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Per quanto riguarda le associazioni segrete, esse non hanno obbligo di pubblicità, né di richiedere un riconoscimento,
quindi se non effettua atti giuridici, l’accordo può essere effettuato anche solo oralmente. Viene, quindi, vietata,
l’associazione segreta che lede gli organi statali e di governo, se no non viene ritenuta tale.
Le associazioni paramilitari, invece, sono caratterizzate da rapporti di gerarchia tra associati, divise, ecc. In questo
modo viene richiamato il partito fascista si può, dunque, affermare che tali associazioni solo lecite, finché non
perseguano fini politici. Il fine politico può essere anche indiretto se tale fine si è ormai affievolito nel tempo non
vengono più considerate pericolose.
Articoli 7 e 8 libertà religiosa disciplinano la libertà delle confessioni religiose e dei rapporti con lo Stato.
Nello Statuto albertino la religione cattolica era ritenuta religione dello Stato.
Fino al 1929 aveva come regola ufficiale la “non partecipazione” alla vita politica dello Stato da parte dei cattolici.
Non sussiste una situazione di parità fra la Chiesa cattolica e le altre confessioni, né sul piano legislativo ordinario né
sul piano costituzionale. Infatti, la religione cattolica è, da tempo, considerata la religione dello Stato italiano, mentre le
altre minoranze sono ammesse ma non hanno una specifica tutela.
Un’altra fonte di privilegio può consistere nei Patti Lateranensi (1929), richiamati nell’art. 7, ovvero un trattato
internazionale, in quanto accordo tra due Stati, quello italiano e quello vaticano.
I° comma art. 7 Stato e Chiesa sono nel proprio ordine sovrani e indipendenti. E’ una conseguenza dei Patti
lateranensi e sembra che la Chiesa si faccia Stato, anch’essa dentro lo Stato italiano. Dopo il ’29 molti cattolici si
opporranno ai fascisti, che con i patti volevano solo rafforzare il loro potere all’interno dello Stato.
II° comma art. 7 i rapporti tra Stato e Chiesa sono regolati dai Patti, le cui leggi hanno un grado di resistenza
particolare.
Articolo 8 tutte le religioni sono egualmente libere e i loro rapporti con lo Stato sono regolati dalla legge in
conformità dell’intesa. Infatti, chi vuole essere riconosciuto deve cercare l’intesa con lo Stato.
Questo non significa che tutte le religioni siano trattate allo stesso modo. Ad esempio, le stesse confessioni acattoliche
hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, nel rispetto dei soli principi fondamentali dell’ordinamento
nazionale.
Inoltre, tale diritto spetta a tutti, cittadini, stranieri o aploidi. A ciò si collega il diritto di cambiare religione o di
modificare le proprie opinioni, senza subire conseguenze negative (fanno eccezione i rapporti di lavoro che
presuppongono un determinato indirizzo religioso).
libertà
Articolo 19 individuale sulla religione.
Tutti hanno il diritto di professare liberamente la loro fede religiosa in qualsiasi modo.
Culto rito attraverso cui si entra in contatto con il proprio Dio o di manifestano le proprie convinzioni religiose
queste devono rappresentarsi nei propri atti di vita non solo nei luoghi di culto.
Tale articolo permette di fare cose che altrimenti non sarebbero ammesse, in quanto consente ad un individuo di essere
libero di agire in nome della sua religione, sempre secondo le regole del buon costume.
Bisogna, inoltre, proteggere allo stesso modo chi ha fede religiosa, chi non ha fede (agnostico) e chi è contro (ateo).
Tra questi, l’ateo estremo considera la religione come “oppio dei popoli” e vuole che l’intera società non la pratichi.
Esiste anche una norma sul reato di bestemmia. Un tempo tale norma era relativa all’offesa ai simboli della religione
cattolica. Oggi, è stata invece modificata ed è applicabile all’offesa a qualsiasi simbolo di qualsiasi ideologia.
L’unico appunto è che non può difendere contemporaneamente sia il sentimento religioso che quello anti-religioso.
Libertà economico – sociali
Inizialmente tali libertà non trovavano una grande tutela a livello costituzionale.
Infatti, essi tutelano diritti relativi alla vita di relazioni, ovvero diritti che si ottengono da prestazioni con altre persone, e
non riguardano più il singolo in senso stretto. Per tale motivo inizialmente, si pensava non fossero idonei alla
Costituzione. Successivamente, lo Statuto albertino prevedrà come unico diritto in tale ambito la proprietà privata,
usato come strumento per sostenere il nuovo assetto economico – sociale dell’emergente borghesia contro i vecchi
principi, soprattutto relativi alla Rivoluzione francese. Nel 1942 si intende con proprietà il diritto di godere e disporre di
un bene. Dopo quel periodo nasce l’idea attuale di Stato sociale o Welfare State. La proprietà si configura come
l’utilizzo attivo del bene che non richiede di per sé un lavoro, ma il riscuotere denaro da parte di terzi che usufruiscono
di quel bene, e non è l’unico diritto economico – sociale. Vi rientrano anche il diritto al lavoro, alla salute,
all’assistenza, alla previdenza sociale, quello mirante ad ottenere un’istruzione minima ecc.
Si distingue l’economia dell’impresa e la proprietà privata in senso stretto, distinzione sottolineata anche dai trattati
europei. Inoltre, viene fatta una classificazione dei diritti sociali in diritti economici (possono subire limitazioni e
vanno dalla libera iniziativa fino alla proprietà privata) e diritti civili (la proclamazione di tali diritti sociali sono il
mezzo per assicurarne il pieno godimento).
Ad oggi è compito dello Stato rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’eguaglianza dei cittadini anche in tale
campo, e imporre misure a beneficio delle categorie sottoprotette.
Articolo 41 garantisce e limita la libertà d’iniziativa economica privata ovvero ciò che riguarda l’organizzazione
economica di una produzione di beni e servizi utili a terzi per mezzo di un pagamento.
È collegato all’articolo 4 in quanto entrambi si riferiscono ad un lavoro utile per la società e chi lavora o meno entro tale
condizione si vedrà aiutato o penalizzato dallo Stato.
Prevede la libertà di contrattare, ovvero di svolgere un atto giuridico
I° comma nessuno può essere costretto ad iniziare una qualche attività economica (non solo imprenditoriale ma
qualsiasi attività volta alla produzione), fosse pure per legge.
L’esercitare un’attività economica va a favore non solo dell’imprenditore, ma anche dei consumatori.
Chi esercita tale libertà lede, però, la libertà altrui. Per regolare tale contrasto il II° comma parla di utilità sociale non
permette riserva di legge e afferma il divieto di ledere l’utilità sociale anche sotto forma di sicurezza e dignità umana
nel caso in cui dovesse lederla, la libertà d’iniziativa non è protetta es. non protetti usura/strozzinaggio,
introduzione di un prodotto che lede la salute, ecc.
III° comma parla di fini sociali permette la riserva di legge per limitare l’attività economica che ha utilità sociale
tale riserva di legge è relativa si ha quando si richiede solo che la legge detti la disciplina di principio sugli aspetti
essenziali della materia, in modo da contenere la successiva disciplina posta dall’autorità amministrativa nei limiti dei
principi enunciati dalla legge stessa. Riguarda sia l’attività economica pubblica che privata.
Tale comma si collega all’articolo 43, in quanto parla di programmi e controlli sia su attività privata che pubblica
indirizzabili ad attività sociali.
La Giurisprudenza europea dice che tutti devono essere posti sullo stesso piano del concorrere: nessuno può porre limiti
che impediscano artificiosamente di concorrere sul piano economico, ovvero di entrare e di uscire dal mercato tali
limiti si giustificano solo se sono ragionevoli, se la stessa attività economica li giustifica oppure per diritti pubblici,
ovvero se recano danni ad altri a parte queste eccezioni non ci sono limiti.
Le limitazioni, infatti, devono essere strettamente necessarie, altrimenti si incorre in discriminazioni.
Non si possono, inoltre, ledere organizzazioni già preimpostate Es. non si può togliere un’impresa vecchia, che ha già
dei lavoratori, per una nuova che dovrebbe riassumere altri dipendenti sarebbe discriminativo ad esempio nel caso
di un’impresa di gas (sistema pericoloso) sarebbe opportuno non cambiare radicalmente i lavoratori, i quali conoscono
bene i problemi a cui potrebbero andare incontro.
Articolo 42 proprietà privata. Non solo non prevede l’inviolabilità della proprietà, ma non sottolinea nemmeno una
libertà assoluta della proprietà.
I° comma divide la proprietà tra pubblica e privata (relativa alle terre e ai suoli).
II° comma a differenza dello Statuto albertino, secondo cui la proprietà era inviolabile, ora per la Costituzione italiana
è accessibile a tutti. È, però, riconosciuta e ciò fornisce una garanzia al proprietario, in quanto i limiti che essa ha, non
sono lasciati in mano alle autorità amministrative ma vengono determinati in base alla legge.
Viene, inoltre, aiutata la piccola e la media proprietà, aiutando l’uso imprenditoriale delle terre (es. latifondo).
Per quanto riguarda la funzione sociale, essa vale a giustificare le restrizioni dei diritti soggettivi spettanti ai proprietari,
ma anche a circoscrivere la potestà legislativa, che non può essere direttamente applicata sulla proprietà privata, là dove
non si tratti di limitazioni sorrette da una apprezzabile funzione sociale.
lo
III° comma Esproprio Stato può togliere la proprietà ad altri individui per motivi di interesse generale, dando
degli indennizzi, ovvero il pagamento di una somma di denaro quando si reca un danno, di tale entità, che però la legge
consente. Tale somma non deve essere simbolica, anche se non si richiede che equivalga al prezzo di mercato del bene
espropriato. In alcuni casi, al proprietario viene lasciato il bene ma gli viene compresso il godimento.
Ad esempio, con la legislazione del paesaggio, la Corte costituzionale stabilisce che alcuni beni di pregio paesaggistico
rimangano immodificabili (se non con autorizzazione dell’autorità) dal proprietario anche se rimane a lui la proprietà.
In altri casi, le autorità possono stabilire che in quel bene vengano apportate certe modifich