Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
L'OPERA DELLA DESTRA PER LO STATO UNITARIO
Nel 1866 scoppiò la 3 guerra d'indipendenza in cui l'Italia alleata con la Prussia ambiva a conquistare il Veneto sottraendo agli austriaci; tuttavia le insufficienze organizzative dell'esercito piemontese determinarono le gravi sconfitte di CUSTOZA (24.6.66) e sul mare a LISSA (20.7.66); la condotta della guerra, nonostante le annessioni del Veneto, avendo determinato tali umilianti sconfitte suscitò violentissime polemiche contro il governo e i comandi militari accusati di aver male utilizzato mezzi materiali e umani che il paese aveva fornito con gravi sacrifici.
Tale critica si allargò alla Destra mentre il partito democratico recuperava vigore e prestigio inasprendo la polemica contro la classe dirigente, le forze regionalistiche cercarono di sfruttare il malcontento popolare e al riguardo significativa fu la rivolta scoppiata a Palermo domata dall'esercito. Intanto la guerra del '66 aveva
aggravato le condizioni economico-finanziarie del paese, il cui deficit era ormai salito oltre il 60% del bilancio complessivo dello Stato italiano. Al fine di risanare questo disavanzo, fu inasprita la politica fiscale a danno soprattutto dei ceti più deboli, facendo ricadere le imposte in base ai consumi e non in base al reddito e alla proprietà. Nel 1868, il ministro delle finanze Quintino Sella fece adottare dal Governo una tassa sul Macinato che aggravò ulteriormente le condizioni dei ceti più poveri. Furono inoltre venduti i beni demaniali confiscati agli ordini religiosi, che furono soppressi. Questi beni avrebbero dovuto essere venduti idealmente a piccoli lotti per consentire l'acquisto da parte dei contadini più poveri, ma finirono invece nelle mani dei ricchi speculatori. Peraltro, colpendo l'apparato ecclesiastico, considerato un ostacolo al processo risorgimentale a causa dei suoi atteggiamenti conservatori, non si procedette alla redistribuzione delle terre ai contadini come inizialmente previsto.sostituzione con strutture o mezzi pubblici più rispondenti alle esigenze dei tempi e alla visione dello Stato come fulcro della vita sociale. Abbiamo già detto che la terza guerra d'indipendenza era sorta per ottenimento del Veneto, le stesse idealità della classe dirigente della penisola furono fatte proprie anche dagli esponenti della classe politica veneta che fu decisa nella sua scelta indipendistica e unitaria sia verso gli austriaci sia verso Napoleone III, ma le forze dominanti dopo la liberazione persero l'omogeneità che le contraddistingueva e cominciarono a differenziarsi soprattutto nei confronti del plebiscito che avrebbe dovuto sancire la fusione della regione al resto della penisola. Ad alcuni esponenti progressisti lontani dal pensiero moderato il plebiscito appariva superfluo perché ritenevano ancora valida la volontà ANNESSIONISTICA delle popolazioni venete già manifestata nel 1848 reputando inutile la reiterazione.voluta dalla Francia; in ogni caso il 21-10-66 fu sancita con un plebiscito l'annessione del Veneto all'Italia mentre il 4 novembre fu il Governo del Regno a decretare tale annessione cui seguì la soppressione dei commissariati civili e l'estensione alle province venete degli ordinamenti vigenti. Intanto il Parlamento arricchito dalla presenza dei deputati veneti riprese a svolgere la sua attività in modo molto fervido; sorse un acceso dibattito intorno al disegno di legge sull'incompatibilità parlamentari approvato solo dalla camera elettiva e bocciato dal senato con la conseguenza di un vuoto legislativo molto pericoloso essendo stato il disegno sostenuto soprattutto dagli ambienti della sinistra che vedevano in lui un tributo di moralità che i deputati avrebbero dovuto pagare alla Nazione tutte le volte in cui fosse sorto un conflitto tra l'interesse generale e quello personale e un modo per rafforzare le istituzioni nella coscienza.del paese. Un'altra questione politicamenterilevante fu quella suscitata dal processo al senatore Persano in cui fu affidato il comando della flotta a Lissa e che per questo fu considerato dall'opinione pubblica come il responsabile dellasconfitta; la questione consisteva nel decidere se sottoporre il Persano al giudizio di un tribunalemilitare o a quello del senato. In conformità dell'art.37 dello Stato prevalse la 2° soluzione perché l'articolo affidava al Senato il giudizio dei reati compiuti dei nuovi membri; il Senato scagionò il Persano dalle accuse di viltà e alto tradimento che le erano state rivolte e lo ritenne responsabile soltanto di dissobedienza agli ordini ricevuti, negligenza e incapacità. Il Parlamento affrontò anche la questione della qualificazione confessionale dell'ordinamento italiano dopo aver discusso sullaliquidazione dell'asse ecclesiastico; l'art.1 dello Statuto che prevedevaLa religione cattolica, come sola religione dello Stato limitandosi soltanto a tollerare gli altri culti, sembrava contrastare con i principi liberali propri di una visione garantistica. L'opposizione del parlamento al disegno di legge SCIALOJA-BORGATTI sulla libertà della chiesa e sul separatismo tra autorità ecclesiastica e autorità statale costrinsero il re a far cadere il RICASOLI e ad indire nuove elezioni (10-03-67) che portarono alla presidenza del consiglio il Rattazzi. Sebbene vigeva una situazione politica molto delicata, essendo ancora fresca la disfatta delle guerre del '66, il Rattazzi ebbe il merito di interrompere l'apertura del Ricasoli alla conciliazione con la chiesa; egli inoltre incoraggiò il partito d'azione a nutrire nuovamente la speranza di liberare Roma dallo Stato Pontificio a tal punto che Garibaldi, fuggito da Caprera ove era stato confinato, reclutò numerosi volontari mentre un gruppo di patrioti guidati dai fratelli.
ENRICO E GIOVANNI CAIROLI sarebbe dovuto entrare in Roma per congiungersi con gli insorti ma tale colonna fu amministrata dai soldati pontifici a VILLA GLORI.
Le schiere garibaldine, mentre Rattazzi dava le dimissioni, si scontrarono a Mentana dapprima con successo contro le truppe pontificie e poi con un corpo di spedizione sapientemente equipaggiato da Napoleone III che per la sua superiorità tecnica ebbe facilmente la meglio sui garibaldini costretti a riparare in Toscana.
Il Rattazzi durante la sua presidenza del consiglio emanò il 15-08-67 una legge, la soppressione delle corporazioni religiose e la liquidazione dell'asse ecclesiastico che fu molto importante perché al contrario dell'opera legislativa del Ricasoli eliminava vastissimi patrimoni terrieri ritenuti inalienabili contribuendo all'accelerazione di un processo di laicizzazione della società italiana a favore del consolidamento della borghesia in grado di acquistare i
beni appartenenti alla manomorta che erano esclusi dalla libera circolazione. Anche se fu criticato da alcuni per la sua spregiudicatezza, il Rattazzi aveva unificato e rafforzato l'apparato statale emanando numerose leggi in materia finanziaria, tributaria e in materia di delimitazione delle attribuzioni del Presidente del Consiglio e di definizione dei rapporti tra questo e il Consiglio dei Ministri. La disfatta garibaldina indusse però il re a sostituire il Rattazzi determinandone una crisi extraparlamentare tanto più grave per il fatto che le dimissioni del presidente del Consiglio avvennero per l'esclusivo esercizio della prerogativa regia e con il totale scavalcamento dell'istituto parlamentare; tuttavia l'iniziativa del sovrano fu giustificata dall'impossibilità di sostenere un conflitto con la Francia e quindi poteva rispondere al suo compito di garante della politica internazionale ma fu anche l'ambiguità del Rattazzi dicollocarsi rispetto alla questione romana tra Corona e Parlamento a rafforzare le prerogative della monarchia. Il re Vittorio Emanuele II sostituì il Rattazzi con il Menabrea che diede vita ad un governo extraparlamentare che entrò in funzione senza un visto del Parlamento e ciò fu alla base di numerosi e accesi contrasti con le assemblee legislative; il Governo dovette fronteggiare anche le opposizioni del popolo poiché la classe dirigente per opera del ministro delle finanze CAMBRAY-DIGNY aveva esautorato i ceti più umili al fine di risanare la grave situazione finanziaria che si era determinato in seguito al '65 sancendo una netta svolta in senso conservatore della libera politica. Il re peraltro bocciò anche una proposta di legge mirante ad estendere la cittadinanza agli abitanti delle province annesse approvate dai 2 rami del parlamento e proprio il persistere di questo contrasto insanabile tra un Ministero (non gradito alle forzepolitica di rafforzamento del Parlamento e di difesa dei suoi diritti. Durante la sua gestione, il ministero LANZA-SELLA riuscì a riportare la Camera elettiva al suo ruolo di effettivo rappresentante della nazione. In seguito alla sconfitta della Francia nella guerra franco-prussiana, il governo italiano si considerò libero dagli impegni presi con Napoleone III e decise di procedere alla liberazione di Roma. Dopo un fallito tentativo di accordo con il Papa, il 20 ottobre 1870 le truppe italiane attraversarono la breccia di Porta Pia e entrarono a Roma. Il 2 ottobre, l'annessione dei territori pontifici fu ratificata da un plebiscito. Il ministero LANZA adottò una politica attenta alle complicazioni internazionali che potevano sorgere a causa della particolare natura dell'avversario.particolare cautela nella redazione delle "istruzioni politiche alle truppe d'occupazione" che costituivano la piattaforma programmatica della prima azione governativa a Roma e con cui s'invitava la sovranità militare a non pregiudicare con il suo atteggiamento la soluzione delle varie questioni politiche e religiose e a rispettare le popolazioni e le istituzioni civili e amministrative già insediate. In esecuzione di tali direttive venne stabilità nella città del generale CADORNA che guidava il corpo di spedizione la GIUNTA PROVVISORIA di governo operante secondo quanto era stabilito dal governo di FIRENZE. La nuova giunta, che rimase in carica fino alla proclamazione del risultato del plebiscito, affrontò problemi amministrativi miranti ad accelerare il processo di fusione del Lazio al resto della penisola abolendo certi vincoli doganali propri della politica protezionistica dello stato pontificio; affrontò il problema dei beni.antire il consenso popolare.