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DIRITTO DERIVATO
ATTI VINCOLANTI
- Regolamenti CE: hanno portata generale (= sono rivolti a tutti gli Stati) e sono obbligatori in tutti i loro elementi, e non possono essere applicati solo parzialmente dai singoli Stati. Il regolamento è direttamente applicabile negli Stati membri.
- Direttive CE: atti normativi che hanno come destinatari gli Stati membri, e li vincolano per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito a forma e mezzi. Lo Stato ha un obbligo di risultato, che deve essere raggiunto entro un termine fissato, ma ha discrezionalità per ciò che riguarda le forme e i mezzi.
ATTI NON VINCOLANTI
- Raccomandazioni CE: ovvero inviti rivolti agli Stati a conformarsi ad un certo comportamento.
- Pareri: esprimono il punto di vista di un organo su un determinato oggetto.
Decisioni CE: sono obbligatorie in tutti i loro elementi e sono direttamente applicabili. Hanno portata particolare, ovvero si rivolgono a soggetti specifici. Si tratta di atti con cui gli organi della CE applicano le norme generali e astratte poste dalle fonti normative comunitarie alle fattispecie particolari e concrete, non rientrano nel nostro concetto di fonte del diritto.
DIRETTA APPLICABILITA': è una qualità di determinati atti comunitari che producono immediatamente i loro effetti giuridici nell'ordinamento nazionale, senza l'interposizione di un atto normativo nazionale. Un esempio è dato dai regolamenti CE, che sforano la membrana della sovranità e si impongono per forza propria nell'ordinamento nazionale, senza che lo Stato debba o possa frapporre un proprio atto di intermediazione. La diretta applicabilità è definita dal Trattato, che determina anche quando e con quali procedure i regolamenti sono emanati. Essa
Esprime la potestà legislativa affidata agli organi comunitari.
EFFETTO DIRETTO: riguarda le norme ed è una nozione definita dall'interprete, ossia dalla Corte di Giustizia.
L'effetto diretto è la capacità di una norma comunitaria di creare diritti ed obblighi direttamente in capo agli individui, anche senza l'intermediazione dell'atto normativo statale: questa capacità discende dalla struttura della singola disposizione e della norma che può esserne ricavata. È l'interprete a riconoscere le norme che hanno effetto diretto, ossia che sono applicabili senza l'intermediazione di ulteriori atti (norme self-executing). La nozione di effetto diretto è stata introdotta per garantire la prevalenza del diritto comunitario sul diritto interno, anche nei casi in cui lo Stato membro, chiamato ad attuare una disposizione fornita di immediata applicabilità, ritardi l'emanazione delle norme interne.
paralizzando l'operatività dellanorma comunitaria. La Corte di Giustizia ha ritenuto che, dove una disposizione comunitaria è una normachiara, precisa e non condizionata dall'intervento del legislatore nazionale, questa deve essere applicatadirettamente, senza attendere l'attuazione nazionale. Nell'effetto diretto vi è una componentesanzionatoria nei confronti dello Stato negligente che ritardi l'attuazione degli impegni posti dalle fonticomunitarie o li attui in modo incompleto o scorretto; nonché una garanzia per i singoli, i quali potranno farvalere i propri interessi, tutelati dal diritto comunitario, anche contro lo Stato inadempiente. Lo Statonegligente non potrà giovarsi della propria negligenza negando ai singoli quei diritti che il dirittocomunitario garantisce loro.Incrociando la diretta applicabilità con l'efficacia diretta si ottengono 4 possibilità:
da atti direttamente applicabili: negli Stati membri si producono gli effetti giuridici previsti dai regolamenti senza interposizione del legislatore nazionale. - Norme non direttamente efficaci espresse da atti direttamente applicabili: vi sono regolamenti che definiscono un quadro normativo che deve essere attuato o da altri regolamenti, o da norme nazionali; - Norme direttamente efficaci espresse da atti non direttamente applicabili: sono i divieti posti da direttive dettagliate o dagli stessi Trattati. Il divieto opera anche per lo Stato che non avesse dato esecuzione alla direttiva. - Norme non direttamente efficaci espresse da atti non direttamente applicabili: sono le norme che di regola derivano dalle direttive CE. Non sono in grado di far sorgere posizioni soggettive azionabili senza un previo intervento attuativo del legislatore nazionale. Rapporti tra norme comunitarie e norme interne Aderendo alla CE l'Italia ha accettato le condizioni di appartenenza fissate dal Trattato. LaCorte di Giustizia ha poi precisato che l'effetto diretto comporta la prevalenza del diritto comunitario su quello interno -> le norme comunitarie prevalgono sulle norme interne contrastanti. Se la legge è la manifestazione più tipica della sovranità, la prevalenza del diritto comunitario sulle leggi nazionali segna un cedimento della sovranità nazionale, che viene limitata in seguito all'adesione dell'Italia alla CE.
In quasi tutti gli altri Stati europei, l'adesione alla CE e l'accettazione delle sue trasformazioni sono state accompagnate da riforme costituzionali. In Italia ciò non è accaduto. L'unica fonte che disciplina l'adesione dell'Italia è la legge di ratifica del Trattato di Roma, nonché l'ordine di esecuzione in essa contenuto. Ma la legge di ratifica è una legge "meramente formale", e l'ordine di esecuzione una semplice formula. Si tratta di
fonti primarie, sub-costituzionali: bastano a disporre una cessione di sovranità? La Corte costituzionale ha risposto sì, appellandosi all'art. 11 Cost., nell'inciso in cui si dice che l'Italia consente, in condizione di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni. La Corte ha potuto leggere nell'art. 11 un'autorizzazione costituzionale a cedere parte della sovranità nazionale per aderire, in condizioni di parità, alla CE. Manca ancora, però, una vera disciplina dei rapporti tra l'ordinamento italiano e quello comunitario. Cosa accade se una norma interna contrasta con una norma comunitaria? La Corte costituzionale ha dato nel tempo risposte differenti, applicando i diversi criteri di risoluzione delle antinomie. In un primo tempo ha applicato il criterio cronologico: i conflitti tra leggi italiane e leggi comunitariesi sarebbero dovuti risolvere secondo le regole della successione delle leggi nel tempo, le norme più recenti abrogano quelle meno recenti. Questa soluzione non è stata gradita dalla Corte di Giustizia della CE, impegnata a garantire sempre e comunque la prevalenza del diritto comunitario. La Corte costituzionale cercò allora di adeguare la propria giurisprudenza applicando il criterio gerarchico: le leggi italiane che contrastassero con un precedente regolamento CE dovevano essere impugnate davanti alla Corte costituzionale per violazione "indiretta" dell'art. 11 Cost., cioè degli impegni e limitazioni che l'Italia ha assunto ratificando il Trattato in attuazione dell'art. 11 stesso. La Corte di Giustizia non può accettare nemmeno questa soluzione: se l'applicazione del criterio gerarchico sembra assicurare, sul piano concettuale, la prevalenza del diritto comunitario, sul piano operativo la frusta, in quanto passa unsancito l'entrata in vigore della norma comunitaria nel diritto interno. Tuttavia, la Corte costituzionale può essere chiamata a giudicare sulla legittimità costituzionale di una legge italiana che contrasti con la normativa comunitaria. In tal caso, la norma comunitaria rimane disattesa fino a quando la Corte costituzionale non si pronuncia sull'impugnazione. La sentenza 170/84, conosciuta come Granital o La Pergola, ha modificato i rapporti tra il diritto comunitario e il diritto italiano. Le principali conclusioni raggiunte dalla sentenza sono le seguenti: a. L'ordinamento italiano e l'ordinamento comunitario sono due ordinamenti giuridici autonomi e separati, ognuno dotato di un proprio sistema di fonti. Questa teoria è conosciuta come dualismo giuridico. b. La normativa comunitaria non fa parte del diritto interno italiano e non è soggetta al regime delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello Stato. Non esiste un vero e proprio conflitto tra le fonti interne e quelle comunitarie, poiché ognuna è valida ed efficace nel proprio ordinamento secondo le condizioni stabilite dall'ordinamento stesso. c. Con la ratifica e l'ordine di esecuzione del Trattato, il legislatore italiano ha riconosciuto l'obbligatorietà della normativa comunitaria nel diritto interno e ha stabilito che essa prevale sulle leggi nazionali in caso di conflitto. Tuttavia, la Corte costituzionale può ancora valutare la compatibilità costituzionale di una legge italiana con la normativa comunitaria.riconosciuto la competenza della CE a emanare norme giuridiche in determinate materie e che queste norme si impongano direttamente nell'ordinamento italiano, non perché abbiano forza di legge, ma per la forza che ad esse conferisce il Trattato. È il Trattato a segnare la ripartizione di competenza tra i due ordinamenti e il regime giuridico delle proprie fonti. I conflitti tra norme che eventualmente sorgano vanno risolti dal giudice italiano applicando il criterio della competenza. Il giudice deve accertare se in base al Trattato sia competente sullamateria l'ordinamento comunitario o quello italiano e, di conseguenza, deve applicare la norma dell'ordinamento competente. La norma interna, se non competente, non viene né abrogata, né dichiarata illegittima, ma semplicemente non applicata. Resta valida ed efficace, applicabile eventualmente in altri casi. LA DISAPPLICAZIONE E LA NON APPLICAZIONE DELLA LEGGE DISAPPLICAZIONE: è un effetto cheevoca un vizio dell'atto. La disapplicazione di una legge ordinaria implicherebbe un giudizio sulla sua validità, che al giudice è precluso perché "soggetto alla legge". NON-APPLICAZIONE: è frutto della scelta della norma competente a disciplinare la materia sulla base del riparto di attribuzioni tracciato dal Trattato, fuori restando qualsiasi giudizio in merito alla validità della legge. NB: la disapplicazione può apparire come un accertamento di illegittimità con effetti inter partes, mentre la non-applicazione implica solo la definizione dell'ambito di applicazione di norme che si suppongono tutte valide ed efficaci. Contrasto tra norme interne e norme comunitarie: il quadro attuale- CONTRASTO TRA LEGGE ORDINARIA E NORME CE SELF-EXECUTING
Va applicata la norma comunitaria e la legge italiana non va applicata. Ciò vale solo e per tutte le norme comunitarie munite di effetto diretto (self-executing). Questa
La regola è rivolta a tutti i soggetti dell'applicazione del diritto, quindi non solo agli organi giudiziari, ma anche alle strutture della Pubblica Amministrazione.