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D I S C I P L I N A D E L L AV O R O I M PA R T I T E D A L L ' I M P R E N D I T O R E E D A I
COLLABORATORI DI QUESTO DAI QUALI GERARCHICAMENTE DIPENDE.
La dottrina distingue questo potere in tre sottocategorie:
1. Potere gerarchico: in realtà non si può parlare molto di potere gerarchico, ma si
può piuttosto parlare di posizione gerarchica che il datore di lavoro assume nei
confronti del lavoratore.
L’esistenza del potere gerarchico si ricava dall’ART. 2086 del codice civile il quale,
appunto, definisce il capo dell’azienda come la persona che ha gerarchicamente
subordinati i propri collaboratori ed è, quindi, proprio questo articolo a statuire che
vi è una gerarchia all’interno dell’azienda che deriva dal potere direttivo del datore
di lavoro.
ART. 2086 (Direzione e gerarchia dell’impresa): L'IMPRENDITORE È IL CAPO
DELL'IMPRESA E DA LUI DIPENDONO GERARCHICAMENTE I SUOI
COLLABORATORI.
Ovviamente questa posizione gerarchica del datore di lavoro non può oltre la vita
lavorativa del lavoratore e, quindi, la vita del’azienda non può entrare nella sfera
della vita personale del lavoratore (e questo va detto perché non è così scontato
che sia così).
Sempre la dottrina che ha voluto classificare questa sottocategoria di potere
direttivo ha anche detto che oggi come oggi non si può parlare più neanche di
potere gerarchico ma di potere organizzativo (che è la stessa cosa): quindi
quando vedi scritto potere organizzativo, equivale ad intendere il potere
gerarchico;
2. Potere Conformativo: Il potere conformativo risponde alla tre domande Cosa?
Dove? Come?
Per esempio: il soggetto X viene assunto con un determinato contratto di lavoro,
con mansione di operaio di terzo livello, categoria C.
Nel contratto non trovi l’effettività della cosa che andrà a fare ed il datore di lavoro,
appunto attraverso il potere conformativo, va a specificare nel concreto quella che
sarà l’attività del lavoratore: questo è, dunque, di vitale importanza, anche perché
se non vi fosse questo tipo di conformazione tra la mansione oggetto del contratto
e la realtà, il lavoratore non saprebbe cosa andrà a fare.
Ecco quindi che il potere conformativo indica cosa andrà a fare quel lavoratore,
dove lo farà (per esempio da una postazione, con determinati strumenti come può
essere il computer, la stampante ecc) e come dovrà essere fatto; 1
3. Potere direttivo in senso proprio (c.d puro): Il potere direttivo in senso proprio è
teso a determinare l’organizzazione del lavoro.
DOMANDA: Ma cosa si intende per organizzazione del lavoro?
RISPOSTA: Per organizzazione del lavoro si intendono i turni, i riposi, le ferie.
Tutti e tre questi poteri, dunque, organizzano il lavoro ma la differenza tra il potere
gerarchico ed il potere direttivo in senso proprio è che, mentre il potere gerarchico è un
potere “nominale” (si deve rispettare la gerarchia che c’è all’interno dell’azienda), il
potere direttivo puro entra invece nel dettaglio.
Tieni presente che questa tripartizione è molto simile perché, nella realtà, il potere è il
potere direttivo: è stata fatta questa tripartizione, infatti, perché la dottrina l’ha voluta fare
però il potere è il potere direttivo, tanto che se l’assistente di Magrini te l’ha detta più per
informazione più che per andare nello specifico perché se poi andiamo a specificare
tutte e tre le tripartizioni sono molto simili (non è che il datore di lavoro dice In virtù del
potere conformativo ti assegno la scrivania al terzo piano, ma è solo una tripartizione
teorica compiuta dalla dottrina).
POTERE DI VIGILANZA E CONTROLLO
Il secondo potere, che è strettamente legato al primo (cioè al potere direttivo), è il potere
di controllo e di vigilanza.
Questo tipo di potere è strettamente legato al potere direttivo perché riguarda la fase
successiva: con il potere direttivo, infatti, si impartiscono gli ordini mentre con il controllo
si verifica non soltanto che l’attività sia stata posta ma che sia stata posta in essere con le
direttive, secondo le modalità stabilite dal datore di lavoro.
Il potere di controllo incontra molti limiti che ha inserito lo Statuto dei Lavoratori agli artt. 1,
2, 3, 4, 5, 6, 8: attraverso questi articoli, dunque, viene specificato come deve essere
effettuato questo controllo perché non c’è libera mano del datore di lavoro (mentre prima
dello Statuto il datore di lavoro poteva controllare come che l’attività del lavoratore fosse
stata posta in essere secondo le modalità stabilite dal datore di lavoro e soltanto dal 1970
in poi si è dovuto attenere a questi limiti, limiti che la stessa giurisprudenza a volta li ha
confermati e a volte li ha anche maggiorati, sottolineati, rimarcati).
Ecco quindi che il potere di controllo non è quasi sparito, però possiamo dire che è stato
molto ridimensionato dagli anni ’70 ad oggi e continua ad essere ridimensionato in virtù di
molte altre questioni che poi andremo a vedere.
Elenchiamo, allora, questi limiti posti dallo Statuto dei lavoratori:
o ART. 2 (Guardie giurate) STATUTO LAVORATORI:
Il datore di lavoro può impiegare le guardie particolari giurate soltanto per
scopi di tutela del patrimonio aziendale.
Le guardie giurate non possono contestare ai lavoratori azioni o fatti diversi
da quelli che attengono alla tutela del patrimonio aziendale.
È fatto divieto al datore di lavoro di adibire alla vigilanza sull'attività lavorativa
le guardie di cui al primo comma, le quali non possono accedere nei locali
dove si svolge tale attività, durante lo svolgimento della stessa, se non
eccezionalmente per specifiche e motivate esigenze attinenti ai compiti di cui
al primo comma.
In caso di inosservanza da parte di una guardia particolare giurata delle
disposizioni di cui al presente articolo, l'Ispettorato del lavoro ne promuove 1
presso il questore la sospensione dal servizio, salvo il provvedimento di
revoca della licenza da parte del prefetto nei casi più gravi.
Ebbene questo articolo limita la vigilanza privata DOMANDA: Che cos’è la
vigilanza privata?
RISPOSTA: La vigilanza privata sono i vigilante, le guardie giurate, che circolano
in azienda.
Ebbene l’art. 2 dello Statuto dei lavoratori statuisce che esse non possono entrare
nei luoghi di lavorazione, quindi la vigilanza privata non può verificare se i
lavoratori stiano lavorando o meno; i vigilantes possono entrare, invece, nei luoghi
di lavorazione soltanto se c’è il dubbio fondato da parte del datore di lavoro (e
questo ce lo dice la giurisprudenza, non l’art. 2) che il patrimonio aziendale possa
essere diminuito, ovvero sia che sia soggetto – per esempio – a furti.
Però, nel caso in cui possono entrare nei luoghi di lavorazione, l’art. 3 pone una
regola apposita.
o ART. 3 (Personale di vigilanza) STATUTO LAVORATORI:
I nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza
dell'attività lavorativa debbono essere comunicati ai lavoratori interessati.
Nel caso in cui i vigilante possono entrare nei luoghi di lavorazione, l’art. 3
specifica che il datore di lavoro debba indicare, rendere noti, i nominativi delle
guardie giurate, dei vigilantes, che andranno dentro i luoghi di lavoro (questi
nominativi vengono specificati nelle apposite bacheche delle aziende)
DOMANDA: Qual è la ratio di questa regola?
RISPOSTA: La ratio è quella di evitare un controllo occulto sul lavoro prestato.
o ART. 4 (Impianti audiovisivi) STATUTO LAVORATORI
È vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di
controllo a distanza dell'attività dei lavoratori.
Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze
organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali
derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori,
possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze
sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione
interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede
l'Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di tali
impianti.
Per gli impianti e le apparecchiature esistenti, che rispondano alle
caratteristiche di cui al secondo comma del presente articolo, in mancanza di
accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o con la commissione
interna, l'Ispettorato del lavoro provvede entro un anno dall'entrata in vigore
della presente legge, dettando all'occorrenza le prescrizioni per
l'adeguamento e le modalità di uso degli impianti suddetti.
Contro i provvedimenti dell'Ispettorato del lavoro, di cui ai precedenti
secondo e terzo comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali
aziendali o, in mancanza di queste, la commissione interna, oppure i sindacati 1
dei lavoratori di cui al successivo art. 19 possono ricorrere, entro 30 giorni
dalla comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la
previdenza sociale.
L’art. 4 limita i controlli a distanza: questo è il caso degli apparecchi audiovisivi, è
cioè fatto divieto al datore di lavoro di registrare i lavoratori, di predisporre
apparecchi sia audio che visivi affinché possa verificare se il lavoratore sia o meno
al lavoro e se stia o meno lavorando.
Vi sono dei limiti a questo limite, vi sono cioè delle eccezioni a questo limite: il
datore di lavoro può, infatti, predisporre telecamere ed apparecchi audiovisivi nelle
uscite di emergenza e, comunque, in tutti i casi in cui vi siano problemi per la
sicurezza dei lavoratori In questo caso, dunque, non viene applicato l’art. 4
dello Statuto dei lavoratori, ma è necessario un accordo con le RSA o le RSU a
seconda che siano le une o le altre in azienda.
Poiché ad oggi non hai ancora studiato le rappresentanze, l’assistente di Magrini ti
anticipa che le RSA e le RSU sono delle realtà sindacali poste all’interno
dell’azienda proprio perché in questo modo esse si trovano più sul campo e
possono tutelare meglio i lavoratori.
Questo accordo – attento – deve essere raggiunto a maggioranza assoluta e, se
non si ha la maggioranza assoluta su ogni unità produttiva (e, quindi, se il datore
di lavoro ha un’azienda con più unità produttive, su ogni unità produttiva deve
esservi un accordo