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Atti complessi eguali
Per completare il discorso, bisogna ricordare che in dottrina si è cercato di configurare altre specie di atti d'iniziativa presidenziale. Vari autori hanno anzitutto sostenuto che spettasse al capo dello stato di decidere sulla concessione delle amnistie e degli indulti. Ma il carattere imperativo della delega in questione troncavano il problema alla radice. D'altro canto non può nemmeno essere accolta la tesi dottrinale per cui ricadrebbe nell'iniziativa presidenziale lo scioglimento anticipato dei consigli regionali.
Gli atti complessi eguali (pagina 478). Rispetto agli altri gruppi di atti presidenziali che sono stati finora esaminati, la categoria degli atti complessi eguali è senza dubbio la meno comprensiva in quanto vi appartengono due sole specie di decreti del capo dello stato: cioè quelli di nomina dei nuovi presidenti del consiglio e quello di scioglimento anticipato delle camere. Relativamente più semplice è il caso della
nomina del presidente del consiglio. Qui la qualificazione dell'atto come complesso eguale non esclude affatto che all'origine di esso si ritrovi una scelta operata dal presidente della repubblica. Ma non per questo losi può collocare sul medesimo piano di uno di quegli atti d'iniziativa presidenziale, in ordine ai quali le decisioni del capo dello stato s'impongono per forza propria. Ben più difficile è lo stabilire quale sia la volontà preponderante ai fini dello scioglimento anticipato delle camere. Alcuni autori ritengono che la decisione sullo scioglimento debba o quantomeno possa essere governativa. Molti altri oppongono invece che il nostro ordinamento non sarebbe in questa sede equiparabile a quello inglese, ma esplicherebbe la presidenzialità del potere di scioglimento, effettivamente, numerosi e concordi argomenti indurrebbero ad includere lo scioglimento fra gli atti di iniziativa presidenziale; ma il significatospettante ad una simile definizione è alquanto diverso da quello riscontrabile nel caso delle nomine dei senatori a vita e dei giudici costituzionali di spettanza del capo dello stato. Nel caso di scioglimento non è sostenibile che la controfirma del decreto sia dovuta e che il governo in carica non possa in alcun modo opporsi. Ne segue che la responsabilità dell'atto ricade su entrambi i suoi sottoscrittori: giacché il presidente del consiglio si espone al pericolo che la sua politica e quella del suo partito vengano bocciate dal corpo elettorale ed in ogni caso predetermina una crisi, mentre il presidente della repubblica si accolla comunque una responsabilità politica di tipo diffuso, esponendosi alle censure che la sua decisione si presta a suscitare in seno alle forze politiche interessate e all'opinione pubblica in genere. In secondo luogo, il presidente della repubblica non ha nessun altro mezzo per superare l'eventuale opposizione.
del sistema politico italiano sono stati introdotti nel corso degli anni per limitare l'abuso dello scioglimento delle camere da parte del presidente della repubblica. Ad esempio, la legge costituzionale del 1993 ha stabilito che lo scioglimento anticipato delle camere può avvenire solo in casi eccezionali e previa consultazione del presidente del consiglio e dei presidenti delle due camere. Inoltre, la legge costituzionale del 2001 ha introdotto il principio del "voto di fiducia costruttiva", che impedisce al presidente della repubblica di sciogliere le camere se non viene presentato un nuovo governo con una maggioranza parlamentare già formata. Tuttavia, nonostante questi correttivi, lo scioglimento delle camere rimane uno strumento di grande rilevanza politica, in grado di influenzare il corso degli eventi e di determinare il destino di un governo. Pertanto, è fondamentale che venga utilizzato con responsabilità e nel rispetto dei principi democratici.del regime parlamentare (pagina 485). Già nella descrizione dei ruoli che in Italia sono stati assunti dai tre organi essenziali di ogni sistema parlamentare, si è constatato che il regime vigente nel nostro paese non coincide con il parlamentarismo puro. Da un lato, nei rapporti fra governo e parlamento, si sono più volte registrati fenomeni che obbedivano ad una logica assembleare piuttosto che ad una logica parlamentare. D'altro lato, neanche la posizione del capo dello stato rientra del tutto nel modello del parlamentarismo. Accanto a queste ragioni per così dire intrinseche, si danno vari altri profili. Una prima eccezione alla logica del parlamentarismo consiste in tal senso nello stesso carattere rigido della costituzione. Quel che più conta, le disposizioni stabilite in varie parti del testo costituzionale fanno capire che nel nostro ordinamento la logica del parlamentarismo è stata sottoposta a molteplici correttivi. In altre parole,Una serie di decisioni politiche è stata sottratta al raccordo governo-parlamento, per venire riservata ad altri organi o soggetti. In particolare, è questo l'effetto che deriva sia dalle previsioni costituzionali di autonomie politiche a base territoriale, sia dalla configurazione di un'apposita corte costituzionale come giudice della legittimità delle leggi. Residuano, invece, le questioni concernenti gli altri due "contropoteri", previsti dalla vigente costituzione: quello facente capo al corpo elettorale, nella forma del referendum abrogativo; e quello consistente nell'indipendenza del potere giudiziario, a garanzia del quale è concepito ed istituito il consiglio superiore della magistratura. Il "referendum abrogativo" nella forma italiana di governo (pagina 487). Pur potendo colpire la generalità delle leggi statali e degli atti normativi equiparati, il referendum è stato indubbiamente concepito
della legislazione italiana. In particolare, si pensi al referendum del 1981 che abrogò la legge sull'aborto, o al referendum del 1987 che abrogò la legge sul finanziamento pubblico ai partiti politici. Negli ultimi anni, invece, si è assistito a un aumento significativo dei referendum consultivi, che non hanno valore vincolante ma servono a sondare l'opinione dei cittadini su determinate questioni. Ad esempio, nel 2016 si è tenuto il referendum sulla riforma costituzionale proposta dal governo Renzi, che ha portato alla sua bocciatura e alle dimissioni del presidente del consiglio. In conclusione, il referendum è uno strumento importante della democrazia diretta, ma va utilizzato con cautela e responsabilità. La sua frequente utilizzazione può mettere a rischio la stabilità e l'efficacia delle istituzioni rappresentative, ma allo stesso tempo può essere un mezzo per coinvolgere i cittadini nelle decisioni politiche e garantire una maggiore partecipazione democratica.delle coalizioni di maggioranza, fino al punto di rappresentare la concausa di vari scioglimenti anticipati delle camere. Ma il sistematico ricorso al referendum non ha perseguito il solo intento di delegittimare il sistema politico in atto; bensì ha determinato una sorta di uso molteplice delle consultazioni referendarie. A fianco dei tradizionali referendum "di rottura", si sono avuti svariati referendum "di stimolo", tendenti a sollecitare il parlamento all'approvazione di nuove leggi. Del pari, alle richieste meramente abrogative si sono affiancate le richieste manipolative, volte a rinnovare certi settori dell'ordinamento mediante l'abrogazione di parti di disposizioni legislative o addirittura di singole parole contenute nei testi di legge in questione. Ancora, la crescente varietà e complessità delle richieste referendarie ha messo in luce lo scarto che spesso sussiste fra quesiti formali, ufficialmente prospettati dalleRichieste medesime, e i quesiti "impliciti" riguardanti il significato politico delle rispettive votazioni. In altre parole, si è riscontrato che la cosiddetta valenza politica dei referendum può trascendere di molto la portata delle norme delle quali di chiede l'abrogazione: come nel tipico caso dei referendum "sul nucleare", che hanno finito per porre in questione la sopravvivenza in Italia delle relative centrali, ben oltre gli specifici interrogativi trascritti nelle schede. Per contro la Corte ha dato via libera ai referendum manipolativi, malgrado i dubbi espressi da quanti contestano la conformità di tali richiesta al modello costituzionale: dal momento che essi sarebbero miranti a generare discipline legislative nuove, difformi da quelle che il parlamento aveva previsto evoluto.
Il procedimento referendario (pagina 490)
L'iter attraverso il quale si giunge al voto popolare è stato fondamentalmente strutturato in quattro fasi.
A monte del procedimento si collocano i richiedenti, cioè gli elettori nel numero minimo di 500.000 sottoscrittori della richiesta, o almeno cinque consigli regionali. Ma la raccolta di firme costituzionalmente previste dev'essere a sua volta preceduta dall'iniziativa di un gruppo di promotori. Prende in tal modo avvio la fase preparatoria, tendente alla formazione e presentazione della richiesta. A tale scopo, in appositi fogli vanno indicati "i termini del quesito che si intende sottoporre alla votazione popolare". Il deposito può essere effettuato entro il 30 settembre di ciascun anno; ed alla scadenza del 30 settembre si apre la fase dei controlli preventivi, imperniata sugli accertamenti svolti e sulle decisioni consecutivamente adottate da un apposito Ufficio centrale, costituito presso la corte di cassazione e dalla corte costituzionale. A sua volta, la corte costituzionale è chiamata a pronunciarsi entro il 10 febbraio.
successivo sull'ammissibilità delle richieste ritenute legittime dall'ufficio centrale. Al pari che nei procedimenti elettorali, segue a questo punto una fase costitutiva culminante nella votazione. Ai fini dell'approvazione della richiesta, l'art. 75 Cost. prescrive tanto un quorum di partecipazione quanto un quorum riferito ai votanti. Occorre, cioè, che partecipi alla votazione "la maggioranza degli aventi diritto"; ed occorre che "la maggioranza dei voti validamente espressi" si pronunci per l'abrogazione, rispondendo al quesito in senso affermativo. Effettuata la votazione, si apre comunque la quarta fase del procedimento, imperniata sulla proclamazione dell'esito del referendum. Se il risultato è contrario alla richiesta di abrogazione, la legge n. 352 si limita a prescrivere che ne sia data "notizia" sulla gazzetta ufficiale. Se invece il risultato è favorevole, "l'avvenuta
abrogazione” dev’essere dichiarata con decreto del presidente della repubblica, da pubblicare nella gazzetta e da inserire nella raccolta ufficiale. Una questione ricorrente ha riguardato, anzitutto, i rapporti fra l’ufficio centrale e la corte costituzionale. All’ufficio centrale la legge n. 352 assegna il controllo58sulla conformità delle richieste a