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FORME DI GOVERNO
Le forme di governo sono i rapporti tra i pubblici poteri che sono
responsabili dell’individuazione dell’indirizzo politico. Da questo
punto di vista la prima forma di governo è la monarchia assoluta
che coincide con lo Stato assoluto e prevede l’esistenza di un
sovrano che possiede tutti i poteri. Il primo Paese in cui sono state
poste delle limitazioni al sovrano è stata l’Inghilterra già con la
Magna Charta Libertatum del 1215. Il vero e proprio superamento si
ha con la monarchia costituzionale che vede l’esistenza di una
Costituzione e una separazione dei poteri teorizzata per primo da
Locke che non prevede, a differenza di quella di Montesquieu, la
tripartizione dei poteri ma la bipartizione dei poteri in potere
esecutivo in mano al re e in potere legislativo che proviene dal
popolo, dunque vi è una prima forma di legittimazione dal basso. La
monarchia costituzionale, dunque, implica l’esistenza di una
delegazione popolare seppur dal punto di vista ideale. Per arrivare
ad un collegamento tra il potere legislativo ed il potere esecutivo
bisogna parlare della monarchia parlamentare in cui il popolo
legittima il potere legislativo il quale, a sua volta, legittima il potere
esecutivo tramite un voto di fiducia ma, se il legislativo non approva
più il governo, cade la fiducia e anche il governo. La monarchia
parlamentare è una forma di governo monista in quanto è una sorta
di circuito ininterrotto in cui si parte dalla volontà del popolo. Il
sistema della monarchia parlamentare si può trasferire anche in un
modello repubblicano in cui al posto del re c’è il presidente, ossia la
repubblica parlamentare in cui il corpo elettorale elegge il
Parlamento il quale dà la fiducia al governo, elegge il Presidente e,
essendo rappresentante del popolo, controlla il governo. La
differenza tra la monarchia parlamentare e la repubblica
parlamentare sta nel fatto che nella prima si diventa re per dinastia
mentre nella seconda il Presidente viene eletto dal Parlamento. La
forma di governo della Repubblica parlamentare è quella più diffusa
che, però, ha un problema, ovvero la stabilità dell’esecutivo, cioè il
Parlamento può mettere in crisi il governo votando la sfiducia. Il
governo deve godere della maggioranza del Parlamento anche
cercando degli alleati ma, se una parte del governo decide di
discostarsi, il governo può cadere, infatti tanto meno partiti ci sono
quanto più il governo è stabile. Ci potrebbe anche essere una
legittimazione dell’esecutivo diretta non attraverso il Parlamento ma
attraverso il voto, cioè tramite l’elezione del Presidente da parte del
popolo. Proprio come nella monarchia costituzionale, la forma di
governo repubblicana dualista prende il nome di repubblica
presidenziale, un esempio è quello degli Stati Uniti, la cui
madrepatria era l’Inghilterra che aveva una monarchia
costituzionale e, infatti, il modello repubblicano statunitense si ispirò
a quello inglese. Il semi-presidenzialismo, invece, è una forma di
governo che si è realizzata in alcuni Stati europei (Francia, Islanda,
Irlanda e Austria) e il modello principale è quello della quinta
repubblica francese. Le caratteristiche fondamentali del semi-
presidenzialismo sono: 1) IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
E’ ELETTO DIRETTAMENTE DAL CORPO ELETTORALE ed ha
una durata prestabilita dalla Costituzione; 2) EGLI E’ SVINCOLATO
DAL PARLAMENTO, dunque non ha bisogno della fiducia
parlamentare ma deve nominare un governo; 3) IL GOVERNO
DEVE AVERE LA FIDUCIA DEL PARLAMENTO, infatti si chiama
semi-presidenzialismo perché ha alcune caratteristiche del
presidenzialismo, cioè l’elezione del Capo dello Stato da parte del
corpo elettorale, ed altre caratteristiche delle repubbliche
parlamentari, cioè il Presidente eletto non è il capo del governo ma
nomina il governo che deve avere la fiducia del Parlamento. La
struttura del presidenzialismo è diarchica, cioè ha due teste, una è
quella del Presidente della Repubblica e l’altra è quella del Capo
del governo, dunque ci sono ipotesi di prevalenza del governo,
come in Irlanda, in Islanda o in Austria, e ipotesi di netta prevalenza
del Presidente della Repubblica, come in Francia. Molto dipende
dall’organizzazione dei partiti, ad esempio in Irlanda o in Islanda i
partiti decidono che il presidente della repubblica non deve essere
una figura di spicco mentre in Francia il presidente della repubblica
è il leader della coalizione che ha vinto le elezioni. Un’ipotesi
particolare è quella francese della COABITAZIONE, cioè
nell’esecutivo diarchico il governo trae la propria legittimazione dal
Parlamento e il presidente della repubblica trae la propria
legittimazione dal popolo. Tuttavia sino al 2000 in Francia il governo
veniva eletto ogni cinque anni, invece il presidente della repubblica
ogni sette anni, dunque il presidente della repubblica ed il governo
potevano essere di colore politico diverso. In questi casi è
complicata la gestione delle attività politiche perché può accadere
che essi non concordino su determinate faccende, perciò nel 2000
si è ridotto il mandato del presidente della repubblica da 7 a 5 anni
in maniera da coincidere con l’elezione del governo. Il direttorio,
invece, è una forma di governo esistente solo nella Confederazione
Svizzera in cui vi è un parlamento, chiamato assemblea federale,
ed un direttorio, chiamato consiglio federale, composto da 7
soggetti eletti dall’assemblea federale. Il direttorio ha sia le funzioni
del governo sia le funzioni del capo dello stato ma i compiti dei
membri del direttorio sono divisi a turno. La confederazione ha
un’unità soprattutto nei rapporti esteri ma al suo interno presenta
una pluralità a livello di etnia, lingua e religione. Tale meccanismo
collegiale garantisce la partecipazione di tutta la collettività.
STORIA COSTITUZIONALE
La storia costituzionale rappresenta la storia degli eventi di
rilevanza costituzionale verificatisi dal 1861 sino ai giorni nostri
studiando il modo in cui sono evolute la forma di stato e la forma di
governo italiane nel in questo lasso di tempo. La formazione
dell’Italia unita si deve per lo più ad operazioni politiche che si
svolgono dal 1850 in poi. Nel marzo del 1861 Vittorio Emanuele II
di Savoia assume il titolo di re d’Italia “per grazia di Dio e volontà
della nazione”, dunque attraverso una legittimazione divina ed una
legittimazione della nazione, per questo si presuppone che già
esistesse una nazione. Nel 1848 era successo che Carlo Alberto
aveva concesso ai suoi sudditi, ossia l’allora Regno di Sardegna, lo
statuto albertino “con lealtà di re e con affetto di padre”. Lo statuto
albertino era una costituzione ottriata, cioè era concessa. Esso nel
1861 diventa la prima costituzione d’Italia. Dunque notiamo come si
sia presa una costituzione già esistente e si sia estesa a tutta la
nazione. Negli anni successivi vennero approvati il codice civile, il
codice penale, il codice di procedura civile ed il codice di procedura
penale. La forma di governo era quella della monarchia
costituzionale, quindi vi è un dualismo composto dal Parlamento,
che ha potere legislativo, e dal re, che ha il potere esecutivo con la
facoltà di nomina e di revoca dei suoi ministri e di sciogliere le
camere. Lo statuto non prevedeva la figura del presidente del
consiglio dei ministri. Il passaggio dalla monarchia costituzionale al
governo parlamentare avviene verso la fine dell’ ‘800 in primis
perché lo statuto albertino era una costituzione non rigida ma
flessibile, dunque più facile da modificare, e soprattutto perché il
governo tende ad essere legato maggiormente al parlamento che al
re, specialmente perché il bilancio e i tributi, che sono due elementi
fondamentali, possono essere approvati dal parlamento, dunque il
rapporto tra governo e parlamento tiene un po’ fuori il re.
Ricordiamo che, ad esempio, Giolitti si prendeva la fiducia dal
parlamento e non dal re anche se il tasso di democraticità rimaneva
comunque basso. Lo statuto albertino rimane in vigore anche nel
regime fascista con numerose modifiche. Per quanto riguarda la
forma di stato, siamo di fronte ad uno stato unitario e liberale di
diritto in cui esiste l’uguaglianza ma solo dal punto di vista formale.
Vengono garantite la libertà di stampa o la proprietà ma non
vengono garantiti i corpi intermedi, cioè le formazioni sociali. Il
sistema tributario è proporzionale, come si addice ad uno stato
liberale, a differenza di quello attuale che, come dice l’art.53. è
progressivo, come si addice ad uno stato sociale. Nel sistema
tributario proporzionale è prevista la stessa aliquota per tutti mentre
il sistema fiscale progressivo prevede più aliquote e segue il
principio secondo cui chi più guadagna più paga per creare un
vincolo di solidarietà tra i cittadini. Una svolta si ha negli anni ’20 del
‘900, infatti tra il 1919 ed il 1920, dopo la nascita dei partiti di
massa, nasce il movimento fascista e nel novembre del 1921 nasce
il P.N.F. guidato da Mussolini che nell’ottobre del 1922ordina la
marcia su Roma per concentrare le forze fasciste e dimostrare al re
e al primo ministro Facta quanto consenso popolare il partito
avesse raccolto. Facta chiese al re di dichiarare lo stato d’assedio
ed egli il pomeriggio accettò ma la mattina successiva attribuì a
Mussolini il compito di formare un nuovo governo che ebbe una
larghissima fiducia in Parlamento. Non si sa se si tratti di un colpo
di stato perché dipende da quanto successo nella notte tra il 28 ed
il 29 ottobre del 1922 perché se il re è stato minacciato, come si
riteneva fino a pochi anni fa, si tratta di colpo di stato, in caso
contrario il re ha esercitato un proprio potere. A partire dal 1924 si
verificano le prime distorsioni in Parlamento, ad esempio l’omicidio
Matteotti. Sono quattro le leggi che hanno modificato pesantemente
lo statuto: 1) il capo di governo deve anche essere responsabile del
gabinetto non più di fronte al parlamento ma di fronte al re, dunque
termina il governo parlamentare e le camere perdono il potere
dell’agenda, cioè esse devono discutere non di quello di cui
intendono discutere ma di quello di cui gli viene ordinato di
discutere; 2) legge n°100 del 1926 che disciplina gli atti con forza di
legge del governo in senso estremamente favorevole al governo;