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Estensione del trattamento straordinario ai lavoratori dipendenti
Il trattamento straordinario è stato esteso ai lavoratori dipendenti da:
- imprese industriali destinate alla commercializzazione dei prodotti delle stesse imprese;
- imprese appaltatrici di servizi di mensa e ristorazione;
- imprese appaltatrici dei servizi di pulizia;
- imprese commerciali con più di 200 addetti;
- imprese artigiane.
L'integrazione salariale straordinaria è stata estesa anche ai soci di cooperative di produzione e lavoro, nonché ai lavoratori dipendenti da imprese operanti nel settore dell'informazione e dell'editoria, laddove nel settore dell'agricoltura è stato l'intervento ordinario della CIG ad essere esteso, in favore degli impiegati, operai e quadri occupati con contratto a tempo indeterminato.
La riforma della L. n. 223 del 1991 è volta ad utilizzare, in via temporanea ed eccezionale, l'intervento straordinario in ambiti esclusi dal suo ordinario campo di applicazione al fine...
digarantire la stabilità del reddito dei lavoratori.19. CIG e sospensione del rapporto di lavoro: disciplina speciale e principi generali di dirittocivile.
La distinzione tra le ipotesi di intervento ordinario e straordinario della Cassa non coincide con quella tra sospensioni dell’attività lavorativa dovute ad impossibilità sopravvenuta e sospensioni dipendenti da fatti organizzativi legati ad una scelta imprenditoriale.
Mentre le sospensioni collegate all’intervento straordinario non sono riconducibili ad una causa di impossibilità sopravvenuta della prestazione, nell’ambito delle sospensioni per le quali è previsto l’intervento ordinario, sono invece ricomprese, accanto alle ipotesi di impossibilità, anche quelle dovute alla mera difficultas a ricevere la prestazione lavorativa.
Pertanto, all’opinione che collega alla semplice sussistenza dei fatti costituenti le cause integrabili il potere unilaterale di sospensione.
Del rapporto da parte dell'imprenditore, pare preferibile quella che pone a fondamento della sospensione del rapporto di lavoro un accordo, sia pure implicito, tra imprenditore e lavoratori in grado, anche alla stregua dei principi generali, di produrre un simile effetto.
Si deve sottolineare come la dottrina e la giurisprudenza si siano orientate nel senso di collegare la liberazione dell'imprenditore dall'obbligo retributivo all'atto amministrativo di ammissione al trattamento di integrazione salariale. E' da tale atto che deriverebbe la deroga ai principi generali con l'ulteriore conseguenza che l'imprenditore resterebbe obbligato al pagamento delle retribuzioni.
Sezione B: I licenziamenti collettivi
20. I licenziamenti collettivi per riduzione di personale. La disciplina collettiva e l'elaborazione giurisprudenziale.
Sono strettamente collegati con l'abolizione del recesso ad nutum nei licenziamenti individuali. Nell'accordo del 1947
La disciplina sostanziale dei licenziamenti individuali si fondava sul vincolo di giustificare il licenziamento. A fronte di tale obbligo, la nozione di licenziamento collettivo veniva identificata da esigenze di riduzione o trasformazione di attività o di lavoro. Tale caratteristica è stata mantenuta anche nei successivi accordi del 21 aprile 1950 e del 5 maggio 1965 che imponevano l'obbligo di consultare i sindacati e di esperire un tentativo di conciliazione. La ragione della differenziazione così introdotta va ravvisata nella considerazione che anche l'autonomia collettiva riconosceva il diritto alla libertà di iniziativa economica tanto da farlo prevalere sull'interesse dei singoli alla conservazione del posto di lavoro. Il quadro era destinato a mutare per effetto della L. n. 604 del 1966, con la quale venivano introdotti limiti al potere di recesso del datore di lavoro. Infatti, il legislatore del 1966 aveva escluso la materia dei
ha stabilito che il licenziamento collettivo si configura quando un datore di lavoro procede alla riduzione del personale in modo sistematico e organizzato, coinvolgendo un numero significativo di lavoratori. La giurisprudenza ha anche precisato che il giudice non può valutare il merito delle scelte tecniche dell'imprenditore, in quanto rientrano nella libertà di iniziativa economica garantita dalla Costituzione. Tuttavia, l'assenza di una specifica disciplina legislativa in materia di licenziamenti collettivi ha portato a una certa incertezza e contraddizioni nella giurisprudenza. Per questo motivo, è stata introdotta una disciplina comunitaria che ha stabilito criteri e procedure da seguire per i licenziamenti collettivi, al fine di garantire una maggiore tutela dell'interesse collettivo alla conservazione dei livelli occupazionali. In conclusione, la giurisprudenza ha svolto una funzione suppletiva nella disciplina dei licenziamenti collettivi, ma le sue contraddizioni hanno reso necessaria l'introduzione di una disciplina legislativa comunitaria.Era giunta ad affermare che l'osservanza delle procedure di consultazione sindacale costituivano essenziale requisito formale del licenziamento collettivo, in mancanza si trasformava in una somma di licenziamenti individuali (cosiddetti licenziamenti individuali plurimi). Analoghe conseguenze dalla mancata sussistenza del requisito della riduzione o trasformazione di attività o lavoro ovvero nel caso in cui mancasse il nesso di causalità tra la scelta di riduzione e il licenziamento stesso. Viceversa, nel caso in cui non fossero stati rispettati i criteri di scelta fissati dagli accordi interconfederali, il lavoratore avrebbe avuto diritto solo ad una tutela risarcitoria per il danno subito.
Più specificamente, la Corte di cassazione aveva affermato che l'elemento fondamentale andava ravvisato "nel motivo, consistente nel ridimensionamento dell'azienda" (nozione ontologica del licenziamento collettivo) inteso come ridimensionamento strutturale.
223 del 1991 ha introdotto una disciplina legale per i licenziamenti collettivi. Questa legge è stata emanata al fine di attuare la Direttiva del 1975, che non era stata implementata in Italia. Tuttavia, sia la Direttiva del 1975 che quella del 1991 sono state abrogate dalla Direttiva 98/59 del 20 luglio 1998, che ha riprodotto le disposizioni sostanziali della Direttiva del 1975, con alcune modifiche e integrazioni. La Corte ha riconosciuto la configurabilità del licenziamento collettivo in caso di licenziamenti tecnologici, causati dall'introduzione di tecnologie laboursaving. Tuttavia, la Corte ha escluso la possibilità di un licenziamento collettivo nel caso di licenziamento di tutti i dipendenti a causa della cessazione totale dell'attività produttiva.223 del 1991 è comprensiva di tutte le situazioni di eccedenza di personale sia di carattere temporaneo che definitivo. Il legislatore ha delineato due differenti ipotesi di trattamento delle eccedenze definitive di personale delle imprese distinguendo a seconda che l'eccedenza si manifesti in un processo di ristrutturazione ossia "collocamento in mobilità" o in crisi aziendale ossia "licenziamento collettivo per riduzione del personale". Vanno subito precisati alcuni aspetti di rilievo:
- la disciplina sul licenziamento collettivo per riduzione di personale ha una portata generale e riguarda le imprese che rientrano e che non rientrano nel campo della CIGS;
- la normativa si applica alle imprese con più di 15 dipendenti;
- la disciplina dei licenziamenti collettivi per riduzione di personale rinvia in buona parte a quella dettata per il collocamento in mobilità, in effetti si configurano finalizzati all'immediata e definitiva
In attuazione degli obblighi comunitari imposti dalla Direttiva n. 92/56 del 26 giugno 1992, il legislatore italiano è dovuto intervenire ad integrare la normativa del 1991, stabilendo la possibilità di ricorrere a veri e propri piani sociali rivolti a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori eccedenti.
13. Il collocamento in mobilità dei lavoratori eccedenti. Le sanzioni per il licenziamento illegittimo.
Esaurita la procedura di mobilità l'imprenditore può procedere al collocamento in mobilità e cioè alla risoluzione del rapporto di lavoro (recesso). La legge ha dettato alcuni criteri di scelta ovvero: i carichi di famiglia, l'anzianità e le esigenze tecnico - produttive ed organizzative.
Per il licenziamento dei singoli lavoratori è poi imposta la comunicazione individuale in forma scritta, nonché l'obbligo del preavviso. Inoltre vanno comunicati alla Direzione regionale del lavoro,
alla Commissione regionale per le politiche del lavoro ed ai sindacati di categoria i dati anagrafici e professionali, nonché le modalità di applicazione dei criteri di scelta.
La L. n. 223 stabilisce che i licenziamenti senza forma scritta sono inefficaci, dichiara annullabili quelli in violazione dei criteri di scelta. È prevista la reintegrazione nel posto di lavoro.
Nel caso di reintegrazione, la legge consente il licenziamento di un numero pari di lavoratori, nel rispetto dei criteri di scelta dandone comunicazione alle r.s.a: la norma riguarda solo i licenziamenti annullati per inosservanza dei criteri di scelta.
Salvo il caso di assenza di forma scritta il licenziamento deve essere impugnato, a pena di decadenza, anche in forma stragiudiziale, entro il termine di 60 giorni.
14. Il cosiddetto statuto dei lavoratori in mobilità:
a) l'indennità di mobilità: i lavoratori collocati in mobilità ai sensi dell'art. 4, i quali possano
li di anzianità.