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LA CIRCOLAZIONE DEI BENI CULTURALI
Circolazione comunitaria e internazionale
La posizione italiana circa queste questioni è abbastanza rigida e protezionista a livello
europeo, soprattutto perché l’Italia è interessata principalmente all’esportazione che
all’importazione dei Beni Culturali.
I problemi all’esportazione dei Beni Culturali sono dovuti principalmente alla loro dispersione
una volta usciti dai confini nazionali.
La normativa italiana prevede il divieto assoluto di uscita definitiva dei Beni Culturali vincolati.
Per quanto riguarda i beni dichiarati, è necessario effettuare la richiesta dell’Attestato di
Libera Circolazione presso l’apposito ufficio della Soprintendenza. Quest’ultima valuta se
concedere o meno tale attestato, valutando se l’opera appartiene ad un elenco di beni
dichiarati di cui il Codice ne nega l’uscita.
Per le opere d’arte, oltre a ciò, è necessario che la Soprintendenza valuti autonomamente se
l’uscita dell’opera costituisca un danno al patrimonio nazionale.
L’opera d’arte di artista vivente deve passare per la Soprintendenza solo se ha almeno 50
anni ed ha una valutazione economica superiore a quella prevista dall’allegato A del Codice
Urbani.
L’uscita di un bene dal territorio nazionale ad uno Stato membro dell’UE è definita spedizione;
il documento necessario per spedire il bene all’interno del territorio comunitario è l’Attestato
di Libera Circolazione
Raramente l’attestato viene concesso nei confronti di beni dichiarati, ma esistono dei casi nei
quali l’attestato viene concesso. È il caso dei commercianti d’arte, visto che chi commercia
quadri, vende e spedisce quadri con più di 50 anni e con un grande valore economico.
Per richiedere l’attestato bisogna esporre una denuncia all’ufficio esportazione in cui si indica
il bene, le sue caratteristiche, la destinazione e il valore economico.
Quest’ultimo aspetto va necessariamente indicato perché, nel momento in cui un privato si
reca all’ufficio esportazione della Soprintendenza, questo può esercitare il diritto dell’acquisto
coattivo, ossia può, se vuole, acquistare coattivamente il bene che il privato vuole esportare.
Questo diritto ha maggior peso del diritto di prelazione, e lo Stato può acquistare questo bene
solo se dispone i soldi per farlo, perché deve iscrivere in bilancio la somma del bene.
Un ruolo importante è svolto anche dal Ministero, che comunica con l’ufficio della
Soprintendenza, e deve rispondere entro 45 giorni dalla richiesta dell’attestato. Se il Ministero
lo nega, anche l’ufficio è obbligato a farlo. Se il Ministero consente l’attestato, l’ufficio può
approvare o negare visto che in genere e per legge i dipendenti del ministero non devono
essere per forza competenti in materia, a differenza dei dipendenti delle Soprintendenze.
Il diniego dell’Attestato di Libera Circolazione comporta il vincolo automatico del bene, quindi
il sovrintendente ha una grandissima responsabilità, visto che se non concede l’attestato è
come se lo riconoscesse come parte integrante del patrimonio artistico e culturale della
nazione, e come tale deve essere conservato e tutelato. Se l’attestato è negato, il motivo del
diniego deve essere dettagliato, perché il proprietario può fare ricorso e, se non ci sono le
motivazioni, può avere la meglio.
La durata dell’attestato è triennale, una durata inferiore rispetto a quella degli altri paesi
comunitari.
La copia che viene rilasciata dell’attestato è fondamentale per portare il bene da un territorio
comunitario (diverso dall’Italia) ad un altro o verso uno Stato extra-comunitario, si parla
dunque di esportazione. Per fare ciò è necessario ottenere la Licenza di Esportazione,
concessa solo in caso di possesso della copia dell’Attestato di Libera Circolazione, unico
documento in grado di dimostrare che il bene è uscito legalmente da uno Stato.
Prima del Codice Urbani, una volta presentata la domanda per ottenere l’attestato, essa non
poteva più essere ritirata e lo Stato poteva sempre acquistare coattivamente un bene. Dopo il
2004, la domanda si può anche ritirare e lo Stato non potrà più acquistarlo.
Alle origini della comunità europea, la CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio),
non c’erano questioni riguardanti i Beni Culturali. Nel 1957 a Roma si firma il Trattato della
CEE circa più settori economici, che riguardava la libera circolazione di persone, merci,
capitali e servizi. Lo scopo principale era l’abolizione dei dazi, tuttavia si potevano prevedere
delle eccezioni per salvaguardare il patrimonio culturale dei singoli Stati.
Il passo più importante viene effettuato nel 1992 con la firma del Tratto di Maastricht, con la
quale nasce l’Unione Europea, e la cultura entra come politica europea e l’UE stessa si
impegna a conservare il patrimonio culturale comune
Il REGOLAMENTO è un decreto
che ha interesse anche alla comunità.
applicabile negli Stati membri,
Il patrimonio culturale europeo non esiste dal punto
che viene dato dall’Unione
di vista giuridico. Europea.
Poiché la competenza dell’UE in materia culturale è
aumentata, sono stati approvati due ordinamenti: un
La DIRETTIVA contiene solo i
regolamento nel 1992 che disciplina
principi generali, i concetti
chiave, che ogni singolo Stato
dell’esportazione e una direttiva nel 1993 che si
membro deve considerare in
occupa della restituzione. base alle proprie esigenze e alle
proprie leggi.
Regolamento del 1992
Disciplina, in tutti gli Stati membri, il modo in cui i Beni Culturali possono uscire sul territorio
comunitario, in modo da non eludere più la legislazione nazionale. Il documento necessario
per l’esportazione è la Licenza di Esportazione, uguale in tutti i Paesi membri e rilasciata dallo
Stato nel quale si trova il bene. Il rifiuto della licenza spetta all’autorità di quello Stato. Il
diniego può avvenire nel caso in cui non si è provvisti dell’Attestato di Libera Circolazione e se
il bene non è esportabile secondo la legislazione del Paese di provenienza. La licenza ha
validità per sei mesi, al termine dei quali deve essere rinnovata.
Direttiva del 1993
Con restituzione si intende l’azione intrapresa da uno Stato per riportare nel proprio territorio
un Bene Culturale illecitamente uscito. Il rimpatrio del bene deve essere prettamente
automatico, anche se uscito in buona fede.
Esiste una banca dati europea dei beni usciti illecitamente per aiutare l’UE in queste pratiche.
È pressoché obbligatoria una forte collaborazione tra gli Stati membri.
Il principio di restituzione è talmente vincolante che vale anche nel caso in cui un bene
esportato illegalmente viene acquistato in buona fede da parte del compratore. Il diritto di
richiedere la restituzione è esclusiva dello Stato, sia che i beni siano pubblici o privati. Lo
Stato si deve rivolgere al giudice competente nel territorio dove il bene è stato ritrovato. Se
lo Stato prova l’uscita illecita, il giudice non ha nessuna discrezionalità e deve ordinare la
restituzione.
Lo Stato ha tempo un anno dal ritrovamento del bene per ordinare l’azione di restituzione. Si
tratta di un tempo di decadenza relativamente breve voluto per incentivare la restituzione.
Al contrario, il termine di prescrizione è abbastanza lungo (in Italia è di 30 anni), dove per
prescrizione si intende il tempo trascorso da quando il bene è uscito illecitamente dal
territorio nazionale. L’unica discrezionalità che ha il giudice è quella di stabilire un indennizzo
nei confronti del compratore in buona fede; in questo caso il bene non viene restituito finché
lo Stato richiedente non ha pagato l’indennizzo.
Una volta restituito, il bene viene dato al legittimo proprietario. Se il proprietario non è noto, il
Ministero pubblica sulla Gazzetta Ufficiale il documento nel quale si attesta la restituzione
effettuata e da quel momento parte un periodo di 5 anni, nei quali il proprietario può
chiederne l’attribuzione, dopo aver dimostrato il suo diritto di proprietà. Scaduti i 5 anni, il
bene entra nel demanio dello Stato.
Se il proprietario è noto, lo Stato consegna il bene solo dopo aver dimostrato la sottrazione
illecita tramite denuncia e dopo aver pagato le spese affrontate dallo Stato per la restituzione
e, nel caso, per l’indennizzo per l’acquirente in buona fede.
Uscita temporanea dei Beni Culturali
L’uscita temporanea di un bene pubblico o privato può essere concessa nel caso di
partecipazione a mostre, eventi e accordi di scambio, e quando il Bene Culturale viene
destinato alle sedi diplomatiche all’estero dello Stato in cui si trova originariamente il bene
(dal punto di vista giuridico, le ambasciate sono territorio dello Stato all’estero e si applicano
le relative legislazioni).
Per ottenere l’uscita temporanea è necessario avere l’Attestato di Libera Circolazione. Nel
momento in cui esso viene rilasciato, bisogna indicare sul documento il periodo di vigenza
dell’uscita temporanea. Il massimo è 18 mesi, se superiore l’uscita diventa definitiva.
Il Bene Culturale privato vincolato, per uscire temporaneamente, implica al proprietario
l’obbligo di stipulare un’assicurazione in caso di eventuali danni e l’obbligo di depositare una
cauzione, finalizzato ad incentivare il ritorno in patria del bene.
LA VALORIZZAZIONE DEI BENI CULTURALI
Il
rapporto tra i Beni Culturali e i privati
Il Codice Urbani prevede una disposizione che rinnova la legislazione precedente, per cui tutti
i privati hanno l’obbligo di conservare i beni di loro proprietà che appartengono al patrimonio
culturale.
Prima del 2004 infatti, il proprietario privato del bene non aveva altri vincoli oltre a quelli
imposti dalla Soprintendenza. Si tratta di una condizione importante, tuttavia non sufficiente:
importante perché impone ai privati di tutelare i Beni Culturali, ma non sufficiente perché, pur
costituendo un obbligo, non è prevista una pena, quindi non è così efficace. Il motivo per cui
non è stata stabilita una pena per i trasgressori sta nel fatto che, da sempre, esiste il principio
di proprietà privata, per il proprietario privato ha diritto di non fare nulla per tutelare il proprio
bene.
Prima di questa disposizione, solo lo Stato poteva intervenire per tutelare i Beni Culturali, ora
lo Stato e il privato cittadino sono messi sullo stesso piano, sottoline