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La legge regionale
La legge regionale è una legge ordinaria formale. La forma della legge è data dal procedimento, che rispecchia il procedimento di formazione delle leggi statali. La collocazione tra le fonti primarie è giustificata perché:
- La competenza della legge regionale è garantita dalla Costituzione;
- La Costituzione pone su di un piano di concorrenza e di separazione di competenza le leggi regionali e le leggi statali;
- La legge regionale è parificata alla legge statale per quanto riguarda il controllo di legittimità (riservato alla Corte Costituzionale).
Il procedimento di formazione delle leggi regionali è disciplinato in minima parte dalla Costituzione, in parte dallo Statuto e per il resto dal regolamento interno del Consiglio regionale. Il procedimento si svolge in queste fasi essenziali:
- INIZIATIVA: spetta alla Giunta, ai Consiglieri e a soggetti individuati dagli statuti;
- APPROVAZIONE IN CONSIGLIO REGIONALE: sono in genere previste le
legge, o ne decideva il rinvio al Consiglio regionale. Il rinvio doveva essere motivato, e i motivi attenevano alla legittimità della legge stessa. A seguito del rinvio il Consiglioregionale poteva riapprovare la stessa legge a maggioranza assoluta: il Governo, con delibera del Consiglio dei Ministri, poteva, però, impugnare la legge davanti alla Corte Costituzionale per vizi di legittimità.
Ora che il controllo preventivo è stato eliminato, chi può impedire al Consiglio regionale di votare una legge gravemente illegittima? È un problema che gli Statuti devono affrontare. La soluzione che sembra prevalere è quella di affidare il controllo ad organi interni al Consiglio stesso o ad organi di garanzia statutaria esterni al Consiglio e formati da tecnici.
La riforma del Titolo V ha completamente mutato l'autonomia legislativa delle Regioni. Prima esse incontravano limiti di vario tipo. Si trattava di limiti di legittimità (fatti valere
dal Governo di fronte alla Corte Costituzionale) o di limite di merito (fatto valere di fronte alle Camere). Nello stato regionale, lo stato unitario devolve parte dei suoi poteri originari ad entità periferiche. Nella costituzione regionale i poteri devoluti ad entità periferiche sono elencati, perché gli altri restano allo Stato centrale. Ciò è avvenuto con la riforma. Prima il testo costituzionale elencava le materie su cui le Regioni ordinarie avevano potestà legislativa (potestà concorrente), aggiungendo che le leggi statali potevano delegare ulteriori competenze alle Regioni (potestà attuativa). Ora, invece, il nuovo art. 117 stabilisce: - Un elenco di materie dove c'è potestà legislativa esclusiva dello Stato. - Un elenco di materie su cui le Regioni hanno potestà legislativa concorrente. La legislazione dello Stato determina i principi fondamentali della materia, mentre il resto della disciplina.Compete alle Regioni, che devono rispettare i principi fissati dallo Stato.
Una clausola residuale per cui in tutte le materie non comprese nei due elenchi precedenti, spetta alle Regioni la potestà legislativa residuale.
Per capire come funziona lo schema generale, bisogna tenere presenti alcuni fattori ulteriori:
- OBBLIGHI INTERNAZIONALI: il nuovo art. 117 sembra parificare la posizione del legislatore regionale a quella del legislatore statale, vincolando entrambi al rispetto, oltre che degli obblighi comunitari, anche degli obblighi internazionali. Inoltre, per la prima volta viene consentito alle Regioni di stipulare accordi con Stati ed intese con enti territoriali interni ad altro Stato, rinviando alla legge statale la disciplina dei casi e delle forme con cui questa facoltà può essere esercitata.
- INTERFERENZE STATALI NELLE MATERIE REGIONALI: tra le competenze "esclusive" dello Stato, ve ne sono diverse il cui ambito non è circoscrivibile,
ma deve essere rispettato il principio della leale collaborazione.
SUCCESSIONE DELLE LEGGI NEL TEMPO: resta dubbio come lo Stato possa imporre alle Regioni il rispetto delle proprie leggi che fissano i principi fondamentali nelle materie di competenza concorrente (legge cornice), in presenza di precedenti leggi regionali contrastanti. Trattandosi di fonti dello stesso livello dovrebbe applicarsi il criterio cronologico: le norme della legge cornice dovrebbero abrogare le norme della precedente legge regionale. Tuttavia, la legge cornice dovrebbe contenere norme di principio, mentre le norme di dettaglio sarebbero contenute nella legge regionale. Intercorre, dunque, una relazione genere-specie, con la conseguente applicazione del criterio di specialità. Ma il criterio di specialità comporta una conseguenza difficilmente accettabile: lo Stato, emanando i nuovi principi della legge cornice, non ha modo per imporli alle Regioni. Solo se i principi fossero direttamente applicabili
potrebbero abrogare le norme di dettaglio poste dalle precedenti norme regionali. Ma i principi direttamente applicabili sono piuttosto rari: le leggi regionali sarebbero sì illegittime, per violazione di un limite di legittimità, ma resterebbero in vigore fino ad una sentenza della Corte costituzionale. Il nuovo Titolo V lascia il problema aperto, ma le prime indicazioni della Corte sembrano ripristinare la clausola di cedevolezza, ovvero la regola per cui le norme legislative di dettaglio emanate dallo Stato nelle materie di competenza regionale sostituiscono quelle regionali in vigore, e cedono di fronte alle nuove leggi regionali.POTESTÀ LEGISLATIVA DELLE REGIONI SPECIALI:
I vecchi statuti speciali restano formalmente in vigore. Essi contengono diversi elenchi di materie di competenza regionale, divisi secondo il livello di potestà regionale:
- Potestà esclusiva: è una caratteristica delle sole Regioni speciali. Tale potestà è legata
La legislazione statale nei confronti delle Regioni a Statuto speciale è soggetta a due limiti specifici:
- Limite dei principi generali dell'ordinamento giuridico
- Limite delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali
La potestà concorrente delle Regioni a Statuto speciale riscontra gli stessi limiti della competenza delle regioni ordinarie.
La potestà integrativa o attuativa consente alla Regione speciale di emanare norme, in alcune specifiche materie, per adeguare la legislazione dello Stato alle particolari esigenze regionali.
La riforma del Titolo V introduce la clausola di maggior favore, per cui, fino all'adeguamento dei rispettivi Statuti, le disposizioni della legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a Statuto speciale, per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.
Una complicazione è aggiunta dall'art. 116.3, che consente di concedere, con legge ordinaria rinforzata, alle singole Regioni ordinarie forme e condizioni
particolari di autonomia in materia di organizzazione dellagiustizia di pace, di istruzione, di tutela dell'ambiente e dei beni culturali, nonché di tutte le materieconcorrenti. 3. REGOLAMENTI REGIONALI Le riforme costituzionali hanno inciso sulla funzione regolamentare delle Regioni, sia per quanto riguarda lacompetenza degli organi, sia per l'estensione del potere. Prima della riforma la Costituzione prevedeva che il potere regolamentare fosse attribuito al Consiglioregionale, cioè all'organo legislativo e non a quello esecutivo. Ciò comportava che le Regioni ricorresseropoco al regolamento, in quanto aveva gli stessi costi, in termini di procedimento, della legge regionale. Inpiù il regolamento poteva venir impugnato dal Governo (in sede di conflitto di attribuzioni) e dai privati (difronte al TAR), mentre la legge regionale era soggetta soltanto all'impugnazione in via incidentale di frontealla Corte costituzionale. Ora spetta agliStatuti regionali disciplinare la titolarità e i modi di esercizio della potestà regolamentare. La riforma costituzionale del titolo V ha introdotto il principio di parallelismo.