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GIUDIZIO IN VIA PRINCIPALE.
Giudizio ad hoc previsto solo ed esclusivamente per risolvere le
controversie che si possono instaurare tra legislatore regionale e
legislatore statale o viceversa, quando vi sono invasioni di competenza
in base all’art. 117 Cost.
Secondo l’art. 127 Cost., il problema che si pone e se le regioni si possono porre sullo
stesso piano dello Stato. La risposta è no il legislatore statale può impugnare,
lamentare la violazione di qualunque punto della Costituzione non soltanto del 117, le
regioni invece non possono; possono lamentare solo la violazione del 117, quindi
subentra il meccanismo chiamato di ridondanza, bisogna che le regioni dimostrino che
c’è una violazione del 117. Questa differenza di armi tra Stato e Regione la si trova
proprio nell’art. 127 Cost., con le parole leda ed ecceda.
Art. 127. Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione , può
promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta
giorni dalla sua pubblicazione .
La Regione, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un'altra
Regione leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi
alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell'atto avente valore di
legge .
Come i Regolamenti parlamentari anche quelli regionali non sono sindacabile dalla
Corte Costituzionale, ma sono sindacabili dal Tar. Ricordiamoci che i regolamenti
regionali in alcune regioni è previsto che i regolamenti siano fatti dall’esecutivo
regionale e in altre regioni dal Consiglio regionale, tutto dipende dallo Statuto
regionale.
Abbiamo un altro tipo di giudizio oltre a quello in via incidentale e in via principale, ed
è il CONFLITTO TRA STATO E REGIONI Può essere intrapresa la strada
del conflitto SOLO nel caso in cui si lamenti una violazione delle competenze, delle
materie da parte dello Stato e delle Regioni con atto che non sia legge.
Abbiamo poi ancora tra i vari tipi di giudizio i CONFLITTI TRA POTERI in
questi casi il conflitto è tra i massimi organi politici, è un attrito che è soprattutto di
tipo politico e quindi la fonte che entra in gioco è la Costituzione, infatti è l’unica fonte
che si può tenere a parametro in questa tipologia di conflitto.
Nello schema chi ci siamo fatti delle fonti manca tutto il versante della legislazione
internazionale e comunitaria. In questi casi il giudizio da assumere è soprattutto in via
incidentale.
Velocemente vedremo quale è la giurisprudenza più recente in materia, e cosa
succede quando una norma interna viola la Convenzione europea dei diritti dell’uomo?
Cosa succede quando c’è un contrasto di questo tipo?
Martedì 25 settembre.
Dopo aver fatto un breve ripasso di quello che è il decreto legge oggi porteremo avanti
il filone giudiziario e vedremo come si è evoluta la situazione per il decreto. Le
caratteristiche del decreto legge sono date essenzialmente dal fatto che si tratta di un
atto illegittimo che, come dice la Costituzione, può intervenire in situazioni di
necessità e di urgenza e che essendo un atto illegittimo, va convertito dal Parlamento
che è stato interferito nella sua funzione legislativa, quindi attraverso una conversione
del decreto legge si riappropria della sua funzione che gli è stata sottratta. Sappiamo
che dopo 60 giorni il decreto legge o viene convertito in legge oppure non viene
convertito. Se viene convertito diventa legge ordinaria e si applica nel tempo senza
limiti fino a quando una legge successiva non la abroga o nella peggiore delle ipotesi
viene dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale. Se invece non viene convertito
viene fatto salvo il caso di vigenza (sanatoria) però a differenza della conversione non
prosegue la sua efficacia viene fatto soltanto salvo il periodo in cui il decreto è stato in
vigore.
Venendo alla giurisprudenza, c’è un suo filone che è stato inaugurato con la sentenza
n. 29 del 1995 nel caso di specie la Regione a Statuto speciale Valle d’Aosta ha
contestato la legittimità costituzionale di un decreto legge sotto il profilo della
violazione dell’art. 77 della Costituzione, ritenendo che l’atto impugnato fosse stato
adottato in difetto dei presupposti della necessità ed urgenza costituzionalmente
richiesti.
Ricordiamoci che in epoca statutaria, nei primi casi in cui era intervenuta la
Corte Costituzionale, questa aveva detto che, la regione poteva adottare quelli
che allora si chiamavano decreti regi però la Corte aveva anche detto una cosa
chiara rispetto all’ insindacabilità dei due requisiti che doveva avere un decreto
legge, la necessità fatto che vi fosse era una scelta essenzialmente di tipo
politico e come tale la Corte di Cassazione all’epoca non si era considerata auto
competente per sindacare la situazione, diverso era il discorso di urgenza che
era un dato oggettivo.
……In questo caso la Corte Costituzionale dice che le questione non sono ammissibili, occorre premettere
che l’inammissibilità delle dedotte questioni non può essere basata sugli argomenti formulati
dall’Avvocatura dello Stato, secondo la quale esula comunque del potere di questa Corte accertare la
presenza in concreto dei presupposti di necessità e urgenza previsti dall’art. 77 Cost…….
La Corte chiarisce che si auto considera competente a sindacare sui requisiti di
necessità e di urgenza ai sensi dell’art. 77 Cost.
.....questa posizione, condivisa in passato, ignora che, a norma dell’appena citato art. 77, la preesistenza
di una situazione di fatto comportante la necessità e l’urgenza di provvedere tramite l’utilizzazione di uno
strumento eccezionale, quale il decreto legge, costituisce un requisito di validità costituzionale
dell’adozione del predetto atto….
Attraverso questo passaggio si motiva il perché la Corte si considera competente,
legittimata.
…..di modo che l'eventuale evidente mancanza di quel presupposto configura tanto un vizio di legittimità
costituzionale del decreto-legge, in ipotesi adottato al di fuori dell'ambito delle possibilità applicative
costituzionalmente previste, quanto un vizio in procedendo della stessa legge di conversione, avendo
quest'ultima, nel caso ipotizzato, valutato erroneamente l'esistenza di presupposti di validità in realtà
insussistenti e, quindi, convertito in legge un atto che non poteva essere legittimo oggetto di conversione.
Pertanto, non esiste alcuna preclusione affinché la Corte costituzionale proceda all'esame del decreto-
legge e/o della legge di conversione sotto il profilo del rispetto dei requisiti di validità costituzionale
relativi alla pre-esistenza dei presupposti di necessità e urgenza dal momento che il correlativo esame
delle Camere in sede di conversione comporta una valutazione del tutto diversa e, precisamente, di tipo
prettamente politico sia con riguardo al contenuto della decisione, sia con riguardo agli effetti della
stessa…..
Qui la Corte dice che l’argomentazione dell’Avvocatura dello Stato era quella di dire va
bene anche se i requisiti di necessità e urgenza non sussistono se interviene la legge
di conversione allora sana anche quei requisiti che sono richiesti e mancano. La Corte
dice no e chiarisce innanzi tutto che è competente a sindacare tutti e due i requisiti e
che l’eventuale conversione in legge di un decreto legge privo dei requisiti di necessità
ed urgenza non sana una situazione che è viziata sin dall’inizio. C’è un passaggio in
cui la Corte, questo è stato rilevato dalla dottrina, dice che la mancanza dei requisiti
deve essere evidente .
Questa che abbiamo visto è una prima sentenza storica da ricordare, ma ce ne sono
altre importanti come ad esempio la sentenza n.360 del 1996, anche questa è un
punto cardine della giurisprudenza per il decreto legge e in questo caso la Corte
Costituzionale dichiara la questione fondata.
Nella precedente sentenza ci si poneva il problema della sussistenza dei requisiti della
necessità ed urgenza, qua si pone il diverso problema della reiterazione. Un decreto
legge viene reiterato quando viene riproposto, quindi si ha reiterazione quando si fa un
primo decreto legge che non viene convertito e allora si fa un secondo decreto legge e
così via. Negli anni 90 ci sono state decine di reiterazione tant’è che la Corte è
intervenuta nel 96.
La questione relativa alla violazione dell'art.77 della Costituzione e' fondata.La norma impugnata - così
come riprodotta nell'art.6, comma 4, del decreto-legge n. 462 del 1996 - ha formato oggetto di una lunga
serie di reiterazioni operate mediante decreti-legge, che trovano il loro punto di partenza nel decreto-
legge 7 gennaio 1994, n.12, e che si sono prolungate, attraverso una catena ininterrotta, fino ad oggi.
Dobbiamo chiederci il fatto di reiterare la decretazione anche dieci volte quale vizio
presenta? Vale da se che viene a mancare il requisito dell’urgenza.
……..Tali atti, qualificati dalla stessa Costituzione come "provvisori", devono risultare fondati sulla
presenza di presupposti "straordinari" di necessità ed urgenza e devono essere presentati, il giorno stesso
della loro adozione, alle Camere, ai fini della conversione in legge, conversione che va operata nel
termine di sessanta giorni dalla loro pubblicazione.
Ora, il decreto-legge iterato o reiterato - per il fatto di riprodurre (nel suo complesso o in singole
disposizioni) il contenuto di un decreto-legge non convertito, senza introdurre variazioni sostanziali - lede
la previsione costituzionale sotto più profili: perchè altera la natura provvisoria della decretazione
d'urgenza procrastinando, di fatto, il termine invalicabile previsto dalla Costituzione per la conversione in
legge; perchè toglie valore al carattere "straordinario" dei requisiti della necessità e dell'urgenza, dal
momento che la reiterazione viene a stabilizzare e a prolungare nel tempo il richiamo ai motivi già posti a
fondamento del primo decreto; perchè attenua la sanzione della perdita retroattiva di efficacia del decreto
non convertito, venendo il ricorso ripetuto alla reiterazione a suscitare nell'ordinamento un'aspettativa
circa la possibilità di consolidare gli effetti determinati dalla decretazione d'urgenza mediante la sanatoria
finale della disciplina reiterata.
Su di un piano più generale, la prassi della reiterazione, tanto più se d