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E’ possibile, inoltre, con la prevedere gli ipotetici casi di pericolo tenendo presente

l’individualità del soggetto che li compie (prevedibilità in concreto).

Bisogna affrontare il problema della scusabilità dell’errore e dell’ignoranza della legge penale.

Occorre, quindi, che il confine tra lecito e illecito siano chiaramente percepibili e riconoscibili

della collettività attraverso il dovere del cittadino di informarsi e del legislatore di formulare

norme chiare.

Tra i principi costituzionali troviamo quello di “presunzione dell’innocenza”, secondo il quale

nessun uomo può chiamarsi reo prima della sentenza del giudice.

In questo senso la carcerazione preventiva viene vista come mezzo per il compimento corretto

delle indagini e non come mezzo punitivo. Nel regime totalitario fascista prevalse il pensiero

della scuola positiva, che si muoveva a scapito degli interessi individuali e, quindi, contro i

principi liberal-democratici. Solo dopo la caduta del fascismo, la tutela dell’innocente divenne

un punto fondamentale del garantismo processuale, con riferimento soprattutto al giudice

(neutrale).

Per molto tempo l’espressione “non colpevole” venne considerato sinonimo del termine

“innocente”. La Corte cost, invece, preferì la formula “non colpevole”, perché più restrittiva e

meno esasperata affermando che l’art 27 rappresenta una garanzia per l’imputato, che non può

essere definito colpevole prima della sentenza definitiva.

Numerosi furono i dibattiti riguardo le finalità della pena. Si contrapponeva il profilo rieducativo

che si riduceva al solo divieto di trattamenti inumani, e il profilo retributivo, che si fondava

sulla garanzia di salvaguardare delle libertà che ha l’uomo di scegliersi il male sotto la parvenza

del bene. Queste teorie accompagnarono il progetto del C.P. del 1949 che a riguardo afferma

che “entro i limiti della funzione punitiva e per realizzare le finalità morali e sociali, la pena

deve tendere alla rieducazione del colpevole”.

La funzione rieducativa della pena deve essere esaminata alla luce delle emergenze che

caratterizzano il Paese: terrorismo, mafia, corruzione.

In questo contesto ha preso piede la funzione intimidativa della pena, analizzando i fattori

socio-psicologici del cittadino e facendo sì che egli si muova in modo conforme al diritto. Ciò ha

favorito il diffondersi di convinzioni neoretribuzionalistiche.

Bisogna comprendere però il significato di “rieducazione”. Questo concetto viene affiancato a

quello di “correzione morale”, ciò vuol dire che la pena deve far sì che il condannato interiorizzi

i precetti morali e che, quindi, acquisisca l’attitudine a non incorrere più nella commissione di

reati.

Un ruolo importante viene svolto da l carcere, il quale viene considerato come un’istituzione che

però non deve sfociare nel contagio criminale. A questo proposito rimangono in vigore alcuni

istituti con finalità rieducative come ad esempio la libertà condizionale. Altre misure sono:

sospensione condizionale, affidamento ai servizi sociali, semilibertà, liberazione anticipata.

Un problema è quello di verificare la costituzionalità di alcune misure adottate come

dell’ergastolo, delle pene pecuniarie e delle pene fisse.

Per l’ergastolo, la questione fu mossa dalla Corte d’Assise; risolta, poi, dalla Corte cost a favore

della polifunzionalità della pena. A favore del ruolo rieducativo dell’ergastolo troviamo la libertà

condizionale.

Per quanto riguarda la pena pecuniaria, essa si esaurisce nel prelievo della somma in denaro,

quindi non vede nessuna finalità rieducativa.

La fissità delle sanzioni sembra essere, invece, in contrasto con il volto costituzionale del

Paese; infatti la sanzione deve attenersi alla complessità di comportamenti riconducibili allo

specifico reato.

L’abolizione della pena di morte è in accordo con la tutela del diritto alla vita. La pena capitale

viene mantenuta solo per quanto riguarda le leggi militari di guerra, le quali però non possono

essere applicate in tempo di pace. La garanzia di tutela dell’uomo si estende a livello

internazionale, vietando l’estradizione verso Paesi che applicano la pena di morte.

ARTICOLO 28

L’articolo introduce una norma sulla responsabilità di chi svolge un incarico pubblico al fine di

tutelare i diritti dei cittadini.

I pubblici funzionari comprendono coloro che sono legati da un rapporto d’impiego allo Stato o

all’ente. Si parla di dipendenza organica. Ciò si rifà alla legge del 1990sulle autonomie locali che

prevedeva l’applicazione del testo unico per gli impiegati civili dello Stato anche ad

amministratori e dipendenti di enti locali. Rimane in dubbio, invece, l’applicazione ai dipendenti

precedentemente assoggettati allo Stato.

L’espressione “direttamente responsabili” rappresenta una tutela dei diritti costituzionalmente

protetti. La responsabilità diretta, quindi, si collega all’art 2.

Una diversa impostazione è quella che prende in considerazione atti in “violazione di diritti”,

atti che vengono puniti perché commessi in modo cosciente e volontario.

Limitata è l’incidenza del solo pubblico dipendente nell’esperienza giudiziaria. Ciò è visibile

soprattutto nella responsabilità civile del magistrato.

Bisogna poi stabilire se la responsabilità dell’ente coincida con quella dell’agente, cioè se

valgono per l’amministrazione le limitazione previste per il dipendente. La risposta della Corte

cost è negativa, essa afferma che lo Stato presenta una responsabilità illimitata che va oltre ai

limiti imposti dalla legge ordinaria per i dipendenti.

Altro aspetto importante riguarda le modificazioni di alcuni aspetti processuali, come ad

esempio la garanzia amministrativa, la quale conferiva numerosi privilegi ai funzionari pubblici.

Ora non è più così, essi infatti possono essere sottoposti a processi penali senza nessuna

autorizzazione precedente.

ARTICOLO 29

L’articolo tutela i diritti della famiglia, considerandola un ordinamento primario per il quale lo

Stato ha sia doveri di astensione sia doveri di intervento.

Esistono due diversi opinioni:

- Giusnaturalista, secondo cui la famiglia avrebbe uno jus naturale e una sovranità

indipendenti dal riconoscimento statale

- Normativistica, secondo cui la famiglia è da considerarsi come tutte le altre formazioni

sociali (2cost).

Si può dire che la famiglia è un valore costituzionalmente garantito, non deve contrastare con i

valori caratterizzanti i rapporti civili e deve garantire lo sviluppo dell’uomo. Difficile è

individuare i diritti della famiglia, in quanto non può essere considerata né persona giuridica, né

un soggetto autonomo.

Il vincolo del matrimonio porta ad una duplice visione:

- la famiglia di fatto, cioè quella non fondata sul matrimonio, messa a confronto con il

comma 1 sembra essere esclusa dalla tutela. In realtà viene riconosciuta una posizione di

privilegio alle famiglie fondate sul matrimonio, senza escludere la tutela per le famiglie

di fatto.

Recentemente, però, si è sostenuto che la famiglia di fatto non può essere accostata

all’art 2 in quanto questo non riconosce le formazioni sociali e non ne indica lo statuto.

- Per quanto riguarda le famiglie fondate sul matrimonio è nata una contraddizione tra

l’art 29 e le leggi sul divorzio, in quanto non viene sancito né un principio di dissolubilità

né di indissolubilità del vincolo.

Si può dire che la famiglia è necessaria per lo sviluppo della persona, quindi la soluzione migliore

è quella che si basa sulle libertà individuali e sulle responsabilità della persona.

Il comma 2 sancisce l’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, vietando ogni tipo di posizione

autoritaria dell’uno sull’altra. L’unica violazione accettata è concessa solo ed esclusivamente

per mantenere l’unità familiare. Per quanto riguarda il collegamento tra unità familiare ed

eguaglianza ci sono due correnti di pensiero:

- Una attribuisce all’unità familiare la funzione di limite dell’eguaglianza

- L’altra vede l’unità familiare come strumento per attuare l’eguaglianza, garantendo il

rispetto della personalità dei coniugi e della prole.

ARTICOLO 30

L’articolo riguarda la tutela dei figli nati fuori dal matrimonio, al fine di garantire loro un livello

morale e una dignità sociale come persone.

Il rapporto tra genitori e figli si base su un vincolo di scopo, che vede la potestà del genitore al

primo posto, quindi il suo diritto-dovere ad educare il figlio e a mantenere anche il rapporto con

comunità intermedie altrettanto necessarie (scuola).

L’obbligo del mantenimento del figlio dura non fino alla maggiore età, ma finché vengano

compiuti gli studi che rappresentano l’attuazione del processo educativo. I doveri dei genitori

nei confronti dei figli rendono legittimo l’intervento del magistrato sia nelle ipotesi di dissenso

tra genitori, sia quando manca il consenso tra genitori e figli.

L’incapacità dei genitori può essere di vario tipo: incapacità giuridica e psichica, inidoneità

materiale, patrimoniale e morale. La norma che tutela il minore deve essere intesa come

extrema ratio, in quanto la famiglia non cessa di essere il luogo privilegiato per la formazione

dei figli. Gli strumenti della legge non devono limitarsi a provvidenze e sussidi, ma devono

essere aiuti concreti fatti sulla base della ragionevolezza e sempre negli interessi fondamentali

del minore (affidamento, affiliazione, adozione, assistenza all’infanzia abbandonata).

L’art 30 pone alla base della tutela della filiazione la sola procreazione, prescindendo da

qualsiasi forma di riconoscimento di status. Non vi è distinzione tra figli legittimi e figli naturali,

però la Corte cost ha ritenuto opportuno rivedere il concetto di famiglia legittima che

comprende solo il coniuge ed i figli legittimi. I diritti dei figli naturali non devono ledere o

entrare in contrasto con quelli dei figli legittimi.

Il comma 4 presenta una riserva di legge al fine di garantire la ricerca della paternità. I limiti

apportati riguardano l’esigenza di far sì che la tutela dei figli naturali sia compatibile con quella

dei figli legittimi e l’esigenza proteggere i diritti della persona.

Di particolare rilievo è la questione della fecondazione artificiale; l’anonimato

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Publisher
A.A. 2017-2018
84 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/08 Diritto costituzionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher fran_93 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto costituzionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi del Sannio o del prof Tartaglia Polcini Antonella.