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MATERIE LEGISLATIVE E TIPOLOGIA DELLE COMPETENZE

La l. cost. n. 3/2001 ha individuato l'oggetto delle competenze legislative ricorrendo alla collaudata tecnica dell'elencazione delle materie. Rovesciata l'enumerazione l'elencazione si riferisce allo Stato anziché alle Regioni. O meglio: si riferisce alle Regioni nei soli casi in cui le loro competenze sono intrecciate con complementari competenze dello Stato; il che accade per la competenza detta concorrente, la quale è condivisa dai due legislatori, centrale e locale: chiamati a porre rispettivamente statuizioni di principio e norme di dettaglio.

La questione delle materie non va posta in termini di attuazione-specificazione della disciplina costituzionale, ma in termini di interpretazione. Quanto al criterio da usare d'Atena è convinto che il più affidabile sia quello storico-normativo: è ragionevole ritenere che qualora il legislatore costituzionale non abbia sentito il bisogno di

legislativa concorrente è quella che spetta sia allo Stato che alle regioni. Questo significa che entrambi possono legiferare su determinate materie, ma con alcune limitazioni. Il criterio storico-normativo, che consiste nell'interpretare le norme costituzionali alla luce della loro storia e della normativa vigente al momento della loro adozione, non può essere applicato in tutti i casi. Ad esempio, quando il legislatore costituzionale utilizza formule "senza storia", cioè nozioni nuove che non hanno riscontri nella tradizione normativa, il criterio storico-normativo non può essere utilizzato. Inoltre, il criterio storico-normativo non può essere applicato integralmente nelle materie in cui si devono perseguire scopi finalistici anziché individuare l'oggetto della competenza. Ciò significa che la competenza legislativa concorrente può riguardare non solo l'oggetto della competenza, ma anche gli scopi che si vogliono raggiungere attraverso di essa. In sintesi, la competenza legislativa concorrente è presente nel nuovo sistema costituzionale, in cui sia lo Stato che le regioni possono legiferare su determinate materie. Tuttavia, il criterio storico-normativo non può essere applicato in tutti i casi, ad esempio quando si utilizzano nozioni nuove o quando si perseguono scopi finalistici anziché individuare l'oggetto della competenza.

concorrente essendo una delle competenze legislative attribuite alle Regioni. In base alla nuova disciplina infatti, queste sono altresì titolari di competenza esclusiva.

Premesso che tutte le concorrenze legislative delle Regioni erano competenze concorrenti è da dire che la concorrenza concorrente in senso stretto presentava una specificità. Le norme che la contemplavano infatti riconoscevano allo Stato un'autentica funzione di indirizzo, che trovava espressione nel potere di fissare nelle leggi cornice i principi che dovevano imporsi al rispetto delle Regioni.

Tale competenza era la competenza normale delle Regioni ordinarie, anzi, per esse era la sola competenza propria (in quanto direttamente riconosciuta e garantita dalla Costituzione). L'altra competenza per le medesime prevista era, infatti, una competenza delegata: la cosiddetta competenza integrativa o di attuazione.

Quanto alle Regioni speciali è da dire che i rispettivi Statuti contemplavano

(econtemplano) oltre alla competenza piena, o primaria, la competenzaconcorrente.

La competenza concorrente non ha dato buona prova di sé. Ciò vale anzitutto per il riparto verticale, in base al quale lo Stato si sarebbe dovuto limitare a porre i principi. È infatti noto che lo Stato è frequentemente sceso nel dettaglio.

Inoltre, i principi che le Regioni dovevano rispettare dovevano essere posti con legge del Parlamento. Nel concreto però, si è assistito alla delegificazione delle disposizioni di principio: in molti casi i principi sono stati fissati da regolamenti.

Quanto alle cause esse sono di due ordini:

cause di natura politico-istituzionale: la competenza concorrente si è trovata ad operare in un sistema politico di tipo fondamentalmente consociativo, il quale comportando l'involgimento dell'opposizione nelle scelte legislative, perveniva più agevolmente a micro-decisioni che a decisioni strategiche.

cause costituzionali:

sottolineato: entrambi i modelli di competenza concorrente, sia quello italiano che quello tedesco, prevedono una condivisione delle competenze legislative tra lo Stato centrale e gli enti periferici. Tuttavia, mentre il modello italiano è caratterizzato da una rigidità normativa, con la Costituzione che stabilisce in modo definitivo i limiti entro cui si può agire, il modello tedesco è più flessibile, consentendo al legislatore federale di occupare ambiti che inizialmente erano assegnati ai legislatori periferici. Nel nuovo sistema costituzionale italiano, l'unico tipo di competenza concorrente accolta è quella all'italiana. Con la nuova formulazione dell'articolo 117, lo Stato non dovrebbe più porre norme di dettaglio e non sarebbe possibile delegificare i principi. Questo rappresenta un cambiamento significativo rispetto al passato, in cui la competenza concorrente era caratterizzata da una certa indeterminatezza e rigidità normativa. In conclusione, il modello di competenza concorrente all'italiana rappresenta un equilibrio tra la centralizzazione dello Stato e l'autonomia degli enti periferici, garantendo una condivisione delle competenze legislative in modo più definito e stabile.ravvisato nell'esclusione che alla previa adozione della legge cornice sia subordinato l'esercizio della competenza concorrente da parte delle Regioni; altro elemento di continuità è costituito dalla fungibilità tra principi espressi e principi impliciti, cui consegue la necessità che in difetto di legge cornice la Regione si attenga ai principi non scritti ricavabili dalla previdente legislazione nazionale. Nel testo della riforma possono rinvenirsi degli affioramenti della competenza concorrente alla tedesca: - competenze finalistiche dello stato: in questi casi il campo d'incidenza della competenza non è rigidamente predeterminato, ma dipende dalle scelte politiche effettuate dal legislatore nazionale; è inoltre consentito allo Stato di scendere nel dettaglio. - Disciplina dei poteri sostitutivi: art. 120 secondo comma, tra le ipotesi che giustificano l'intervento sostitutivo del governo, ne include due che sono espresse in termini.

Analoghi a quelli usati dalla norma della Legge fondamentale tedesca: essa prevede che tale intervento possa verificarsi quando lo richieda la tutela dell'unità giuridica e dell'unità economica.

NUOVI STATUTI REGIONALI E POSIZIONE DELLE ASSEMBLEE LEGISLATIVE

Il Consiglio regionale è un'assemblea legislativa perché è un organo che partecipa dello stesso codice genetico del Parlamento nazionale.

La l. cost. n. 1/1999 ha sottratto al Consiglio regionale la posizione che precedentemente rivestiva: quella del centro gravitazionale dell'intera costellazione costituzionale.

Ciò è avvenuto mediante la previsione dell'elezione diretta del Presidente della Giunta.

Lo Statuto regionale può attribuire alla Giunta un potere normativo di tipo non meramente regolamentare? Ci si riferisce all'ipotesi di introduzione statuaria di atti con forza di legge della Regione: decreti legislativi e decreti legge modellati sui

corrispondenti atti contemplati dalla Costituzione con riferimento allo Stato. La posizione del prof è negativa per quattro ragioni:
  1. non gli sembra che la legge costituzionale n. 1/1999 abbia modificato il principio cardine del nostro sistema delle fonti, in forza del quale le fonti legislative sono per intero regolate dalla Costituzione;
  2. a che titolo lo Statuto sarebbe legittimato ad occuparsi delle fonti legislative? Esso non è una fonte a competenza generale, ma una fonte specializzata;
  3. l'art. 121 secondo comma riserva al Consiglio l'esercizio delle potestà legislative attribuite alle Regioni;
  4. se al legislatore statuario fosse spettata una competenza generale in materia di fonti legislative non risulterebbe spiegabile la previsione di attribuzioni puntuali relative ad oggetti compresi nella materia.
L'abrogazione della norma costituzionale che riservava al Consiglio la potestà regolamentare ha avuto l'effetto di spostarne latitolarità incomba alla Giunta? Anche in questo caso il prof propende per la negatività. La disposizione, non prendendo posizione sul punto, sembra lasciare aperta la soluzione. Né potrebbe dirsi che aver qualificato la Giunta come l'organo esecutivo della Regione comporti implicitamente il riconoscimento ad essa del monopolio della potestà regolamentare, perché questa formulazione appariva anche nella vecchia formulazione dell'art. 121. È ammissibile un'atrofizzazione della funzione legislativa? Può considerarsi conforme al sistema costituzionale che le Regioni legisferino solo a mezzo di regolamenti? Il prof resta dell'opinione che la disciplina originaria, l'art. 117 comma 1, nella versione licenziata dall'Assemblea costituente nel 1947, non consentisse scenari del genere: essa stabiliva che nelle materie da essa elencate la Regione intervenisse con norme legislative; onde la conclusione che in tali materiesussistesse una riserva di legge regionale, e che i regolamenti delle Regioni intanto potessero fare ingresso, in quanto specificatamente abilitati dalla legge. Il nuovo art. 117 contiene una notevole apertura in favore dei regolamenti; però quest'articolo parla, quando individua l'oggetto della normazione regionale, di competenze legislative. LE REGIONI SPECIALI ED I LORO ENTI LOCALI, DOPO LA RIFORMA DEL TITOLO V In base al titolo V novellato la regola è ormai che sia il legislatore regionale il titolare della competenza legislativa generale. Gli statuti speciali invece sono costruiti sulla diversa logica dell'enumerazione delle competenze spettanti alla Regione. Alla luce del nuovo titolo V l'ente titolare di competenza amministrativa generale è il comune, l'ente titolare di competenza legislativa generale è la Regione (dissociazione). Negli statuti speciali vige invece il parallelismo. I controlli, espulsi dal titolo V della Cost,

Restano nel testo degli Statuti. Per cercare di superare queste tensioni la riforma ha introdotto la clausola di equiparazione di cui all'art. 10 l. cost. n. 3/2001, ai sensi della quale le disposizioni del nuovo titolo V si applicano anche alle Regioni ad autonomia speciale per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.

Per il prof la clausola si riferisce solo alle Regioni speciali e non anche agli enti territoriali minori localizzati sul suo territorio.

Questi enti comunque beneficiano degli incrementi di autonomia di cui per effetto della riforma, hanno goduto i corrispondenti enti localizzati nel territorio delle Regioni ordinarie.

Quindi per effetto della clausola di equiparazione, negli ordinamenti regionali speciali vengono a coesistere due regimi nettamente distinti: il regime speciale, informato al co

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
12 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/08 Diritto costituzionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sara F di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto costituzionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof D'Atena Antonio.