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Il ruolo dei partiti nei procedimenti elettorali

Fondamentale è il ruolo spettante ai partiti nei procedimenti elettorali. La legge elettorale per la camera dei deputati prevede, cioè, che spetti a ciascun partito o gruppo politico organizzato il deposito dei contrassegni delle rispettive candidature individuali e di lista; ed analoghe norme si impongono quanto alle candidature per elezione del Senato. Su questa base si regge d'altronde la legislazione concernente il finanziamento statale dei partiti stessi. Ma tali finanziamenti sono versati ai gruppi parlamentari anziché ai partiti come tali: quasi per sottolineare che le associazioni politiche in questione non vengono affatto in rilievo come soggetti meramente provati, bensì quali fattori della politica generale. Oltre che sulla legislazione statale, la presenza dei partiti incide poi sui regolamenti delle due assemblee parlamentari. Salvi i "gruppi misti", ognuno degli altri gruppi parlamentari, tanto alla camera quanto al

senato, corrisponde ad un "partito organizzato del Paese". Tali gruppi sono l'espressione parlamentare dei partiti". Mal'influenza dei partiti sugli organi statali di governo trova molto spesso fondamento in regole non scritte, originariamente di carattere convenzionale e quindi trasformatesi in vere e proprie consuetudini costituzionali. Così a partire dagli anni sessanta, i segretari dei partiti politici sono stati gradualmente inseriti nella fase preparatoria del procedimento formativo del governo, in occasione delle consultazioni effettuate dal capo dello stato. Tutto questo non vale a giustificare, però, la partitocrazia concepita nel senso degenerativo del termine: cioè l'occupazione, effettuata specialmente dai partiti detentori del governo centrale o dei vari governi locali, di aree eccedenti la determinazione della "politica nazionale", bensì riservate all'amministrazione ovvero spettanti alla autonomia.scelte della società civile. C'è inoltre da chiedersi fino a che punto sia adeguata la stessa disciplina costituzionale dei partiti. L'art. 49 Cost. contiene, in verità, una serie di fondamentali indicazioni: tale è specialmente il "principio del concorso", dal quale discende il necessario pluralismo dei partiti, per cui sempre nuove formazioni politiche possono venire liberamente create dai cittadini, senza autorizzazioni di sorta. Senonché l'art. 49 non impone letteralmente che ogni partito debba avere un ordinamento interno democratico. D'altro lato le lacune dell'ordinamento generale si manifestano anche per ciò che riguarda il "metodo democratico". In particolar modo né la Carta costituzionale né la legislazione ordinaria dello Stato prescrivono alcunché di preciso a carico dei partiti "antisistema" che non aderiscano alla tavola dei valori costituzionali, ma

Cerchino di sabotarne o di combatterne apertamente la realizzazione. Sotto quest'ultimo aspetto vi è solamente lo specifico divieto di riorganizzazione del partito fascista; ma l'estremismo politico non è stato altrimenti sanzionato, salva la preclusione delle associazioni che perseguono "scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare".

Cenni introduttivi sulla forma di governo (pagina 281)

Tutto lo schieramento dei partiti presenti in Assemblea, da quello liberale a quello comunista si dichiarò propenso all'adozione di un regime tendenzialmente parlamentare. In primo luogo, alla generica sfiducia verso la forma presidenziale, che l'esperienza comparatistica dimostrava incline a degenerare nella dittatura, si sommava la diffidenza vigorosamente alimentata dal ricordo recente del ventennio fascista. In secondo luogo, pesavano precedenti storici antichi recenti, che in forza della tradizione consigliavano di riallacciarsi.

All'esperienza parlamentare statutaria anteriore al fascismo. Inoltre la costituente non fu insensibile alla suggestione delle forme parlamentari di governo allora vigenti non solo in Inghilterra ma anche in Francia, che da tempo si ponevano come esempi da imitare in Italia.

A confronto del bipartitismo che caratterizzava e caratterizza tuttora la scena politica nordamericana, si contavano allora in Italia all'incirca una diecina di formazioni politiche miranti a contendersi il consenso dell'elettorato, essendosi aggiunti all'esarchia i partiti repubblicano e socialdemocratico, nonché il movimento qualunquista, per citare solo i gruppi più consistenti. In un tal quadro di minima omogeneità politica e sociale, che nel 1946-47 risultava alquanto più accentuata di oggi, la forma parlamentare consentiva che il Parlamento funzionasse come elemento di intermediazione fra il popolo e l'esecutivo, determinando inoltre la possibilità

che si formassero governi rappresentativi di varie forze politiche coalizzate. Si spiega perciò che già nella ripartizioni della carta costituzionale si rispecchi l'opzione parlamentare della costituente. I primi tre titoli della parte seconda della costituente sono rispettivamente dedicati al Parlamento, al Presidente della Repubblica e al Governo, vale a dire ai tre organi essenziali della forma prescelta. Così la funzione legislativa è riservata alle camere, mentre quella esecutiva è attribuita al governo; e fra i due organi deve intercorrere un formale rapporto di fiducia sulla base del quale entrambi definiscono la politica generale del Paese. Inoltre si ricava che il Presidente della Repubblica non partecipa alla determinazione dell'indirizzo politico, in quanto organo politicamente e giuridicamente irresponsabile, tranne che per alto tradimento o per attentato alla costituzione. Nella sfera delle attribuzioni sostanzialmente presidenziali.

Continuano invece a ricadere la nomina del presidente del consiglio ed entro certi limiti lo scioglimento delle camere. La nostra costituzione contiene, nondimeno, una serie di altre disposizioni recanti correttivi che hanno l'effetto di alterare il modello parlamentare "puro": sia nel senso di riequilibrarlo con l'inserimento, accanto ai tre essenziali, di almeno un quarto organo fondamentale, quale è la corte costituzionale; sia nel senso di introdurre l'istituto del referendum, che consente al corpo elettorale di opporsi alle decisioni del parlamento in quanto organo legislativo; sia nel senso di istituire le regioni e di garantire anche agli enti territoriali minori una qualche autonomia politica. Ma non basta esaminare la carta costituzionale e ricostruire in tal modo un modello legale.

delle camere rappresentative separate per garantire la partecipazione di entrambe le istanze. Inoltre, il bicameralismo può essere giustificato anche dal desiderio di bilanciare i poteri legislativi e di evitare l'accumulo di troppo potere nelle mani di una sola camera. Il principio di continuità si riferisce alla necessità di garantire la stabilità e la continuità del processo legislativo nel tempo. Ciò significa che il parlamento deve essere costituito in modo tale da poter continuare a funzionare anche in caso di elezioni o cambiamenti di governo. Il principio di autonomia si riferisce alla capacità del parlamento di agire in modo indipendente e autonomo rispetto agli altri poteri dello Stato. Questo significa che il parlamento deve essere libero di prendere decisioni e di esercitare il suo potere legislativo senza interferenze esterne. In conclusione, la struttura del parlamento è influenzata da questi tre principi fondamentali: il principio bicamerale, il principio di continuità e il principio di autonomia. Questi principi sono importanti per garantire un sistema democratico e rappresentativo, in cui il potere legislativo è esercitato in modo equilibrato e indipendente.

Una rappresentanza di ciascuno stato membro accanto ad una rappresentanza del popolo complessivo dello stato centrale. Più in generale il bicameralismo si impone allorché all’interno dello stesso ordinamento coesistano istanze divergenti, ciascuna delle quali richieda di essere singolarmente rappresentata in parlamento. In altri paesi la scelta del principio bicamerale è dettata soltanto da considerazioni di opportunità per lo più di ordine politico. Tale è stato sicuramente il caso dell’Italia. Si devono comunque distinguere i regimi a bicameralismo perfetto, proprio di quegli stati nel quali le camere sono assolutamente parificate per funzioni e per prerogative, dai sistemi a bicameralismo imperfetto, nei quali la volontà dell’uno dei due rami del parlamento finisce col prevalere in caso di dissenso. S’intende perciò quali siano i motivi che hanno indotto una gran parte delle costituzioni del mondo occidentale.

ad optare per la prima anziché la seconda soluzione. Entrambi i rami del parlamento sono stati concepiti come assemblee politiche rappresentative del corpo elettorale; ma i costituenti ne hanno diversificato la composizione, la durata e il sistema di elezione. Circa la composizione basti ricordare che l'età minima per essere eleggibili a deputati o senatori consiste rispettivamente nell'avere compiuto il venticinquesimo anno di età ed il quarantesimo anno di età; d'altro lato, che il numero dei deputati è pari al doppio di quello dei senatori elettivi (630 contro 315), anche se a questi ultimi si aggiungono alcuni senatori a vita. Circa la durata del senato, essa avrebbe dovuto essere di sei anni, contro i cinque spettanti alla camera dei deputati, ma il condizionale è qui indispensabile, perché un tale criterio distintivo non è mai divenuto operante in Italia. Circa le modalità delle elezioni, la costituzione si

limita a diversificare la composizione dei due corpi elettorali, disponendo che gli elettori del senato devono aver superato il venticinquesimo anno di età e che il senato dev’essere eletto a base regionale. Di tutti questi caratteri differenziatori, i più significativi avrebbero comunque dovuto consistere nella diversa durata e nel diverso congegno di elezione. Ed effettivamente, se l’iniziale programma della costituente fosse stato attuato sotto entrambi questi aspetti, si sarebbe senz’altro evitato di ridurre la seconda camera a un doppione della prima. Viceversa la norma costituzionale sulla diversa durata del senato fu dapprima elusa, quando nel 1953 e nel 1958, avvicinandosi la cessazione della camera dei deputati, il presidente della repubblica sciolse anticipatamente il senato stesso, su sollecitazione di alcune parti politiche; e quindi fu anche formalmente abrogata dalla legge costituzionale del 9 febbraio 1963, che ha fissato in cinque anni il

Periodi di vita di ambedue i rami del parlamento. I procedimenti e i sistemi di elezione delle camere (pagina 290)

Ovviamente comuni sono i principi che governano l'elettorato, tanto attivo quanto passivo. Da un lato, la stessa costituzione proclama che deputati e senatori sono eletti a suffragio universale e diretto. D'altro lato, comune è il regime delle cause d'inele

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SSD Scienze giuridiche IUS/08 Diritto costituzionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Exxodus di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto costituzionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Udine o del prof Mazzarolli Ludovico.