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Contratti di solidarietà, se in azienda è stato stipulato un
contratto di solidarietà è allora possibile il ricorso alla
cassa integrazione straordinaria.
La richiesta di intervento straordinario della cassa
integrazione deve essere accompagnata da un programma che
dimostri che al termine della cassa integrazione richiesta
l’eccedenza temporanea sarà cessata. La domanda è
ammessa solo a seguito di una consultazione con le
associazioni sindacali, con le quali non è necessario trovare un
accordo. A seguito della crisi del 2008/9 ha esteso il novero di
situazioni assimilabili a crisi aziendali, sono considerate tali,
tutte quelle situazioni di dissesto di mercato che in qualche
modo ha effetto sull’attività produttiva della singola impresa.
La durata massima dell’intervento straordinario varia in
relazione al tipo di causa integrante:
Crisi aziendale 12 mesi
Riorganizzazione aziendale mesi
24
Collocazione di lavoratori per contratti di solidarietà 24
mesi, tuttavia conteggiati al 50% (12 mesi) + altri 12 per
arrivare a 24 (tot 36 mesi)
La procedura per la concessione è di carattere sindacale
amministrativo, tuttavia deve essere presentata una domanda
di esame congiunto, svolto normalmente presso uffici regionali,
nel quale si discute sulla fattibilità del programma di recupero
dalla crisi proposto dall’impresa, l’approvazione deve avvenire
entro 90 giorni.
Discussa la domanda la concessione finale della cassa
integrazione straordinaria è concessa dal ministero del lavoro;
in caso di sospensione di una porzione di lavoratori è richiesto
che siano fatti ruotare i lavoratori in cassa integrazione con
quelli occupati.
Cosi come per la CIGO, anche nella CIGS ci sono due tipi di
contribuzione:
Una ordinaria
Una straordinaria
Il lavoratore soggetto a CIGO, CIGS e fondi di solidarietà è un
lavoratore sospeso, in quanto la sua condizione è derivante da
un’eccedenza temporanea; essi conservano il contratto di lavoro
con il datore.
L’integrazione della cassa d’integrazione, ordinaria e straordinaria,
è utile all’accreditamento d’ufficio dei contributi previdenziali,
all’INPS vengono versati dallo stato stesso contributi figurativi che
corrispondono alla retribuzione ordinaria pre-sospensione, quindi, il
reddito di pensionamento non risente della riduzione di retribuzione
da cassa integrazione.
Al lavoratore in cassa integrazione è concesso di lavorare presso un
altro datore di lavoro purché sia comunicato all’Inps, il quale
sospenderà la cassa integrazione per il per tutta la durata
dell’impiego presso il nuovo datore.
I contratti di solidarietà , si tratta di un contratto collettivo
aziendale che dispone una riduzione dell’orario di lavoro al fine
di prevenire riduzioni di personale (difensivo) o di consentire
l’assunzione di nuovo personale (offensivo).
Ciò comporta, per tutti i lavoratori aderenti al contratto, una
riduzione di retribuzione proporzionale alle ore di lavoro
ridotte.
Per le ore di retribuzione perdute è ammesso il ricorso alla
cassa integrazione straordinaria alle normali condizioni.
Il legislatore ha guardato con una certa benevolenza i contratti
di solidarietà, la punto che ha disposto limiti poco restrittivi.
La durata massima dell’integrazione salariale se si usano i
contratti di solidarietà sorpassa i normali limiti. La durata dei
contratti di solidarietà viene computata a metà, ossia il limite
massimo di 24 mesi viene conteggiato come 12, permettendo
di fatto di usufruire di altri 12 mesi, per un totale di 36 mesi.
Non vi è un tetto massimo quantificato allo stipendio
percepibile in integrazione.
La riduzione dell’orario di lavoro massimo collettivo è del 60%,
70% per il singolo lavoratore.
Vi è un vantaggio anche per l’impresa, nel caso di contratti di
solidarietà il TFR è in parte addebitato all’INPS.
Inoltre, è fatto divieto per l’impresa di procedere con la
riduzione definitiva del personale (licenziamento) fin tanto che
dura il contratto di solidarietà.
Sistemare Trattamenti in deroga: In una situazione economica
disperata il legislatore si è mosso per offrire interventi di sostegno
al reddito per tutti i settori esclusi dalla cassa integrazione. È bene
osservare che si tratta di misure funzionali solamente in situazioni
straordinarie. Si tratta di un sistema imperniato sui fondi di
solidarietà.
Per tutti i settori che sono esclusi dall’intervento della cassa
integrazione è stato previsto dal legislatore un istituto che prevede
la creazione di fondi bilaterali di solidarietà:
Fondi di solidarietà obbligatori, nascono da un’obbligazione
contrattuale derivata dalla contrattazione collettiva. Dà vita ad
uno strumento di sostegno per imprese con più di 5
dipendenti. Questi fondi hanno lo scopo di assicurare ai
lavoratori un sostegno alla retribuzione in caso di sospensione
o riduzione dell’orario di lavoro per le stesse cause previste
per l’intervento delle CIGO e CIGS.
Questi fondi raccolgono dei contributi al fine di erogare un
assegno che dev’essere di importo almeno parti
all’integrazione salariale prevista per il CIGO e di durata non
inferiore a 13 settimane.
Fondi di solidarietà alternativi: se in aree senza supporto di
CIGO e CIGS esistono già dei sistemi in grado di sopperire alle
stesse mancanze, il legislatore dispone semplicemente che
questi modifichino il proprio statuto in modo da soddisfare le
medesime condizioni previste per i fondi obbligatori.
Il legislatore dispone altresì che vi sia un contributo minimo
ripartito tra datori e lavoratori. Le tipologie di prestazioni
possono essere definite diversamente rispetto agli interventi
CIGO e CIGS a discrezione di chi gestisce il fondo, a condizione
che siano rispettati i requisiti minimi di CIGO e CIGS.
Devono assicurare un assegno uguale in misura a quello
previsto per i fondi obbligatori (80% per 13 settimane).
Fondo di integrazione salariale, per imprese con più di 5
dipendenti che non hanno visto l’attivazione di un fondo di
solidarietà per mancato accordo delle parti, quest’ultime
devono versare un contributo direttamente nelle mani
dell’INPS e l’aliquota di contribuzione è decisa dal legislatore.
Tutti i fondi devono avere il bilancio in pareggio e non possono
erogare contribuiti in mancanza di fondi. Qualora si arrivasse a
carenze di carattere finanziario tali fondi sono tenuti a bloccare
l’erogazione di contributi.
Il legislatore si è mosso al fine di favorire la ricollocazione dei
lavoratori in cassa integrazione o soggetti a fondi di solidarietà,
innanzitutto vi sono degli incentivi per datore di lavoro
nell’assumere un lavoratore cassintegrato piuttosto che un altro
soggetto
-I licenziamenti collettivi:
Si tratta della misura usta tipicamente per le eccedenze strutturali
di personali.
Per diversi decenni l’Italia non ha avuto una legislazione apposita
per questa materia; si appoggiava alle leggi degli accordi
interconfederali di stampo europeo. Con la legge n.223/1991 viene
approvata la prima legge riguardante le eccedenze strutturali.
Secondo questa legge è possibile giungere al licenziamento di
lavoratori per eccedenze strutturali partendo da due situazioni
differenti:
Art.4: durante o al termine l’intervento di integrazione salariale
da cassa integrazione straordinaria, se il datore si accorge che
parte di questi lavoratori o tutti sono in stato di eccedenza
strutturale è facoltà del datore di accedere alla procedura per
la collocazione in mobilità dei lavoratori eccedenti. Si tratta di
un percorso che permette di ammorbidire l’arrivo al
licenziamento con il passaggio dalla cassa d’integrazione
straordinaria ed eventualmente, prima, anche ordinaria. In
caso di procedure concorsuali, la facoltà di collocare i
lavoratori in mobilità spetta al curatore o al liquidatore.
Art.24: è possibile procedere ad attivare percorsi per giungere
a licenziamenti collettivi per riduzione del personale quando
un’impresa con più di 15 dipendenti (compresi i dirigenti) (in
media nell’ultimo semestre) intenda licenziare almeno 5
dipendenti nell’arco di 120gg in una unità produttiva o più
unità produttive in ambito provinciale per riduzione,
trasformazione o cessazione dell’attività produttiva. Si tratta
dell’unica via accessibile a tutte le imprese escluse dalla cassa
di integrazione.
Sia che la procedura di licenziamento parta dalle condizioni dettate
dall’art.4 sia che parta dalle condizioni dell’art.24 il punto d’arrivo è
il medesimo; l’unica condizione posta dal legislatore al fine di
rendere legittimo il licenziamento è il rispetto delle condizioni
previste per la procedura:
1) Il datore di lavoro deve informare le associazioni sindacali del
territorio circa la sua volontà di procedere con i licenziamenti,
tale nota informativa deve altresì contenere le ragioni tecnico-
organizzative che hanno condotto alla scelta.
2) Deve altresì informare gli uffici periferici del ministero del
lavoro circa la sua decisione.
Successivamente si avviano 3 fasi:
1) Confronto sindacale: le OO.SS possono richiedere, entro 7
giorni dal ricevimento della comunicazione, di effettuare un
esame congiunto al fine di individuare soluzioni alternative al
licenziamento collettivo. Sono esempi di percorsi alternativi: i
contratti di solidarietà, mutamento temporaneo, distacco
temporaneo.
Questa fase di confronto, la quale può avere una durata
massima di 45 giorni e può eventualmente terminare con un
accordo.
2) Confronto in sede amministrativa: se durante il confronto
sindacale non viene raggiunto un accordo, interviene il
direttore territoriale del lavoro; presso gli uffici della regione si
svolgono ulteriori incontri al fine di individuare soluzioni per un
accordo tra impresa e sindacati. Questa seconda fase può dare
al massimo 30 giorni e gli accordi da essa scaturiti non sono
obbligatori.
3) Conclusione della procedura tramite esecuzione dell’accordo o
avvio della procedura di riduzione prevista dall’impresa. Per
quanto riguarda la scelta dei lavoratori in assenza di accordo è
necessario che il datore consideri determinati criteri: carichi
famigliari, anni d’anzianità, esigenze tecnico-produt