Diritto dei mercati finanziari
Anteprima
ESTRATTO DOCUMENTO
Università Cattolica del Sacro Cuore
Facoltà di Economia
Corso di Laurea in Economia e Legislazione d’Impresa (LM)
II Anno
Appunti
Diritto dei Mercati Finanziari Prof. Duccio Regoli
Elisa Sorrentino
1
Sommario
Introduzione 4
Il mercato finanziario 5
La gestione accentrata 10
Il processo di dematerializzazione 10
La Monte Titoli 11
Società di gestione accentrata 12
Soggetti ammessi al sistema di Gestione Accentrata 13
Funzionamento della gestione 13
Disciplina relativa alla compravendita dei titoli in gestione accentrata 14
Gestione all'esercizio dei diritti degli strumenti dematerializzati 14
Intermediazione finanziaria 15
Principi ispiratori della Mifid 1 16
Modifiche e ragioni alla base della Mifid 2 16
Servizi e attività di investimento 17
Consulenti finanziari autonomi 19
SIM 19
BANCHE 20
SOGGETTI STRANIERI 20
Regole che si applicano alla prestazione di servizi o di attività di investimento 22
Regole di comportamento 25
Product governance 29
Tema della responsabilità 30
Regole dei contratti di investimento applicati a seconda della classificazione del cliente 30
Responsabilità contrattuale dell’intermediario 32
Attività di gestione dei portali per la raccolta dei capitali per le PMI (Crowd Funding) 32
Vigilanza sugli intermediari 33
Investitori istituzionali e gestione collettiva del risparmio 34
Soggetti di gestione collettiva del risparmio 37
Disciplina 38
OICR aperti 42
OICR chiusi 42
Fondi immobiliari 42
Fondi riservati 43
Altri fondi di investimento alternativi - fondi garantiti 43
Regole di comportamento a cui sottostanno i gestori (SGR) 43
SICAV e SICAF 44
Fondi pensione 45
Vigilanza 45
Vigilanza 46
MEF 46
2
BANCA D’ITALIA 46
CONSOB 46
COVIP 47
IVASS 47
Informazione societaria 50
Definizione dell’informazione privilegiata 51
Tutela della riservatezza dell’informazione e tema del censimento dei soggetti in contatto con l’informazione privilegiata 53
Internal dealing 53
Blocking periods 54
Abuso di informazione 54
Reato contiguo della manipolazione del mercato 55
L’offerta di Borsa Italiana 56
I mercati di Borsa Italiana 59
Green and Social Bonds 60
Pir (Piani Industriali di Risparmio) 61
Progetti di Borsa Italiana 61
Appello al pubblico risparmio 62
Offerte pubbliche di sottoscrizione o di vendita (OPS/OPV) 62
Offerte pubbliche di acquisto o di scambio 62
Nozione di OPA/OPS 62
Disciplina sull’offerta 64
Contenuto del Prospetto informativo 64
Istruttoria della Consob 66
Validità del Prospetto 66
Ulteriori obblighi informativi 67
Pubblicità finanziaria 68
Svolgimento dell’appello 69
Casi di esenzione 70
Responsabilità da Prospetto 72
Disciplina Art 94 TUF 73
Sollecitazioni al disinvestimento (OPS OPA) 74
Corporate Governance 75
Contesto 75
Collocazione delle Regole 78
Norme 79
Assemblea 80
Amministrazione 82
Collegio Sindacale 86
Revisore 86
3
Introduzione
Libri di testo:
“Il mercato mobiliare” ed.2016;
-R.Costi “La disciplina del mercato mobiliare”.
-Annunziata
Materiale normativo:
-Codice civile aggiornato;
-T.U.F.;
-Regolamento emittenti, Intermediari e mercati CONSOB (non necessario stampare).
La materia del diritto dei mercati finanziari normalmente si suddivide in tre macro parti: la
parte che inerisce gli intermediari (coloro che svolgono i servizi di investimento), la parte
dove le attività di intermediazione “vengono svolte”
riguardante i mercati, le imprese ed infine la
parte riguardante gli emittenti.
Gli emittenti, in realtà, rappresentano una materia a sé stante, per cui nel momento in cui si tratterà
la parte degli emittenti si parlerà di alcuni aspetti del diritto societario riguardanti gli emittenti: la
governance, le offerte di pubblico acquisto, gli organi di amministrazione e controllo.
Anche nei testi si può percepire questa differenza: si limitano ad illustrare quelle parte del diritto
societario inerenti le società quotate.
L’emittente è una società per azioni quotata e quando si tocca questo argomento non si parla della
costituzione ma degli aspetti che riguardano le peculiarità della disciplina della S.p.a. quotate.
Il Costi è più ampio nel momento in cui si parla di emittenti: questa parte però richiede
un’integrazione, fruibile dal manuale di diritto societario (si veda programma-capitolo V manuale
breve). Riguardare modelli di governance.
Il T.U.F. è stato, nel tempo, oggetto di integrazioni: l’anno scorso è stato aggiunto il Market Abuse
Regulation.
Esistono profili di tipo giuridico che segmentano i vari componenti del settore degli intermediari
finanziari, nonostante sul mercato siano player interconnessi che si fanno concorrenza.
Si parlerà dei servizi di investimento e delle imprese autorizzate a svolgere determinati servizi di
investimento.
Gli investitori istituzionali sono coloro che svolgono servizi per la clientela ed anche per loro stessi:
si vedrà chi li controlla, chi li monitora, chi li autorizza.È un sistema che si andrà a vedere sia per
gli intermediari, che per gli emittenti: nella maggior parte dei casi i soggetti sono sempre gli stessi,
ma con ottiche diverse.
Il mercato non è un luogo dove si compravende un bene, un oggetto o un servizio, bensì sono delle
imprese e quindi operano con la logica di un imprenditore ed in molti casi perseguono un profitto,
nonostante lo scopo lucrativo potrebbe essere escluso.
I tecnicismi sono legati alla struttura fortemente informatica dei mercati che gestiscono dei grandi
network di tecnologia, dove si svolgono in tempo reale ed in modo continuato degli scambi e
vengono gestiti una serie di aree diverse. 4
Si tratterà dell’appello al pubblico risparmio: quel sistema di regole che vuole offrire agli investitori
una protezione coerente e compatibile ad investire o disinvestire i risparmi.
La protezione che un ordinamento può dare non può essere tale da sostituirsi all’investitore nello
scegliere l’opportunità di un determinato investimento.Tutta la tutela degli investitori è
prevalentemente fatta dalla normativa sulla disclosure, di avere informazioni uguali per tutti per
poter consapevolmente decidere se fare un investimento o meno.
Parlando di informazione si affronterà un altro tema che è quello dell’abuso di informazioni di
mercato (“abuses è ingiusto
market”): ed illegale comprare, vendere o andare a dire a terzi
informazioni che si hanno e che il mercato non ancora conosce.Se un soggetto utilizza informazioni
privilegiate commette un reato secondo un regolamento: questo regolamento prende il nome di
M.A.R. (Market Abuse Regulation). Sono pratiche che il sistema combatte perché vanno a minare
la fiducia e la correttezza del mercato finanziario.
Breve introduzione sul tema che si affronterà oggi.
Perché c’è un mercato di strumenti finanziari che vengono prevalentemente emessi da soggetti
chiamati emittenti? Perché i risparmiatori hanno un vantaggio nel sapere che esiste un mercato
Perché l’emittente, l’impresa, decide di ricorrere all’emissione di strumenti finanziari?
finanziario?
La ragione è semplice: queste società hanno bisogno di capitali per dare inizio ad investimenti.
In passato si ricorreva al sistema bancario, sistema funzionante ancora oggi ma meno attivo.
In alternativa a questo canale, le imprese possono ricorrere al mercato dei capitali dove soggetti che
sono imprese, persone fisiche, associazioni, vanno ad investire i risparmi per avere dei ritorni
sull’investimento, evidentemente maggiori di quelli che otterrebbero con un conto corrente
bancario.Le imprese ricorrono al mercato dei capitali per finanziare la loro attività di impresa; ci
sono delle dinamiche attraverso le quali l’impresa ricorre a questi capitali.Ci sono delle regole che
vanno seguite, concludendosi con una quotazione.
Il diritto dei mercati finanziari porterà a comprendere queste regole che poi verranno incorporate in
norme.
Quali sono gli effetti della decisone di un’impresa di ricorrere alla quotazione?
Non è solamente una questione di porre in essere una procedura, ma anche l’uniformarsi ad alcune
regole di disclosure ed informazione periodica e straordinaria.
Vuol dire anche avere degli apparati di compliance che tengano sotto controllo tutti questi
fenomeni, ci sono delle particolari cautele che gli organismi impongono.
Non è solamente una questione di costi, ma anche di obblighi di funzionamento della società: gli
insiders non possono comprare ogniqualvolta strumenti della società.
Il mercato finanziario
Non si può evitare il confronto con il primo tema del corso: cosa è questo mercato finanziario?
In particolare su questo aspetto ci si dovrà cimentare con una definizione di carattere economico
finanziario ed una di carattere giuridico. 5
Dal punto di vista economico, quando si parla di mercati finanziari, si parla di mercati nei quali
convivono il mercato mobiliare, il mercato bancario (raccolta del risparmio ed esercizio del
credito e il mercato assicurativo (che si basa sulla traslazione dei rischi) (art.1882).
Per il profilo giuridico non è cosi.
Per le scienze economiche in tutti quei segmenti c’è un flusso di denaro che arriva a finanziare
l’attività degli emittenti, cioè le imprese che hanno deciso di rivolgersi al mercato del capitale per
raccogliere i fondi necessari al fine di compiere i loro investimenti.
In diritto le cose sono diverse, in quanto riconosce tre diversi segmenti ai quali corrispondono
regole diverse per quanto riguarda i soggetti abilitati allo svolgimento dell’attività, per quanto
riguarda la vigilanza. In accezione giuridica il mercato finanziario è il mercato mobiliare, ma
perché questa segmentazione e che cosa implica? Il mercato si chiama mobiliare perché sta a
rappresentare quel segmento in cui si ha un investimento in valori mobiliari.
È un segmento che ha un’attinenza con il mercato dei capitali e si distingue rispetto al mercato
bancario ed assicurativo, tanto che dal punto di vista normativo si consulterà il TUF, mentre il
mercato bancario è affidato al TUB e ci sono anche altre norme per il mercato assicurativo.
In termini generali allora, qual è il perimetro di questo segmento?
Il perimetro è un perimetro molto flessibile, molto più di quello bancario ed assicurativo, in quanto
nel mercato mobiliare o finanziario, l’oggetto della disciplina è l’attività di investimento non in
qualsiasi genere o prodotto ma in strumenti e prodotti finanziari, attività che richiede una necessaria
tutela degli investitori. Il diritto si è reso conto che il mondo è cambiato, uno su tutti è
l’internazionalizzazione dei mercati finanziari, oltre questo si è assistito al fenomeno della
interconnessione tra i mercati: è successo che si è progressivamente creata una complementarietà
degli strumenti finanziari e del mercato assicurativo a quelli del mercato dell’investimento.
Le stesse imprese bancarie ed assicurative si sono despecializzate, aggiungendo attività ai loro
business tradizionali; gli stessi strumenti finanziari quotati sui mercati dei capitali, sono fortemente
oggetto di investimento da parte delle imprese di assicurazione e delle imprese bancarie.
Lo stesso diritto, a causa degli avvenimenti, è un diritto mobile perché ha bisogno di un costante
adeguamento alle novità e per di più è anche esposto al fenomeno dell’armonizzazione.
Un diritto che deve avere queste caratteristiche, deve essere un diritto che parla inglese, che deve
essere modificato in maniera rapida, diritto che ha bisogno di tecniche di produzione normativa
diverse e per questo il diritto dei mercati finanziari finisce per essere un diritto che viene modificato
con una tecnica mista: la legge dà dei principi generali (il parlamento) e delegano a CONSOB e a
Banca d’Italia di emanare dei regolamenti che contengano la normativa di dettaglio, con tempi più
veloci e con la tecnica, oggi molto apprezzata, della consultazione.
In questo modo accade che quando si studia il diritto dei mercati finanziari si parte da una legge che
fissa dei principi (una sorta di cornice) che poi viene approfondita con delle norme di dettaglio.
Il contenuto è molto influenzato da una serie di aspetti, in parte sicuramente dovuti al fenomeno di
internazionalizzazione, in parte anche dovuto al processo di armonizzazione del diritto, soprattutto a
livello di unione europea, che serve a dare un’implementazione effettiva, e che completa il
movimento dei capitali e la loro circolazione.Questi due aspetti incidono molto sul merito e sul
contenuto del diritto dei mercati finanziari. 6
Concetto di arbitraggio normativo: gli investitori scelgono il mercato con meno regolamentazione,
meno vincolante con regole meno pesanti.
La soft law consiste non in norme e regole, ma in raccomandazioni che vengono emanate da
degli organismi tecnici sovranazionali.
Sono raccomandazioni smart, dettate da specialisti, che ogni stato vorrebbe fare in modo proprio,
con l’effetto che tutti corrano ad adeguarsi e venga implementata in modo volontario, perché
altrimenti ci si isolerebbe dagli altri mercati e si sarebbe indietro.
Oltre ciò, c’è anche un’armonizzazione propria dell’Unione Europea: ci sono delle direttive che poi
vengono emanate una volta approvate dal consiglio.
è stato inizialmente debole, in quanto gli stati avevano
Questo processo di armonizzazione nell’UE,
spazio per decidere alcune alternative, armonizzazione che però è diventata sempre più forte
attraverso la più frequente attuazione di regolamenti e non di direttive: il regolamento è una legge
stringente e di immediato utilizzo.
Con il regolamento, la disciplina dei mercati europei è uguale per tutti gli Stati.
La normativa non si è sviluppata solamente tramite i regolamenti, ma anche tramite le direttive di
secondo livello che constano in direttive che affermano come applicare il principio delle direttive di
C’è armonizzazione forte anche nell’enforcement delle regole: il
primo livello. sistema europeo
finisce per imporre l’applicazione di queste regole, che rende l’armonizzazione molto forte. Il
soggetto autorizzato in Inghilterra opera in Italia con le stesse regole, grazie all’intermediazione.
Ripresa
Il diritto continua ad avere una visione di tre segmenti diversi per ognuno dei quali ci sono regole
diverse per i soggetti legittimati, le regole di comportamento, la vigilanza. Tali gruppi sono:
Banche
Assicurazioni
Investimento in strumenti finanziari
Sono stati creati dei gruppi societari che, accanto alle banche, hanno una serie di società controllate
che si occupato dell’intermediazione finanziaria.
Parleremo dell’investimento in strumenti finanziari che è un segmento con dei confini molto mobili,
che dipendono da diversi fenomeni derivanti dalla presenza di situazioni caratterizzate
dall’investimento di risorse finanziarie in strumenti finanziari che poi possono essere negoziabili sul
mercato dei capitali.
Il sistema di produzione delle norme dei mercati finanziari è fatto attraverso una fissazione di
principi generali che rinviano a Consob e Banca di Italia il compito di normare la disciplina
applicativa. Questa disciplina è quindi affidata a regolamenti che hanno il pregio di:
essere fatti da tecnici
essere sottoposti ad un procedimento di consultazione, che consente di commentare la
bozza da parte di professionisti prima della sua pubblicazione
infine si ha una facile modificabilità delle regole. 7
Questo indica che il TUF conterrà il 30% delle norme, mentre il 70% dei regolamenti è previsto nei
documenti sviluppati da Consob e Banca di Italia.
Il contenuto del diritto dei mercati finanziari non è più una preoccupazione del singolo Stato, questo
deriva dal processo di internazionalizzazione. Si ha una progressiva formazione di quella che viene
chiamata soft law, regole espresse in forma di suggerimento che possono essere adottate in forma
volontaria dallo Stato. Queste raccomandazioni diventano leggi vere e proprie perché gli Stati
vengono condotti all’adozione, sebbene nessuno glielo abbia imposto.
è partito con una connotazione soft in cui l’Unione Europea
Processi di armonizzazione: dettava dei
principi, ma poi erano gli stati a creare le proprie leggi seguendo la linea dettata dall’unione
europea.
Da tempo il processo di armonizzazione soft è stato sostituito da un processo molto più forzato. È
stato introdotto un regolamento Europeo che una volta approvato diventa immediatamente
applicativo nei singoli Stati. Sono stati introdotti anche dei regolamenti di secondo livello. È anche
un tema di interpretazione che viene svolto guardando ai principi comunitari, dalle interpretazioni
e dai suggerimenti. In questo modo le discipline dei vari Paesi si sono armonizzate: le
dell’ESMA
discipline dei vari Paesi sono uguali. Maggiore è l’uniformità delle norme dei Paesi, minore sarà
stata la sovranità dei singoli governi che hanno dovuto appiattire la normativa adattandosi a regole
che non erano state discusse dal governo. Sicuramente però è positivo per i soggetti che operano nei
mercati finanziari.
Sistema delle fonti del diritto dei mercati finanziari
Il sistema delle fonti riprende la struttura classica:
1. Trattati e Convenzioni internazionali
2. Costituzioni interne di ogni singolo Stato
3. Leggi emanate dai singoli Paesi
Nel mondo moderno, oltre ad esserci delle fonti pubbliche, esistono anche delle fonti private, che
derivano da organismi privati che si danno delle regole interne che devono essere rispettate.
Le fonti pubbliche sono: leggi, regolamenti amministrativi etc, queste tuttavia sono formate ed
intrise da norme di origine comunitaria. In Italia in particolare, il TUF è stato il frutto di un processo
di consolidamento in un testo unificato di tantissime leggi e norme che nel corso del tempo erano
state adottate nel nostro ordinamento su input della produzione normativa dell’UE.
Il TUF è una legge che riflette in tutti i suoi contenuti le direttive comunitarie: quasi tutte le norme
del TUF sono armonizzate con quelle che si applicano negli altri Paesi dell’UE. C’è stata una
fortissima armonizzazione. Il TUF riflette anche direttive comunitarie che non sono ancora entrate
in vigore (es Mifid 2, gli stati hanno già provveduto al recepimento della legge, anche se la sua
obbligatorietà ed efficacia partirà dal Gennaio 2018).
Accanto a queste fonti pubbliche primarie ci sono delle fonti secondarie, ossia regolamenti emanati
dall’autorità di Vigilanza, con delle deleghe che sono contenute nella normativa primaria. Così
Consob, Ivass e Banca di Italia hanno emanato regole che sono diventate la base del regolamento
dei mercati finanziari.
Accanto a queste fonti pubbliche esistono anche delle fonti private, ossia disposizioni auto-
regolamentari adottate da società di categoria che gestiscono dei mercati. È un atto di autonomia
8
privata che consiste nella costituzione di un set di regole, un esempio è il codice di auto disciplina
delle società quotate. Le società quotate non sono obbligate ad adottare queste regole, ma se non le
l’obbligo di spiegare perché
adottano hanno (obbligo di comply or explain, che è un obbligo
esplicitato dal TUF). Le società adottano volontariamente queste regole perché se non lo facessero
perderebbero sicuramente degli investitori. Un’altra fonte privata importante è il regolamento di
Borsa Italiana, che disciplina le procedure di accesso alla quotazione. Borsa Italiana ha stabilito
delle regole che devono essere rispettate da chi vuole quotarsi sui suoi mercati. Il regolamento di
Borsa Italiana è un set di norme che devono essere rispettate dai soggetti che vogliono partecipare al
mercato regolamentato di Borsa Italiana.
Ecco perché le fonti private sono una fonte importantissima del diritto dei mercati finanziari. Anzi
spesso le fonti private vengono testate dagli emittenti, e quando assumono una connotazione
veramente generalizzata e stabilizzata, con un sicuro consenso, vengono assunte dalle fonti
pubbliche.
Per quanto riguarda il nostro corso, le fonti che consulteremo maggiormente saranno:
TUF
TUB
Normativa comunitaria immediatamente applicabile nel nostro ordinamento (es MAR)
Regolamento “intermediari”
Regolamento “emittenti”
Regolamento “mercati”
Regolamento “operazioni con parti correlate”
Linee guida emanate dall’ESMA
Valore mobiliare
Def: tutti quei prodotti che sono oggetto di un investimento, con la caratteristica di essere
negoziabili. Negoziabili significa che possono essere trasferiti/ceduti a terzi, passando attraverso il
mercato.
La nozione di valore mobiliare è stata oggetto di diversi interventi normativi, fino al decreto
EuroSim, poi riversato nel TUF. Il decreto EuroSim aveva introdotto la definizione di strumento
finanziario, che ha una configurazione più ampia di valore mobiliare. La concezione di strumenti
finanziari diventa importantissima perché, sulla base dell’elenco tassativo, si sviluppano tutta una
serie di temi che hanno una fortissima rilevanza normativa.
Si aggiunge con il TUF la nozione di prodotto finanziario, e si arriva ad una classificazione quale:
una macro categoria dei prodotti finanziari, al cui interno vi è la sotto categoria degli strumenti
all’interno
finanziari, della quale sono inclusi i valori mobiliari.
L’Art 1 del TUF contiene una lunga serie di definizioni.
La caratteristica centrale di tutti i valori mobiliari è la negoziabilità.
Sono valori mobiliari:
Le azioni (titoli di equity sia quotati che non quotati)
rimborsato con l’aggiunta degli
Le obbligazioni (titoli di debito un valore che deve essere
interessi) 9
Le obbligazioni partecipative che attribuiscono un interesse collegato alla partecipazione
agli utili della società
Le obbligazioni convertibili, subordinate e senior, le obbligazioni con warrant
Strumenti finanziari partecipativi, novità della riforma del 2003 e sono un ibrido tra
obbligazione e azione
Contratti a termine, ossia i derivati. Questi sono un importante elemento dei valori mobiliari.
Sono strumenti finanziari standardizzati collegati all’andamento di un sottostante (tasso di
interesse, valute, merci, commodities etc). La caratteristica peculiare è che sono tutti
contratti che riflettono un rapporto espresso da un valore sottostante che spesso non è mai
oggetto di una vera e propria compravendita.
la famiglia dei valori mobiliari ha una rilevanza importante nell’ambito della disciplina dei
Tutta la così detta “need of protection” per gli investitori
mercati finanziari. Il legislatore regolamenta
meno informati. La gestione accentrata
Oggi entriamo più direttamente nella disciplina che inerisce gli strumenti finanziari, che includono
anche i valori mobiliari, che sono la parte del sottoinsieme degli strumenti finanziari più ricorrente
nella disciplina che andiamo a toccare. Facoltà per le imprese che decidono di rivolgersi al mercato
dei capitali di emettere gli strumenti finanziari, sottoposto ad una sua disciplina che veniva non dal
TUF ma dal TUB che stabiliva una serie di particolari norme sull'emissione, controllo
dell'emissione, disciplina sostanzialmente rimossa. Quando una società decide di emettere strumenti
finanziari essa è sottoposta alle regole dell'emissione, praticabile da parte degli emittenti e
sottoposta a taluni monitoraggi che hanno ad oggetto funzioni del MEF di valutazione e verifica.
Altra disciplina è quella della gestione accentrata. Oggi quando parliamo delle azioni quotate sui
mercati regolamentati non parliamo più di titolo cartolare, ma dematerializzato. Le azioni che sono
destinate ad essere quotate su mercati regolamentari sono espresse da scritture contabili. Questa
un’importante
operazione di dematerializzazione non poteva non convivere con quella che è stata
attività di gestione accentrata dei titoli quotati. Quando parlavo di trasferimenti di azioni tutto
avveniva con sistema affidato alle grida, operazioni molto fattuali, spesso poi oggetto di errori,
necessità di fare correzioni, attività di back up molto complessa. Passavano molti giorni perchè
potessero essere regolate. È una procedura molto farraginosa, non si sposava con il trend verso
l’interconnessione dei mercati al di sopra delle barriere. l’esigenza di
A questa esigenza di concentrare gli strumenti finanziari si affianca anche avere
operazioni compatibili con una meccanizzazione: è stata quindi introdotta la gestione accentrata e la
l’utilizzo di
distruzione fisica delle azioni e dei titoli e della loro tracciabilità attraverso scritture
contabili. Da qui una serie di innovazioni che si sono sviluppate nel corso del tempo e che non sono
state introdotte solo nel nostro mercato ma anche negli altri mercati evoluti. Unico mercato è il New
York Stock Exchange, fase di transazione apparentemente alle grida. Anche negli USA i titoli sono
dematerializzati, e il loro trasferimento è affidato a transazioni contabili.
Il processo di dematerializzazione
Il processo di dematerializzazione non è stato unitario nel nostro Paese: si è passati da una fase che
definita della dematerializzazione debole, in cui sostanzialmente le società quotate e gli emittenti
avevano la facoltà di passare alla dematerializzazione, ma potevano ancora mantenere i titoli
cartolari, una soluzione che doveva servire a preparare il passaggio a quella che si è definita
10
dematerializzazione forte, affermata con introduzione del Decreto Euro e con il passaggio a un
sistema in cui azioni e strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati devono avere forma
dematerializzata. Continuano ad esserci società che emettono titoli in forma di cartula, ma anche tra
queste è ormai fortemente diffusa tendenza alla dematerializzazione. Tutte le società quotate, e
anche quelle non quotate con azionariato diffuso, oggi hanno titoli dematerializzati.
1
La Monte Titoli
La Monte Titoli è una società che fa attività di gestione accentrata. La sua vera gestione si ha
quando, nel 1986, arriva la legge istitutiva della Monte Titoli Spa n.289. Per la prima volta viene
creato un set di regole che servivano a disciplinare le attività di depositario centrale che ha la Monte
Titoli. Essa gestisce emissioni di strumenti finanziari da parte di emittenti destinati a soggetti
italiani. Rappresenta il sistema, il modello di gestione accentrata. Il sistema elettronico dentro la
Monte Titoli vede la creazione di una serie si silos elettronici, riferibile ad un intermediario
autorizzato a partecipare a sistema di gestione accentrata, così come prevede anche silos dove ci
sono emissioni di strumenti finanziari delle varie società. È come se ci fosse una sorta di deposito
degli strumenti finanziari da parte degli investitori presso gli intermediari che a loro volta
subdepositano i titoli dei loro clienti presso i silos della Monte Titoli.
Un esempio:
Banca Intesa ha conti intestati ai propri clienti, conti deposito, in quei conti emergono scritturazioni
contabili che danno evidenza degli strumenti finanziari detenuti dai clienti presso Banca Intesa.
Banca Intesa ha poi all'interno della Monte Titoli un suo silos elettronico al cui interno, in modo
ordinato, appaiono tutti i possessi di azioni Telecom, Eni, che Intesa detiene in virtù del deposito
fatto dai propri clienti. E' come se Intesa avesse un subdeposito presso Monte Titoli in cui riversa
tutti gli strumenti finanziari dei propri clienti. Il subdeposito appartenente alla categoria di deposito
regolare alla rinfusa (tutte le azioni di tutti i clienti sono depositate in questi silos dove stanno
azioni Eni di tutti i clienti, se decide di vendere non gli vengono restituite materialmente, mi
vengono restituite le azioni appartenenti a quel genus). Tutti i possessi azionari sono messi insieme.
La normativa di riferimento dal 1998 è il TUF che si occupa della disciplina della gestione
accentrata, oggetto di importanti interventi di revisione che si sono manifestati dal 2010 fino al
2016, a cui hanno fatto seguito aggiustamenti nella disciplina secondaria. Disciplina che nel
come una serie di “norme
modello classico vede TUF cornice” dei regolamenti di Consob e Banca
d'Italia, che sono invece considerate le norme applicative di maggiore dettaglio.
Per quanto riguarda le norme del TUF, esse possono essere distinte in 4 diverse aree:
normativa generale dedicata prevalentemente all'attività della gestione accentrata;
normativa speciale dedicata alla gestione accentrata degli strumenti finanziari
dematerializzati;
normativa speciale dedicata alla gestione accentrata degli strumenti finanziari
cartolari, ovviamente non sono azioni emesse da società quotate;
serie di regole specifiche applicabili alla gestione accentrata dei titoli di stato, ha in
termini di dimensioni importanza grandissima, c'è tutto il debito del paese espresso in titoli
dematerializzati; competenza del MEF, né di Consob né di Banca d'Italia.
1 Monte Titoli è una società multifunzionale di post-trading che offre servizi di gestione accentrata, di liquidazione, di
regolamento e accessori ed è uno dei principali sistemi europei di regolamento titoli. Lo svolgimento di tali funzioni è
effettuato in forma di impresa, sotto la vigilanza della Banca d'Italia e della Consob. 11
Società di gestione accentrata
oggi un’attività
E' vera e propria per lo svolgimento della quale sono necessarie le autorizzazioni,
quindi non attività che può svolgere chiunque. Nel nostro Paese la Monte Titoli continua ad essere
l’unica società di gestione accentrata, con vantaggio e concentrazione sul mercato tale che
difficilmente qualcuno gli potrebbe fare concorrenza. Sul TUF la normativa non fa riferimento
esclusivamente alla Monte Titoli, ma in generale alle società di gestione accentrata che devono
rispondere a determinati requisiti. Tuttavia la Monte Titoli è però l'unica società di gestione
accentrata che oggi ha queste caratteristiche.
Vediamo in ordine quali sono i tasselli su cui si costituisce una società di gestione accentrata.
Innanzitutto questa attività deve essere autorizzata, quindi la società deve essere abilitata
all'esercizio di questa attività che è a tutti gli effetti una attività di impresa, non va vista come una
attività istituzionale, ma come una attività di impresa che consiste nel creare e gestire una
piattaforma per la gestione accentrata degli strumenti finanziari, ex art. 2082 cc, attività che
possono svolgere solo soggetti che sono autorizzati a svolgere quell'attività. Tra questi requisiti si
hanno:
1. Esclusività dell'oggetto sociale che può essere più o meno diversificato, nel caso delle
società di gestione accentrata loro possono fare un unico mestiere. Molto spesso nell'attività
degli intermediari finanziari questo concetto viene ripetuto.
2. Deve svolgere attività limitate, connesse e strumentali a quelle principali, come la
predisposizione, gestione e manutenzione dei software, delle reti, delle attività relative alla
trasmissione dei dati, attività di marketing nel sistema della gestione accentrata, attività di
liquidazione, di compensazione, che sono tutte attività strumentali o connesse a quella
principale. La società di gestione accentrata non può svolgere attività di compravendita.
3. La società deve avere sua congrua patrimonializzazione, infatti devono essere in grado di
realizzare grossi investimenti. Art. 10 del regolamento impone un capitale sociale minimo
di 5 milioni di euro oltre al fatto che queste società debbono dotarsi di risorse patrimoniali e
finanziari che siano adeguate a preservare la stabilità e il buon finanziamento di queste
l’Art
società. Inoltre 11 del Regolamento impone di creare un fondo speciale di garanzie e
di stipulare una serie di contratti assicurativi.
4. Le società di gestione devono essere gestite attraverso principi di sana e prudente
gestione, tenendo conto degli standards e delle best practices internazionali e che
corrispondano nel funzionamento di questi standard di sana e prudente gestione per
assicurare stabilità del soggetto e dei mercati.
5. Devono essere dotate di struttura organizzativa che sia idonea ad assicurare un
andamento ordinato e continuo della sua attività, questo vuol dire che fa parte dei
l’adozione di procedure, sistemi, standard,
requisiti che devono avere anche tali da
assicurare la continuità aziendale (Business Continuity).
6. La legge stabilisce anche una serie di regole che riguardano i soggetti che amministrano,
dirigono e controllano la società. Questi soggetti sono chiamati a rispondere a requisiti di
onorabilità, di professionalità e di indipendenza.
Chi stabilisce quali sono i requisiti è il MEF e, in taluni casi, Consob o Banca D'Italia che
devono verificare l’effettiva presenza di questi requisiti. L’eventuale mancanza
determinerebbe la decadenza del soggetto o nei casi più gravi esiste la possibilità che venga
l’autorizzazione
revocata allo svolgimento dell'attività.
Determinati requisiti sono richiesti anche ai soci, soggetti che proprio in ragione dell'entità della
partecipazione si trovano ad avere un ruolo importante alla gestione sociale, avendo influenza sulla
vita della società. 12
Le Società di Gestione Accentrata devono dotarsi di un loro regolamento interno, definito
regolamento di servizio, che illustra quali sono i servizi svolti, spiega modalità di svolgimento dei
servizi, precisa criteri per essere ammessi al servizio di gestione accentrata, richiesti agli
emittenti che vogliono depositare presso società di gestione accentrata o agli intermediari che
vogliono accedere alla gestione accentrata. Il Regolamento dei Servizi deve essere approvato da
Consob sentita Banca d'Italia. Esse sono le autorità che controllano e assicurano le attività di
gestione sotto due diversi profili (controllo razione-materie):
dell’informazione data al mercato e del
Consob si occupa del controllo sulla trasparenza
corretto funzionamento dei soggetti incluse le Società di gestione accentrata e sulla tutela
degli investitori
Banca d’Italia si preoccupa della stabilità degli intermediari finanziari, dei mercati, delle
società di gestione accentrata, del contenimento del rischio sistemico e della stabilità
finanziaria (sana e prudente gestione, adeguato livello di patrimonializzazione, esposizione
a certi rischi).
Soggetti ammessi al sistema di Gestione Accentrata
Sono i clienti della società di gestione accentrata, ossia coloro che possono fruire dei servizi di
gestione accentrata. Questi sono:
emittenti quando fanno emissione di azioni.
intermediari che sono quelle imprese di investimento e banche comunitarie che sono
autorizzate a fare attività di compravendita di titoli, forme di investimento a titolo proprio, o
con denaro che proviene dai risparmiatori. Questi soggetti sono: le banche comunitarie e
italiane, SIM, agenti di cambio, SGR, Poste Italiane, tutti autorizzati all'accesso in quanto
sono coloro che operano le attività di trading e di compravendita di questi strumenti
finanziari.
Come si regola il rapporto tra emittenti e intermediari? Attraverso un contratto per adesione, nel
senso che la società di gestione accentrata ha un suo form, che chiunque chiede di poter
sottoscrivere. I contratti per ade4sione sono quelli predisposti da una delle parti in forma
standardizzata e le controparti non possono far altro che aderire e stipulare questo contratto;
l’adesione comporta un regolamento di servizi e le condizioni generali alle quali il servizio di
gestione accentrata viene ad essere derogati a emittenti e intermediari.
Per poter avere accesso al sistema si devono avere certi requisiti, quali le autorizzazioni Consob o
Banca per intermediari; gli emittenti devono provare che abbiano certe caratteristiche: sono in
possesso di strumenti dematerializzati, devono necessariamente avere carattere della negoziabilità,
cioè non devono esistere delle limitazioni alla negoziabilità di questi valori mobiliari (clausole di
prelazione, di gradimento, etc. e devono essere liberi, quindi non avere vincoli quali garanzie,
pegno, etc).
Funzionamento della gestione
Ancora oggi è possibile chiedere che siano custoditi strumenti finanziari ancora cartolarizzati presso
la Monte Titoli (vedere da soli, residuale e in via di esaurimento).
Il tema della gestione accentrata degli strumenti dematerializzati è avvenuta in più fasi. La ragione
della dematerializzazione è quella di facilitare gli scambi quando le azioni sono largamente diffuse
sul mercato. Secondo gli Art. 83 bis del TUF o Art. 15 Regolamento ci troviamo di fronte a tre
ipotesi di dematerializzazione: 13
1. Dematerializzazione obbligatoria di fonte legale, riguarda tutti gli strumenti finanziari
negoziati o destinati alla negoziazione dei mercati regolamentati italiani. La legge stabilisce
obbligo della dematerializzazione.
2. Dematerializzazione obbligatoria, ma di fonte regolamentare. Strumenti finanziari
diversi, come strumenti finanziari negoziati o destinati sui Sistemi Multilaterali di
Negoziazione (MTF: multilateral trading facilities= piattaforme che operano come mercato
ma che non sono regolamentate e che sono destinate ai loro clienti; sono forme di para-
mercati lecite ma diverse dai mercati regolamentati).
3. Dematerializzazione facoltativa, dei soggetti non quotati che decidono di dematerializzare
comunque le loro azioni. Ferrero non è quotata, ma azioni sono dematerializzate.
Disciplina relativa alla compravendita dei titoli in gestione accentrata
Gli investitori non hanno rapporto diretto con Monte Titoli. Per vendere le azioni un cliente retail
l’ordine
deve dare istruzioni alla banca la quale immette di vendita di queste azioni sul mercato;
Borsa Italiana con un sistema elettronico incrocia le domande di vendita con quelle di acquisto dei
vari titoli ed emette un ordine di vendita dando un prezzo. Successivamente arrivano gli ordini di
acquisto e domanda e offerta chiudono l'operazione; i clienti non si conoscono tra di loro, nessuno
sa a chi sono state vendute le azioni sul mercato dopo che l'operazione si è conclusa dentro i silos.
Alla fine c'è una sorta di compensazione totalmente gestita da Monte Titoli attraverso delle scritture
contabili
Gestione all'esercizio dei diritti degli strumenti dematerializzati
Il titolare delle azioni ha una serie di diritti patrimoniali ed amministrativi che gli derivano dal
possedimento dell'azione, unità di misura minima di partecipazione alla società. Ogni azione è
uguale all'altra e conferisce il diritto a percepire eventuale distribuzione di dividendi in proporzione
alla quota di azioni possedute. Chi esercita questi diritti in un sistema di gestione accentrata?
Diritti di carattere patrimoniale si ha il cosiddetto sistema cascata, secondo cui il titolare
del conto deposito conferisce all’intermediario un mandato con rappresentanza che consente
all’intermediario di presentarsi a Monte Titoli ed esercitare il diritto patrimoniale.
distribuire gli utili, quindi trasferisce l’intero ammontare alla Monte
Esempio: Telecom deve
Titoli che si vedrà richiedere i dividendi dagli intermediari che agiscono in nome e per conto
dei propri clienti. È un sistema semplice, efficiente, esente da errori e molto sicuro.
(fermo restando che agli investitori spesso non interessa l’esercizio
Diritti amministrativi
di diritti) la legittimazione avviene attraverso un sistema che consente al cliente di poter
chiedere all’intermediario di attivarsi al fine di essere riconosciuto come legittimato. Oggi la
legittimazione è stata sostituita da una semplice comunicazione che viene effettuata
dall’intermediario all’emittente. Questa comunicazione deve essere effettuata entro la
“record (7 giorni prima dell’assemblea), ossia la
date” data in cui viene fotografato il parco
dei soci che si fanno riconoscere per partecipare all’assemblea. Tuttavia il cliente potrebbe
vendere le sue azioni il giorno dopo, ma comunque partecipare all’assemblea. Il socio che è
stato comunicato all’emittente potrà esercitare il suo diritto di intervento nonostante non sia
più possessore delle azioni. l’esercizio dei diritti.
Questo sistema facilita non solo scambi, ma anche 14
Intermediazione finanziaria
È la parte più importante del corso su cui si concentra la normativa primaria e la normativa
secondaria. L’obiettivo è quello di assecondare il principio della libertà di movimento dei capitali,
oltre che quello della libertà di stabilimento (avviare una attività economica). La libera circolazione
significa tentare un processo di armonizzazione che consente agli operatori di svolgere attività
cross-border, questo può essere fatto solo se ci sono delle leggi uniformi che facilitino gli operatori.
Questa armonizzazione oggi è diventata particolarmente forte tant’è che la normativa italiana e
tedesca quasi si equivalgono.
Le direttive hanno sempre avuto una primaria importanza. Inizialmente avevano una normativa più
debole, e oggi hanno assunto caratteristiche più forti. Queste normative sono:
1. Normativa 22 del 1993, che ha stabilito una regola fondativa del passaporto comunitario.
Stabilisce una serie di condizione che permettono alle imprese comunitarie di svolgere la propria
attività in un altro Paese dell’UE, seguendo le regole del proprio Paese. Nasce così il concetto del
mutuo riconoscimento. Da allora i mercati hanno subito una incredibile evoluzione: dal ‘93 i
mercati iniziano ad essere più complessi ed articolati. È una trasformazione con tendenza alla
globalizzazione e integrazione dei mercati internazionali. Questo ha determinato una accelerazione
dell’esigenza di tutela degli investitori retail, anche difronte ad una grandissima espansione degli
strumenti finanziari (azioni, obbligazioni, derivati, hedge founds, etc). Questo comporta una
dei servizi di investimento: non c’è più solo il brokeraggio, ma si includono
maggiore complessità
anche altri servizi. Si introducono quindi attività tipiche degli intermediari quali l possibilità di
creare dei MTF, che sono mercati non regolamentati alternativi a quelli regolamentati. Gli
intermediari creano delle piattaforme di trading, iniziano a svolgere attività di consulenza
(sporadiche o stabili) etc. Il sistema si trova di fronte ad un mercato che cambia configurazione. Il
mercato dei capitali chiede alle regolamentazioni di adeguarsi rapidamente ai cambiamenti.
L’adeguamento non è però semplice soprattutto se riguarda un intero sistema. Vengono creati dei
gruppi di studio che aggiornano i reports in merito alle novità che hanno bisogno di aggiornamenti
normativi, e viene fatto un piano di aggiornamento del diritto.
2. Financial action plan 1999, originatore di tantissime normative, in quanto rappresentava la
regolamentazione di un mercato in veloce cambiamento. Da qui nasce la prima direttiva Mifid
3. Prima direttiva Mifid 2004, disciplina strutturata e forte di armonizzazione dei valori
mobiliari. Per la prima volta viene attuata la procedura AlfaUC, direttore delle direttive multi livello
che creano un armonizzazione forte. Nella direttiva Mifid 1 c’è un primo livello che stabiliva una
serie di regole. Quella direttiva fu affiancata da una direttiva di secondo livello che prevedeva una
serie di norme di dettaglio in ambito comunitario
4. Seconda direttiva attuativa della Mifid 1 2006, e indica le modalità di esecuzione della
Mifid: requisiti organizzativi delle imprese di investimento per poter operare. A questa direttiva si
affianca un Regolamento concernete gli obblighi in materia di investimento. L’autonomia dei
singoli Stati svanisce e si crea un tessuto regolamentare uguale per tutti i Paesi. Vi sono altri due
livelli: il terzo livello riguarda la cooperazione dei mercati nella applicazione della disciplina che
vede come protagonista l’ESMA (istituzione europea che svolge funzioni di controllo). Il quarto
livello arriva a prevedere una armonizzazione anche nella attività di enforcement e di applicazione
concreta delle regole. L’enforcement controlla che le regole vengano effettivamente applicate e
stabilisce anche delle sanzioni per chi non le rispettasse. 15
Principi ispiratori della Mifid 1
1. Tutela degli investitori: si ritieni che gli investitori abbiano un forte need of protection,
quindi un bisogno di trovare una tutela. La novità della Mifid è che non tutti gli investitori hanno lo
stesso livello di bisogno: i retail hanno più bisogno di protezione di altri. Tutela non significa
riconoscere un generico bisogno di protezione, ma si introduce una sorta di classificazione
2. Integrità dei mercati finanziari: oggi i mercati costituiscono delle piattaforme tecnologiche e
il loro funzionamento deve essere tale da infondere negli investitori la massima fiducia. I mercati
devono avere dei comportamenti di equità, professionalità e di integrità. Fenomeni com l’insider
trading vengono fortemente puniti.
3. Rafforzamento dei meccanismi concorrenziali, anche sui mercati regolamentari: un aspetto
fondamentale dell’economia di mercato è la concorrenza, inclusi anche il mercato finanziario. Fino
alla Mifid non vi era una vera concorrenza perché si obbligavano gli investitori, per proteggerli, ad
operare solamente in certi mercati. Questo però li pregiudicava perché chi gestiva il mercato
imponeva le proprie regole. All’interno dei mercati regolamentati non c’era concorrenza e gli
investitori dovevano pagare alte commissioni etc. La Mifid fa saltare il principio dei mercati
regolamentati (obbligo di concentrazione) e porta all’apertura dei trading venues, in cui gli operatori
possono cercare di creare una maggiore concorrenza. Non esiste più l’obbligo di concentrazione dei
mercati in borsa. I nuovi mercati sono delle opportune alternative ai mercati regolamentati.
4. Efficienza dei mercati: si introducono strutture organizzative, informatiche che possono
consentire di ridurre i costi dei servizi e di accrescere la trasparenza delle operazioni pre e post
trading che sono importantissime al fine di consentire al mercato di capire come si sta orientando il
mercato prima di fare un investimento. L’efficienza è strettamente legata alla concorrenza. Le
componenti tecniche richiedono spesso una introduzione che deriva dalle regole: esistono dei
meccanismi di information tecnology e di organizzazione del lavoro diretti all’efficienza.
5. Forte spinta al rafforzamento dei sistemi interni di governance: riguarda la disciplina degli
La Mifid ha imposto sistemi di controllo nell’ambito del conflitto di interessi. È tutta la
emittenti.
disciplina che riguarda le Banche: ti consiglio dove investire e per primo emetto strumenti di
investimento. Questi problemi si affrontano attraverso meccanismi di governance che gli emittenti e
gli intermediari devono adottare per prevenire comportamenti che avrebbero l’effetto di
danneggiare gli interessi dei risparmiatori.
La Mifid 1 sta per essere fortemente integrata e modificata dalla Mifid 2. La Mifid 2 direttiva 65 del
2014, assistita da un Regolamento 600 del 2014 sui mercati degli strumenti finanziari (Regolamento
Mifir). Entreranno in vigore in Italia a partire dal 3 Gennaio 2018. Ora si stanno perfezionando le
Consob e Banca d’Italia.
ultime normative di dettaglio a opera di
Con la Mifid 2 si vanno ad introdurre delle regole che riguardano la creazione dei prodotti
finanziari. Fino ad oggi gli intermediari erano liberi nella creazione di strumenti finanziari che
venivano offerti. Esistevano una serie di requisiti che dovevano essere rispettati, ma non esisteva un
vero e proprio controllo sui prodotti. La Mifid 2 introduce un controllo sui prodotti, che deve essere
accettato, recepito e compreso dal mercato. Per questo motivo c’è un periodo lungo di incubazione
delle regole, con possibilità di correzione, in modo tale che tutti abbiano avuto il tempo di
adeguarsi.
Modifiche e ragioni alla base della Mifid 2
1. Esigenza di adempiere a clausole che volevano risolvere una serie di debolezze del sistema:
debolezze sono state evidenziate dalle crisi. Le crisi finanziarie hanno fatto capire che c’è un
le 16
tema importantissimo che ė quello del rischio sistemico. Questo rischio, ineliminabile, può essere
gestito. Degli strumenti creati con logiche iper-speculative, devono essere trattati e gestiti in modo
diverso rispetto agli strumenti; questi strumenti possono essere emessi, ma devono essere
maggiormente controllati nel caso di bolle finanziarie.
2. Mutata situazione dei mercati: si vuole rafforzare il quadro per la regolamentazione dei
mercati, prevalentemente sul profilo della trasparenza. In questo ambito diventa importante anche la
gestione della product governance.
3. Si innalza la protezione in segmenti che ai tempi non si conoscevano: servizio della
consulenza che sta diventando sempre più forte.
Servizi e attività di investimento
Gli intermediari sono quei soggetti autorizzati a svolgere servizi e attività di investimento (vedi Art
1 co 5 del TUF). Quali sono i servizi e le attività di investimento contenute nella definizione? Sono
una serie di attività elencate nella norma, quando queste attività hanno per oggetto strumenti
finanziari.
• Attività di negoziazione per conto proprio: una volta le attività di negoziazione per conto
nelle attività di acquisto e rivendita che l’intermediario faceva in
proprio consistevano solo
contropartita diretta. L’intermediario guadagna sullo spread (maggior ricavo ottenuto rispetto a
quanto pagato). Un’altra attività in conto proprio è quella del market maker, una controparte ideale
che si trova sui mercati particolarmente inliquidi. Il rischio è quello di non trovare una controparte
disposta ad acquistare il titolo che si vuole vendere. A questo punto il prezzo del titolo precipita e
anche gli altri investitori di quei titoli iniziano a preoccuparsi. Intervengono i market maker che
fissano prezzi di acquisto di quei titoli a cui i venditori possono vendere il titolo se non trovano altri
acquirenti. I, sistema ha anche concesso agli intermediari di svolgere anche una attività che è quella
degli internalizzatori sistematici: un intermediario crea un sistema in cui, in modo organizzato,
frequente e sistematico, vengono ad essere negoziati per conto proprio strumenti finanziari,
eseguendo ordini di clienti. Perché pagare delle commissioni a Borsa Italiana quando può creare
una piattaforma in cui gli stessi clienti della Banca possono scambiarsi i propri strumenti. Sono
servizi di investimento operati attraverso la presenza di uno o più intermediari finanziari che
negoziano per conto proprio determinati titoli.
• Attività di collocamento (o sottoscrizione) di strumenti finanziari. Una banca o un gruppo di
Banche si occupano di collocare sul mercato degli strumenti finanziari da parte di un emittente:
Enel emette obbligazioni e intende collocarle sul mercato. Enel si affida a degli intermediari
finanziari che costituiscono un pool che si occupa di collocare sul mercato nazionale e
internazionale le obbligazioni. Questo servizio può avere delle configurazioni diverse a seconda di
chi si prende il rischio dell’invenduto. Si hanno tre diverse opzioni:
Opzione più favorevole all’emittente: l’intermediario sottoscrive interamente le
-
obbligazioni. Il rischio per Enel è 0 e non si preoccupa del collocamento. Il vantaggio degli
intermediari è quello di commissioni altissime (anche se per Enel il rischio di invenduto è
davvero basso, quindi le commissioni non saranno altissime).
- Opzione del consorzio di collocamento con garanzia: il pool di intermediari non
sottoscrive in prima battuta le obbligazione, ma procede al collocamento e sono gli
investitori che aderiscono all’offerta a sottoscrivere le obbligazioni. Se però rimangono degli
invenduti, la differenza è sottoscritta dalle banche che fanno parte del consorzio di
intermediari garantiscono che l’eventuale invenduto è assorbito dalle
collocamento. Gli
banche. Il rischio delle banche è sicuramente minore. 17
Opzione più rischiosa per l’emittente. Collocamento senza impegni da parte
-
dell’intermediario. Se rimane dell’invenduto l’emittente non reperirà i finanziamenti. Le
commissioni saranno minime.
• Attività di gestione di portafogli: si gestisce su base discrezionale e individualizzata (o
collettiva) un portafoglio di investimenti, che devono includere strumenti finanziari. Questa
di gestione viene svolta all’interno di un mandato conferito all’intermediario dal titolare
operazione
del portafoglio. Bisogna focalizzarsi sul concetto di gestione e di portafoglio. Gestire è diverso da
amministrare: amministrare vuol dire muovere i titoli se richiesto, distribuire i dividendi etc, è una
attività quasi statica; la gestione si contraddistingue dalla discrezionalità dell’intermediario e dallo
scopo che è quello di incrementare il valore del patrimonio nel corso del tempo. Gestire significa
con un ampio margine di discrezionalità una attività dinamica con obiettivo l’incremento
svolgere
del valore del portafoglio. Portafoglio è una nozione che implica il fatto che ci sia un pacchetto di
componente del portafoglio, ma
strumenti finanziari. Questi strumenti finanziari non sono l’unica
sicuramente ci devono essere. La gestione del portafoglio può essere personalizzata al singolo
investitori o collettiva nel caso in cui siano presenti più investitori.
• Ricezione e trasmissione di ordini: fino a qualche anno fa erano attività tipiche dei broker
(soggetti che mettono in contatto i compratori con i venditori, favore do la conclusione del contratto
di compravendita). Oggi l’attività è svolta anche da intermediari finanziari, che percepiscono la
per l’attività effettuata.
commissione
• Consulenza in materia di investimenti: è una attività molto delicata perché consiste nel
fornire delle raccomandazioni personalizzate al cliente. Personalizzata quando si tratta di un
servizio taylor made sul cliente. Con la Mifid è stata esclusa la consulenza generica dai servizi di
consulenza, in quanto considerata come un servizio di marketing.
• gestione di piattaforme che consentono l’incontro, in base a
Attività di gestione gli MTF:
regole non discrezionali, l’incontro di ordini di acquisito o di vendita in un mercato non
regolamentato. Per gestire un MTF si deve essere un intermediario autorizzato. La Mifid ha, per la
prima volta, messo in concorrenza con i mercati regolamentati queste piattaforme che sono al di
di un sistema di regole e di protezione. L’unica protezione è che gli intermediari devono
fuori
essere autorizzati
• Gestione dei sistemi organizzati di negoziazione (internalizzatori sistematici): sistemi
strumenti finanziari. L’intermediario
informatici di negoziazione che consentono di compravendere
deve essere comunque autorizzato.
La lista è completa, chiusa e sostanzialmente ben definita. La lista non è chiusa per sempre, ma può
essere ampliata quando vengono inventati nuove attività. È la MEF che si occupa
dell’aggiornamento della lista. La lista è importante perché queste attività sono riservate agli
intermediari finanziari autorizzati specificatamente ad ognuna di queste attività da Consob o Banca
d’Italia. L’autorizzazione deve essere data per ogni singola attività.
Accanto alle attività riservate principali, la legge consente agli intermediari di svolgere delle attività
definite di “servizi accessori”. Questi servizi non vivono autonomamente, ma in quanto prestati
accessoriamente alle attività principali. La disciplina dei servizi accessori è affidata al TUF per gli
intermediari finanziari diversi da Banche; nel caso di Banche la normativa è nel TUB. Quali sono i
servizi accessori (Art 1 co 6 TUF):
• Crediti per operazioni di intermediazione 18
• Prestiti, che hanno per oggetto sia denaro sia strumenti finanziari. (Prestito di azioni in modo
tale da esprimere i voti di quelle azioni, poi si restituiscono le azioni dopo la votazione)
• Corporate finance, spiegare all’imprenditore i vantaggi di un IPO, spiegare le alternative ad
un finanziamento bancario etc
• Servizio di cambio, legata a valute che vengono utilizzate per un investimento
• Servizi di ricerca in materia di investimento, analisi finanziarie, analisi delle serie storiche
Questi servizi non hanno un impatto tale da essere sottoposti ad una autorizzazione
Art 18 co 1 del TUF precisa che l’esercizio professionale nei confronti del pubblico è attività
riservata soltanto a determinati soggetti. È la così detta riserva delle attività di intermediazione.
I soggetti ammessi sono: SIM, imprese di investimento, banche (nel processo di de-
La riserva riguarda l’esercizio professionale di
specializzazione) comunitarie o extra-comunitarie.
quelle attività nei confronti del pubblico. Si deve porre enfasi sul concetto di professionalità
(abitualità) e su, fatto che l’attività è svolta nei confronti del pubblico (si escludono le attività di
investimento limitate ad un certo numero di soggetti e che quindi non rappresentano il pubblico).
il fatto che la richiesta dell’autorizzazione deve essere
Bisogna anche tenere in considerazione
chiesta singolarmente per ogni servizio. Alcuni di questi servizi non possono essere esercitati da
alcuni intermediari. Ci sono però dei casi in cui l’intermediario, che chiede autorizzazione per un
determinato servizio, riceve automaticamente l’autorizzazione per altri servizi. Esempio: quando la
SGR viene autorizzata alla gestione di portafogli, si autorizza automaticamente all’attività di
consulenza e di ricezione e trasmissione di ordini.
Spetta poi al MEF il compito di individuare nuove attività e servizi/servizi accessori da aggiungere
alla lista del TUF.
Consulenti finanziari autonomi
Art 18 bis del TUF, è una norma che non pregiudica, anche a persone fisiche, di prestare una serie
di servizi di consulenza in materia di strumenti finanziari. La condizione, oltre ai requisiti di
onorabilità professionalità e indipendenza, è che in nessun caso, questi consulenti persone fisiche
possono detenere fondi o titoli apparenti ai clienti. I titoli dei clienti devono stare in una banca sul
conto del cliente. Il consulente dà la raccomandazione, il cliente dà le disposizioni alla banca. È
importante per garantire che il consulente non si faccia tentare da operazioni di frode.
Disciplina di accesso alla riserva di attività
La procedura cambia a seconda dell’intermediario in oggetto.
è la Consob, sentita la Banca d’Italia, che concede l’autorizzazione. La SIM presenta una
SIM: la richiesta (l’autorizzazione
domanda completa ed entro 6 mesi la Consob deve accettare o rifiutare
non serve per costituire la società, ma per effettuare l’attività). La Consob si limita a verificare che
la SIM abbia i requisiti necessari per l’esercizio delle attività (Art 19del TUF):
• Forma di Spa
• Determinata capitalizzazione
• Collocazione della sede legale e della direzione legale in Italia
• Programma che concerne l’attività iniziale della SIM; si spiega l’attività che si vuole
svolgere, le tappe iniziali, le procedure che si vogliono adottare, si spiega la struttura organizzativa,
allocazione delle diverse funzioni operative essenziali, sistema di controllo etc 19
La verifica della Consob è una verifica sostanziale e non di merito. Alla Consob non spetta
giudicare la preparazione e la capacità delle persone destinata alle attività operative.
La Consob verifica anche i requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza degli
amministratori. Anche questa non è una valutazione di meritevolezza. Ai soci di controllo o con
capitale superiore al 10% devono avere dei requisiti di onorabilità.
NB: Se ci sono queste, ed altre condizioni, la Consob non può negare l’autorizzazione. Tuttavia la
Consob può negare l’autorizzazione quando non viene garantita la sana e prudente gestione. La sana
e prudente gestione si manifesta in modo oggettivo dal rapporto tra capitalizzazione e attività svolte.
Oggi la sana e prudente gestione è fondamentale per garantire la stabilità.
Non c’è una autorizzazione specifica per i servizi accessori. Ottenuta l’autorizzazione la SIM viene
nell’albo delle SIM di cui si occupa la Consob.
iscritta
BANCHE: Anche le banche possono però svolgere questa attività di investimento. Non solo le
banche ma anche gli intermediari iscritti nell’elenco dell’articolo 106 del TUB (altri soggetti che
sempre nell’alveo degli enti che hanno una natura bancaria o pari-bancaria).
rientrano Queste
categorie di intermediari, riconosciuti dall’art 106 del TUB, sono in molti casi associati alle banche.
Banche e intermediari ex 106 sono protagonisti del mercato dell’investimento. Questa sostanziale
equiparazione tra le SIM e le banche è stata raggiunta nel ’96 con il decreto Eurosim (decreto n.
415/1996) che poi è stato recepito all’interno del TUF. Con questa prima normativa alle banche è
stato definitivamente consentito di svolgere tutti i servizi e le attività di investimento che abbiamo
menzionato ieri.
Questo fatto è evidentemente anche il frutto di un naturale processo di progressiva invasione da
parte delle banche del settore mobiliare: le banche non fanno più i soldi attraverso la semplice
raccolta del risparmio e l’esercizio del credito, ma fanno i soldi attraverso le attività di
intermediazione finanziaria, creazione di servizi accessori, attraverso una serie di attività
strumentali all’attività bancaria che è quella che rimane principale.
Pur accedendo però ad un segmento diverso dal bancario, le banche non hanno una disciplina
(almeno per quanto riguarda la fase dell’accesso) uguale a quella delle SIM, perché le banche
prevalente della Banca D’Italia. Quindi tutte le
rimangono in prima battuta, soggette al controllo
banche, anche per quanto riguarda le regole di accesso al mercato, sono sottoposte alla vigilanza
regolamentare, informativa e ispettiva della Banca D’Italia. La Consob ha una serie di competenze,
sostanzialmente l’organo di vigilanza sulle banche, anche quando svolgono attività di
ma
intermediazione finanziaria (attività non bancarie), lo svolge la Banca D’Italia.
Banca D’Italia è il garante di quella che è una condizione fondamentale per evitare rischi anche di
natura sistemica, che è quell’accertamento sulla sana e prudente gestione dell’attività: quindi la
stabilità delle banche anche nell’esercizio dell’attività di intermediazione finanziaria. Naturalmente
per tutta una serie di discipline, di norme di funzionamento, vedrete che ci sono dei regolamenti
congiunti di Banca D’Italia e CONSOB che sostanzialmente servono a dare una disciplina il più
possibile rispettosa delle regole del mercato, delle esigenze della sana e prudente gestione e della
stabilità.
SOGGETTI STRANIERI: imprese di investimento e banche comunitarie ed extracomunitarie.
Cerchiamo innanzitutto di capire quelle che sono evidentemente le modalità e le condizioni per cui
soggetti di diritto straniero possano svolgere un’attività di intermediazione nel nostro Paese. 20
1. Imprese di investimento della UE: il principio fondamentale della libertà di movimento di
capitali, ma anche della libertà di stabilimento, ha giustificato la disciplina del mutuo
riconoscimento, che consente ad una impresa di investimento della UE di poter accedere ad un
mercato diverso, sempre di un paese dell’UE, attraverso 2 modalità:
Quindi l’impresa di investimento tedesca offre dalla Germania
Libera prestazione di servizi.
servizi e attività di investimento in terra italiana. Questa è quella che tecnicamente si chiama
la “libera prestazione di servizi”. Per questa modalità è sufficiente il passaporto comunitario,
cioè è sufficiente che l’impresa tedesca sia stata autorizzata a svolgere il servizio, l’attività
di investimento che vuole svolgere in Ital
l’autorizzazione per quel servizio in Germania (c.d. passaporto comunitario) ecco che
laddove l’impresa tedesca intendesse svolgere in libera prestazione di servizi le proprie
semplicemente sufficiente che l’autorità competente nella
attività sul nostro paese, sarebbe
Germania informi la CONSOB. Quindi basta che l’autorità di vigilanza tedesca dia
comunicazione che un intermediario da lei autorizzato svolgerà dei servizi di investimento
in Italia. Questo evidentemente serve a riconoscere da parte della Consob una legittimazione
che viene dall’autorità di controllo tedesca, che è quella che ha autorizzato questa impresa di
investimento a svolgere, in Germania o in un altro paese della UE la propria attività.
Libertà di stabilimento creando in Italia una sua succursale. Quante sono le succursali di
imprese di investimento straniere? Ce ne sono moltissime che hanno aperto una succursale
nel nostro Paese. In questo caso sarebbe necessario che questa impresa invii una
comunicazione almeno 2 mesi prima dell’istituzione della prima succursale alla Consob.
Non perché la Consob sia chiamata ad autorizzare, ma per consentire alla Consob di
svolgere le necessarie istruttorie, quindi per verificare che ci siano tutte le autorizzazioni del
caso ma anche gli aspetti di carattere logistico e organizzativo che devono sussistere per
l’apertura di una succursale di questo tipo. Quindi anche in questo caso non c’è
un’autorizzazione della ma c’è una comunicazione che serve ad attivare
Consob, un
controllo, una verifica, da parte della Consob. Se la Consob trovasse qualcosa che non
funziona dovrebbe evidentemente verificare con l’autorità di controllo tedesco l’aspetto che
rappresenta una problematicità. (oltre che svolgere attività bancaria in Italia o dall’estero, o
Anche le banche comunitarie possono
aprire succursali in Italia per lo svolgimento dell’attività) anche svolgere attività di intermediazione
finanziaria in libera prestazione direttamente la Germania o attraverso l’apertura di una succursale
italiana. Anche in questo caso si applicano norme analoghe a quelle che ho detto per le imprese di
investimento però l’articolo 29 bis del TUF, che rinvia alle norme in materia di mutuo
D’Italia le competenze che nel caso delle
riconoscimento previste dal TUB, rimette alla Banca
imprese di investimento spettano alla Consob.
2. Imprese e banche extracomunitarie. Impresa di investimento o banca americana che vogliono
aprire una succursale in Italia o fornire direttamente dagli USA servizi e attività di investimento al
nostro Paese. In questo caso è necessaria l’autorizzazione della L’autorizzazione della
Consob.
sentita la Banca D’Italia è necessaria sia per la libera prestazione di servizi sia per
Consob,
l’apertura di succursali.
Quindi la funzione del passaporto europeo è quella di consentire un mutuo riconoscimento
dell’autorizzazione originaria e dunque favorire un processo di libero stabilimento o di libero
esercizio di un’attività nel nostro Paese avendo da assolvere soltanto oneri di tipo informativo.
Quindi anche a livello di timing, a livello di costi, è chiaramente una procedura molto più snella e
rapida. 21
Attenzione: io finora ho parlato di imprese straniere che vengono a svolgere queste attività in Italia.
le imprese d’investimento italiane, le banche italiane hanno la possibilità
È ovvio che anche le SIM,
di fornire i propri servizi e le attività d’investimento all’estero. In questo caso la disciplina è
sostanzialmente identica a quella che vi ho detto per il caso delle imprese straniere.
Quindi immaginiamo che una SIM italiana voglia accedere ad un mercato straniero. Se il mercato è
un mercato europeo lo potrà fare in un regime di libera prestazione di servizi direttamente nel paese
straniero operando dall’Italia, o lo potrà fare costituendo una succursale nel paese dell’Unione
Europea, senza aver bisogno di ottenere autorizzazioni in loco. Dovrà però ovviamente informare la
o Banca D’Italia (se il soggetto è una banca) perché poi abbiamo visto che anche in questo
Consob
caso scatteranno una serie di eventuali comunicazioni tra le autorità di controllo per attestare che il
soggetto è dotato di un regolare passaporto comunitario che gli consente di svolgere le attività.
di là dell’ambito comunitario e
Che succede se una SIM o una banca italiana decide di muoversi al
andare a svolgere queste attività negli USA. In questo caso è necessario tornare ad un regime
autorizzativo, come è necessario per una banca americana o per una SIM extracomunitaria. Quindi
non si applica il principio del mutuo riconoscimento: anche in questo caso ci vuole
un’autorizzazione non solo nel paese in cui si va a svolgere il servizio, ma ci vuole anche una
autorizzazione da parte della Banca D’Italia subordinatamente ad una serie di intese di
collaborazione che spesso vengono concordate tra autorità di paesi diversi da quelli comunitari.
Quindi la Consob italiana ha un rapporto di collaborazione e una serie di regole che riguardano il
un’attività
suo rapporto con la SEC (security european commission). Quindi vedete che esiste
internazionale verso l’Italia e dall’Italia verso un paese straniero.
Questo è il quadro che riguarda l’accesso all’esercizio dei servizi o delle attività di investimento.
Regole che si applicano alla prestazione di servizi o di attività di investimento
1. Classificazione della clientela: è una delle grandi innovazioni della MiFID. La MiFID ha
introdotto questo concetto della suddivisione della clientela in classi a seconda del livello di
sofisticazione finanziaria degli investitori. Le diverse classi corrispondono ad un diverso bisogno di
protezione: più intenso in taluni casi (e quindi giustifica regole più stringenti), meno intenso
laddove la sofisticazione sia elevata, addirittura è professionale. È chiaro che le regole di cui stiamo
hanno il vantaggio di assicurare una protezione all’investitore, ma indiscutibilmente
parlando
determinano una serie di condizionamenti, di limitazioni, non fosse altro per il tempo che si perde
prima di poter concretamente operare. Quindi laddove non c’è bisogno di queste regole è molto più
efficiente non applicarle.
Quali sono le classi in cui sono suddivisi gli investitori?
a) Il cliente retail è il cliente più debole, più vulnerabile. Questa prima classe include tutti i clienti,
tutti gli investitori che non hanno caratteristiche tali da rientrare nelle classi degli investitori
professionali. Quindi vuol dire che chiunque sia un investitore che non appartiene alla categoria
degli investitori professionali è per default un cliente retail, quindi un cliente che deve poter
disporre del massimo grado di protezione da parte del sistema.
Prima di tornare su questo aspetto è opportuno che introduca le altre 2 importanti classi di
investitori, che sono gli investitori professionali e le c.d. controparti qualificate. 22
Ho già spiegato perché è importante che su queste mi trattenga di più: perché quando vi trovate
davanti ad un investitore la prima domanda è: “ha i requisiti per essere considerato un professionale
o una controparte qualificata?” Perché se la risposta è no automaticamente è retail. Quindi voi non
avete una definizione del cliente retail, ma ce l’avete solo come categoria residuale.
Chi sono allora gli investitori o i clienti professionali? Costoro si distinguono in:
Soggetti privati: elencati all’allegato
- 3 del regolamento intermediari
- Soggetti pubblici: sono elencati in un regolamento del MEF (2011): Governo, Banca
o il mondo
degli enti pubblici.
b) Clienti professionali privati: tra questi dovete pensare che il nostro ordinamento vuole
ricomprendere tutti quegli investitori che abbiano sostanzialmente un’esperienza, una conoscenza,
delle competenze tali, per poter prendere CONSAPEVOLMENTE (avverbio importante!) le proprie
decisioni in materia di investimenti. Quindi quei soggetti che per conoscenza, capacità professionali
o capacità di altro tipo sono in grado di valutare con consapevolezza i rischi che si assumono.
Questi clienti professionali ai fini della disciplina vengono normalmente distinti in: (stiamo sempre
parlando di soggetti privati)
Clienti professionali di diritto: sono quei soggetti che sono in qualche modo autorizzati a
svolgere di per sé attività di intermediazione finanziaria. Quindi quando un intermediario ha
come cliente una banca, o un’altra SIM, o una impresa di investimento o un fondo pensione, o
un investitore istituzionale tutti questi clienti sono di diritto clienti professionali, perché sono
soggetti di per sé autorizzati a svolgere lo stesso mestiere. Attenti: il fatto che il cliente
professionale di diritto appartenga a questa categoria non esclude la possibilità che costui possa
comunque negoziare con l’intermediario e farsi riconoscere come retail. Su operazioni
particolari, contratti di investimento molto sofisticati, potrebbe benissimo essere che un
investitore che avrebbe tutela minore perché è un professionale, invece voglia, pretenda, la
tutela che si affida ai retail. Però ci vuole il consenso, l’accordo dell’intermediario.
Clienti professionali su richiesta: in questo caso siamo difronte a soggetti che non hanno una
connotazione istituzionale che gli consenta di rientrare tra i professionali di diritto.
Immaginatevi: ricco imprenditore che da sempre ricorre al risparmio gestito per proteggere il
proprio patrimonio. Sono soggetti che ritengono di avere le caratteristiche, le qualità, le
competenze necessarie per poter valutare un investimento. Questi soggetti possono chiedere
all’intermediario di essere trattati come investitori professionali.
Ma perché lo fanno se con questo rinunciano ad una protezione che altrimenti avrebbero da parte
dell’ordinamento? Perché questa protezione determina delle limitazioni, delle restrizioni. Quindi
l’investitore che non è qualificato come professionale non può accedere a certe forme di
investimento, non può fare certe operazioni. Se le vuole fare l’unica possibilità è quella di chiedere
di essere riconosciuto come un cliente professionale.
È sufficiente la richiesta perché l’intermediario classifichi l’investitore subito come professionale?
NO: l’intermediario ha un dovere di accertare se sussistano le condizioni per poter dire che quel
cliente è un professionale. Quindi l’intermediario, di fronte alla richiesta di questo cliente, dovrà
fare una serie di verifiche: dovrà chiedergli come ha maturato questo expertise che avrebbe in
materia di intermediazione finanziaria. Magari scopre che costui ha già un patrimonio investito
finanziariamente da tempo, o magari ha già fatto tutta una serie di operazioni. Gli andrà a chiedere
23
la sua famigliarità con certi tipi di strumenti finanziari (non solo azioni ma anche obbligazioni,
prodotti strutturati, contratti derivati). Gli chiederà da quanto tempo ha questa frequentazione con il
mondo dei mercati finanziari. Gli chiederà che tipo di lavoro fa: chiaro che se questo soggetto gli
dice che lavora per una SIM o per una banca evidentemente subito scattano delle presunzioni sul
l’intermediario non può limitarsi a ricevere
fatto che sappia di che cosa si stia parlando. Tuttavia la
richiesta e dare il titolo di professionale, perché sarebbe veramente in conflitto di interessi:
chiaramente una volta che lo ha riconosciuto come professionale si riduce la sua responsabilità, e
aumenta la possibilità di vendergli un maggior numero di strumenti finanziari, di operazioni di
investimento. Per questo che la legge impone anche all’intermediario l’onere di assicurarsi che ci
sia questo tipo di condizione. Una volta che il cliente è riconosciuto come professionale questo vuol
dire subito trovarsi con una disciplina meno rigorosa. Quindi tutta una serie di regole che servono
ad evitare che i clienti retail vengano a contatto con operazioni difficili da comprendere non si
applicano ad un cliente professionale. ricordate però quello che vi ho detto prima: qualunque cliente
professionale può sempre tornare a richiedere lo status di retail (anche se è un professionale di
diritto) però ci vuole un accordo scritto con l’intermediario. Questo perché sarebbe ingiusto che un
cliente decidesse a seconda di come è di sua convenienza: oggi sono retail, oggi sono professionale.
sono quei soggetti che svolgono loro stessi un’attività di
c) Controparti qualificate:
intermediazione e rappresentano molto spesso la controparte di un altro intermediario. Quindi si
immagini una SIM che deve classificare tutti i propri clienti, si veda richiedere da Banca Intesa un
servizio di negoziazione per conto proprio, o un servizio relativo ad una raccolta di un ordine.
Quindi una SIM ha come cliente Banca intesa. In questo caso Banca Intesa non è soltanto
investitore professionale di diritto, ma è una controparte qualificata dell’intermediario. Quindi da
questo punto di vista è un soggetto che non va a fare un investimento proposto dall’intermediario,
dell’intermediario nell’operazione. Quindi sono soggetti questi che ancora
ma è proprio controparte
una volta sono ovviamente esclusi dalla disciplina più rigorosa che si applica ai clienti retail.
Attenti: anche le controparti qualificate potrebbero, con riferimento ad una determinata operazione
o a più operazioni, chiedere all’intermediario di essere trattato come retail. Quindi potrebbero
chiedere di avere questa protezione più forte. Però ci deve essere il consenso dell’intermediario,
perché l’intermediario stesso si deve porre il problema di dire: che faccio? Applico a Banca Intesa
la disciplina della MiFID1 con la conseguenza di tempi lunghi, roba complessa, guadagno poco,
margini bassissimi, mi prendo anche la responsabilità che ho nei confronti del cliente retail anche
no. Quindi la controparte qualificata può chiedere di essere ammessa alla disciplina del retail ma ci
il consenso dell’intermediario.
deve essere
Domanda. Caso pratico in cui una controparte qualificata può essere trattata come retail?
che c’è un caso. Immagini Banca Intesa che si rivolge ad un intermediario per fare
Risposta: non è
un contratto derivato. In quel caso Banca Intesa dovrebbe essere riconosciuta come una controparte
qualificata. Per qualche ragione (è un contratto derivato particolare, con un grado di sofisticazione
non comune, con un elemento di particolare complessità) potrebbe dire: io voglio essere trattato
come un retail. Quindi non è che c’è un caso: è una esigenza che la controparte qualificata può far
presente per poter avere una protezione maggiore.
le regole che si applicano una volta che l’intermediario abbia
2. A questo punto vediamo quali sono
proceduto con la classificazione dei propri clienti. Quindi il cliente arriva, e la prima cosa che
l’intermediario deve fare è riconoscerlo e qualificarlo. Quindi, per chi di voi ha già avuto esperienze
di questo tipo con una Banca o una SIM, è quella fase nella quale vi sottopongono una sorta di
interrogatorio. Molto spesso questi interrogatori son fatti male: un po’ per fretta, un po’ perché non
c’è tempo di spiegare il tutto, le crocette molto spesso sono messe su questi moduli senza che ci sia
stata una effettiva valutazione, ponderazione che portasse ad una decisione minimamente informata.
24
Ma non è un problema se il soggetto è un retail, perché comunque sa che avrà il suo livello di
protezione. Quindi quando uno si trova in quei contesti, se vuole trovare protezione nel sistema,
deve evitare di fare quello che si intende, che sa già tutto, ecc. perché se no minore è il tipo di
protezione che potrà ricevere dal sistema.
Regole di comportamento
Il TUF si preoccupa di stabilire una serie di principi ai quali poi si associano una serie di regole più
specifiche che vengono emanate dalla Consob nei regolamenti. Il TUF, già nella definizione dei
principi, definisce una serie di principi generali (si chiamano generali perché sono applicabili a tutti
i servizi e a tutte le attività di investimento) e accanto ad essi definisce alcune regole particolari che
o attività d’investimento. Le regole di dettaglio sono nel
vedremo si applicano solo ad alcuni servizi
regolamento Consob sugli intermediari.
Vediamo nel dettaglio 3 di questi principi generali, poi vediamo alcune regole particolari.
1. Diligenza, correttezza e trasparenza. Il primo più importante principio generale che trova
applicazione per tuti i servizi e le attività di investimento è sicuramente il principio fissato
dall’articolo 21 del TUF per cui sostanzialmente tutti gli intermediari, nello svolgimento delle loro
con diligenza, correttezza e trasparenza per servire al meglio l’interesse
attività, devono comportarsi
e per l’integrità dei mercati.
dei clienti È chiaro il connotato che ha questo precetto. Precetto che è
evidente che non può che essere generale, quindi essere applicato a tutti i soggetti abilitati. È chiaro
che è un criterio che mette al centro della definizione l’interesse del cliente. Quindi proprio per
questa ragione non può che avere come destinatario tutti i soggetti abilitati all’esercizio di servizi o
attività di investimento.
Tenete anche presente che questi criteri di cui parliamo non si riferiscono solo alle attività principali
(viste ieri) ma evidentemente vincolano anche gli stessi soggetti nell’esercizio di quelli che sono i
servizi accessori. Mentre non sono invece vincolanti per quello che riguarda eventuali servizi
strumentali per attività diverse da quelle di investimento.
Cerchiamo di capire meglio cosa significa trasparenza, diligenza, correttezza tenendo sempre
presente che questi concetti sono funzionali, e devono sempre essere pensati, al loro obiettivo: la
tutela dell’interesse dei clienti e dell’integrità dei mercati.
a) DILIGENZA. Nel caso di un qualsiasi ente non è la diligenza del buon padre di famiglia, ma è
una diligenza più qualificata, che è la diligenza professionale. La diligenza professionale è in
qualche modo sancita dall’articolo 1176 c.2 ed è quella diligenza che viene valutata in funzione
della professione svolta da un soggetto. Quindi quando si va a vedere la diligenza di una società di
intermediazione mobiliare è una diligenza ovviamente molo più qualificata rispetto a quella di una
qualunque persona, anche di uno studente di diritto dei mercati finanziari: il livello di attenzione, di
conoscenza, che ci si attende da un intermediario finanziario è chiaramente parametrato alla sua
professione. Quindi diligenza professionale
b) TRASPARENZA, che è sostanzialmente un criterio che ha come obiettivo fondamentale quello
di evitare asimmetrie informative che sfavoriscano i clienti, che non li mettano nelle condizioni di
poter consapevolmente valutare l’opportunità, la rischiosità di un determinato investimento.
c) CORRETTEZZA. (NB: Ricordate che il 1176 va sempre a braccetto con il 1175 c.c. quindi
nell’esecuzione di qualsiasi prestazione contrattuale le parti devono sempre usare un principio di
correttezza e buona fede nell’adempimento dei propri compiti. Anche un intermediario finanziario).
del cliente a che l’intermediario sia diligente (da un punto di vista professionale), sia
L’interesse 25
corretto e operi in buona fede, e sia trasparente (non sfrutti le inevitabili assimetrie informative che
ci sono tra lui ed un cliente soprattutto se è un retail).
per l’intermedio di acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in
2. Obbligo
modo tale che essi siano sempre adeguatamente informati. Questa norma ha un profilo del
dovere attivo e un profilo più di carattere passivo. Quello attivo è quello di comunicare, informare i
clienti. Quello di trasmettere loro tutte le informazioni in proprio possesso sui prodotti che vengono
offerti, sulle condizioni e caratteristiche del mercato, sulle peculiarità e rischi che un investimento
presenta. Ma per fare questo (informare adeguatamente il tuo cliente) in prima battuta
l’intermediario deve assolvere all’altro obbligo, quello che invece ha una configurazione più
passiva che consiste nel raccogliere, nel farsi dare, le informazioni dal proprio cliente.
3. Questi due principi: principio del conosci i tuoi prodotti (know your merchandise) è
strettamente associato con il principio del conosci il tuo cliente (know your client). Per conoscere
il tuo cliente devi essere tu che chiedi che sia lui a dare le informazioni di cui hai bisogno per capire
chi hai difronte, che tipo di cliente, la sua propensione al rischio, la sua capacità di sfruttare
vantaggi che uno strumento finanziario dà ad un certo costo.
Quindi è importante quando il cliente si siede davanti all’intermediario capire se quel cliente: è un
giovane, se ha lavoro, se ha lavoro stabile, se ha famiglia, se ha figli, età dei figli, se il suo reddito
subisce fluttuazioni, ecc. E’
ha una certa configurazione, se reddito stabile, se invece ovvio che non
potrei mai andare a consigliare ad una signora di 80 anni uno strumento finanziario di lungo
termine. Così come è evidente che se mi trovassi davanti ad una persona giovane, che mi dice di
avere un reddito stabile, di avere una famiglia con esigenze di certo tipo e di avere da pagare un
mutuo, lo strumento fin che gli vado eventualmente a presentare ha delle prospettive di crescita: è
uno strumento finanziario di lungo termine, cioè è uno strumento finanziario che nel lungo termine
dia una crescita più importante rispetto per es. ad una obbligazione, di modo tale che di qui a 5 anni
quando quella persona dovrà affrontare il costo delle scuole, dei college, delle università dei figli, ci
sia stata una maggior crescita del portafoglio.
Quindi ecco: acquisisci le informazioni che ti consentono di capire qual è il profilo del tuo cliente
ma allo stesso tempo fornisci poi al cliente tutte le informazioni di cui lui ha bisogno per capire il
prodotto che gli stai vendendo. Capire i rischi e poterli consapevolmente valutare.
Criteri generali
1. Uso delle comunicazioni pubblicitarie piuttosto che delle promozioni. Anche su queste
parleremo soprattutto quando parleremo dell’appello al pubblico risparmio: il concetto
fondamentale è che l’intermediario se intende autorizzare comunicazioni promozionale deve
assicurarsi che queste comunicazioni siano corrette, siano chiare, non siano fuorvianti. Non si è mai
visto che un intermediario dica: compra 1 obbligazione che te ne do 2. Sono però molto spesso
presenti delle forme di promozione o delle forme legate a delle pubblicità che aiutano un investitore
a capire anche meglio quello che è un prodotto. Queste forme di promozione non sono vietate ma
debbono essere chiare e debbono naturalmente non essere fuorvianti.
2. Intermediario deve disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, che siano
l’efficiente svolgimento della propria attività.
pienamente idonee ad assicurare Questo vuol
dire in buona sostanza che agli intermediari sono richieste tutta una serie di procedure interne. Non
hanno più a che fare direttamente con il rapporto con il cliente, ma hanno a che fare con quello che
deve essere all’interno dell’organizzazione dell’intermediario per poter operare con il cliente.
Quindi questa procedimentalizzazione delle attività è il frutto di una esperienza maturata
nell’ambito delle organizzazioni che si occupano di questo tipo di attività proprio per andare a
26
stabilire regole che devono essere seguite dalle persone, dai dipendenti, dai manager. Regole la cui
applicazione, proprio per questo processo che si svolge, determina una serie di vantaggi o si
questi vantaggi. Oggi nell’organizzazione degli enti che svolgono attività
presume che determini
economiche complesse (soprattutto intermediari finanziari e banche) 3 sono le aree fortemente
proceduralizzate:
è l’area dove si stabiliscono delle procedure che
Area compliance: dovrebbero assicurare che
ciò che viene fatto all’interno della SIM, della banca, sia conforme alle regole, alle leggi stabilite
dal TUF e dalla CONSOB. Come lo si fa? Attraverso una procedura che una decisione passa da
un manager, finisce ad un complicance officer, che è benedetta da qualcun altro e passa poi
all’implementazione. Quindi una procedura che serve a garantire la compliance.
Area del Risk management: è un insieme di procedure che serve ad individuare, a controllare, a
gestire, i rischi operativi, finanziari, legali, di liquidità che un certo business soffre. Anche in
questo caso c’è una procedura che vede presenti diversi organi: comitati, risk managers, ecc. in
modo tale che vengano attivate delle procedure che segnalano il rischio, che questo venga
valutato dal risk manager, che venga comunicato agli executives, che chiedono delle protezioni,
ecc. Anche in questo caso una procedura.
Area Internal audit: anche questo è una ulteriore procedura che serve a svolgere dei compiti di
molto elevato sull’adeguatezza degli assetti, dei sistemi, dei processi, delle
controllo di livello
procedure, in modo tale che una divisione di business sia valutata (anche dal punto di vista di
questi steps) da un terzo che fa sempre parte dell’azienda, ma che di mestiere fa il controllo
interno.
Quindi ecco: nell’area delle imprese di intermediazione, delle banche, queste 3 funzioni oggi sono
delle funzioni fondamentali. Lo sono perché sono dal TUF richieste proprio per questo criterio
dell’adeguatezza degli assetti amministrativi, di controllo, di
generale: ovvero che il criterio
gestione, venga sempre rispettato.
Bisogna tenere presente poi che questi principi generali che vi ho appena espresso erano presenti
già dai tempi della MiFID e sono stati nel corso del tempo perfezionati e maggiormente precisati.
Questi sono stati oggi ulteriormente arricchiti, non cambiati, dalla MIFID 2, nel senso che la MIFID
2 ha aggiunto ad un sistema di regole che aveva ad oggetto prevalentemente l’attività degli
intermediari (il loro rapporto con i clienti, la loro organizzazione interna, ma prevalentemente
riguardava la loro attività), anche quello che è il controllo sul prodotto, che è la cosa più
significativa inserita dalla MIFID2.
Oggi non è più solo un tema di: conosci il tuo cliente e conosci il prodotto che vuoi vendergli. Oggi
il sistema dei controllo va a incentrarsi anche sui prodotti finanziari che vengono creati per essere
offerti ai clienti. Quando non è l’intermediario finanziario, la banca, che crea il prodotto,
l’intermediario deve comunque andare a verificare chi ha creato il prodotto e verificare che ci siano
certe garanzie minime sulla configurazione del prodotto stesso.
La regola da seguire è sostanzialmente che quando si vanno a creare dei prodotti, si deve in primo
luogo capire a chi sono destinati. Cioè si deve sostanzialmente individuare la classe, le
caratteristiche di quegli investitori che ci si attende possano fruire vantaggiosamente di quel
prodotto finanziario.
Fatto questo, capite le caratteristiche del destinatario, il prodotto deve essere costruito in modo
conforme, cioè deve essere un prodotto che tiene conto delle esigenze di quella classe di clienti, dei
suoi profili di rischio. Quindi se per es. è un prodotto pensato per persone anziane, deve essere un
prodotto che riduce i rischi del lungo termine, assicura un ritorno più piccolo ma più sicuro. Mentre
27
il prodotto che è destinato ad una classe giovane di professionisti o di persone che comunque
lavorano è un prodotto che deve avere un margine di rischio maggiore in cambio di una prospettiva
di crescita più significativa.
Quindi la product governance diventa elemento centrale qualificante della MiFID2: è proprio quello
di introdurre una serie di regole per cui chi produce un prodotto o vende un prodotto fatto da un
terzo deve aver riconosciuto a monte il destinatario e che il prodotto sia stato configurato in modo
tale da assolvere alle esigenze, agli elementi di preoccupazione, di rischio, che questi investitori
possono avere.
La MIFID 2 determina indiscutibilmente un aggravio importante e un cambiamento significativo
anche ai modelli di business, perché tutte le banche, tutte le imprese di investimento che spesso
creano o comprano da terzi strumenti finanziari, oggi devono preoccuparsi di una strutturazione del
prodotto in modo diverso rispetto a quanto accadeva fino ad ora. Fino ad ora c’erano
sostanzialmente delle classi di prodotto che si distinguevano in base al profilo di rischio (c’erano
strumenti a basso rischio, strumenti che avevano un rischio molto insito nella loro configurazione
ecc. ecc.) dopo di che si trattava di stabilire quali regole si applicassero per fare in modo che chi lo
sottoscriveva fosse consapevole della scelta fatta. Oggi invece il meccanismo funziona in modo
diverso: si identificano le esigenze di certe categorie di clienti e in funzione di quelle si costruiscono
gli strumenti. Quindi lo strumento che è pensato per la persona single deve avere quelle
caratteristiche e quello strumento non potrà essere venduto se non dopo aver spiegato e ricevuto il
consenso da un giovane; così come lo strumento finanziario pensato per un giovane non potrà
essere venduto ad una persona anziana salvo che non ci siano delle particolari condizioni (es. per
lasciarlo ad un nipote o qualcosa del genere).
Tra i criteri di carattere generale ci sono i criteri generali di comportamento, regole che disciplinano
la stipula di contratto di investimento e le norme, dirette a garantire la separazione patrimoniale tra
investitori e intermediari. Si parlerà poi di alcune regole particolare che riguardano gestione di
portafogli, attività di consulenza e i servizi di investimento a distanza.
Art 21 TUF racchiude i principi generali applicabili a tutti i servizi svolti dall’intermediario
e trasparenza. Queste condizioni l’intermediario deve assicurare in
finanziario: diligenza correttezza
qualunque momento. Ci sono una serie di informazioni che l’intermediario deve acquisire dal
cliente prima di svolgere il servizio al fine di operare in modo che il cliente sia sempre informato e
possa effettuare delle scelte consapevoli. Le due regole sono “know your merchandies” e “knows
your client”. L’intermediario acquisisce informazioni sul cliente attraverso delle interviste impartite
attraverso dei moduli e dei questionari. È evidente che il TUF e il Regolamento vorrebbero un
maggior dialogo con il cliente, ma questo non avviene soprattutto di fronte ad un piccolo
risparmiatore.
Ci sono poi una serie di regole volte a verificare l’idoneità dei messaggi promozionali e delle
attività svolte per incentivare gli investitori. Le promozioni e le comunicazioni non devono essere
fuorvianti e devono essere trasparenti.
Ci sono poi funzioni di compliance, internal audit etc che hanno una funzione di controllo atto a far
si che l’attività degli intermediari sia svolta in conformità con le leggi.
I principi riguardano sia il comportamento che l’intermediario deve avere con i clienti, ma anche sul
regolamento interno 28
Product governance
È la grande innovazione della Mifid 2, la quale non sconvolge la Mifid 1, ma aggiunge una serie di
regole in merito alla creazione e all’ingegneria dello strumento finanziario. Si impongono delle
regole che riguardano la governance del prodotto: i soggetti abilitati devono fare in modo che i
siano concepiti per soddisfare l’esigenza di un determinato mercato di
prodotti che offrono
riferimento. Si parte da un mercato di riferimento della clientela, per andare a creare uno strumento
che rifletta le aspettative, la propensione al rischio di quella categoria di clienti. Inoltre vengono
introdotte regole che riguardano la strategia di distribuzione degli strumenti ideati (ossia la vendita
deve essere compatibile con il tipo di cliente a cui lo strumento è rivolto). Infine gli intermediari
devono adottare una serie di misure ragionevoli di distribuzione per far si che lo strumento sia
acquistato esattamente dal tipo di clientela per cui è stato pensato.
Può anche accadere che l’intermediario non sia il soggetto che idea il prodotto, ma sia il soggetto
che vende il prodotto ideato da altre imprese di investimento (Intesa e Unicredit, oltre a distribuire
prodotti creati internamente, vendono anche prodotti creati da terzi). Se l’intermediario è solo il
distributore (co 2 ter dell’Art 21 del TUF), esso deve valutare la compatibilità del prodotto
realizzato da terzi con l’esigenza della clientela per la quale quel prodotto è stato creato. Ci si dovrà
chiedere il mercato di riferimento, il target di cliente e si dovrà verificare che le caratteristiche siano
compatibili con il mercato di riferimento.
La Mifid 2 interviene quindi su creazione, offerta e distribuzione di nuovi prodotti finanziari. Non
tutti gli investitori hanno lo stesso grado di sofisticazione per poter valutare in modo consapevole il
tipo di investimento.
Conflitto di interessi Art 21 co 1 bis TUF
La norma disciplina separatamente gli organi dei soggetti abilitati, stabilendo una serie di regole. I
conflitti di interessi, prima di essere sanzionati, devono essere prevenuti. La prevenzione dei rischi,
quindi compreso il rischio di conflitto di interessi, è una fondamentale condizione della disciplina
dei mercati finanziari. La prevenzione viene a spiegare le ragioni delle seguenti regole:
1. Gli intermediari devono adottare ogni misura idonea a identificare e censire quelli che
potrebbero essere i conflitti di interessi in modo da prevenirli e gestirli in modo tale che il
conflitto non si manifesti. Il censimento e la prevenzione, attraverso misure attive
digestione, sono fondamentali. Lo scopo è quello di mantenere e applicare delle misure che
siano in grado effettivamente e efficacemente di evitare il conflitto di interessi. Si devono
creare delle barriere in modo che divisioni dello stesso intermediario, possibili portatori di
conflitti di interessi, non si devono parlare. Esempio: una divisione della banca vende un
investimento; un’altra divisone fa gestione di portafoglio. Queste due divisioni devono
essere separate logisticamente, amministrativamente etc. Si devono creare delle regole
amministrative che creino delle barriere tra le diverse divisioni.
Può accadere che queste regole non siano sufficienti.
L’intermediario deve informare chiaramente i clienti dell’esistenza di un possibile conflitto
2. di interessi, della sua naturale genesi e delle fonti. Inoltre deve indicare ala cliente le misure
adottate per scongiurare la manifestazione del rischio di conflitto. La legge impone di
coinvolgere il cliente in modo che possa essere consapevole dell’esistenza di un rischio di
conflitto.
3. Regole che gli intermediari, in situazione in cui ci possono essere dei conflitti, sono chiamati
a svolgere una gestione indipendente, sana e prudente e devono adottare tutte le misure
idonee a salvaguardare gli investimenti che gli sono affidati dai clienti. La norma è una
perché viene associata al così detto “obbligo generalizzato” di andare a
norma cardine 29
informare in modo efficace i propri investitori di fronte ad una ipotesi di conflitto di
interessi.
È logico che le regole citate si applicano a tutti gli intermediari. Sempre a tutti gli intermediari si
applica anche la disciplina della formazione del contratto di investimento.
Disciplina della formazione del contratto di investimento Art 23 del TUF.
La norma si concentra sulla forma e il contenuto del contratto con cui si forma la relazione
professionale tra il cliente e l’intermediario.
1. Tutti i contratti relativi ai servizi di investimento, devono essere redatti per iscritto e una
copia deve essere messa a disposizione del cliente. È un requisito a pena nullità del
L’istituto della nullità nei servizi di investimento, funziona
contratto. solamente a favore
degli investitori. È un concetto di nullità relativa: la nullità del contratto può essere
invocata solamente dal cliente, non dall’intermediario.
è disciplinato dall’Art 37 del Regolamento Intermediari che rinvia
2. Il contenuto del contratto
alla creazione di un contratto quadro (con forma generalizzata in cui è possibile inserire
delle modifiche) nel quale viene fissato il contenuto minimo stabilito dalla legge.
3. Il contenuto deve trasparentemente indicare tutti i termini e le condizioni che riguardano il
rapporto con l’intermediario. Sono nulle eventuali pattuizioni che rinviano agli usi. Le
Banche usavano stabilire dei contratti facendo rinvio a degli usi del sistema dove si
nascondevano commissioni amministrative, contributi, spese etc.. le clausole di rinvio agli
usi oggi non sono più possibili
4. Si applica la disciplina delle clausole abusive contenute nel codice del consumo.
L’investitore viene ad essere protetto con molte delle norme previste per i consumatori in
quello che è il mondo dei contratti di massa.
Tema della responsabilità co 6 Art 23 del TUF
Nel caso in cui un cliente subisce un danno, egli avrà diritto ad un risarcimento del danno. In questo
importantissima che è quella dell’inversione dell’onere della prova.
caso scatta una regola Spetta
all’intermediario l’onere della prova di avere agito con la specifica diligenza richiesta. (Da ampliare
su libro)
Regole dei contratti di investimento applicati a seconda della classificazione del cliente
Alcune delle regole generali trovano, in relazione alla particolare sofisticazione del cliente, una
attuazione specifica o meno. Queste disposizioni presenti nella Mifid 2 saranno integrate
successivamente e sostanzialmente modificate. Le modifiche che intervengono in questo settore
sono dirette a integrare, introdurre ulteriori limitazioni etc. La disciplina va verso una maggiore
complessità, perché il segmento è molto complesso con rischi significativi. La disciplina attuale
prevede una serie di regole che riguardano ad esempio l’informazione al cliente:
1. Informazione al cliente Art 27 e seg, relativi al servizio di investimento che viene reso. Alla
disciplina dell’informazione si associano le regole che riguardano la disciplina dei contratti di
investimento. Queste regole si applicano in toto ai clienti retail, mentre non si applicano alle
controparti qualificate, mentre per l’investitore professionale se ne applicano solo in parte.
Adeguatezza dell’investimento, ovvero regola della “suitability”. È una regole che si applica
2. prevalentemente ai servizi di gestione e di consulenza. L’intermediario deve far si di possedere
tutte le informazioni necessarie per capire se l’investimento proposto è adeguato al cliente.
Questo attraverso una attenta conoscenza della condizione finanziaria (composizione del
30
patrimonio), della consapevolezza del cliente, della conoscenza dell’investimento da parte del
cliente etc.
3. Inoltre bisogna capire gli obiettivi di investimento del cliente. (Casa al mare, pensionamento
anticipato etc).
4. Il test di adeguatezza è un test che viene applicato solamente ad alcuni servizi (consulenza e
gestione di portafogli).
5. Il test di appropriatezza di applica per i servizi di investimento diversi dalla consulenza e dalla
gestione di portafogli. È un test su basi oggettive che si fonda sulla ricerca di informazioni sullo
stato di conoscenza da parte del cliente della materia di strumenti finanziari. Il test di
appropriatezza è un test che si applica solo nei confronti dei clienti retail (sia le controparti
qualificate, sia gli investitori professionali, si presume che abbiano un livello di conoscenza e di
esperienza di consentirgli di scegliere una valutazione consapevole sull’investimento proposto).
6. Regola della Best Execution. Tutte le volte che un intermediario deve svolgere una operazione,
essa deve essere svolta nel migliore dei modi: si deve ottenere il miglior risultato in termini di
timing, risultato, esecuzione etc.. la diligenza per la miglior esecuzione possibile di un ordine, il
cui risultato è da valutare in funzione dell’interesse del cliente.
7. Regole che riguardano la gestione interna degli ordini. La gestione degli ordini deve avvenire
con trasparenza, rapidità e corretta applicazione dell’organizzazione interna.
8. Principio di separazione patrimoniale Art 22 TUF.
Non è possibile che un debito di un cliente venga compensato con il patrimonio di un altro e non
è possibile che un debito di una sgr possa essere coperta utilizzando i patrimoni dei clienti
affidati in gestione. Questa regole viene fuori da esperienze che hanno causato molti problemi. Il
denaro e molti degli strumenti finanziari sono beni fungibili, quindi, anche se non è possibile la
l’esigenza di tenere
detenzione fisica del denaro o degli strumenti finanziari, è necessaria
separati i patrimoni. Il tema della separazione patrimoniale riguarda l’organizzazione interna
delle imprese di investimento.
Fatta l’individuazione del patrimonio riferibile a ciascun cliente è possibile applicare il principio
di separazione patrimoniale, che rappresenta una garanzia in merito a possibilità di frodi. La
possibilità di utilizzare i risparmi può essere effettuata solo ni casi particolari e con
l’autorizzazione del cliente.
Ci sono poi alcune regole speciali che si applicano soltanto ad alcuni specifici casi:
1. Gestione di portafogli. È un contratto tipico con regole prestabilite che possono essere
ampliate con ulteriori norme. Sono però presenti delle regole inderogabili che, se
modificate, prevedono la nullità del contratto.
Nella gestione di portafogli il cliente può impartire delle regole vincolanti per la gestione del
suo patrimonio. Il cliente mantiene anche il diritto di poter recedere da ogni momento dal
contratto. Il contratto di gestione patrimoniale regola una serie di questioni legati ai diritti
patrimoniali e amministrativi detenuti nella gestione: rappresentanza per l’esercizio del
diritto di voto o per le gestioni collettive questa possibilità non può essere rimessa nelle
mani degli investitori.
in materia di investimenti. Nella consulenza l’approccio del regolatore è quello
2. Consulenza
di favorire al massimo delle regole di informazioni al cliente. Il cliente dev’essere informato
sulla natura, indipendente o meno, della consulenza. Il mondo della consulenza è fatto
prevalentemente da consulenti non indipendenti (soggetti che hanno anche latri servizi di
investimenti e che quindi sono soggetti al rischio di conflitto di interessi). Inoltre il cliente
deve sapere se la consulenza è stata effettuata in base a ricerche di mercato più o meno
ampie. 31
Il consulente deve anche informare il cliente dell’adeguatezza del portafoglio nel tempo,
ossia deve essere una consulenza continuativa nel tempo.
Nelle consulenze su base indipendente diventa fondamentale la congruità degli strumenti
disponibili sul mercato, così come è fondamentale l’ampiezza della ricerca da parte del
consulente. Tutto questo per escludere la possibilità che vi siano legami tra il prestatore del
servizio di consulenza e dei soggetti che sono coinvolti nella consulenza stessa. Il consulente
deve essere sostanzialmente e non solo formalmente indipendente. Ci sono una serie di
regole che escludono qualunque tipo di rapporto con soggetti i cui strumenti sono preferiti
dal consulente stesso. I consulenti non indipendenti sono i soggetti maggiormente presenti
sul nostro mercato e non è necessariamente una cosa negativa, basta solo che il cliente ne sia
a conoscenza e che il consulente effettui delle adeguate ricerche di mercato e che la sua
valutazione sia il più possibile indipendente dai propri prodotti.
3. Vendita a distanza. Ipotesi in cui una banca offre i prodotti a distanza. È evidente che
l’offerta fuori sede e a distanza richiedono indiscutibilmente una maggiore attenzione, in
quanto il cliente fuori dalla banca è più vulnerabile. Molto spesso le vendite a distanza
rischiano di essere confuse con quelle forme di comunicazione e di annunci pubblicitari di
servizi di investimento. Le forme di comunicazione sono dirette a promuovere determinati
prodotti, mentre nelle offerte a dista za sede succede che il contatto è finalizzato a
concludere la vendita. Le attività di offerta a distanza e offerta fuori sede sono fortemente
regolate dalla Consob: una di queste regole riguarda il fatto che l’offerta fuori sede deve
avvenire attraverso dei promotori finanziari, persone fisiche che professionalmente potevano
essere utilizzate con vincolo di esclusiva dagli intermediari per svolgere queste attività.
L’investitore non professionale ha la possibilità di recedere dal contratto concluso nei sette
giorni successivi alla stipula del contratto.
Responsabilità contrattuale dell’intermediario
gli intermediari hanno l’onere di provare di aver agito con la diligenza
Co 6 Art 26 TUF,
professionale richiesta. La violazione delle norme può portare ad un risarcimento del danno senza
portare alla nullità del contratto.
Attività di gestione dei portali per la raccolta dei capitali per le PMI (Crowd Funding)
Processo con cui un gruppo di perso e conferisce somme di denaro, spesso di modesta entità, per
finanziare un progetto imprenditoriale o iniziative di diverso genere, utilizzando dei siti internet. Si
cerca tramite internet dei soggetti che sono disposti ad investire in un progetto, al fine di ottenere un
qualche vantaggio (ad esempio parte di equity).
In Europa non esiste una normativa per questa raccolta. L’Italia invece si è dotata di una normativa
organica in meriti all’Equity Crowd Funding. Questa normativa si trova in un decreto per la crescita
bis che ha poi ampliato il TUF e che è applicabile alle start up innovative e ora anche per le PMI. Il
decreto Crescita Bis ha delegato alla Consob il compito di elaborare uno specifico Regolamento con
il quale ha stabilito una serie di regole applicabili ai portali online.
I portali di Equity Crowd Funding sono improntati a regole che vorrebbero garantire l’affidabilità
dei servizi svolti dai portali: diventa importante assicurare l’affidabilità e la sicurezza dei portali
online. La gestione di questi portali è riservata agli intermediari finanziari e a quei soggetti iscritti in
un apposito registro tenuto dalla Consob. Questi soggetti devono avere delle regole di
comportamento meno rigide rispetto a quelle viste fino ad ora, ma sono comunque delle regole
ferree. 32
portale è quello di assicurare che gli investitori comprendano i rischi dell’investimento;
Il ruolo del
dopo di che la gestione avviene da Banche e SIM. Questi intermediari non hanno bisogno di una
autorizzazione specifica, ma deve essere noto che posseggono dei portali.
Vigilanza sugli intermediari
Art 5 del TUF. È un articolo che spiega anche quali sono gli obiettivi della vigilanza: stabilità e
integrità dei mercati, competitività, protezione e tutela degli investitori etc. La vigilanza non è di
non è chiamata ad assicurare la struttura ottimale dell’intermediario. La vigilanza
tipo strutturale: dall’altro
tende ad assicurare la sana e prudente gestione degli operatori (vigilanza prudenziale);
deve assicurare la correttezza e la trasparenza degli intermediari. Sono due aspetti complementari.
I soggetti sono Banca d’Italia, con competenza concentrata sulla vigilanza prudenziale, con
salvaguardia della stabilità patrimoniale, e la Consob concentrata sulle regole di trasparenza e di
è il coordinamento tra Banca d’Italia e Consob.
correttezza dei comportamenti. Fondamentale
In merito a come si articola la vigilanza ci sono tre diversi profili:
Banca d’Italia e Consob stabiliscono delle regole alle quali gli
1. Vigilanza regolamentare:
intermediari devono assoggettarsi. Sono regole che servono a implementare i principi di
sana e prudente gestione, trasparenza e correttezza nei comportamenti. Sono un esempio
tutte le regole affrontate precedentemente.
possibilità di Banca d’Italia e Consob
2. Vigilanza informativa o di indagine: di chiedere
notizie, atti e documenti etc. Questo può essere chiesto sia all’intermediario sia alla società
di revisione; possono essere coinvolti anche soggetti degli organi sociali
3. Vigilanza ispettiva: serie di poteri che serve a dotare le autorità di poteri di indagine di
istruttoria più o meno forti. Rientrano le possibilità di effettuare ispezioni, chiedere
l’esibizione di documenti, chiedere il compimento di atti ritenuti necessari presso
l’intermediario etc. Si va al di là della semplice richiesta di documenti. 33
Investitori istituzionali e gestione collettiva del risparmio
Il tema è quello degli investitori istituzionali, degli organismi di investimento collettivo, di quei
soggetti che sono i protagonisti principali dell'attività di gestione dei risparmi, in particolare della
gestione del risparmio collettivo.
Si analizzano una serie di attività di investimento che hanno delle peculiarità, ma sono sempre
attività che rientrano nella lista contenuta nell'art. 1 del TUF. I soggetti che svolgono queste attività
sono soggetti per i quali si ripropone il regime dell'autorizzazione, ma in ragione della peculiarità
dell'attività che svolgono molte delle regole come il test di adeguatezza e la best execution non
trovano applicazione o non la trovano esattamente nei termini che abbiamo visto per coloro che
hanno rapporto direttamente con la clientela retail.
Quando parliamo in generale di intermediari finanziari abbiamo dal punto di vista operativo due
principali categorie di soggetti:
- imprese di investimento, quali intermediari in senso stretto, che maggiormente conosciamo come
SIM, banche, società finanziarie iscritte nel TUF all'art. 106, soggetti che svolgono gran parte delle
attività viste all'art. 1;
- settore degli investitori istituzionali, i quali sono attivi prevalentemente nella gestione collettiva
del risparmio, di cui avete sentito parlare quando sono stati evocati i fondi comuni di investimento,
le SICAV.
Quando si parla di investitori istituzionali, ci si riferisce a intermediari che si concentrano
sull'attività di gestione collettiva del risparmio: oggi ci sono due principali fonti di riferimento, che
ci consentono di arrivare ad un'ulteriore suddivisone interna alla categoria degli investitori
istituzionali:
- Direttiva UCITS - Undertakings for Collective Investment in Transferable Securities - del 1985,
più volte ritoccata;
- Direttiva più recente, AIFMD - Alternative Investment Fund Managers Directive - chiamata
anche FIA, riguarda tutto il mondo dei gestori degli investimenti alternativi, risale al 2011,
implementata nel nostro ordinamento.
Queste due direttive parallele sono oggi sostanzialmente il quadro generale per la disciplina degli
investitori istituzionali, distinguendo da un lato quelli che sono gli investitori istituzionali che
tipicamente rappresentano organismi di investimento di tipo aperto, per intendersi sono i fondi
comuni di investimento. Questi organismi di investimento collettivo aperti (acronimo OICR) sono
prevalentemente disciplinati dalla direttiva UCITS.
L'altra direttiva è invece direttiva che mira a disciplinare la categoria di diversi investitori
istituzionali che sono destinati a gestire collettivamente il risparmio in forme di investimento
alternative, come gli hedge funds, fondi di private equity, family office, fondi chiusi, quindi tutta
una serie di investimenti che sono giunti nel tempo per una tendenza alla sofisticazione
dell'ingegneria finanziaria e che non sono destinati a risparmiatori che tipicamente investono negli
OICR, UCITS proprio perchè investendo con tipi di strumenti alternativi presuppongono che
investitore sia molto sofisticato, anche perchè ci sono soglie minime di investimento all'ingresso.
Tra gli investitori istituzionali quindi abbiamo detto che si trovano coloro che si occupano della
gestione collettiva del risparmio, prevalentemente chiamati OICR ai quali si applica
prevalentemente disciplina della direttiva UCITS trasfusa nel TUF. 34
A livello normativo l'art. 1 alla lettera n definisce il concetto di gestione collettiva del risparmio:
servizio che si realizza attraverso la gestione di OICR (organismi di investimento collettivo del
risparmio) e dei relativi rischi. Diventa centrale in questa definizione il concetto di OICR, da
dedurre dalla nozione di organismo di investimento collettivo del risparmio che viene fornita da
art. 1 del TUF lettera k: OICR è organismo istituito per la prestazione del servizio di investimento,
che è la gestione collettiva del risparmio, il cui patrimonio è raccolto tra pluralità di investitori, il
mercato, attraverso emissione ed offerta di quote (talvolta possono essere anche azioni). Questo
patrimonio che viene raccolto tra il pubblico facendo sottoscrivere quote o azioni viene gestito in
monte, quindi viene gestito in modo collettivo, patrimonio che entra in fondo per essere gestito
collettivamente nell'interesse degli investitori ma in totale autonomia rispetto ad investitori
che non hanno voce in capitolo circa la gestione.
La gestione deve essere svolta attraverso strumenti finanziari, non andando ad investire in immobili,
terreni, energia, ma in strumenti finanziari che eventualmente rappresentino imprese e società che
svolgono la loro attività in determinati settori. Gli strumenti finanziari devono essere gestiti in
conformità a politica di investimenti che è quella che viene illustrata nel regolamento del fondo.
Questa è la descrizione del mestiere dei fondi comuni di investimento.
Chiediamoci la differenza tra un investitore istituzionale che appartiene a questa categoria e uno
degli intermediari finanziari ma anche SIM delle quali abbiamo parlato (anche loro potrebbero
essere autorizzati a svolgere attività di gestione del portafoglio). Gli investitori istituzionali nascono
per svolgere gestione collettiva, quella che si chiama gestione in monte, ma possono anche svolgere
attività di gestione individuale. La gestione individuale è costosa, presuppone un portafoglio di una
certa dimensione. Invece se prendiamo un qualunque altro intermediario, come banca o SIM,
possono svolgere attività di gestione individuale del portafoglio; ognuno di loro avrà dei minimi
stabiliti per la gestione individuale.
Il fondo di investimento è un qualcosa di creato e gestito da intermediario diverso, investitore
istituzionale che raccoglie i denari per questa gestione in monte con questi requisiti specifici:
- gestione collettiva
- patrimonio raccolto tra pluralità di investitori
- raccolto attraverso emissione di quote o azioni
- gestito in modo autonomo dall'investitore istituzionale senza prendere istruzioni dai clienti
- nel rispetto delle politiche di investimento espresse nel regolamento
- investimento in strumenti finanziari
Differenza tra gestione in monte e gestione individuale
Nella gestione in monte diventiamo proprietari di una frazione del patrimonio gestito dal fondo;
quella frazione è più o meno grande a seconda del numero di quote che ci prendiamo. Prendiamo
una frazione di quel patrimonio che condividiamo con generalità di investitori.
Nella gestione individuale intermediario gestisce il nostro patrimonio. Noi manteniamo titolarità di
ciò che abbiamo nel nostro conto presso l'intermediario. Questo spiega perchè evidentemente poi la
35
disciplina è così diversa. Nella gestione individuale il gestore deve seguire esclusivamente
l'interesse e istruzioni di quell'investitore. Nella gestione in monte il gestore deve assolvere a
massimizzazione dell'interesse che ha la generalità di coloro che hanno messo denaro nel fondo.
Nessuno può dare istruzioni al gestore. Il gestore del fondo non sta a guardare chi sono coloro che
hanno messo denaro, non si preoccupa della loro propensione al rischio (l'avranno fatto coloro che
hanno venduto le quote del fondo). Si deve occupare solo di gestire secondo le linee di politica di
investimento definite e di massimizzare il valore complessivo del patrimonio che hanno in gestione.
Il gestore in monte non conosce minimamente chi sono gli investitori.
Nella gestione collettiva tutto viene ad essere spersonalizzato, standardizzato mentre tutto è
individuale e personalizzato nella gestione individuale del patrimonio.
Questa è la differenza tra OICR, quali investitori istituzionali che si occupano della gestione
collettiva del risparmio, e altri intermediari come banche e SIM che possono svolgere gestione
individuale di portafoglio, ma non la gestione collettiva.
All'interno del mondo degli investitori istituzionali c'è distinzione tra quelli che entrano nell'ambito
della direttiva UCITS e quelli che invece si definiscono alternativi. Vediamo prima come si possono
articolare le diverse categorie di OICR:
1. Una prima articolazione è quella che distingue OICR aperti e OICR chiusi; quelli aperti
rientrano nella disciplina della UCITS con caratteristica di consentire all'investitore la possibilità di
poter uscire dall'investimento secondo certe regole indicate nel regolamento e quindi con certa
frequenza, ma il concetto è che investitore può uscire e entrare anche dopo che fondo è partito. Chi
ha messo dentro denari a un certo punto potrebbe decidere di uscire e a quel punto gli viene
liquidata la sua quota parte di fondo secondo il valore in quel momento e allo stesso tempo
potrebbero arrivare altri disposti a comprare altre quote.
Nel caso dei fondi chiusi non succede così. Sono fondi più rischiosi normalmente riservati ad
investitori professionali, il denaro non si tira fuori salvo che si vada a vendere la quota a
qualcun'altro ma molto spesso con forti sconti. In alcuni casi sono quotati come se fossero delle
azioni ed in tal caso si possono compravendere sul mercato le azioni del fondo chiuso.
2. Altra distinzione importante è tra organismi di investimento collettivo del risparmio e
organismi di investimento collettivo alternativi. I primi soggetti alla direttiva UCITS, mentre i
secondi sono organismi di investimento che fanno investimenti alternativi, che possono essere
aperti o chiusi, con regole molto più rigorose perchè si innalza livello di rischio insito in questi
investimenti. Sono investimenti tipicamente illiquidi (non possono essere venduti quando si
desidera) e tipico investimento che può portare a grossi guadagni o anche perdite.
3. Terza forma di distinzione degli investitori istituzionali è tra OICR di forma societaria ed
OICR di forma contrattuale. Alcuni di questi materializzano investimento attraverso emissione di
quote, altri invece hanno natura societaria. Mi riferisco alle SICAV e SICAF, quali sono società che
emettono azioni e non quote come succede per il fondo. Pertanto fermo restando che fanno lo stesso
mestiere negli OICR contrattuali, come sono normalmente i fondi, compriamo quota parte del
patrimonio e nostro rapporto è fondato su quel contratto; nel caso della SICAV sottoscriviamo
delle azioni di quella società e il rapporto è societario.
Alla fine in tutti e due i casi quello che gli abbiamo dato viene gestito a monte, solo diversa è la
configurazione giuridica del soggetto in cui investiamo. 36
Immaginate che il fondo comune di investimento, che tipicamente consideriamo come tale, è alla
fine un patrimonio costituito da denari dei risparmiatori che viene affidato a gestore. I giuristi si
sono interrogati sulla natura giuridica del rapporto:
alcuni hanno detto che un fondo è qualche cosa legato a investitori da rapporto di mandato, ma
non è così. Gli investitori non hanno potere del mandante che può dare sempre istruzioni al
mandatario in merito all'esercizio dell'attività;
può essere considerata forma di comproprietà, visto che tutti i risparmiatori mettono soldi per
comprare insieme strumenti finanziari? Tesi difficilmente sostenibile, nella comproprietà
tipicamente ognuno ha il diritto di godere dei beni comuni. I risparmiatori che hanno investito
nel fondo hanno diritto di percepire eventuali distribuzioni se il fondo decide di farle, ma non c'è
diritto di godimento come nella comproprietà.
altri dicono che fondo è qualche cosa assimilabile a società; può essere sostenuto nel caso delle
SICAVA, SICAF ma non nel caso degli altri OICR.
Non ha molto senso cercare di qualificare giuridicamente cosa sia in diritto il fondo. Più che altro
problema è vedere piuttosto quali sono le regole che caratterizzano il rapporto tra gli investitori e il
fondo e più precisamente con il gestore del fondo.
Abbiamo parlato del concetto di autonomia del fondo, concetto che ha una certa rilevanza; è un
patrimonio autonomo rispetto a quello del gestore, ma anche rispetto a quello dei clienti. Laddove ci
fosse un'azione da parte dei creditori della SGR o dei creditori dei singoli clienti non possono
andare a toccare il patrimonio del fondo, perchè abbiamo detto essere totalmente autonomo rispetto
al patrimonio dei clienti e al patrimonio della SGR. Magari un creditore di cliente investitore potrà
cercare di pignorare il diritto di credito dell'investitore ad incassare il corrispettivo della vendita
della quota del fondo, ma mai andare dal fondo per sequestrare quota del mio cliente rispetto al
quale ho un credito. Questo vuol dire che non possono essere ammesse azioni da parte dei creditori
nei confronti del patrimonio del fondo stesso.
La giurisprudenza d'altro canto ci ha messo del suo nel momento in cui ha confermato che i fondi di
per se non sono soggetti di diritto, ma piuttosto patrimoni separati della società di gestione che li ha
istituiti.
Quindi non è tanto tema di definizione giuridica del fondo quanto di comprensione delle
caratteristiche del fondo: autonomia, gestione separata affidata a soggetto preposto, una sorta di
affidamento a gestione collettiva dei denari investiti in quel fondo.
Soggetti di gestione collettiva del risparmio
Quali sono i soggetti che professionalmente esercitano la gestione collettiva del risparmio? Non lo
sono le SIM, le banche. I gestori collettivi del risparmio sono in primo luogo le SGR, SICAV,
SICAF, le società di gestione dei patrimoni dell'UE, gestori alternativi che si chiamano GEFIA
nella dizione della direttiva, che possono essere comunitari e non, in ogni caso tutti soggetti che
appartengono a categoria speciale degli intermediari finanziari, da cui sono escluse le banche
e le SIM.
Questi soggetti svolgono direttamente gestione del patrimonio, ma non è esclusa possibilità che uno
di questi affidi con una delega la gestione di una parte del proprio patrimonio ad un terzo. Ciò
accade quando società di gestione vuole offrire tanti fondi, ma non ha expertise per gestire tipologie
così diverse di fondi. In tal caso, SGR o SICAV può delegare ad altro soggetto autorizzato a gestire
collettivamente risparmio delega a gestire parte o fondo con certe caratteristiche. Delega non può
37
essere tale o così ampia da determinare uno svuotamento delle attività della SGR o investitore
istituzionale (es. fondo di 100 milioni, di cui 50 milioni sono delegati ai fini della gestione a uno o
più terzi perchè specialisti di segmenti che SGR non comanda in modo così professionale).
Disciplina
Cerchiamo di capire, anche dal punto di vista della disciplina, come si struttura l'attività di questi
soggetti, SGR, SICAV e SICAF, etc. Si tratta di struttura tripartita, tre sono le componenti sulle
quali si impernia:
Vera e propria testa pensante, ossia SOCIETA' DI GESTIONE che istituisce e gestisce il fondo
(es. SGR, SICAV, etc.);
Componente della BANCA DEPOSITARIA, soggetto che si occupa della custodia fisica degli
strumenti finanziari o del denaro investiti nel patrimonio del fondo;
PARTECIPANTI che hanno investito nel fondo.
1. Società di Gestione.
La società di gestione è intermediario che viene autorizzato allo svolgimento di un servizio di
investimento che è la gestione di portafogli; accanto a questo servizio è possibile aggiungere
servizio di consulenza in materia di investimenti e anche di ricezione e trasmissione di ordini. Ma
questo è sostanzialmente oggetto sociale massimo che può avere società di gestione. Si può
aggiungere anche la gestione individuale di portafogli (in passato non possibile). Non è possibile
invece il contrario, ossia che banca o SIM che fanno gestione individuale di portafoglio possano
essere autorizzati anche allo svolgimento della gestione collettiva.
L' autorizzazione per la gestione collettiva del risparmio viene data da Banca d'Italia sentita la
Consob, in presenza di certi requisiti. Non sono requisiti diversi rispetto a quelli visti essere alla
base delle autorizzazioni previste per società di intermediazione mobiliare, banche, SIM:
- costituita in forma di SPA,
- sede nel nostro territorio,
- capitale sociale non inferiore a 1 mln di euro,
- organi che la amministrano devono avere requisiti di onorabilità, professionalità ed
indipendenza; analoghi requisiti devono avere anche i soci.
Banca d'Italia vorrà vedere programma che descrive le attività iniziali che fa la società di gestione
collettiva e anche in questo caso potrà negare autorizzazione se qualcosa affligge la sana e prudente
gestione della società di gestione collettiva del risparmio. Non diverso rispetto a quanto accade per
banche e SIM autorizzate allo svolgimento di servizi di intermediazione finanziaria.
Analoga autorizzazione richiesta per gestori di fondi alternativi, autorizzazione da parte di BI circa
la sussistenza di certi requisiti.
Una volta che SGR autorizzata viene iscritta a speciale albo, albo di società di gestione del
risparmio, tenuto da BI che oggi distingue l'elenco delle società di gestione del risparmio che
appartengono a categoria UCITS e l'elenco delle società di gestione che appartengono alla categoria
dei gestori di fondi alternativi. Vedremo che hanno discipline diverse.
Essere autorizzati alla gestione collettiva del risparmio vuol dire gestione di portafogli in forma
collettiva, ma anche in forma individuale, istituzione e gestione di fondi pensione e di tutta una serie
di attività accessorie alle principali, come quella di custodia e amministrazione degli strumenti dei
38
loro clienti (soltanto le quote degli OICR gestiti, non sono invece possibili la custodia del denaro o
degli strumenti finanziari in cui investiti i denari, di competenza della banca depositaria), attività di
ricezione e trasmissione di ordini, prestazione di servizi di consulenza in materia di investimento.
Vigila su SGR BI per i profili del contenimento del rischio e della stabilità patrimoniale e Consob
per quanto riguarda correttezza e trasparenza dei comportamenti.
2. Banca Depositaria
Accanto alla società di gestione c'è la banca depositaria, incaricata della custodia degli strumenti
finanziari in cui investiti i denari e delle disponibilità liquide del fondo. Questa separazione è
imposta per evitare comportamenti fraudolenti ed impedire che ci siano delle tentazioni di
distrazione di soldi o strumenti finanziari che fossero oggetto di detenzione fisica. L'incarico è dato
da società di gestione e ce ne dovrebbe essere una per ogni fondo gestito.
La Banca Depositaria è una figura importante, non solo perchè custodisce soldi e strumenti
finanziari, ma svolge anche attività che sono strumentali a questa importante attività di deposito:
- accerta legittimità di operazioni di emissione e rimborso delle quote;
- accerta la correttezza del calcolo del valore delle quote del fondo. Il fondo è diviso in tante quote
quante sono quelle state emesse. Le quote non hanno il valore nominale, ma un valore di mercato
che si determina dividendo valore di patrimonio per il numero di quote emesse. Operazione
apparentemente semplice ma non lo è perchè si tratta pur sempre di valutare patrimonio, la cui
correttezza del calcolo viene attestata dalla banca depositaria, così come la banca depositaria
accerta che nelle operazioni relative alla liquidazione della quota eventualmente richiesta da un
investitore vengono rispettate le regole previste dal regolamento per l'implementazione di questa
liquidazione. In alcuni casi le banche depositarie possono anche essere usate per fare il calcolo
esatto di quelle che sono le valutazioni delle quote, l'importante è che ci sia imparzialità,
indipendenza e apparati tecnologici per fare questo calcolo.
Depositario deve essere autorizzato a svolgere la sua attività, la cui autorizzazione proviene da BI e
presuppone che ci siano certi requisiti, molto simili a quelli previsti per la SGR. BI può autorizzare
l'attività di depositario a banche italiane ed anche a succursali italiane di banche dell'UE e a certe
condizioni anche ad imprese bancarie terze non comunitarie.
Nell'esercizio delle proprie funzioni la banca depositaria ha la responsabilità:
- agire in modo indipendente nell'interesse dei proprietari delle quote; ovviamente la banca
depositaria potrebbe essere chiamata a rispondere dei danni nei confronti di SGR e dei
partecipanti al fondo, che derivino da qualsiasi pregiudizio da essi subito nel caso di
inadempimento della banca depositaria ai propri obblighi. La banca depositaria ha quindi
rapporto diretto con clienti della SGR.
- la banca depositaria è un'organizzazione che da un certo punto di vista è chiamata a svolgere
anche attività di vigilanza su SGR, in particolare sul rispetto delle regole che riguardano la
determinazione del valore del patrimonio e della quota, su legittimità di operazioni interne;
quindi la banca depositaria partecipa non solo per fornire servizio ma anche per mettere a
disposizione attività di vigilanza. Il depositario assume responsabilità anche nei confronti della
stessa società di gestione, perchè potrebbe esserci inadempimento che pur non pregiudicando i
dritti degli investitori potrebbe provocare un danno nei confronti della SGR. 39
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ElisaSorrentino12 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto dei mercati finanziari e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Cattolica del Sacro Cuore - Milano Unicatt o del prof Regoli Duccio.
Acquista con carta o conto PayPal
Scarica il file tutte le volte che vuoi
Paga con un conto PayPal per usufruire della garanzia Soddisfatto o rimborsato