.
QUINDI la norma dice pretore, ma noi dobbiamo intendere TRIBUNALE di primo grado.
Procedimento è a cognizione sommaria (“assunte sommarie informazioni”): NON c’è una fase di istruttoria! Il giudice
valuta la situazione molto rapidamente. Il giudice ha l’obbligo di “convocare le parti”: il giudice deve sentire il datore di
≫
lavoro e il sindacato NON è un processo inaudita altera parte.
ES. il sindacato si trova chiuso il locale dove tiene le riunioni: il sindacato “fa un ventotto” (ossia agisce ex art. 28).
Legittimato passivo è il DATORE DI LAVORO. Legittimati attivamente sono gli “organismi locali delle associazioni
sindacali nazionali”, ossia le organismi locali che hanno rapporti con associazioni nazionali. QUINDI:
a- Se un sindacato non è nazionale, NON ha azione ex 28: un sindacato che è solo locale NON può esperire l’azione.
b- Sono escluse le rappresentanze sindacali aziendali. ≫
Questo filtro è una GARANZIA di maggiore serietà dell’azione meccanismo che restringe la legittimazione attiva!
COMMA 2:
Riguarda l’efficacia esecutiva
COMMA 3:
≫
Riguarda la possibilità di IMPUGNAZIONE del decreto il decreto si può impugnare entro MAX 15GG dalla
comunicazione. L’opposizione al decreto avviene davanti al giudice del lavoro, che deciderà con SENTENZA secondo le
regole del diritto del lavoro → si insatura un processo del lavoro standard.
Il 28 è come un PRO-PROCEDIMENTO: se impugnato diventa un procedimento standard.
COMMA 4:
Contiene una specificazione processuale: il datore di lavoro che non ottempera al decreto è PUNITO → per rafforzare il
decreto o la sentenza dopo impugnazione, il 28 prevede una SANZIONE PENALE. Normalmente le sentenze dei giudici
civili NON sono protette da sanzioni penali.
COMMA 5:
Possibilità di pubblicazione della condanna per stigmatizzare la condotta del datore di lavoro
QUINDI: lo schema del 28 è completamente NUOVO per il 1970‼ A quei tempi non c’era nessuna norma che proteggesse il
sindacato.
NB: il procedimento ex 28 NON ESCLUDE LE ALTRE AZIONI: il 28 è un’opzione in più, un’arma in più che lo statuto dà ai sindacati.
LA NORMA NON E’ A DISPOSIZIONE DEI SINGOLI! Ad essere leso può essere un diritto di un singolo,
ma solo il sindacato può agire ex 28: la titolarità è sempre collettiva → si sposta la questione dal
piano individuale al piano collettivo.
IL LAVORO DEL SINDACALISTA E LE ISTITUZIONI
CONFERENZA del 17 OTTOBRE 2017: Andrea Grosselli
Ruolo del sindacalista → nella contrattazione collettiva e in un’ottica più ampia, attuale.
OGGI il sindacato NON rappresenta i giovani: pochissimi giovani lavoratori aderiscono al sindacato.
Il sindacato è un’organizzazione a legame debole: non esiste un vertice come nell’impresa! L’organizzazione sindacale ha una
disseminazione di centri sindacali, che complica e arricchisce l’attività di fare sindacato. Ogni sindacato ha una gerarchia
verticale di categoria (struttura territoriale intercategoriale- struttura regionale intercategoriale), ma anche una gerarchia
orizzontale (provincia-regione-nazione al vertice). [vedi schema sul Giugni]
Il rapporto tra confederazione e singole categorie è molto forte in Italia: nel resto del mondo invece le singole categorie lavorano
senza confederazione (se bisogna negoziare un accordo nella categoria X, interviene la categoria X).
Dalla fine degli anni ’70 il sindacato è diventato oggetto di mercato, proprio perché ha un forte potere di negoziazione, di
contrattazione. OGGI il sindacato interviene anche al di fuori dell’ambito per cui è nato: il sindacato oggi offre assistenza ai
cittadini in tema di pensione, di assistenza fiscale, di assistenza legale (→ perché? Perché lo Stato non riesce ad offrire a tutti
questi servizi!). In realtà oggi molti iscritti il sindacato li fa proprio per questi servizi.
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In Trentino invece il rapporto tra le istituzioni politiche e i sindacati è più forte; ESEMPI di leggi in cui il sindacato deve
necessariamente prendere parte:
- Politiche del lavoro LP 19/1983 - Politiche della salute 16/2010
- Politiche sociali 13/2007 - Politiche abitative 15/2005 ecc
≫
Sfide del sindacato il livello di adesione sindacale sta scendendo in tutti i paesi: molte persone si iscrivono al sindacato MA
non si fidano dell’organizzazione sindacale! Con questo trend, affrontare le sfide è molto difficile: l’organizzazione sindacale
tende a chiudersi.
SFIDA NR. 1 => cambiamenti climatici
SFIDA NR. 2 => invecchiamento; il tasso di crescita della popolazione over 60 è spaventoso. In Trentino il maggior
numero di persone ha più di 40 anni, mentre il livello di natalità è bassissimo. QUINDI: se molte persone sono vecchie, e
poche persone sono giovani e lavorano, NON ci saranno più fondi per pagare tutte le pensioni.
SFIDA NR. 3 => diseguaglianze; oggi il tasso di diseguaglianza sta crescendo (sia nell’ambito del reddito, sia nell’ambito
delle possibilità). Un sociologo americano ha studiato gli anni ’90: 15 milioni di posti di lavoro vennero creati con questa
distribuzione → tantissimi posti di lavoro ad alto reddito da una parte, pochissimi posti di lavoro a basso reddito
dall’altro. OGGI invece ci sono più posti di lavoro a basso reddito, che posti di lavoro ad alto reddito.
SFIDA NR. 4 => innovazione tecnologica: molti posti di lavoro vengono distrutti dalle innovazioni tecnologiche. Anche
nel settore tecnologico ci sono sì grandi innovazioni, ma in crescita è anche l’ “economia dei lavoretti”.
È vero che queste sfide sono determinate da ciò che accade a livello economico, però contano anche le idee. Sarebbe nata la
catena di montaggio senza Adam Smith? Senza Karl Marx avremmo avuto l’idea che il potere è in mano al popolo? È solo grazie a
quest’idea che sono nati i sindacati; è solo grazie all’idea di Marx che il sindacalismo ha potuto cambiare la società, e il
capitalismo. Senza John Maynard Keynes sarebbe nata la teoria della partecipazione dello Stato nell’economia? Per Keynes le
crisi economiche nascono da interventi irrazionali: lo Stato deve intervenire per tenere a bada questi interventi irrazionali.
Grazie a Keynes oggi abbiamo lo strumento della stabilizzazione del reddito nel momento di una crisi economica.
Chi sarà il prossimo che passerà alla storia?
Osservazioni: _____________________________________________________________________________________________
1. Creazione di un sindacato europeo o favorire una collaborazione? C’è una forma di sindacato europeo, che prova a
lavorare, ma non è un vero e proprio sindacato.
2. Quali sono le difficoltà concrete di collaborazione tra i grandi sindacati italiani? Perché ci sono più posti di potere: in
Italia, l’unico soggetto rimasto come ai tempi del muro di Berlino è proprio il sindacato; a livello di politica invece è
cambiato tutto.
3. Perché c’è scarsa adesione da parte dei giovani ai sindacati? Può il sindacato lavorare per trovare una soluzione alla crisi
economica in ambito lavorativo? In Germania si è pensato di ridurre l’orario di lavoro per espandere il livello di
occupazione. I sindacati tedeschi avevano pensato ad una campagna per far avvicinare i giovani al mondo sindacale.
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L. 300/1970 art. 28 (norma processuale) che consente al sindacato di agire in giudizio per tutelare i propri interessi:
Struttura teleologicamente orientata, struttura aperta, non tassativa, di elementi che tendono a ledere i beni protetti
dalla norma, ossia: libertà sindacale, attività sindacale, diritto di sciopero [stesse prerogative del 39+40 Cost].
Elementi di natura processuale (legittimazione attiva + legittimazione passiva) norma a disposizione del sindacato,
ma soltanto gli organismi locali possono utilizzarla per dare avvio ad un procedimento contro il datore di lavoro.
Mira a ripristinare lo status quo ante.
Presidiata da sanzione penale, perché l’inosservanza del decreto disposto dal giudice è presidiata da sanzione penale
Procedimento a cognizione sommaria, che si svolge sempre con il contradditorio (non è INAUDITA ALTERA PARTE)
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ESEMPI DI APPLICAZIONE DEL 28 :
① Tribunale di Bologna, sezione per le controversie di lavoro:
si tratta di una decisione scarna, strutturata in modo molto semplice; è un decreto composto da due pagine (c’è
≫
un’intestazione). Questo è un 28 tipo è un DECRETO, non è una sentenza. Tendenzialmente un giurista guarda per
prima cosa chi ha vinto e chi ha perso.
P.Q.M. (per questi motivi): Il giudice respinge il ricorso e compensa le spese del procedimento:
a- il giudice NON HA ACCOLTO una richiesta di intervento ex 28 → il comportamento antisindacale per il giudice
non c’è. In un processo di lavoro le cause si instaurano con ricorso, non con atto di citazione.
b- Immediatamente dopo troviamo una frase relativa alle spese del procedimento: il giudice compensa le spese del
procedimento, ossia ritiene che in questa decisione NON debba essere addebitata la spesa alla parte
SOCCOMBENTE. Normalmente è chi perde la causa che deve pagare le spese altrui (regola della soccombenza).
Nel processo del lavoro non si applica questa regola, perché i giudici tendono a non punire in modo significativo
le persone che lavorano. Accade raramente che il giudice condanni alle spese il soggetto che lavora. Il 28 nasce
dall’iniziativa del sindacato e nonostante il giudice dia torto al sindacato, egli compensa le spese (per lo più le
spese della tutela legale). Il sindacato paga l’avvocato che lo tutela, l’imprenditore paga l’avvocato che lo tutela.
Quindi il giudice ha imposto un costo all’imprenditore (che comunque ha vinto! → ANOMALIA!), ossia quello di
pagare le spese, anche se ha dato torto al sindacato.
16 luglio 2008: ricorso da parte del sindacato
Bologna, 13 agosto 2008: data in cui viene scritta la decisione, il decreto.
13 agosto 2008: data del deposito, giorno in cui il giudice ha depositato il decreto reso nella sua cancelleria.
Non sempre queste date coincidono (in questo caso analizzato le date coincidono). Possono passare anche giorni dal giorno
in cui il decreto viene scritto al giorno in cui viene depositato in cancelleria. SOLO la data del deposito in cancellaria CONTA,
perché è la data da considerare per il decorso dei termini (ad esempio per il ricorso).
NON sempre le vicende sono vicine al deposito del ricorso. Nell’esempio che stiamo analizzando è presentata una vicenda
avvenuta il 27 settembre 2007 il giudice si pronuncia molto rapidamente dal deposito del ricorso, ma questo non vuol
dire che le vicende siano accadute in tempi vicino alla data del ricorso.
Giudice (monocratico) = Tribunale di Bologna QUINDI il presunto comportamento antisindacale si è verificato a
Bologna. Ricordiamo che per i ricorsi ex 28 giudica il tribunale del luogo in cui si sono verificate le vicende in questione.
≫
“sentite NO inaudita altera parte:
le parti”
Legittimazione passiva: chi è il datore di lavoro? Azienda ospedaliera universitaria di Bologna
Legittimazione attiva: organizzazione provinciale di Bologna (ad agire è il sindacato provinciale: evidentemente
l’area che racchiude questo sindacato è la provincia di Bologna). Il sindacato è CIMO-ASMD = sindacato attivo
nell’ambito della sanità. CIMO = sindacato dei medici => sindacato di mestiere, cioè un sindacato che protegge
un certo tipo di professionista. Non si modella sulla categoria professionale, cioè sull’attività di impresa.
FATTISPECIE: una persona ricoverata in ospedale muore, e all’inizio non si capisce per quale ragione; viene aperta un’indagine
interna e nasce addirittura un’indagine penale (probabilmente su richiesta di intervento da parte dei familiari o d’ufficio).
Accade in particolare che a seguito del decesso di una paziente dopo un intervento di nefrouretectomia sinistra poi rivelatosi
non necessario, l’azienda aveva aperto una propria indagine => Muore una persona, non si sa di chi è la responsabilità, e il
giudice dice che questo avviene dopo un intervento non necessario. La procura della Repubblica avvia un’indagine e
parallelamente anche l’ospedale avvia un’indagine interna. La direzione dell’ospedale cerca di capire che cosa è andato male.
Il giudice ci dice che uno dei provvedimenti disciplinari si era concluso con il recesso dal rapporto di lavoro (licenziamento): il
medico ritenuto responsabile della vicenda. Però dobbiamo tenere conto che questo è solo uno dei diversi procedimenti. Alla
fine l’azienda licenzia un medico. Che cosa dice l’organizzazione sindacale che ricorre al giudice? Ciò è avvenuto in violazione
dell’art. 19 del CCNL 03/11/2005, che prevede l’obbligo di sospensione del procedimento disciplinare qualora sia pendente anche
un procedimento penale. Il sindacato dice al giudice del lavoro che è stato licenziato un medico, violando così una norma del
≫
contratto collettivo che stabilisce che prima di licenziare bisogna aspettare l’esito del processo penale PRIMA IL GIUDIZIO
PENALE, POI IL LICENZIAMENTO.
La ricorrente (CIMO) affermava che la violazione della normativa convenzionale (contrattazione collettiva), per le circostanze e le
attacco diretto all’ordine contrattuale e quindi alla
modalità con cui è stata attuata nel caso di specie, assume il valore di un (…)
stessa posizione dei sindacati che tale disciplina avevano contribuito a porre in essere;
↪ Il sindacato dice che l’azienda ha posto in essere un comportamento antisindacale perché ha violato una norma contrattuale,
ma lo ha fatto in un modo da attaccare i sindacati tale da ledere la posizione dei sindacati attentato all’ordine contrattuale e
quindi alla posizione del sindacato = ATTEGGIAMENTO ANTISINDACALE.
Il 28 è una norma costruita con una teleologia ed è strutturalmente aperta, quindi non deve meravigliarci che ci sia un
comportamento che potrebbe diventare antisindacale proprio perché la norma è aperta => il licenziamento di un medico
potrebbe essere un comportamento antisindacale? Sì, se idoneo a ledere uno dei tre beni giuridicamente protetti.
28
costituendosi in giudizio l’azienda ospedaliera universitaria contestava sotto vari profili l’assunto di parte ricorrente e
Giudice: Secondo l’opinione di
chiedeva il rigetto delle domande in quanto infondate in fatto e in diritto. IL RICORSO è INFONDATO.
nell’ipotesi di violazione della parte normativa del contratto collettivo
gran lungo prevalente in dottrina e in giurisprudenza, è
configurabile un comportamento antisindacale solo quando la condotta si dimostri tale da comportare, per le circostanze e le
modalità con cui viene attuata, un attentato all’ordine contrattuale e quindi alla stessa posizione del sindacato.
Il giudice cita dottrina e giurisprudenza per cristallizzare la tesi per cui la violazione della parte normativa del contratto collettivo
(quella in cui sono indicate le norme, gli istituti, la disciplina dei rapporti di lavoro) può essere invocata soltanto se risulta per le
circostanze e modalità un attentato all’ordine contrattuale.
Non ogni violazione di contratto collettivo è una condotta antisindacale, ma ci vuole qualcosa di più.
che l’art. 19 del contratto collettivo 3 novembre 2005 rientra indiscutibilmente nella parte normativa del contratto
Atteso
collettivo, in quanto attiene esclusivamente alla disciplina del rapporto di lavoro e non riguarda in alcun modo le relazioni
sindacali, va osservato che dagli atti e dalla stessa prospettazione di parte ricorrente non emerge alcun comportamento
dell’azienda ospedaliera idoneo ad né risulta l’intento di sovvertire l’ordine negoziale
impedire o limitare la libertà sindacale, o
di mettere in discussione il ruolo o la posizione del sindacato.
QUINDI: se anche fosse stata violata la norma del contratto collettivo, questa è stata violata una volta sola. Avrebbe carattere
E QUINDI SAREBBE PRIVA DI SISTEMATICITA’. In astratto è una norma
del tutto isolato riconducibile soltanto al caso particolare.
negoziale che appartiene alla parte normativa del contratto collettivo; se fosse stava violata più e più volte avrebbe messo in
discussione l’attività del sindacato, quindi avrebbe portato ad un comportamento antisindacale. IN QUESTO CASO NON è
ANTISINDACALE, perché antisindacale è un comportamento che si ripete sistematicamente e lesivo dell’iniziativa sindacale.
Che cos’è che caratterizza questo dirigente medico dagli altri che sono stati coinvolti nella vicenda? Che è stato licenziato perché
diversamente dagli altri non solo ha avuto una colpa professionale, ma ha fatto qualcosa di più: ha cercato di alterare la cartella
clinica della paziente perché pensava di correggere a posteriori l’errore. Ha esercitato pressioni sul personale infermieristico per
dichiarare/confermare la cartella clinica della paziente.
In una vicenda che attiene ad un recesso potrebbe instaurarsi un’azione per comportamento antisindacale. Il comportamento
antisindacale potrebbe essere quello lamentato dalla parte ricorrente, ma non lo è, perché il giudice dimostra in estrema
rapidità nel decreto che si è trattato di un caso singolo e che manca la violazione dell’ordine contrattuale.
I comportamenti antisindacali:
- non sono tipizzabili a priori
- possono essere comportamenti rilevanti per il singolo, ma con riflessi sul sindacato (licenzio una persona e metto in
discussione l’ordine contrattuale): DUE INTERESSI:
a) Interesse del singolo a non essere licenziato senza ragione
b) interesse del sindacato ad avere rispetto per il proprio ruolo => Il giudice dice che (in questo caso) non c’è stata
violazione del rispetto sindacale; il giudice non si sta pronunciando sul licenziamento, ma si interessa SOLTANTO
della presenza o meno del comportamento antisindacale.
Il sindacato ha un interesse proprio che non è collegato all’interesse del singolo. È molto probabile che gli interessi di entrambi
siano collegati! Ma il 28 tutela solo l’interesse del sindacato.
Se ci sono casi in cui vi sia una sola condotta rispetto alla quale il sindacato abbia interesse ad agire? Se noi diciamo che il
comportamento deve reiterarsi, impediamo la reazione rispetto al caso singolo. Il giudice in questo caso si esprime in questa
direzione perché lo ritiene un episodio poco grave; se ci fosse un comportamento più grave, allora forse basterebbe un solo
episodio.
Nel caso in cui il soggetto licenziato fosse un rappresentante sindacale all’interno dell’azienda ospedaliera? Data la sua posizione
rilevante si utilizzerebbe lo stesso il criterio della sistematicità, oppure in questo caso si utilizzerebbe un altro criterio?
Se l’interesse del sindacato fosse diretto, immediato, se questo medico fosse stato licenziato per la sua attività sindacale, il
giudice cambierebbe il modo di ricostruire la fattispecie.
Passaggio interessante del decreto → va osservato che dagli atti non emerge alcun comportamento idoneo ad impedire o limitare
né risulta l’intento di sovvertire l’ordine negoziale o di mettere in discussione il ruolo del sindacato. (…)
la libertà sindacale,
Come ha esattamente osservato la parte resistente l’ipotizzata violazione della norma, in quanto ha carattere isolato, è priva di
sistematicità, e soprattutto di alcun intento lesivo.
INTENTO vs COMPORTAMENTO DIRETTO A quest’ultimo può essere guardato sia nella dimensione soggettiva che oggettiva
(è oggettivamente tale a …)
↪ Su questo punto esiste giurisprudenza e dottrina che ritiene che sia necessario un INTENTO, ritiene cioè necessario indagare
se il datore di lavoro voleva danneggiare il sindacato. Vi è altra giurisprudenza e dottrina che ritiene che ciò che rilevi sia l’effetto
di ledere l’interesse sindacale. 29
Questo primo caso è un caso rispetto cui il giudice dice che ha carattere isolato e privo di sistematicità (oggettivo), ma poi dice
che è privo di alcun intento lesivo (ho guardato la dimensione soggettiva e ho riscontrato che manca l’elemento soggettivo); è
una lettura che restringe il concerto di comportamento antisindacale, favorevole all’imprenditore.
Spesso noi diciamo che in questi casi il comportamento è PLURIOFFENSIVO (casi in cui due soggetti sono danneggiati: singolo e
sindacato; ma il giudice guarda soltanto all’interesse sindacale).
In una vicenda che tiene insieme un interesse di un singolo e un interesse collettivo, l’accertamento del giudice si concentra su
elementi legati a precedenti sulla dimensione soggettiva, ovvero su elementi come la ripetizione del comportamento; questo
avviene quando la condotta antisindacale lamentata consiste nella violazione di una clausola del contratto collettivo (caso di
prima: non si può licenziare prima dell’emissione della sentenza penale di condanna del dipendente).
QUINDI il 28 è una fattispecie a TUTELA DI INTERESSI COLLETTIVI, che possono coincidere con l’interesse dei singoli.
SE ad essere violata fosse stata una norma collettiva, una clausola del contratto collettivo di quelle che prevedono per esempio
l’informazione al sindacato (norme c.d. “parte obbligatoria del contratto collettivo”: riguarda i rapporti tra soggetti stipulanti).
Se fosse stata violata la clausola per cui l’imprenditore ha l’obbligo di comunicare ai sindacati le ore straordinarie effettuate ogni
mese dai dipendenti → serve a crea un canale di comunicazione tra imprenditore e sindacato. Se l’imprenditore NON dà queste
informazioni ai sindacati → ?. In casi come questo (in cui si viola una norma direttamente indirizzata ai sindacati) non serve la
ripetizione del comportamento: basta che il comportamento si verifichi una volta. Questo perché si tratta di CLAUSOLA CHE
LEGA DIRETTAMENTE IMPRENDITORE E SINDACATO → la violazione porta alla violazione diretta dell’interesse collettivo.
I giudici, quando la violazione ha per oggetto una norma del contratto collettivo, tendono a considerare
comportamento antisindacale anche una sola violazione.
② Tribunale di Torino → Caso in cui gli interessi collettivi emergono in modo più forte.
ESITO → siamo nel Tribunale di Torino nella sezione lavoro; riguarda:
FIOM-CGIL provinciale di Torino (ricorrente) [struttura territoriale più VICINA al luogo dove è stato posto in essere il
comportamento]
VS
FIAT Group S.p.a. (convenuto).
Vi è stato un licenziamento il 13/07/2010, l’udienza conclusiva con le parti risale all’8/10/2010: il provvedimento viene
consegnato il 13/10.
DECISIONE:
Visto l’art. 28 L. 300/1970
dichiara antisindacale la condotta tenuta dalla società convenuta e consistita nel licenziamento disciplinare intimato al
lavoratore X in data XX;
l’immediata cessazione di tale comportamento
dispone ordinando alla società convenuta di dar corso alla reintegrazione di detto
lavoratore nel suo posto di lavoro;
condanna la parte convenuta a rimborsare alla parte ricorrente le spese del giudizio liquidate in complessivi euro 2.500,00 oltre
I.V.A. e C.P.A. [Cassa Previdenza Avvocati]
Si comunichi alle parti costituite.
Provvedimento consegnato in cancelleria per la pubblicazione in data XX
Il Giudice
XX
QUINDI: il giudice ACCOGLIE IL RICORSO → accerta il comportamento antisindacale + condanna il datore di lavoro a cessare il
comportamento ancora in essere + ripristina lo status quo ante. 28, l’O.S (organizzazione sindacale) in epigrafe
VICENDA: il giudice riassume così la situazione → Con il ricorso ex indicata ha
antisindacale tenuta dalla FIAT per aver l’azienda licenziato un
denunciato la condotta lavoratore iscritto alla FIOM e da questa
avendo quest’ultimo: “Nella giornata di XX attraverso l’indirizzo mail aziendale
designato Esperto (cfr. accordo aziendale XX)
inviato a oltre XX lavoratori con la quale affermava che l’azienda giochi con la vita delle persone, RICATTANDO i colleghi ecc”.
[poi il giudice continua qualificando la condotta]
Si tratta di un licenziamento perché il dipendente ha utilizzato la mail aziendale per mandare delle comunicazioni abbastanza
pesanti contro l’azienda ai colleghi → il lavoratore in questione fa questo per creare una solidarietà tra lavoratori FIAT dei vari
stabilimenti.
Tale iniziativa, in conflitto con la policy aziendale, si pone in grave violazione di legge per il contenuto …
Il lavoratore viene accusato di aver usato impropriamente la mail aziendale, attribuendo condotte illecite alla società e incitando
i destinatari della mail a compiere atti illeciti contro la società stessa. Poi il giudice ricostruisce i fatti in modo più analitico.
In questo caso c’è una difficoltà dei lavoratori dell’azienda, che è incrementata dalla presenza di più stabilimenti dell’azienda.
30
Il giudice poi decide in modo molto scarno → Ai fini della decisione vale considerare:
1- L’esperto è una figura di origine negoziale che partecipa della dimensione dei permessi che spettano ai dirigenti
sindacali; l’accordo però dice che gli Esperti non sono qualificabili come rappresentanti sindacali e quindi non possono
accedere ai diritti della L. 300.
2- C’è un sistema di relazioni sindacali che prevede un accordo degli anni ’90 tra FIAT e FIM-FIOM-UILM avente ad oggetto
la distribuzione del monte ore annue tra RSU – Esperti e Segreterie nazionali FIM FIOM UILM.
3- Esiste un altro accordo del ’96 siglato da 4 sindacati FIM FIOM UILM FISMIC ed articolato a livello di Gruppo, di Settore
e di Unità Produttiva, in cui è previsto che in rappresentanza dei lavoratori possano partecipare ai Comitati Esperti o le
RSU.
4- Il giudice conclude dicendo che l’esperto è diverso dal rappresentante sindacale, ma questo non significa che l’esperto
non abbia un ruolo sindacale: questo ruolo è ricostruito dal giudice in base agli accordi. Solo l’esperto può godere dei
permessi tipici previsti per il sindacalista, i quali sono strumento di espressione di LIBERTA’ SINDACALE.
↪ [il giudice ha RICOSTRUITO LO SCENARIO CONCRETO in cui si trova a decidere]
5- Vengono riportati dei DOCUMENTI → quindi un minimo di istruttoria c’è, anche se è un procedimento a cognizione
sommaria. Il giudice dice che non gli interessa il fatto che la mail sia stata utilizzata impropriamente, perché si è
verificato una volta sola! Il licenziamento è dovuto al CONTENUTO di quella mail!
6- La vicenda è parte di quello scenario in cui il fronte sindacale si è spaccato: alcuni sindacati hanno firmato, altri no.
7- La FIAT al tempo diceva che l’unico modo per tenere vivo lo stabilimento di Pomigliano era quello di arrivare ad un
accordo; la FIOM invece contrastava tale accordo che imponeva ai lavoratori di rinunciare ai propri diritti.
8- Nella mail in questione c’è l’elemento diretto di RICATTO e c’è l’elemento indiretto RESISTIAMO E COMBATTIAMO
INSIEME
9- L’azienda contesta la natura veridica, la provenienza di quella lettera: l’azienda non risulta che la lettera circolata in
Polonia sia quella diffusa in Italia → al giudice interessa soltanto valutare il comportamento che consiste nel
licenziamento dovuto al LINGUAGGIO della mail. Tale linguaggio è quello colorito tipico della dialettica politico-
sindacale; questo linguaggio va guardato anche in una dimensione figurata, ossia guardare al significato che le parole
hanno nel senso comune.
10- Il giudice poi comincia a considerare la questione nell’ottica del diritto penale, collegandosi all’idea per cui i reati
costruiti sul pericolo devono avere una proiezione concreta (NO ai pericoli presunti).
dal riferimento ad un’azione, SABOTARE, che evoca un illecito penale, ma senza
11- La condotta in esame è costituita
ulteriore rappresentazione di comportamenti concreti e delittuosi nella realizzazione dei quali avrebbe dovuto
l’adesione dei destinatari dell’e-mail → se per il diritto penale il sabotaggio è illecito per pericolo presunto,
manifestarsi
il giudice del lavoro richiede un riscontro effettivo, concreto, perché si possa parlare di condotta illecita. Per il giudice
del lavoro, e in ambito sindacale, la parola SABOTARE significa contrastare la politica aziendale. Il termine ha
SIGNIFICATO DIVERSO IN MATERIA SINDACALE. La terminologia non risulta lesiva della reputazione altrui.
12- Pertanto, per le ragioni esposte il ricorso deve essere accolto come da dispositivo
Il giudice ha analizzato:
il SOGGETTO licenziato,
la CONDOTTA ritenuta antisindacale
e poi ha SVUOTATO LA DIFESA dell’azienda grazie alla riflessione sulla terminologia utilizzata → la terminologia NON è
espressione di alcun illecito penale o civile.; è soltanto ESPRESSIONE DI FORTE CRITICA SINDACALE.
_________________________________________________________________________________________________________
③ TRIBUNALE DI NAPOLI
Numero di ruolo è il numero progressivo delle cause sezione lavoro.
Parti: attiva Sindacato sociale e lavoro insieme.
Data deposito: 29 luglio 2011 Data decreto: 28 luglio 2011 Data ricorso 24 giugno 2011
Giudice dichiara che il comportamento consistente nell’omettere il versamento
PQM: In accoglimento del ricorso proposto, il
(il datore di lavoro non ha versato al sindacato una parte di retribuzione che gli iscritti possono
delle trattenute sindacali
richiedere di trattenere per versare al sindacato) e condanna la società a cessare il comportamento antisindacale e a restituire il
denaro al sindacato.
Nel processo del lavoro ci sono due momenti rilevanti:
1- deposito del ricorso presso il Tribunale
2- notifica del ricorso, ossia comunicazione alla parte avversa.
Nel processo civile:
1- si notifica
2- si deposita 31
Comportamento antisindacale = OMISSIONE, qualcosa che il datore di lavoro non ha fatto: non ha corrisposto al sindacato le
trattenute. Ha fondamento della domanda, il sindacato afferma che è nato nel 2011: si è costituito in febbraio, e in aprile riceve
le prime tre richieste di adesione da tre lavoratori dipendenti della società convenuta; il sindacato invia tramite lettera
raccomandata alla società convenuta le richieste di adesione, con l’autorizzazione a ritenere dalla busta paga l’1% della
retribuzione mensile. La società resistente comunica poi di non riconoscere come valida l’associazione sindacale.
Una delle prerogative dei soggetti sindacali è quella di essere sostenuti e per questo quello che rileva sono i soldi. Come funziona
il meccanismo?
↪ Art 26 L.300/1970 → Il CO 2 STABILIVA un meccanismo automatico di trattenuta dalla retribuzione: per riscuotere le quote
associative, il sindacato opera attraverso l’intermediazione del datore di lavoro.
1) Nonostante la regolarità della notifica la società convenuta è rimasta contumace → il giudice ha accertato che la parte
ricorrente aveva notificato il 28 alla parte convenuta che però non ha fatto ricorso.
2) Il giudice dichiara di aver acquisito i documenti e si riserva di decidere, il che significa che, diversamente da come dovrebbe
essere, il giudice non si è pronunciato immediatamente, ma si è preso alcuni giorni per decidere. Questo non dovrebbe
capitare, il giudice dovrebbe emettere il dispositivo alla fine della sentenza e in caso riservarsi qual che giorno solo per la
motivazione.
Il giudice accoglie una concezione di antisindacalità molto oggettivata → è antisindacale il comportamento che lede
oggettivamente i diritti collettivi; non conta indagare l’intento lesivo. Il giudice guarda il comportamento per i suoi effetti
oggettivi, non per la sua soggettività. Il giudice aggiunge l’elemento oggettivo è necessario e sufficiente sia nel caso di condotte
tipizzate sia nel caso di condotte non tipizzate.
Le condotte tipizzate sono quelle situazioni prese in considerazione dalle norme, in particolare dallo statuto dei
lavoratori.
Le condotte non tipizzate devono produrre la lesione dell’attività sindacale; possono esserci quindi fattispecie non
elencate nelle norme, che però per come si manifestano, potrebbero ledere gli interessi sindacali. ES: violazione di una
norma di contratto collettivo. Si tratta di condotte che in astratto non sono antisindacali, ma in concreto lo diventano.
Il giudice afferma che ciò che deve essere oggetto di valutazione è l’obiettiva
idoneità della condotta a ledere l’interesse antisindacale.
stessa della procedura d’urgenza oggi in esame postula che la condotta antisindacale sia in atto al momento
Inoltre la struttura
della pronunzia giudiziale ed in questo senso il requisito di attualità La condotta antisindacale è uno strumento che reprime una
sta producendo i suoi effetti nel momento in cui si chiede l’intervento del giudice stesso. => REQUISITO
situazione che
DELL’ATTUALITÀ: si chiede intervento al giudice per una cosa che continua a dare danno; non per una cosa che non dà più
danno che ti dava danno ma ora ha smesso. Il 28 non è strumento per riparare danni provocati dalla condotta altrui; è usato solo
quando gli effetti di questo danno sono presenti nel momento del ricorso. Il problema del ricorso ex 28 non è se la condotta è
esaurita, ma è un problema di effetto che la condotta produce.
STRUTTURA DI UN 28:
Il giudice distingue una prima parte ricostruttiva della fattispecie (cos’è il 28, la norma, la giurisprudenza)
e una seconda parte (che inizia con nel caso sottoposto all’esame del giudice).
Secondo il giudice, questo comportamento ha DUE DIMENSIONI DI ANTISINDACALITA’: (e quindi due dimensioni di libertà)
• legata al singolo, il quale si vede trattenere l’1% della busta paga
• legata all’interesse del sindacato di ricevere i mezzi di finanziamento
↪ Art 39 Cost: L’organizzazione sindacale è libera: la libertà proteggere sia il singolo che il soggetto collettivo.
‘95
La Cassazione a Sezioni Unite nella sent. 28269/2005 ha precisato che il referendum del non ha determinato un divieto di
riscuotere le quote associative sindacali a metodo di trattenuta sulla retribuzione, ma ha soltanto rimosso un obbligo previgente
in tal senso.
Il secondo e terzo comma art 26 sono stati abrogati dal referendum del 95. La norma che in versione originaria proteggeva
direttamente le associazioni sindacali dando loro diritto alla trattenuta, OGGI non esiste più. La norma oggi dice che i lavoratori
hanno diritto di raccogliere i contributi → l’intento è quello di togliere il potere ai sindacati che più si giovavano di questo
≫
meccanismo rendendo il modello già aperto. il meccanismo dell’art 26 co 2 non è scomparso, il meccanismo non è più
configurato come obbligo legale.
Il giudice del 28 del 2011 dice che resta ammissibile senza limitazioni il ricorso a ogni strumento negoziale che consenta il
raggiungimento del medesimo scopo e tra questi, il meccanismo della cessione del credito, incorporata nella delega sindacale e
prevista nel CCNL (contratto collettivo nazionale).
↪ Appoggiandosi a una giurisprudenza di cassazione, il giudice argomenta che è legittimo utilizzare strumenti negoziali analoghi
a quelli un tempo presenti dall’art 26 secondo comma: constata che nel contratto collettivo nazionale applicato nel caso di
specie vi è un meccanismo che sostanzialmente realizza lo stesso risultato della norma abrogata. Questo meccanismo è
negoziale, cioè frutto della stipulazione di un contratto collettivo che prevede in questo caso qualcosa di analogo a quello che
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era presente nel 26 secondo comma. Questo meccanismo negoziale è costruito come CESSIONE DEL CREDITO, come
meccanismo che PRESCINDE DAL CONSENSO DEL DATORE DI LAVORO. QUINDI: io cedo il mio credito al sindacato, se questo
meccanismo è previsto da un contratto collettivo, il datore di lavoro non può opporsi [se si oppone = comp. antisindacale].
Questo caso ci dice che possono esserci comportamenti non tipizzati, che però prevedendo un meccanismo a tutela di un interesse
sindacale può presentarsi come oggettivamente antisindacale. I due versanti (tutela singolo che vuole aderire e la tutela del
soggetto sindacale che riceve benefici finanziari) si cumulano. Il comportamento è lesivo di due interessi distinti.
Il contratto collettivo che il datore di lavoro sta applicando gli impedisce di dire di no alla richiesta di un lavoratore che si manifesta
con l’adesione a un sindacato. Questa norma non è soltanto di parte obbligatoria, è il singolo che chiede la trattenuta, ha anche
una componente di parte normativa in quanto incide direttamente sul salario.
④ TRIBUNALE ORDINARIO DI PISA
In questo decreto, concretamente il giudice definisce la questione: ordina a EGO di dare adeguata pubblicità in azienda del
≫
decreto stesso è una forma di stigmatizzazione del comportamento antisindacale. [28 come strumento per ripristinare e
come pubblicità della giustizia.]
Le parti in causa:
Federazione lavoratori conoscenza della CGIL (federazione all’interno di una confederazione)
consorzio EGO (datore di lavoro).
Le condotte che venivano lamentate come antisindacali sono:
• Aver installato impianti audiovisivi finalizzati a controlli a distanza dei lavoratori —> violazione legge 300/70 art 4
• Aver violato obblighi comunicazione consultazione della trattativa sindacale —> norme in cui è previsto contatto con il
sindacato
• Aver mancato di stipulare un contratto collettivo aziendale e di avere applicato le staff rules —> in quella azienda non c’è un
contratto collettivo aziendale ma vengono applicate regole che il datore di lavoro si è auto-dato
• Non ha erogato premi di produzione, ed ha avviato trattativa informale con una rappresentanza interna dei lavoratori Ego
Costituitosi il contraddittorio: il datore di lavoro chiede il rigetto delle domande → il giudice ascolta entrambe le parti
Fallito il tentativo di conciliazione: il giudice tenta di evitare di andare a decreto e si riserva, ossia non decide sul momento.
Il giudice 1) verifica la legittimazione attiva E 2) verifica l’attualità dell’interesse. Per tutte le diverse condotte poi passa
all’esame del merito delle pretese attrici.
Questo 28 è più articolato; nasce dalla situazione di un’impresa che opera nel territorio di Pisa dove il sindacato asserisce che
mancano alcune procedure:
impianti audiovisivi installati senza il coinvolgimento sindacale
1- norme che prevedono la consultazione e la trattativa sindacale
2- non è stato stipulato un contratto collettivo aziendale
3- non sono stati erogati i premi di produttività
4- Il sindacato non ha avuto ruolo nell’azienda.
All’inizio il giudice tratta della legittimazione attiva e dell’attualità della condotta antisindacale.
FATTISPECIE → Si tratta di un’azienda che ha come acronimo EGO che è sostanzialmente un centro di ricerca, un osservatorio
che ha una dimensione internazionale. È un’impresa che decide di localizzarsi nel territorio italiano e di sottoporsi alle regole del
nostro ordinamento. La caratteristica principale di questo datore di lavoro è quella di agire senza prevedere alcun tipo di
interlocuzione sindacale, agire senza l’interruttore negoziale del sindacato.
Il giudice si trova davanti una situazione anomala, nella quale questa azienda non applica alcun contratto collettivo di qualsiasi
livello: non c’è un contratto collettivo nazionale applicato all’attività produttiva, non c’è un contratto aziendale che regola le
condizioni di lavoro di questi prestatori. Non c’è sindacato e l’imprenditore non ha alcuna intenzione di interloquire con il
≫
soggetto sindacale proprio perché si tratta di un’azienda non italiana, il modello d’azione è costruito su un’idea che l’azienda
elabora regole proprie, comportamentali, che vengono fatte sottoscrivere dai lavoratori all’atto di assunzione (staff rules o
regole unilateralmente poste dall’azienda). Anche il contratto collettivo ha la funzione di regolamentare uniformemente i
rapporti lavorativi, ma in questa situazione le regole poste non sono negoziate dal sindacato: sono imposte dall’imprenditore.
Il modello generale è un sistema regolato dai contratti collettivi in Italia.
Risulta che il sindacato ricorrente (la federazione dei lavoratori della conoscenza) ha chiesto formalmente all’azienda un
incontro per aprire un tavolo di trattativa e l’azienda ha rifiutato. Di fatto il sindacato chiede a un imprenditore di negoziare e
questo rifiuta.
Sembra allora a questo giudice di tutta evidenza come nella specie, diversamente da quanto assume la difesa dì Ego, non si sia
dato un dissenso in ordine a taluni profili (in ipotesi anche generalissimi) attinenti alla regolamentazione del rapporto di lavoro
tra il datore di lavoro ed il soggetto collettivo assunto come rappresentativo, ma più radicalmente il consorzio abbia negato la
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propria disponibilità alla trattativa collettiva, scegliendo la conservazione di un assetto fondato invece su di una
regolamentazione di formazione esclusivamente unilaterale.
C’è un rifiuto alla trattativa collettiva. A questo punto il giudice ragiona sulla rappresentatività del soggetto.
Né può dubitarsi che nella specie il soggetto collettivo che si proponeva come rappresentativo degli interessi dei dipendenti
avesse un astratto titolo al riconoscimento come legittimo interlocutore (seppure non necessariamente l'unico), essendo del tutto
pacifico che 25 dei 50 dipendenti di Ego siano iscritti alla ricorrente associazione (e neppure allegata, per vero e per quanto
inerente ai fini qui di interesse, l'esistenza di diverse affiliazioni sindacali degli altri lavoratori).
Deve allora ritenersi che il contratto collettivo rappresenti nel nostro ordinamento una fonte eteronoma necessaria della
regolamentazione dei rapporti di lavoro in relazione ad una pluralità di aspetti rilevanti ai fini dell'esecuzione delle rispettive
obbligazioni delle parti, così che il datore di lavoro non può dirsi legittimato a sottrarsi radicalmente alla regolamentazione
collettiva dei rapporti di lavoro, restando invece impregiudicata la sua libertà di dare applicazione a contrattazioni anche diverse
da quelle negoziate dalle imprese del suo settore produttivo, ovvero di autonomamente contrattare specifiche regolamentazioni
dei rapporti negoziali in essere con i propri dipendenti.
=> C’è una conclusione radicale in cui nell’ordinamento interno italiano non esiste la possibilità di sottrarsi alla
regolamentazione collettiva. Il datore di lavoro può decidere quale regolamentazione applicare ma non vi si può sottrarre.
Il giudice deve dunque ritenere antisindacale la condotta dell’imprenditore.
P.Q.M. Visto l'art. 28 L. 20.5.1970 n. 300, ogni altra domanda ed eccezione, dichiara l'antisindacalità della condotta di EGO
consistente nella indisponibilità a trattare con la ricorrente associazione, in quanto sindacato rappresentativo dei dipendenti del
consorzio, in relazione generalmente alla disciplina dei rapporti di lavoro dei dipendenti di essa convenuta.
Condotta antisindacale è la sottrazione dalla negoziazione collettiva. E’ una conclusione che mette in discussione il principio
della libertà sindacale anche nella sua dimensione negativa. Si tratta di un decreto discutibile per l’impossibilità di imporre al
soggetto la negoziazione collettiva che si deve conquistare con lo sciopero, se il sindacato non è in grado di raggiungerla non
dovrebbe essere il giudice a concedergliela.
La condotta antisindacale sta nel negare la contrattazione collettiva. Il rifiuto della negoziazione però è stato valutato come
rifiuto alla possibilità della contrattazione. La negazione della disponibilità alla negoziazione collettiva è valutata dal giudice
come antisindacale.
Non può esserci una sentenza del giudice che obbliga una parte a firmare un contratto, quindi questo caso svela quanto è
delicato l’intervento del giudice. Talvolta è necessario trovare un punto di incontro tra l’intervento del giudice e il sindacato e il
28 è uno strumento prezioso ma allo stesso tempo molto delicato perché se gli viene dato l’incarico di supplire a un non
avvenuto incontro delle due volontà delle parti difficilmente riusciamo a ottenere una risposta esaustiva.
Bisogna distinguere tra la disponibilità alla trattativa collettiva e la conclusione del contatto collettivo.
Il 28 protegge le situazioni in cui un datore di lavoro pone in essere comportamenti diretti a impedire o limitare l’esercizio della
libertà sindacale e del diritto di sciopero.
Isolando il caso concreto non ci sono impedimenti all’esercizio del diritto di sciopero. Vi sono comportamenti che limitano o
impediscono la libertà sindacale? Dagli atti non emergono questi comportamenti.
Si tratta quindi di un decreto ex 28 discutibile > > > il giudice non specifica il comportamento antisindacale.
C’è una libertà sindacale negativa dell’imprenditore, perché se noi pensiamo che anche l’imprenditore abbia un diritto di
associazione sindacale, allora pensiamo anche che ci sia un diritto di non farne parte, l’imprenditore può decidere di associarsi a
un sindacato oppure decidere di rimanere fuori. Questo diritto di libertà negativa è protetto dall’ordinamento, in quanto siamo
in ambito privatistico, altrimenti torneremo in un modello pubblicistico in cui è la collettività che si fa carico con una legislazione
organica di dire che i rapporti di lavoro devono essere regolati dai contratti collettivi.
Elementi che possono essere presi in esame:
Rifiuto alla contrattazione è un comportamento antisindacale?
• Se le staff rules fossero migliorative allora sussisterebbe il problema?
• L’antisindacalità del 28 è su quattro versanti e sulla base dell’argomentazione giudiziale viene solo preso in esame il terzo
• punto. E gli altri elementi? magari non avevano necessità di valutazione del giudice nel caso di specie.
Il giudice afferma che l’azienda potrebbe applicare un contratto collettivo diverso rispetto a quello del suo settore produttivo ma
≫
non potrebbe applicare nessun contratto collettivo il principio di libertà sindacale viene letto come se ci fosse la possibilità di
distinguere i contratti collettivi (possibile solo nel sistema privatistico e non in quello pubblicistico) ma non è possibile non
applicare il contratto collettivo oppure negoziare specifiche regolamentazioni. Esiste un diritto alla contrattazione collettiva
secondo il giudice. C’è una parte di dottrina e giurisprudenza che nega l’esistenza di questo diritto. Il giudice aggiunge che
questo diritto deriverebbe dalla carta dei diritti fondamentali dell’unione europea.
Ad avviso di questo giudice peraltro l'illegittimità della condotta di Ego può cogliersi anche in relazione agli obblighi
volontariamente assunti da essa parte, a norma dell'art. 1 delle staff rules, secondo cui la detta regolamentazione unilaterale
avrebbe conservato la sua validità "until EGO ad the Unions representatìves will jointly sign a proper collective agreement", la
previsione de qua non potendo leggersi che come impegno del datore di lavoro a considerare solo provvisoria la disciplina
unilaterale del rapporto, con ogni conseguenza quanto alla dovuta disponibilità dell'ente ad una trattativa con le organizzazioni
sindacali nel merito della disciplina del rapporto di impiego dei dipendenti.
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↪ Nelle staff rules è prevista una specie di norma transitoria in cui le regole fissate dall’imprenditore valgono fino a che
insieme ai sindacati non si giungerà a un contratto collettivo. Il giudice afferma di trovare conferma nelle staff rules, le quali
sono strumenti di regolamentazione provvisoria: esiste quindi una disciplina collettiva successiva.
Il giudice conclude ritenendo illegittima la disciplina non negoziata
Il secondo passaggio si collega al secondo punto antisindacale, quello connesso alla regolamentazione dell’orario del lavoro: il
giudice afferma che esiste una norma di legge che stabilisce alcuni principi per il lavoro notturno: è’ certo che in EGO si lavora di
notte e quindi il principio della indisponibilità a negoziare vale a maggior ragione quando l’indisponibilità a negoziare è su un
tema regolato da legge.
Indubitabile l'obiettiva attitudine di un simile diniego a limitare il diritto della ricorrente alla libera esplicazione della propria
attività di negoziazione sindacale, deve affermarsi l'antisindacalità di dette condotte ed ordinarne la cessazione, così
condannandosi Ego ad AVVIARE con la ricorrente associazione una trattativa sindacale in relazione alla generalità della
regolamentazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti dell'ente e specificamente ex lege 66/2003 in materia di orario di lavoro
Condanna è ad avviare una trattativa, non si può ovviamente chiederne la conclusione.
La questione immediatamente successiva è quella del riconoscimento all’associazione ricorrente dei diritti di cui al Titolo III
dello statuto: l’associazione sindacale ricorrente non aveva nemmeno i diritti del Titolo III (quelli derivanti dal riconoscimento in
azienda). Il problema centrale è la considerazione dell’assenza del sindacato come elemento decisivo.
Per quanto riguarda il profilo di antisindacalità relativo ai premi di produttività: Il giudice dà un’interpretazione molto restrittiva
e afferma che non ci sia prova di un carattere ritornino di questa mancata assegnazione dei premi. L’assegnazione di questi
premi si basava su staff rules, il sindacato non ha dato prova di nessun elemento di antisindacalità.
Del pari sembra alla decidente debba essere respinta la domanda di declaratoria dì antisindacalità della determinazione di Ego
di non liquidare premi accessori nell'anno 2011, non essendovi prova del carattere ritorsivo della detta determinazione (per
quanto non possa dubitarsi essere arduo l'onere gravante sulla ricorrente, in assenza di qualsiasi limite predeterminato alla
discrezionalità datoriale sul punto secondo le staff rules).
→ il giudice ci dà una interpretazione restrittiva: egli non ha prova del carattere ricorsivo di questa mancanza di assegnazione di
premi;
Per gli impianti audiovisivi: Deve infine conoscersi della dedotta violazione da parte di Ego dell'art. 4 della L. 300/1970 per avere
il consorzio, nella prospettazione attrice, installato ed utilizzato impianti audiovisivi ed altri impianti finalizzati o comunque utili
al controllo a distanza della prestazione lavorativa in assenza di accordi con le RSA ed in mancanza di autorizzazione della
competente autorità amministrativa.
Riconsideriamo le prime norme della legge 300/70: TITOLO I
Della libertà e dignità del lavoratore
→
Art. 1. Libertà di opinione I lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa, hanno diritto, nei
luoghi dove prestano la loro opera, di manifestare liberamente il proprio pensiero, nel rispetto dei principi della Costituzione e
delle norme della presente legge.
Art. 2. Guardie giurate.
Art. 3. Personale di vigilanza. 35
ORIGINARIO ARTICOLO 4. Impianti audiovisivi.
1. È vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori.
2. Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza
del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, possono essere installati
soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In
difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di
tali impianti.
3. Per gli impianti e le apparecchiature esistenti, che rispondano alle caratteristiche di cui al secondo comma del presente articolo,
in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o con la commissione interna, l'Ispettorato del lavoro provvede
entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, dettando all'occorrenza le prescrizioni per l'adeguamento e le modalità
di uso degli impianti suddetti. 4. Contro i provvedimenti dell'Ispettorato del lavoro, di cui ai precedenti secondo e terzo comma, il
datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste, la commissione interna, oppure i sindacati dei
lavoratori di cui al successivo art. 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, al Ministro per il
lavoro e la previdenza sociale.
↪ COMMA 1 Nel contesto del 1970 l’impresa è un luogo sottoposta a rischi e quindi è possibile avere personale che la controlli,
ma non è possibile usare impianti audiovisivi che servano a controllare a distanza le persone che lavorano. Lo statuto vuole
evitare che la fabbrica sia un luogo dove si è controllati dalla mattina alla sera, dove il lavoro che si svolge è oggetto di una
telecamera che controlla in modo tale che ci sia spazio di libertà. La norma preserva il valore della libertà dell’individuo
lavoratore.
↪ COMMA 2 e le norme successive prevedono un’eccezione al principio fissato nel primo comma art 4. → Prevedono che vi
possano essere circostanze nelle quali questo controllo è ammissibile: per necessità organizzative
• per necessità di sicurezza
• per necessità di verifica interna
•
NB: è necessario coinvolgere le rappresentanze sindacali in azienda, cioè soggetti sindacali, o l’ispettorato del lavoro.
→ DOPO IL 2011 QUESTA NORMA È STATA MODIFICA DAL JOBS ACT.
Il giudice in questo caso controlla se l’installazione di audiovisivi in base a ciò che il consorzio EGO ha fatto è rispettoso dell’art 4
dello statuto. Da come la questione viene posta sembra di capire che questo consorzio non ha né avuto il consenso delle RSA, né
ha avuto l’autorizzazione dell’ispettorato del lavoro. Il giudice trova antisindacalità.
Del pari dichiarata l'antisindacalità della condotta di EGO consistente nell'avvenuta installazione di impianti ed
apparecchiature potenzialmente idonei al controllo a distanza della prestazione lavorativa in assenza di accordo con i soggetti
sindacali legittimati o di autorizzazione pubblica, il convenuto deve essere condannato alla disinstallazione di detti impianti.
↪ Il 28 qui è collegato alla violazione di un obbligo di legge specifico (art. 4 statuto) e quindi il comportamento è antisindacale
con conseguenze di cessare il comportamento e al ripristino della situazione precedente cioè la disinstallazione degli impianti di
controllo. QUESTA E’ UNA CONDOTTA ANTISINDACALE TIPIZZATA.
L’alternativa dell’art 4 è esattamente l’alternativa che ci consente di dire che non esiste un obbligo a trattare perché prevede
una doppia ipotesi sia che il contratto venga stipulato sia che il contratto non venga stipulato.
QUINDI: il giudice ritiene antisindacale quella condotta del datore di lavoro che si rifiuta di collaborare con il sindacato. Nel
nostro ordinamento NON esiste un principio che riconosce al sindacato il diritto di concludere contratti collettivi. Questo
decreto non è sufficientemente motivato: potrebbero esserci altri comportamenti antisindacali che non emergono dalla
motivazione. Violazione norma statuto lavoratori che vieta l’installazione di impianti audio-visivi senza l’autorizzazione del
sindacato art. 4 L. 300/70 → la norma dà il ruolo al sindacato di controllare questi apparati all’interno dei luoghi di lavoro.
Rapporto tra ciò che la legge stabilisce (diritti) e ciò che il sindacato riesce a conquistarsi con la contrattazione collettiva: nel
diritto sindacale ci sono POCHE NORME (L. 300/70) e alcune disposizioni che prevedono il coinvolgimento del sindacato
direttamente. Per lo più il diritto sindacale è fatto di contrattazione: può avvenire che quando alcune prerogative sindacali non
sono attribuite dalla legge, sono attribuite dalla contrattazione collettiva? SI. Come si colloca dopo il ’95 la possibilità che
l’imprenditore conceda ad altri soggetti la prerogativa di agire sindacalmente? Nella decisione della Corte cost. 244/96 c’è un
passaggio che merita di essere rivisto: I giudici rimettenti muovono da due premesse interpretative che non possono essere condivise: a)
l'art. 19 priverebbe il sindacato dell'"autonomia del proprio riconoscimento", assoggettandolo a un potere di accreditamento del datore di
[≫ il potere di accreditamento potrebbe essere riconducibile al datore di lavoro]
lavoro; b) l'art. 19 conserverebbe tuttavia la funzione
di referente generale per la definizione, anche ai livelli extra-aziendali, della nozione di maggiore rappresentatività.
Il 28 del 2011 di Pisa non mostra un’attività di trattativa del sindacato.
36
Asse portante dell'interpretazione sub a) è la sentenza n. 30 del 1990 di questa Corte, che ha ritenuto non consona alla garanzia costituzionale
dell'autonomia sindacale l'ipotesi di "espansione, attraverso lo strumento negoziale, del potere di accreditamento della controparte
imprenditoriale". Questo concetto, estrapolato dalla motivazione, viene impropriamente applicato all'art. 19 per sostenere che il riconoscimento
di rappresentatività del sindacato, nel cui ambito è stata costituita una rappresentanza sindacale aziendale, sarebbe rimesso all'accreditamento
discrezionale dell'imprenditore. In senso proprio il concetto di "potere di accreditamento" designa il caso in cui il datore di lavoro, nullo iure
cogente, concede pattiziamente una o più agevolazioni previste dal titolo III della legge n. 300 del 1970 alla rappresentanza aziendale di una
associazione sindacale priva dei requisiti legali per averne diritto. E' appunto il caso oggetto del giudizio che ha dato luogo alla citata sentenza
(interpretativa di rigetto), la quale, in adesione alla giurisprudenza della Corte di cassazione, ha reputato inderogabili detti requisiti. La
sentenza non mette in discussione l'idoneità della contrattazione collettiva quale criterio di accertamento della rappresentatività dei sindacati
stipulanti, ma, tutt'al contrario, esclude che, per concessione del datore di lavoro, possano accedere ai benefici del titolo III associazioni
sindacali, prive di rappresentatività presuntiva ai sensi della lettera a) dell'art. 19 (ora abrogata), le quali non siano qualificate, ai sensi della
lettera b), dalla partecipazione alla contrattazione collettiva vigente in azienda.
↪ la corte dice che l’art. 19 nella versione pre referendum aveva due criteri che servivano in alternativa (o A o B); è
incompatibile con la costituzione l’idea che per concessione del datore di lavoro possano accedere ai benefici del titolo III
associazioni sindacali, prive di rappresentatività presuntiva ai sensi della lett. A, le quali non siano qualificate: se fosse possibile
per il datore di lavoro REGALARE prerogative sindacali, si andrebbe incontro ai c.d. sindacati di comodo. L’imprenditore non può
SCEGLIERE/REGALARE i diritti sindacali‼ il sindacato NON può dipendere dal datore di lavoro. Questo è diverso dal dire che è il
contratto che assegna le prerogative, in quanto il contratto è frutto di un’attività di discussione tra sindacati e datori di lavoro.
Guardando al modello precedente delle lett. A e B, OGGI la rappresentatività è sempre concreta, ma è inconciliabile con la
libertà sindacale l’idea di un imprenditore che regala i diritti sindacali.
L’imprenditore PUO’ CONCEDERE LE PREROGATIVE DI AZIONE ma non regalarle! Può concederle ATTRAVERSO LA
NEGOZIAZIONE del contratto collettivo.
Art. 17: è fatto divieto ai datori di lavoro ed alle associazioni di datori di lavoro di costituire o sostenere,
con mezzi finanziari o altrimenti, associazioni sindacali di lavoratori
TRIBUNALE DI PISA 2011: Esiste nell’ordinamento un diritto a concludere contratti collettivi? NO. Esistono però degli obblighi,
che il legislatore può definire, che servono ad avere condizioni equilibrate di negoziazione: non sempre il datore di lavoro può
rifiutarsi di aprire un tavolo di lavoro (ES. art. 4 CO 2 L. 300/70 [versione originale]→ gli impianti e le apparecchiature di controllo
che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze
sindacali aziendali.)
ULTIMO PASSAGGIO DEL 28 DEL 2011: è pacifico che operino nella struttura impianti ed apparecchiature astrattamente idonei al
della prestazione lavorativa […]
controllo a distanza Di detti strumenti il consorzio ha prospettato la necessità a fini
organizzativi e produttivi, neppure allegando tuttavia che la loro installazione sia stata preceduta da un qualche accordo
sindacale o sia stata oggetto di autorizzazione da parte dell’autorità amministrativa.
Il datore di lavoro dice che questi apparecchi sono necessari, ma non c’è accordo con il sindacato: il comportamento è
antisindacale. Nel 1970 esistevano telecamere sul luogo di lavoro: per tutelare il singolo, il sindacato fa valere la libertà.
Ci sono alcune cose che sono tipiche del modo di lavorare comune, come le telecamere, ma ci sono anche altre cose, come i
badge per entrare nei diversi locali dell’azienda, che sono strumenti di controllo. Ma anche i sistemi di controllo degli accessi a
≫ la produttività del lavoratore può essere controllata!
internet, sono utilizzabili per un controllo da parte del datore di lavoro
CONTROLLARE A DISTANZA E IN VIA CONTINUATIVA L’ATTIVITA’ LAVORATIVA e
Questo tipo di controllo è un modo per
se la stessa sia svolta in termini di diligenza e di corretto adempimento se non altro sotto il profilo del rispetto delle direttive
aziendali in materia di accesso ad internet.
VERSIONE ATTUALE ART. 4 L. 300/70 → modificata dalla legislazione Jobs Act; negli anni 2014-15 vi sono state numerose
modifiche legislative nei rapporti lavorativi. Art. 4.
Impianti audiovisivi. (1)
1. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori possono
essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e
possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali
aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale
accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo,
gli impianti e gli strumenti di cui al primo periodo possono essere installati previa autorizzazione delle sede territoriale dell'Ispettorato
nazionale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali, della
sede centrale dell'Ispettorato nazionale del lavoro. I provvedimenti di cui al terzo periodo sono definitivi. (2)
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli
strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.
3. Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al
lavoratore adeguata informazione delle modalità d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal
decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
Articolo così sostituito dall’art. 23, comma 1, D.Lgs.
(1) 151/2015, a decorrere dal 24 settembre 2015.
Comma così modificato dall’art. ottobre 2016.
(2) 5, comma 2, D.Lgs. 185/2016, a decorrere dall’8
37
È venuto meno il divieto del primo comma: la norma comincia dicendo che tutti gli impianti e gli strumenti possono essere
impiegati solo per esigenze organizzative. La NOVITA’ sta nel secondo comma: la regola NON si applica agli strumenti che sono
utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi → è possibile
effettuare controlli senza passare per il contratto collettivo tutte le volte in cui gli strumenti sono necessari al lavoratore per
rendere la prestazione lavorativa. QUINDI: il sindacato ha diritto di contrattare gli strumenti, PURCHE’ non siano strumenti utili
per il lavoro. È consentito controllare i dipendenti senza contratto collettivo o senza ispettorato del lavoro quando il controllo
avviene per il tramite degli strumenti usati per rendere la prestazione lavorativa.
È possibile controllare i lavoratori quando rendono l’attività lavorativa (anche con la potenziale assunzione di una persona
addetta al controllo dei lavoratori).
CONCLUSIONE GIUDICE TRIB. PISA 2011 2 MAGGIO 2012 → ne segue la certa illegittimità della permanenza dei detti sistemi in
quanto attualmente operati in difetto di accordo con i soggetti sindacali legittimati ovvero ordinarsi la disinstallazione in
accoglimento della domanda attrice in tal senso, la titolarità all’accertamento della violazione spettando per consolidata
giurisprudenza anche al sindacato. Il ricorso deve pertanto essere accolto nei limiti sopra esposti e, respinta ogni altra istanza ed
eccezione, dichiarata l’antisindacalità della condotta di EGO consistente nella indisponibilità a trattare con la ricorrente
associazione, in quanto sindacato rappresentativo dei dipendenti del consorzio, in relazione generalmente alla disciplina dei
rapporti di lavoro dei dipendenti della stessa convenuti. 38
DIRITTO DI SCIOPERO
Art. 40 Costituzione
Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano
Il sindacato esiste come soggetto storico in funzione di obiettivi che hanno come strumento fondamentale l’astensione dal
lavoro: lo sciopero è la forma di protesta tipica del mondo sindacale, tipica dei lavoratori. È una forma di protesta
storicamente funzionale a ottenere miglioramenti nel mondo del lavoro; lo sciopero è lo strumento con cui le persone che
lavorano cercano di migliorare la loro condizione.
La norma costituzionale presuppone leggi che regolano il fenomeno. La configurazione dello sciopero come diritto è
proclamata dalla Costituzione → questo per rompere con l’ordinamento precedente, quello corporativo, in cui lo sciopero era
un reato. L’art 40 segna una discontinuità storica.
Osservando questo articolo si capisce che il costituente voleva sancire il diritto di sciopero; poi la legislazione successiva
avrebbe riempito questa norma di contenuti regolamentando, ma questo non è avvenuto. Come per l’art 39 seconda parte ma
per ragioni diverse la legislazione non ha mai visto la luce; in Italia non abbiamo una legislazione sullo sciopero, non c’è alcuna
cornice giuridica legale che descrive che cos’è lo sciopero e come funziona.
Abbiamo però una legge, arrivata negli anni ’90: SULL’ESERCIZIO
LEGGE 146/1990 12 giugno: NORME DEL DIRITTO
DI SCIOPERO NEI SERVIZI PUBBLICI ESSENZIALI
Riguarda il particolare settore dei servizi pubblici essenziali che sono quegli ambiti nei quali si svolgono determinate
prerogative giuridiche; queste prerogative sono descritte dall’art 1 di questa legge:
Art. 1. Ai fini della presente legge sono considerati servizi pubblici essenziali, indipendentemente dalla natura giuridica del
rapporto di lavoro, anche se svolti in regime di concessione o mediante convenzione, quelli volti a garantire il godimento dei
diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione,
all'assistenza e previdenza sociale, all'istruzione ed alla libertà di comunicazione.
Lo sciopero si pone in relazione con altre prerogative della persona → la legge riguarda i casi in cui lo sciopero mette in
discussione alcuni esercizi essenziali volti a tutelare diritti costituzionali della persona. Se viene proclamato uno sciopero delle
ferrovie dello Stato, viene messa in pericolo la libertà di circolazione dei cittadini. Questa legge serve a bilanciare lo sciopero
con altri diritti della persona previsti dalla Costituzione. È una legge su come lo sciopero mette in pericolo le altre prerogative
costituzionali. È una legge che tutela situazioni in cui diritti essenziali entrano in conflitto.
Normalmente lo sciopero non tocca diritti costituzionali di terzi, storicamente lo sciopero tocca un diritto che non è della
persona, ma è il diritto dell’imprenditore a svolgere liberamente la sua iniziativa economica. Nella sua configurazione di base, il
riconoscimento del diritto di sciopero, lo sciopero è contro la libertà d’impresa, mette in discussione le prerogative
dell’imprenditore. Nei casi regolati dalla legge 146/90 si mette in pericolo il diritto costituzionalmente tutelato di un terzo.
Tornando alla radice del fenomeno, lo sciopero per come è nato in origine, scopriamo che lo sciopero nelle miniere è contro
l’imprenditore; lo sciopero è l’arma dei lavoratori contro l’imprenditore.
Cos’è giuridicamente lo sciopero?
Non esiste una legislazione, ma esistono principi ricavati dalla giurisprudenza e dalla dottrina vigente.
Lo sciopero è astensione dal lavoro per migliorare le proprie condizioni, ma poiché non esistono leggi che lo caratterizzano,
dobbiamo ricavare la figura giuridica “sciopero” dalle decisioni giurisprudenziali e dalle elaborazioni dottrinali. Il concetto di
sciopero è un concetto vuoto, riempito dai casi concreti.
ES: Il titolare del diritto di sciopero chi è? “il diritto di sciopero SI ESERCITA”
Qualcuno sostiene che sia il singolo lavoratore, è un diritto della persona —> titolarità individuale
Qualcuno invece sostiene che il diritto di sciopero sia a titolarità collettiva: il sindacato —> titolarità collettiva
L’art 39 parla di sindacato, il diritto sindacale nasce dai lavoratori organizzati collettivamente e lo sciopero funziona solo
attraverso l’unione dei lavoratori: LO SCIOPERO E’ UN DIRITTO A TITOLARITA’ COLLETTIVA.
39
Cambiando la titolarità (individuale o collettiva) cambia anche il tipo di regolamentazione giudica:
se il diritto di sciopero è a titolarità individuale ognuno in qualsiasi momento può esercitarlo
se il diritto di sciopero è a titolarità collettiva lo si può esercitare solo se il sindacato ha dichiarato lo sciopero
Sono i singoli ad avere il potere o sono i singoli che possono esercitare il diritto solo se
il sindacato ha esercitato il suo potere di proclamare l’astensione?
Negli ultimi anni vi sono teoriche, che ricostruiscono lo sciopero come diritto A TITOLARITÀ CONGIUNTA => è sia del singolo
che del sindacato: il singolo e l’organizzazione sindacale non rispondono interamente del diritto.
Qualcuno ha sostenuto che va distinta TITOLARITÀ dall’ESERCIZIO: diritto di sciopero è a titolarità individuale ma ad esercizio
collettivo. Chi sostiene l’altra tesi ha sostenuto che ha titolarità collettiva e esercizio individuale.
TITOLARITA’: sono il soggetto che attiva il dispositivo, ne sono il titolare;
↪ è il momento in cui si concretezza la volontà del titolare di esercitare il diritto di sciopero
ESERCIZIO: significa “attuo il dispositivo”;
↪ momento in cui concretamente pongo in essere l’azione (=astensione dal lavoro, per esempio**)
**NB: Non sempre la modalità è astensione dal lavoro, per esempio se il docente decidesse di parlare 10 min. e stare in silenzio
altri 10 min. così per 1 ora. E prima di fare questo lo stesso docente dice che intende scioperare → questo sciopero si chiama
SCIOPERO A SINGHIOZZO: si tratta di una modalità molto utilizzata perché si minimizza il costo personale e si massimizza il
≫
costo dell’imprenditore Crea una situazione di ingorgo nell’azienda.
Storicamente esistono molte modalità di sciopero:
Se esercito la mia attività normalmente (es: addetto al controllo bagagli in aeroporto) e decidessi di scioperare
controllando tutti a tappeto tutti viene definito SCIOPERO PIGNOLO —> effettuare il lavoro con tanta pignoleria da
diventare dannoso per le tempistiche lavorative.
SCIOPERO BIANCO: scioperare solamente dicendolo, senza fare nulla di diverso dall’eseguire la prestazione.
SCIOPERO A SCACCHIERA: azienda che non si blocca immediatamente in blocco ma progressivamente
Non avendo una cornice giuridica tutte queste ipotesi di sciopero sono lasciate all’interpretazione giurisprudenziale. Sta al
giudice capire se l’azione è protetta dall’art 40 o meno. Se non viene riconosciuto come sciopero può diventare
inadempimento. Lo sciopero è in bilico tra esercizio del diritto costituzionale e la sanzione per inadempimento della
prestazione lavorativa.
Il concetto giuridico di sciopero è indefinito dalla legge ma trova una definizione nella casistica. L’idea intuitiva per cui lo
sciopero è astensione dal lavoro per protesta è in parte corretta ma sciopero è anche caratterizzato da altre forme.
40
Corte di cassazione sentenza n 711/1980 :
decisione che chiude la discussione sulle modalità e configurazione giuridica dello sciopero. In particolare la definizione
giurisprudenziale di sciopero:
Con la parola sciopero, nel nostro contesto sociale, suole intendersi nulla più che un’astensione
collettiva dal lavoro, disposta da una pluralità di lavoratori, per il raggiungimento di un fine comune .
La cassazione rinvia al contesto sociale: il fenomeno “sciopero” esiste nella realtà è concreto; è inutile darne una definizione astratta!
Per sciopero si intende
- un’astensione collettiva → devono esserci più soggetti: è necessario più di un soggetto
- disposta da una pluralità di lavoratori → la corte rispetto alla titolarità immagina che ci debbano essere almeno un
certo numero di lavoratori. La corte non dice espressamente né che la titolarità è individuale né collettiva facendo
salve entrambe le idee. Ma per disporre lo sciopero servono più lavoratori
- per il raggiungimento di un fine comune
In questi tre elementi c’è sempre la dimensione plurale per cui lo sciopero riguarda l’insieme dei lavoratori.
A tale essenziale nozione rimane estranea qualsiasi delimitazione attinente all’ampiezza dell’astensione (se continuativa o
intermittente; se necessariamente estesa a tutto il nucleo aziendale, ovvero se limitabile a determinati settori di esso) o ai suoi
effetti (più o meno dannosi per l’azienda).
La corte ha identificato una nozione minimale (più persone che si astengono collettivamente per raggiungere un fine), ma in
questa situazione non si guardano le modalità e gli effetti → vanno valutati solamente i tre elementi di partenza.
LIMITE DELL’ASTENSIONE:
Questa decisione mette a fuoco l’aspetto del limite della astensione: esiste un limite? Qual è il modo per capire se chi si astiene
collettivamente è protetto dal cono di luce dell’art 40? Il limite per la Corte Costituzionale è la messa in pericolo dell’impresa:
Lo sciopero:
indipendentemente dall’entità
è in sé legittimo, quale che sia la sua forma e del danno arrecato alla produzione;
l’impresa come organizzazione istituzionale,
è invece illecito qualora, ledendo e mettendo in pericolo non come mera
organizzazione gestionale, sia così lesivo di interessi primari costituzionalmente protetti; il che va accertato caso per
caso dal giudice, in relazione alle concrete modalità di esercizio del diritto di sciopero ed ai parimenti concreti pregiudizi
diritto alla vita e all’incolumità delle persone e all’integrità degli impianti
o pericoli cui vengono esposti il produttivi.
Lo sciopero ha come limite quello dell’organizzazione d’impresa, ma non come soggetto che realizza profitti, non come danno
alla produzione, ma come danno alla capacità produttiva dell’impresa cioè come lesione a impianti o lesione alle persone che
lavorano negli impianti.
Ci sono meccanismi per individuare questo tipo di illiceità; lo sciopero può produrre danno economico, e anche ingente, però
non può produrre la lesione della struttura e del soggetto impresa.
Art. 610 c.p. Violenza privata
1. Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare, od omettere qualche cosa è punito con la reclusione
fino a quattro anni.
2. La pena è aumentata se concorrono le condizioni prevedute dall'articolo 339.
Perché il 610 c.p. ci aiuta a capire il limite esterno all’esercizio del diritto di sciopero? Perché, ripensando alla giurisprudenza di
Cassazione (711/1980) si capisce che quello che la sentenza vuole proteggere è la posizione costituzionalmente tutelata di altri
soggetti o l’impresa come istituzione organizzativa. Alla fine i limiti che possiamo ricavare dall’ordinamento sono quelli
delineati da norme incriminatrici → art. 610: il limite dello sciopero è la violenza privata.
La libertà dell’art 40 Cost. finisce dove inizia l’area di tutela dell’art 610 c.p.
L’art 28 quando individua i beni protetti dice: “libertà” e “attività sindacale” e “diritto di sciopero”. Il 28 è anche lo strumento
processuale che protegge l’esercizio del diritto di sciopero. 41
Due limiti:
A. norme che tutelano posizioni soggettive concorrenti e che riguardano le persone (es. 610 c.p.)
B. interesse dell’impresa, la produttività dell’azienda, la sua capacità di continuare a svolgere l’iniziativa
economica
Quando la Corte di Cassazione definisce lo sciopero fa un riferimento alla finalità, dicendo in modo generico che i lavoratori
≫
devono raggiungere un fine comune non dice “per il fine di migliorare le condizione di lavoro”, non dice “per il fine di
ottenere un nuovo contratto collettivo” => SOLTANTO FINE COMUNE.
- ES. Se io sciopero per un miglioramento del mio stipendio mensile —> fine negoziale
- ES. Se sciopero per il licenziamento del mio collega per cause di discriminazione razziale —> ipotesi ricompresa nella
decisione della Cassazione, anche se non è un fine negoziale. Sciopero non ha fini contrattuali
- ES. Trump decide di invadere l’Europa e l’università sciopera in modo legittimo perché sussistono i tre elementi del
diritto di sciopero nonostante il fine dello sciopero sia politico.
Vi sono quanto alle finalità diverse ipotesi di sciopero:
Fine contrattuale (per aumento salariale, per turni di notte ecc)
• Fine non contrattuale ma normalmente riconducibili al fine di solidarietà, legati alla dimensione dei rapporti lavorativi (es. il
• mio collega è stato licenziato, l’azienda trasferisce lo stabilimento ecc.)
Altri fini: politici (es. contro le pensioni, contro la legge Fornero ecc)
•
Categorie ricondotte allo sciopero protetto dall’art 40 Cost.
ART. 3 CO 2 COST.: idea di base è che la Repubblica garantisce uguaglianza formale e promuove le condizioni per cui i cittadini
partecipano alla vita economica politica e sociale del paese.
QUINDI: la Costituzione rimanda a leggi, che però NON ci sono.
Abbiamo visto la decisione 711/1980 della Cassazione definizione di sciopero che si basa su tre fondamentali elementi:
- Proposta da parte di più soggetti
- Attività di più sciopero
- Finalità
“SCIOPERO E’ CHI SCIOPERO FA!” → una definizione generica di sciopero consente di adattare il fenomeno ai tempi, ai casi.
Tribunale di Trento
La questione nasce perché un datore di lavoro (Lidl Italia) fa causa ad un soggetto persona fisica (Caramelle Roland).
Non è un 28, perché l’attore è il datore di lavoro. Il convenuto è una persona fisica, la quale è anche però il soggetto che
rappresenta il sindacato (segretario della FILCAMS – CGIL = federazione dei pubblici servizi e commercio).
L’imprenditore fa causa alla persona fisica, perché vi è stato uno sciopero che ha prodotto dei danni all’impresa.
La parte attrice chiede nel merito:
“Nel merito:
condannarsi il signor R. C. a risarcire il danno emergente, il lucro cessante ed il danno all'immagine subiti dalla società attrice
in relazione ai fatti avvenuti in data 20 settembre 2008 avanti alla filiale di Trento, siccome descritti nel presente atto e
confermati in corso di causa; danni da liquidarsi in corso di causa, anche con ricorso all'equità integrativa del giudice adito, e
sin d’ora si quantificano in €74.394,23 o in quella somma maggiore o minore che risulterà di giustizia.
che
Con la rivalutazione monetaria dal fatto alla sentenza e con gli interessi legali sulla somma rivalutata dalla data della condanna
all'effettivo soddisfo. Con vittoria di spese ed onorari.”
CONCLUSIONI DI PARTE CONVENUTA: [rigetto domanda attore]
“In via principale:
rigettarsi tutte le domande azionate da controparte nell'atto di citazione in quanto integralmente infondate in fatto e in diritto per
i motivi tutti esposti in narrativa e/o per tutti quelli che dovessero emergere in corso di causa.
Con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa”
Questo è un RICORSO CIVILE. Non è un procedimento a cognizione sommaria. È la sentenza resa in un processo civile che aveva
ad oggetto la richiesta di risarcimento del danno. Si tratta di una situazione nella quale ad essere chiamato in causa è il giudice
del lavoro => abbiamo sempre il tribunale, primo grado, monocratico e, ancora una volta, in funzione di giudice del lavoro.
Questo avviene perché questa è una causa che nasce in relazione ad uno sciopero: l’attinenza con la dinamica sindacale assorbe
la competenza del giudice del lavoro. 42
Il contenuto della controversia concerne questioni inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato ed al suo svolgimento e, come
tale, è affidata funzionalmente al giudice del lavoro
Il convenuto sostiene che, avendo egli agito nella veste di funzionario di FILCAMS CGIL, la legittimazione passiva spetta a tale
organizzazione sindacale. L’eccezione non è fondata in quanto l’ipotizzata responsabilità di FILCAMS CGIL (effettivamente
sussistente ai sensi dell’art. 2049 cod.civ.) non esclude quella del convenuto, cui vengono imputate delle condotte di ordine
materiale e non già atti giuridici compiuti nell’esercizio di un potere di rappresentanza.
↪ Il convenuto persona fisica come prima difesa sostiene di non avere legittimazione passiva e in particolare il convenuto
sostiene che la legittimazione passiva spetta a FILCAMS CGIL, in quanto ha organizzato lo sciopero.
L’eccezione non è fondata perché non è questione di ciò che viene espresso come segretario della FILCAMS, non è questione del
suo potere di esprimersi nel nome e per conto degli iscritti: è invece questione di cosa quel sindacalista ha fatto quel giorno lì
(→sciopero è chi sciopero fa).
Situazione in cui un supermercato si trova in un certo luogo fisico.
Verso le ore 7 del giorno 20.9.2008 giungeva presso la filiale di Trento un veicolo condotto da tale R. M., il quale era incaricato
della consegna al punto vendita di prodotti deperibili quali verdura e carne; l’autista – avvedendosi che il cancello di accesso –
all'azione di scarico era ostruito, in modo tale da non permettere l'ingresso, da alcune automobili parcheggiate davanti ad esso
chiedeva alle persone, che stazionavano sul piazzale del punto vendita, di spostare le automobili, ma il convenuto così gli
rispondeva: “Oggi noi siamo in sciopero e qui non si scarica niente. Chiama pure il magazzino per farti dare l'autorizzazione a
scaricare in un altro posto”;
↪ Accade che un’autovettura che arriva presso quel supermercato per scaricare della merce trova delle persone che stanno
scioperando e che non gli permettono di effettuare lo scarico della merce.
Successivamente la stessa richiesta era formulata dall'assistente capo area della società convenuta N., al quale il convenuto
rispondeva: “Le e successivamente anche:
automobili parcheggiate davanti al cancello restano dove sono perché stanno bene lì”
“Voi analoga sorte
trattate male i dipendenti, questo è il problema! A me non interessa del vostro camion, discussione chiusa!”;
avevano le richieste del proprietario dell’immobile ove si trova il punto vendita ing. S
Verso le ore 10,15 il conducente del camion, essendo ancora impossibilitato ad entrare in azienda con il veicolo, riceveva
istruzioni di andarsene e scaricare la merce presso la filiale di Riva del Garda. La società attrice lamenta che detta filiale,
“rotture”
avendo ricevuto della merce che non le era necessaria, subiva, nei tre giorni successivi alla consegna forzata,
(costituite da prodotti invenduti ed andati male) per un valore complessivo di € 560,00 superiore a quello registrato per la stessa
causa nelle tre settimane precedenti
↪ QUINDI: il danno di 560 euro è pari al valore della merce che è stata portata a Riva del Garda e lì è rimasta invenduta perché
in eccesso → se fosse arrivata e rimasta a Trento sarebbe di certo stata venduta.
Dall’apertura della filiale sino alle ore 20,00, orario di chiusura, il convenuto e gli aderenti allo sciopero svolgevano
ininterrottamente attività di picchettaggio e boicottaggio; più precisamente:
a) gli ingressi adibiti all'entrata ed uscita della clientela venivano ostruiti con bandiere del sindacato, poste sulla bussola e sulla
vetrata d'ingresso, il che rendeva difficoltoso l'ingresso ai clienti, i quali dovevano piegarsi per poter accedere al supermercato:
b) i carrelli della spesa erano bloccati con una bandiera del sindacato legata intorno ad essi e presidiata dagli scioperanti per
impedirne l'uso da parte della clientela;
c) il convenuto, assieme a due lavoratrici aderenti allo sciopero, fermava tutte le automobili che entravano nel parcheggio del
punto vendita, rivolgendo ai clienti le seguenti frasi: “Siamo “Cambiate “Andatevene”, “Il
in sciopero”, negozio”; negozio è
“Oggi “La “La
chiuso”, non c'è la frutta fresca”, carne in vendita non è fresca”,
“Non “Rivolgetevi inoltre il convenuto, diceva
frutta e la carne sono di ieri”, c'è merce su gli scaffali”, al supermercato vicino”;
signor Nicchia: “Non
alla clientela, indicando il fate la spesa qui perché questi insultano le ragazze”;
d) veniva distribuito un volantino, sottoscritto dalla r.s.a. F. della filiale e dalla F., nella persona dell’odierno convenuto, nel
quale gli scioperanti si rivolgevano direttamente ai clienti per spiegare che lo sciopero era dovuto al fatto che la L. I. di Trento
costituiva “un ambiente di lavoro dove i superiori esercitano il loro ruolo nel puro e
in quanto “le
severo controllo del personale con metodi assolutamente inaccettabili” lavoratrici ed i lavoratori subiscono
continue pressioni psicologiche e di controllo della propria onestà”.
La società attrice lamenta che nella giornata del 20.9.2008 il punto vendita di Trento ha avuto un fatturato di € 2.202,65, a fronte
nei sabati a cavallo del sabato dello sciopero, di € 36.036,88, con una differenza di ben € 33.834,23. Sostiene,
di una media
inoltre, di aver subito un danno alla propria immagine commerciale, che quantifica in € 40.000,00.
Primo fatto lo ricaviamo dall’ultimo elemento che emerge: lo sciopero è riuscito. Ha creato una situazione nella quale il punto
vendita di Trento in quel sabato ha avuto un fatturato molto basso. Lo sciopero ha diverse modalità:
vi è una modalità di tipo narrativo (es. un volantino);
vi è una modalità di tipo narrativo (es. dire ai clienti che non c’è merce)
vi è un’azione legata agli ingressi e ai carrelli della spesa
La questione che si pone è se l’azienda ha diritto ad essere risarcita per il danno che ha subito oppure no.
43
La vicenda come finisce? Il tribunale ordinario di Trento così decide:
P.Q.M.
Il tribunale ordinario di Trento - sezione per le controversie di lavoro, in persona del giudice istruttore, in
funzione di giudice unico, dott. Giorgio Flaim, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed
eccezione rigettata, così decide:
C. R. a corrispondere, in favore della società L. I. s.r.l., a titolo risarcitorio, la somma di €
1. Condanna
560,00, con gli interessi legali dal 20.9.2008 ad oggi.
2. Rigetta le altre domande proposte da L. I. s.r.l..
3. Dispone l’integrale compensazione delle spese tra le parti.
Trento, 27 aprile 2010
Qui il giudice svolge un’istruttoria → non siamo in un 28 (non ci sono sommarie informazioni), ma c’è una vera e propria analisi
dei documenti. Ha ascoltato almeno quattro testimoni. Il giudice ha avuto sul suo tavolo una documentazione, anche
fotografica. Quasi tutti i fatti si basano su ciò che emerge dall’istruttoria. Il giudice va a vedere le cose nella loro piccolezza.
L’accertamento delle circostanze di fatto avvenute in uno sciopero è più complessa rispetto ad altre situazioni.
Il giudice cita la Cassazione 2004 – 1987- 1984 ha ricostruito i fatti e usato il precedente costituita dalla sentenza 711/1980:
Secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte (Cass. 17.12.2004, n. 23552; Cass. 8.8.1987, n. 6831; Cass. 27.7.1984,
n. 4260;) il diritto di sciopero, che l'art. 40 cost. attribuisce direttamente ai lavoratori, non incontra - stante la mancata
attuazione della disciplina legislativa prevista da detta norma - limiti diversi da quelli propri della ratio storico-sociale che lo
giustifica e dell'intangibilità di altri diritti o interessi costituzionalmente garantiti;
pertanto, sotto il primo profilo, non si ha sciopero se non in presenza di un'astensione dal lavoro decisa ed attuata
–
collettivamente per la tutela di interessi collettivi anche di natura non salariale ed anche di carattere politico generale, purché
–
incidenti sui rapporti di lavoro e, sotto il secondo profilo, ne sono vietate le forme di attuazione che assumano modalità
delittuose, in quanto lesive, in particolare, dell'incolumità e della libertà delle persone, o di diritti di proprietà o della capacità
produttiva delle aziende;
appare, quindi, estraneo all’ambito di esercizio del diritto di sciopero, in quanto lesivo del diritto del datore di lavoro a svolgere
l’attività di impresa, il cd. consistente nell’impedire il transito delle merci da e per l’azienda agli
BLOCCO DELLE MERCI,
ingressi dello stabilimento (in questo senso Cass. 16.11.1987, n. 8401 che ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso
l'antisindacalità del licenziamento di due lavoratori, i quali avevano impedito, ostruendo con i loro corpi il passaggio del carrello
rifornitore della saldatrice, la prosecuzione della attività aziendale)
Infine, a ben vedere, neppure la difesa del ricorrente afferma la legittimità di tale forma di lotta sindacale, limitandosi a negare la
sussistenza dei fatti (pag. 10 della memoria di costituzione), che tuttavia l’istruttoria svolta ha positivamente accertato.
Se ci fosse stato lo spazio per passare, se fosse stato consentito il passaggio delle merci, lo sciopero non sarebbe stato
considerato illegittimo molto probabilmente. La soglia che separa lo sciopero legittimo da quello illegittimo è SOTTILE:
Se il muletto passa, allora lo sciopero è legittimo; se il muletto non passa, lo sciopero è illegittimo.
Tutta quella parte di merce invenduta costituisce la misura del danno che va risarcito. Il giudice ritiene che l’imprenditore abbia
provato il danno e la sua entità → è questione di bravura nel dimostrare il danno!
Ossevazioni:______________________________________________________________________________________________
1) La legittimazione passiva c’è sulla persona fisica perché si discute di condotte materiali → Se Roland non avesse
partecipato allo sciopero, sarebbe stato comunque tirato in causa? Perché Lidl Italia decide di agire contro la persona
fisica e non contro il sindacato? Non lo sappiamo! Magari voleva colpire propria QUELLA persona, in quanto ha
cagionato un danno all’azienda. L’imprenditore avrebbe potuto agire anche contro altre persone fisiche coinvolte nello
sciopero? SI, perché i danni possono essere cagionati da CHIUNQUE, basta che si tratti di sciopero illegittimo, perché se
è legittimo non ci può essere risarcimento del danno.
2) Il giudice partendo dalla sentenza di Cassazione, sosteneva che nel momento in cui si pongono in essere condotte
penalmente rilevanti durante lo sciopero, si esula dall’art. 40 Cost. Ma si può pensare che nel momento in cui si realizza
un fatto di reato che però NON lede situazioni giuridiche soggettive costituzionalmente tutelate, allora questo fatto di
reato è coperto dall’esercizio di un diritto (di sciopero)? Il riferimento del giudice è ambiguo, lo si risolve leggendo tutto.
_________________________________________________________________________________________________________
44
Che cosa si riferisce alla materialità delle azioni poste in essere dalle persone nello sciopero? Quindi non il blocco del magazzino
attraverso le autovetture, ma le altre azioni che consistono nello sciopero di quel giorno:
① BLOCCO CARRELLI:
Lo stesso teste di parte attrice N. ha riferito che la presenza delle bandiere davanti alla porta di entrata del negozio non
A- impediva l’ingresso dei clienti dato che a tal fine era sufficiente “scansarle”; analogamente l’altro teste indicato
dall’attrice, C., ha dichiarato che “era possibile
e per far ciò i clienti dovevano “scostare
entrare in negozio a fare la spesa” le
bandiere poste davanti all’ingresso”. Non risultano, quindi, apprezzabili ostacoli all’esercizio dell’attività di impresa
della società attrice.
L’assunto di parte attrice, secondo cui i
B- carrelli della spesa erano bloccati con una bandiera del sindacato legata
intorno ad essi e presidiata dagli scioperanti per impedirne l'uso da parte della clientela, non ha trovato riscontri
nell’istruttoria svolta; infatti lo stesso teste N. ha dichiarato: “Vi era anche uno striscione ed una bandiera nella
posizione in cui venivano prelevati i carrelli… Durante la giornata qualche cliente utilizzò i carrelli o spostando lo
ricollocato al suo posto”; anche l’altro teste di parte
striscione o trovando un carrello che il giorno prima non era stato
attrice, C., ha riferito che per prelevare i carrelli era sufficiente “scostare” le bandiere. Ciò appare sufficiente per
ritenere che l’attività di impresa della ricorrente neppure in proposito ha subito impedimenti di una qualche consistenza.
Non assume, quindi, rilievo l’incertezza, residuata anche dopo lo svolgimento dell’istruttoria, circa l’esistenza di un
altro punto di prelievo dei carrelli privo di bandiere e striscioni del sindacato
L’attività –
② di persuasione verso i clienti affinché quel giorno rinunciassero a far la spesa presso il punto vendita L. rientra
essendo stata condotta con modalità prive di carattere coercitivo o minaccioso (come riferito non solo dai testi di parte convenuta
P., Z., M. e C., ma anche dal teste C., il quale ha dichiarato: “La maggior parte dei clienti sopraggiunti, dopo aver parlato con i
manifestanti, rinunciava a fare la spesa”) – nell’ambito dell’esercizio del diritto di sciopero;
Per come è stata svolta questa persuasione dei clienti, il giudice dice che non trova né minacce, né coercizione, quindi
non trova nessuno degli elementi della violenza privata ex art. 610 c.p. libero esercizio dell’attività sindacale, libero
esercizio della libertà di pensiero.
③ Lo stesso può dirsi per la distribuzione del volantino sindacale in cui venivano illustrate le ragioni della protesta
– –
Non vale a connotare di illiceità tali condotte la circostanza che ad esse è assai verosimilmente imputabile il drastico calo di
fatturato che il punto vendita ha conosciuto nella giornata dello sciopero rispetto alla media degli incassi di alcuni sabati
precedenti e di alcuni successivi; infatti secondo la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. 23552/2004 cit.;
Cass. 6831/1987 cit.; Cass. 4260/984 cit.;) il fatto che lo sciopero arrechi danno al datore di lavoro, impedendo o riducendo la
produzione dell'azienda, è connaturale alla funzione di autotutela coattiva propria dello sciopero stesso.
LO SCIOPERO è UNA FORMA DI PROTESTA CHE TENTA DI USARE LA FORZA DEI PROPRI INTERESSI,
ASTENENDOSI DAL LAVORO, E CONVINCENDO GLI ALTRI DELLA BONTA’ DELL’AZIONE COLLETTIVA.
Solo il teste S. (citato dalla società attrice a conferma della circostanza, allegata nell’atto introduttivo, secondo cui egli avrebbe
chiesto ai manifestanti di spostare le autovetture che ostruivano il passaggio attraverso il cancello, circostanza peraltro negata
dal teste stesso) ha riferito che nella stessa giornata, recandosi nel punto vendita L. per effettuare degli acquisti, trovò una
persona che stazionava in piedi avanti all’ingresso e che, a detta del teste, “si spostava nella direzione in cui io mi muovevo per
entrare in negozio”; tuttavia tale dichiarazione non appare idonea a provare che il convenuto abbia impedito (in concorso con la
persona presente sulla porta di ingresso del negozio) ai clienti di entrare nel punto vendita; si tratta, infatti, di una circostanza
neppure allegata dalla società attrice (la quale, come si è visto, nell’atto introduttivo si è lamentata unicamente della
collocazione di bandiere e striscioni nonché della distribuzione di volantini e dell’attività di persuasione nei confronti dei clienti);
colui che stazionava sulla porta d’ingresso, l’ipotesi di
inoltre, sebbene il teste S. abbia riferito di una spallata da lui data contro
un effettivo contatto fisico tra i due appare piuttosto remota dato che altrimenti avrebbe provocato, stante il contesto, ben altre
di S., il manifestante si sia spostato per consentire l’accesso al
conseguenze; è, quindi, verosimile che, viste le chiare intenzioni
negozio; d’altra parte è pacifico che quel giorno anche altri clienti hanno effettuato la spesa presso il punto vendita, il che
esclude che l’ingresso in negozio fosse impedito.
pregiudizio all’immagine
④ Inconfigurabile appare anche il lamentato quanto meno sotto il profilo della sua risarcibilità dato
che l’esercizio di un diritto esclude l’ingiustizia del danno richiesto dall’art. 2043 cod.civ.. Quindi in parte qua le domande
proposte da L. I. s.r.l. devono essere rigettate.
Il giudizio è basato sull’analisi dei fatti. I fatti portano il giudice a concludere che lo sciopero aveva modalità lecite, seppure non
regolate. Si realizza lo sciopero attraverso l’impedimento (NON CON FORZA FISICA, MA CON IL SOLO CONVINCIMENTO VERBALE)
arrecato alle persone di poter entrare nel supermercato. 45
TORNIAMO ALLA SECONDA OSSERVAZIONE DI PRIMA, relativa al passaggio più importante della decisione. Quello nel quale il
ciò che costituisce limite allo sciopero è quella
giudice accerta che vi è un aspetto di illegittimità: il giudice ci dice che
modalità che ha un’attinenza a ipotesi che sono punite dall’ordinamento, perché ledono l’incolumità e la libertà
delle persone, o diritti di proprietà o capacità produttiva delle aziende. Ciò che lo sciopero non può fare, per
restare legittimo, è porsi in contrasto/ledere l’incolumità e la libertà delle persone (quelle coinvolte con l’azione di
sciopero).
A- Capacità produttiva delle aziende = non è la produzione, non è il fatturato; è la struttura organizzativa; l’impresa come
istituzione organizzata. Se quindi durante lo sciopero, i lavoratori avessero distrutto le serrature, o incollato i cancelli
che consento l’accesso al supermercato, allora questo sarebbe stato un danno all’impresa (come istituzione
organizzata) e quindi un elemento che impedisce la capacità produttiva. Tutti gli altri sono danni alla produzione, e
quindi non legittimi.
B- Diritti di proprietà = dice il giudice “io non posso scioperare se lo sciopero per le sue modalità lede il diritto di proprietà
altrui”. L’azione deve tenere conto di un altro diritto assoluto, che è quello di proprietà. Esempio: io posso decidere di
occupare l’azienda e di stare lì giorno e notte? INSOMMA, anche no. se impedisce all’imprenditore di chiudere
l’azienda, allora ledo il suo diritto di proprietà.
Cosa fanno i giudici di fronte a danni subiti dal datore di lavoro derivanti da uno sciopero? Lo sciopero è conflitto! Il giudice nella
vicenda di Trento si trova davanti ad un caso svolto in giorni di sciopero, di violenza. Nei fatti questo sciopero comporta
l’intervento della forza pubblica.
La vicenda è complessa anche sul piano dell’istruttoria: il giudice sente 5-6 testimoni, assume fotografie e altri documenti. È
rilevante l’accertamento in punto di fatto, mentre la questione giuridica rimane marginale. Il giudice si sofferma sulla sentenza di
Cassazione 711/1980.
C’è una questione contestata dal giudice, c’è un profilo di illegittimità dello sciopero → per come si realizza, l’astensione
legislativa è LEGITTIMA (es. mettere una bandiera all’ingresso senza ostacolarlo, distribuire volantini); ma è ILLEGITTIMO
≫
bloccare l’ingresso al negozio con mezzi di proprietà di sindacalisti siamo in presenza di BLOCCO DELLE MERCI.
Il giudice considera questa attività come ILLEGITTIMA: vediamo come si esprime:
Le autovetture erano dei sindacalisti
Le autovetture bloccavano l’ingresso
Le autovetture erano stabilmente posizionate fino all’intervento delle forze dell’ordine
pertanto, sotto il primo profilo, non si ha sciopero se non in presenza di un'astensione dal lavoro decisa ed attuata collettivamente
per la tutela di interessi collettivi e, sotto il secondo profilo, ne sono vietate le forme di attuazione che assumano modalità
delittuose, in quanto lesive, in particolare, dell'incolumità e della libertà delle persone, o di diritti di proprietà o della capacità
produttiva delle aziende;
appare, quindi, estraneo all’ambito di esercizio del diritto di sciopero, in quanto lesivo del diritto del datore di lavoro a svolgere
l’attività di impresa, consistente nell’impedire il transito delle merci da e per l’azienda agli
il cd. blocco delle merci, ingressi
dello stabilimento (in questo senso Cass. 16.11.1987, n. 8401 che ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso
l'antisindacalità del licenziamento di due lavoratori, i quali avevano impedito, ostruendo con i loro corpi il passaggio del carrello
la prosecuzione dell’attività
rifornitore della saldatrice, aziendale).
Infine, a ben vedere, neppure la difesa del ricorrente afferma la legittimità di tale forma di lotta sindacale, limitandosi a negare la
sussistenza dei fatti ↪ QUESTO E’ IL PASSAGGIO IN CUI DECIDE CHE QUESTA ATTIVITA’ E’ ILLEGITTIMA
Il convenuto dice che non è mai stato bloccato l’accesso al magazzino: il giudice risponde che esiste una giurisprudenza di
Cassazione che reputa illegittimo bloccare il passaggio da e per l’azienda. Il caso di Cassazione ’87 nasce da un ricorso ex 28 L.
300/70, in cui il giudice nel decreto afferma che NON è antisindacale licenziare due lavoratori che abbiano impedito la
prosecuzione dell’attività aziendale. Bloccare l’accesso di merci all’azienda non è esattamente come mettere in pericolo persone
fisiche, né è esattamente mettere in discussione la capacità produttiva dell’azienda
→ se distruggo un macchinario dell’azienda, allora qui c’è la lesione di un bene aziendale, e quindi una lesione all’impresa.
→ se invece si impedisce alle merci di arrivare nello stabilimento produttivo?
Osservazioni: _____________________________________________________________________________________________
È risarcibile il danno causato dal comportamento illecito, consistito nella mancata vendita di prodotti al pubblico? Come
dimostrare che la mancata presenza di carne e verdura fresca ha provocato un calo nel fatturato? È vero che gli scioperanti
convincevano i clienti a non fare la spesa perché mancava merce fresca → forse l’azienda avrebbe potuto provare a dimostrare
questo aspetto, ma non l’ha fatto. ____________________________________________________________________________
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estraneo all’ambito di esercizio del diritto di sciopero, in quanto lesivo del diritto
Il giudice dice che il blocco delle merci appare
del datore di lavoro a svolgere l’attività di impresa → si lede il datore di lavoro a svolgere l’attività d’impresa.
Il 610 c.p. NON è il limite dello sciopero: è però una concreta norma che si pone come limite concreto all’esercizio dello
sciopero. La sentenza dell’80 affronta un tema del diritto di sciopero vs posizioni soggettive concorrenti → è il giudice che ci
deve dire qual è la priorità o la parità.
Resta però il problema connesso al fatto che quando misuro le posizioni soggettive concorrenti (es. sciopero vs incolumità
≫
fisica), faccio poca fatica a capire che c’è una priorità prevale il diritto all’integrità fisica! Non posso picchiare qualcuno perché
sto scioperando. Più difficile è il bilanciamento tra sciopero e diritto all’attività d’impresa → se il lavoratore sciopera, il datore di
lavoro non guadagna! Resta difficile il dimensionamento di questa correlazione: quando l’attività d’impresa è protetta? In cosa
l’attività d’impresa è protetta? Quando abbiamo una lesione del diritto di proprietà, la correlazione è facile. Quando invece,
come con il blocco delle merci, non ledo il diritto di proprietà, ma ledo il diritto a svolgere l’attività d’impresa del datore di
lavoro protetto dall’art. 4 Costituzione, la questione si fa più ardua → ci sono sentenze contrastanti! Alcune considerano il
blocco delle merci come legittimo per le modalità in cui è svolto, altre sentenze no.
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