Diritto costituzionale- Prof Damiani
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CONTROLLO DI AMMISSIBILITA’ (Corte costituzionale).
Il controllo di ammissibilità del referendum è stato assegnato alla corte costituzionale che ha
ristretto la possibilità di abrogazione in via referendaria. Controllo di ammissibilità: controllo sul
rispetto dei vincoli.
Tale controllo è stato ricavato implicitamente dalla natura volontaria del referendum.
La ratio giustificativa (delle sentenze) comune è restringere e limitare il ricorso allo strumento
referendario a causa dell’abuso in seguito alla presentazione di un numero eccessivo di richieste
referendarie andando oltre al fine ultimo dei padri costituenti cioè quello di un atto che ha per oggetto
leggi che coinvolgono aspetti rilevanti della vita della comunità (aspetti etici dove tutti hanno la loro
legittima opinione). Per questo rappresenta per i padri costituenti un istituto eccezionale dove tutti non
possono non avere un opinione.
La Funzione del referendum è quella ablativa: di creare dei vuoti normativi (atto normativo
unidirezionale).
È emerso un altro fenomeno: referendum manipolativo: vengono ritagliate singole disposizioni,
rimanendo intatto il testo nel suo complesso. L’intento è di creare una normativa nuova, e non di
abrogare, attraverso il ritaglio di alcune disposizioni. Rappresenta una pratica legittimata.
Es: legge elettorale: effetto di creare una nuova legge
Il referendum è un atto normativo cioè un atto di volontà (e quindi bisogna essere consapevoli)
costituito da singoli atti di volontà ed è necessario che il quesito venga posto in maniera chiara. Quando
i referendum hanno avuto un contenuto troppo tecnico viene meno il concetto di atto in quanto nessuno
sarebbe in grado di rispondere consapevolmente. Il quesito referendario deve essere intellegibile.
Controllo di ammissibilità: il controllo della corte è andato al di la della legge costituzionale che gli
aveva chiesto di controllare l’ammissibilità delle richieste referendarie sulla base dell’art. 75.
Legge elettorale non è contenuta nell’elenco delle leggi che non possono essere abrogate.
Leggi costituzionalmente necessarie: senza le quali organi necessari non potrebbero funzionare (es
legge elettorale). La corte inizialmente ha detto che queste leggi possono essere soggette a
referendum, ma poi è tornata indietro e ha detto il contrario:
1. le leggi costituzionalmente necessarie non possono essere oggetto di abrogazione
2. salvo che il quesito non sia strutturato in modo tale che la normativa risultante dal referendum
consenta il funzionamento dell’organo (referendum manipolativo).
CONTROLLO DI LEGITTIMITA’ (corte di cassazione).
L’ufficio centrale per il referendum, istituito presso la corte di cassazione, svolge un controllo di
legittimità costituzionale, in quanto deve controllare:
1. l’autenticità delle firme,
2. controllare che l’oggetto della richiesta sia un atto legislativo,
3. controllare la validità delle 5 delibere dei consigli regionali,
4. l’ufficio centrale per il referendum deve sospendere l’iter procedurali se il parlamento provvede
alla abrogazione delle norme sottoposte a referendum (è inutile un referendum riguardante una
legge che è già stata abrogata dal parlamento) salvo che non si tratti di una legge apparente.
Può succedere che il parlamento adotti una legge che solo apparentemente abroga una legge, cioè
una legge che apparentemente abroghi una legge per cui è stato chiesto il referendum, ma che
riproduce gli stessi contenuti (es: legge a è abrogata e poi prevede una serie di disposizioni analoghe a
quella abrogata) al fine di evitare che venga abrogata una legge con referendum. Si deve trattare di
una norma che effettivamente abroghi una legge oggetto di referendum quindi deve essere una legge
con contenuti nuovi, sennò sarebbe troppo facile per il parlamento evitare un referendum. 18
Diritto costituzionale Pag.
La corte costituzionale ha dichiarato che la sospensione del referendum è illegittima nel caso in cui il
parlamento emani una legge apparente. Mer. 18.03.2015
GOVERNO.
Il governo condivide con il parlamento la funzione di indirizzo politico. Come e in che termini questa
funzione è distribuita tra parlamento e governo? Dipende dalla situazione politica esistente. In linea
astratta al parlamento spetrerebbe fissare le grandi linee di indirizzo politico mentre al governo
spetterebbero le decisioni di indirizzo che integrano e adattano al caso concreto le linee di indirizzo.
È un organo che non può nascere se non gode della fiducia di entrambe le camere: governo
parlamentare: il governo non è un organo democraticamente legittimato in modo diretto, ma ha bisogno
di un investitura parlamentare attraverso la fiducia da parte di entrambe le camere.
Come nasce il governo?
Il capo dello stato nomina il presidente del consiglio dei ministri e su proposta di quest’ultimo nomina i
ministri.
1. Il capo dello stato svolge delle consultazioni ai fini della nomina di un nuovo governo. Queste
consultazioni sono finalizzate a individuare la personalità politica che ha maggior probabilità di
diventare presidente del governo dopo aver ascoltato tutti coloro che possono dargli una
possibile rappresentazione del quadro politico. Le consultazioni non sono disciplinati da nessun
testo giuridico. La costituzione si limita a dire che il presidente della rep nomina il governo ma
non dice nulla su cosa fa il capo prima dell’atto di nomina. Il capo dello stato consulta i
rappresentanti dei vari partiti politici in modo tale da individuare la personalità politica in grado
di formare un nuovo governo e per conoscere gli orientamenti delle forze politiche.
Quanto durano le consultazioni? L’esito delle consultazioni è un esito chiaro (si sa chi ha vinto le
elezioni politiche) ma è di tempo variabile.
2. Al termine delle consultazioni, il capo dello stato procede all’affidamento dell’incarico di
formare il governo a una determinata persona e di solito il presidente incaricato accetta
l’incarico con riserva e procede a sua volta a una serie di incontri informali con le forze politiche
ed economiche per verificare se effettivamente il soggetto è in grado di formare il governo. Al
termine di questi incontri si reca dal capo dello stato e scioglie la riserva, rinunciando o
accettando l’incarico.
3. Se il soggetto accetta l’incarico, il capo dello stato procede alla nomina del presidente del
consiglio.
4. Entro 10 giorni dalla nomina il governo deve recarsi davanti alle camere per ottenere le fiducia.
Il governo è nato ma deve ancora ottenere la fiducia, è un organo che non può compiere atti
impegnativi di indirizzo politico. Il governo in quei 10 giorni deve redigere il programma per
presentarlo alle camere per ottenere la fiducia, solo dopo la fiducia il governo può compiere atti
impegnativi dell’indirizzo politico.
5. Dopo la fiducia il governo deve prestare giuramento nelle mani del capo dello stato, in questo
modo il governo entra in carica. Solo dopo questo si può ritenere ultimata la procedura di
formazione di un nuovo governo.
Il governo è un organo complesso (organo di organi) ed è formato da:
1. Il presidente del consiglio dei ministri
3 Il Consiglio dei ministri: titolare dell’indirizzo politico
4 Singoli ministri che formano il consiglio dei ministri
La titolarità della funzione di indirizzo politico spetta al consiglio dei ministri.
Ruolo del presidente del consiglio dei ministri: funzione di mantenimento dell’unità di indirizzo (tu
ministro stai facendo atto contrario l’diritto di indirizzo non compierlo e fanno un altro) e di
coordinamento dell’azione dei singoli ministri, ma tutto dipende dal quadro politico. 19
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I singoli ministri: la costituzione non dice nulla. Il ministro è un organo posto al vertice di un apparato
amministrativo che prende il nome di ministero. L’organizzazione amministrativa statale è un
organizzazione di tipo ministeriale: ciascuna branca della pubblica amministrazione statale è suddivisa
x ministeri dove a capo dei quali è posto un singolo ministro. Es: ministero della difesa, giustizia, interni
ecc..
I ministeri sono un conglomerato di organi amministrativi e rappresentano il meccanismo attraverso il
quale il governo riesce ad attuare l’indirizzo politico.
Circuito dell’indirizzo politico: Iter di formazione dell’indirizzo politico.
1. Corpo elettorale attivo. Chiaro Risultato: maggioranza di centro sinistra, si forma il Parlamento
(magg. Di centro sinistra). Il corpo elettorale, attraverso il voto, rappresenta il primo stadio del
formarsi dell’indirizzo politico e da un input politico che si traduce nella vittoria elettorale degli
schieramenti di maggioranza di centro s.. La maggioranza riflette in seno alle aule la
maggioranza esistente nel corpo elettorale.
Programma politico del partito: Anticipazione di quegli atti normativi che se il partito vince
adotterà.
2. Nascita di un governo: governo di centro sinistra. Il programma politico che il presidente legge
di fronte alla camera dovrebbe essere quello dei partiti politici che hanno vinto le elezioni.
Ottiene la fiducia. Come fa il governo da attuare l’indirizzo politico della maggioranza
parlamentare e del governo? Ci vuole un apparato amministrativo.
3. La P.A. strutturata in singoli specifici ministeri che si incarica concretamente di realizzare
l’indirizzo politico del governo. A capo di ciascun ministero vi è un ministro che è sia organo
politico che organo apicale di un organo amministrativo (organo dirigenziale).
Questo meccanismo vale per tutti gli organi: province comuni regioni.
Chi risponde politicamente per l’errore della PA? Il singolo ministro. Il ministro è politicamente
responsabile sia x gli atti posti in essere dal proprio ministero o per gli atti presi all’intero del consiglio
dei ministri. Si dovrebbe aprire una crisi di governo in quanto il parlamento vota una mozione di sfiducia
all’intero governo o al singolo ministro.
Può essere votata la sfiducia al singolo ministro, ma è difficile che accada in quanto non è altro che il
delegato di un partito e la sfiducia comporterebbe la squalifica del soggetto dal partito di appartenenza
e questo porterebbe a una crisi politica, in questo caso o si crea una nuova maggioranza o se non si
riesce: lo scioglimento anticipato delle camere. Gio. 19.03.2015
REGOLAMENTI ESECUTIVI.
I regolamenti sono fonti secondarie del Governo, questo significa che il regolamento soccombe sulla
legge. Si applica quindi il criterio gerarchico e non quello cronologico.
La costituzione non disciplina i regolamenti, dice solo che il presidente della repubblica promulga i
regolamenti.
L’art. 17 della Legge 400/88 contiene un elenco di regolamenti che possono essere adottati dal
governo:
1. Regolamento esecutivo: 1 comma art 17. I regolamenti esecutivi sono finalizzati ad attuare o
dare esecuzioni alle leggi o atti aventi forza di legge che contengono un ordine dettagliato.
2. Regolamenti integrativi attuativi: regolamenti che non si limitano ad adottare o ad eseguire
regole di dettaglio, ma hanno la possibilità di adottare regole di respiro più ampio (perché la
legge ha un contenuto vario, generale) e quindi il regolamento non si limita ad eseguire la legga
ma va a integrare. Vanno a integrare quelle leggi che hanno un contenuto vario generale oltre
ad eseguirlo.
I regolamenti sono atti normativi più facilmente adottabili, quindi dove c’è bisogno di una veloce
adozione di un atto normativo lo si risolve con l’adozione di un regolamento, questo può avvenire anche
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Diritto costituzionale Pag.
in materia penale, ma ci sono dei limiti ristretti, e può avvenire solo con un regolamento strettamente
esecutivo. Riserva di legge: es la materia penale può essere disciplinata solo dalla legge. Es: legge
prevede divieto di vendita di sostanze stupefacenti ritenuto un reato. Nel regolamento strettamente
esecutivo viene detto quali sono queste sostanze. I regolamenti integrativi non possono disciplinare la
materia penale ma solo quelli strettamente esecutivi.
Se non vi è riserva di legge il governo può adottare un regolamento indipendente.
Il regolamento rappresenta un atto normativa che si adegua più facilmente ai mutamenti della realtà
sociale.
3. Regolamenti di Delegificazione non comporta la diminuzione delle norme ma il cambiamento
della veste da legislativa a regolamentare al fine di affidare a una fonte normativa più snella la
disciplina di determinate materie. È stata la soluzione trovata x risolvere il problema della
lentezza dei procedimenti legislativi. L’affidamento al regolamento piuttosto che alla legge di
una determinata materia è motivato dal fatto che il regolamento è più congruo all’aumento dei
cambiamenti sociali. Regolamenti: atti normativi secondari. La delegificazione è un fenomeno
attraverso il quale un regolamento abroga una legge. Legge 400/88: riferimenti. Di fatto si
verifica questo fenomeno. Procedimento attraverso il quale avviene la delegificazione:
abrogazione differita (l’abrogazione non è immediata): perché il governo possa adottare un
regolamento di delegificazione deve esserci una espressa autorizzazione legislativa, cioè una
legge che conferisca al governo il potere di adottare regolamenti di delegificazione indicando la
materia. La legge che autorizza il governo ad adottare regolamenti di delegificazione prevede
che dal momento dell’entrata in vigore del regolamento vengono abrogate le norme legislative
in contrasto con quelle del regolamento.
L’effetto abrogativo è riconducibile alla legge in quanto il regolamento non può abrogare. È un
abrogazione differita o condizionata. Il fatto è rappresentato dall’entrata in vigore del
regolamento di delegificazione mentre l’effetto abrogativo della legge è prodotto dalla legge di
autorizzazione del regolamento. L’entrata in vigore è il fatto al verificarsi del quale è
condizionata l’abrogazione delle norme contenute nel regolamento di delegificazione.
Ci sono tre atti per tale procedura
Legge che autorizza il regolamento di delegificazione
Regolamento di delegificazione
Legge abrogata
L’effetto abrogativo è riconducibile a una legge, la sostanza invece è quella di un regolamento
che abroga una legge precedente.
La delegificazione non è da confondere con la deregolamentazione, cioè quel fenomeno che si è
realizzato da qualche anno. È qualcosa che serve a snellire e a diminuire il numero delle leggi esistenti.
Diminuire il carico normativo specie nel campo della attività economica.
1. Regolamenti ministeriali o interministeriali: fonti sub secondarie: possono essere adottati
solo se una legge lo prevede esplicitamente e sono subordinate ai regolamenti del governo.
Le fonti finora trattate sono atti normativi di volontà di un organo dai quali discendono la produzione di
norme giuridiche (cioè un effetto). L’effetto dell’atto normativo è la nascita o produzione di una norma
giuridica.
CONSUETUDINE.
Sono dei fatti normativi che producono effetti sulla base della loro verificazione.
Sono necessari due requisiti perché possa nascere una norma consuetudinaria: 21
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1. Elemento oggettivo: comportamento omissivo o commissivo di una condotta ripetuta nel
tempo (indefinito) ad opera di un numero ampio di soggetti. Cosa porta la prassi a una
consuetudine? Affinché la prassi diventa norma giuridica è necessario l’elemento soggettivo.
2. Elemento soggettivo: nel convincimento di assolvere un obbligo giuridico. Una volta che
nasce la norma consuetudinaria è una norma giuridica che vincola i soggetti,
indipendentemente dell’opinione circa la giuridicità del comportamento.
Si collocano nell’ultimo gradino e quindi non possono contenere nulla che contrasti con qualsiasi
norma.
I due presupposti valgono solo quando nasce la norma consuetudinaria. L’unico modo che potrebbe
valere il convincimento della non giuridicità della condotta è che si crei un comportamento contrario alla
consuetudine. Se più soggetti tengono comportamenti incompatibili con la norma consuetudinari si
parla di desuetudine.
DIRITTO INTERNAZIONALE (ordinamento internazionale: altro sistema normativo distino e
separato da quello italiano e dagli altri ordinamenti statali).
Fonti del diritto internazionale:
1. Consuetudine internazionale o fonti generali: i soggetti (destinatari) dell’ordinamento
internazionale sono gli stati. Perché possa venire in essere una norma consuetudinaria è
necessaria la ripetizione di una condotta da parte degli stati (numero irrilevante). Gli stati che
ottemperano a quella condotta devono essere convinti che sia giuridicamente vincolate.
Produce norme di diritto internazionale allo stesso modo della consuetudine italiana che
produce norme giuridiche. Visto che le norme sono separate affinché queste norme entrino
nell’ordinamento italiano l’art 10 cost. prevede l’adattamento automatico, ai fini
dell’incorporazione delle norme internazionali all’interno dell’ordinamento giuridico italiano,
vincolando non più solo lo stato ma tutti i soggetti. Le consuetudini vincolano tutti gli stati anche
quelli venuti in essere dopo la norma consuetudinaria.
2. Trattati o fonti pattizie. Sono norme che vincolano solo gli stati che concludono il trattato. La
norma pattizia contenuta nel trattato vige nell’ordinamento giuridico int e vincola gli stati
contraenti ma non i soggetti sottoposti all’ordinamento giuridico statale. È necessario un ordine
di esecuzione: cioè una apposita norma dell’ordinamento giuridico che dia esecuzione al
trattato. È il singolo stato che stabilisce le regole di recepimento, basta solo che sia una norma
che vincoli tutti i soggetti dell’ordinamento italiano. La legge che recepisce il trattato si compone
di un singolo art che si occupa dell’esecuzione, in questo modo il trattato viene incorporato
nell’ordinamento giuridico statale e a questo punto non vincola solo lo stato ma qualunque
soggetto sottoposto all’ordinamento statale (es: regioni comuni).
Come si conclude un trattato?
Presidente della repubblica: il trattato si conclude con la ratifica del trattato da parte del presidente
della repubblica. Per alcune tipologie di trattati, la ratifica deve essere preventivamente autorizzata
dalla legge. Il Presidente della repubblica rappresenta il tramite con la quale lo stato manifesta la
volontà di concludere il trattato.
Il trattato viene ratificato e recepito nell’ordinamento italiano con una legge. Da quel momento le norme
contenute nel trattato diventano norme giuridiche italiane. Vigono contemporaneamente x entrambi gli
ordinamenti.
Cosa succede se il parlamento adotta una legge che contrasta con le norme del trattato recepito e
quindi nel caso di contrasto tra norme recepite del trattato nell’ordinamento italiano e una legge
successiva?
Il parlamento, che emette una norma successiva contrastante con la norma recepita del trattato, o il
giudice, che applica la norma italiana e non quella recepita, saranno responsabili sul piano
internazionale, ma non nell’ordinamento italiano in quanto viene applicato il criterio cronologico. 22
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Se il pi adotta legge contrastante a norma recepita, viola una norma di diritto internazionale (i patti sono
da osservare). Lo stato italiano è responsabile sul piano internazionale e quindi ci saranno delle
ritorsioni nei confronti dello stato violatore nei confronti dell’altro stato contraente. Sul piano
dell’ordinamento giuridico italiano la norma successiva prevale (criterio cronologico). Ven. 20.03.2015
Riforma (2002) titolo quinto della costituzione: art. 117 primo comma: stato e ragioni hanno potestà
legislativa nel rispetto degli obblighi derivanti dall’ordinamento internazionale. La legge successiva è
costituzionalmente invalida e illegittima per violazione dell’art. 117 primo comma.
Sono norme interposte: art. 117.
Nel caso di contrasto tra legge di recepimento anteriore e norma successiva si applica il criterio
cronologico perché viene violato l’art 117 comma 1 della costituzione.
DIRITTO COMUNITARIO.
Trattati che hanno dato origine a qualcosa di unico: all’ue. L’ ordinamento giuridico dell’ue è distinto con
le sue fonti e separato rispetto a quello italiano.
Fonti dell’ordinamento giuridico europeo:
Diritto primario:
1. I Trattati: trattato e successive modifiche vengono recepite mediante appositi ordini di
esecuzione. Recepite tramite lo strumento dell’ordine di esecuzione.
Norme di Diritto Derivato:
2. Regolamenti: sono fonti del diritto che in base all’ordinamento comunitario hanno portata
generale e sono direttamente applicabili nei singoli stati. Quindi la norma contenuta in un
regolamento entra nell’ordinamento giuridico italiano senza che quest’ultimo faccia niente in
quanto sono direttamente applicabili e vincolano tutti i soggetti dell’ordinamento giuridico
statale. Pur essendo norme di diritto comunitario riescono comunque ad entrare
nell’ordinamento italiano.
3. Direttive: non hanno portata generale ma vincolano solo gli stati membri limitatamente al
conseguimento di un determinato obiettivo individuato dalla normativa, quindi lo stato può
trovare gli strumenti più appropriati per raggiungere i fini individuati dalla direttiva. La direttiva
vincola gli stati al conseguimento dei fini, ma poi sono rimesse al singolo stato le modalità e gli
strumenti giuridici più congrui al fine di realizzare i fini. Solo dopo che la direttiva è stata
recepita le norme della direttiva diventano anche norme del diritto italiano. Recepite
nell’ordinamento italiano.
In tutti e 3 i casi si possono crearsi delle antinomie con norme statali. Un contrasto tra norma nazionale
e norme o del diritto comunitario primario o derivato… Mer. 25.03.2015
Queste fonti entrano nell’ordinamento giuridico italiano e quindi possono sorgere dei possibili conflitti.
Art. 117 comma 1: non è mai cambiato (norme comunitarie).
Ipotesi 1 (diritto primario).
Possibile conflitto tra legge che recepisce un trattato e una legge italiana.
Si è preso in considerazione l’art 11: limitazione di sovranità. Si è dato alla legge che recepisce i trattati
istitutivi un fondamento costituzionale che si basa sull’art. 11.
Un conflitto tra legge di recepimento di un trattato e una legge successiva si risolve con la prevalenza
della prima sulla seconda anche se sono atti normativi posti sullo stesso livello perché la legge di
recepimento costituzionale ha un fondamento costituzionale sulla base dell’art. 11.
Ipotesi 2 (diritto primario).
Conflitto tra legge che ha recepito il trattato e una norma costituzionale. 23
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Confligge con le competenze stabilite nella cost. regionali e statali e quindi la norma di trattati che
applica la diretta applicabilità dei regolamenti confligge con l’art. 117. Dire che una data materia può
essere disciplinata solo da un regolamento confligge con l’art. 117 perché sottrae quella materia alla
competenza legislativa dello stato o delle regioni.
Abbiamo una legge che ha recepito i trattati che confligge con una norma costituzionale: il conflitto si
risolve sulla base dell’art. 11: limitazione di sovranità. La legge che recepisce un trattato può quindi
derogare l’art 117.
Ci sono dei limiti: una legge di recepimento dei trattati non può derogare i diritti fondamentali: teoria dei
controlimiti, quindi sono presenti art che non possono essere derogati dai trattati. Anche la legge di
revisione costituzionale incontra questi limiti. La legge di revisione costituzionale può revisionare la
costituzione ma ci sono principi supremi che non possono essere modificati neanche dall’art. 138, in
quanto una modifica comporterebbe la nascita di una nuova costituzione.
Ipotesi 3 (diritto derivato).
Conflitto tra regolamento o una direttiva recepita e una legge italiana
Problema pratico: immediata efficacia e applicabilità delle fonti comunitarie.
L’Art 11 non rappresenta una soluzione soddisfacente in quanto sorge l’esigenza di un immediata
applicazione del diritto comunitario.
Finche la legge non viene dichiarata incostituzionale quella legge deve essere applicata
(eventualmente il giudice può fare rinvio alla corte) ma il pubblico funzionario no, in quanto non ha
alcun obbligo giuridico di sospendere. Il rinvio non obbliga gli altri giudici o funzionari a stare in standby.
Vige il principio di legalità, finché la legge non viene dichiarata incostituzionale deve essere applicata.
La corte ha detto inizialmente prevale il regolamento o direttiva perché la legge successiva viola l’art.
11 e quindi è illegittima. Alla corte non andava bene per una serie di problemi perché può procrastinare
(rinviare, ritardare) per un lungo periodo l’applicazione del diritto comunitario finché quella legge
incostituzionale non verrà dichiarata tale dal giudice costituzionale.
La corte ha detto che in caso di conflitto tra legge e regolamento la legge non è incostituzionale ma va
non applicata dal giudice.
Il giudice che si trovi di fronte ad un contrasto tra un regolamento e legge successiva non deve
sollevare questione di costituzionalità della legge, ma deve disapplicare la legge ritenuta in contrasto
con il regolamento. (Si applica il criterio della competenza). Prevalenza della norma comunitaria su
quella nazionale.
CRITERIO DELLA COMPETENZA.
Es: Una determinata materia M può essere disciplinata solo dalla legge regionale.
Qualunque altra norma che non sia una legge regionale è una norma incompetente a disciplinare la
materia M. Per attribuire a una data fonte una competenza normativa esclusiva è necessario che vi sia
una norma superiore (costituzione) che sia in grado di proteggere la legge ragionale da qualsiasi altra
fonte (rapporto trilaterale: costituzione, legge reg, ed eventuale legge statale). Se la legge statale
disciplina una materia che la costituzione attribuisce alla Regione, c’è un contrasto tra le due leggi, ma
la legge statale nel disciplinare la materia confligge con la costituzione, quindi la legge statale è
indirettamente incostituzionale (indirettamente confligge con la costituzione) per violazione dell’art.117.
Il criterio della competenza si applica anche tra legge statale e regolamenti parlamentari: atti normativi
che disciplinano organizzazione e funzionamento delle camere, e quindi una legge che disciplina il
funzionamento delle camere sarebbe incompetente, in quanto il regolamento è l’unica fonte
competente. L’antinomia coinvolge tre fonti: legge statale confligge sia con legge regionale e sia con la
norma contenuta nell’art. 117 delle costituzione. È presente un conflitto tra 3 norme. La conseguenza
della norma incompatibile è la sua invalidità.
I rapporti tra legge statale e legge regionale sono regolati dal criterio della competenza. 24
Diritto costituzionale Pag.
Art. 117 contiene un elenco di materie talune delle quali sono riservate alla competenza esclusiva
statale e alcune alla competenza legislativa regionale e quindi soltanto una legge statale o una legge
regionale possono disciplinare quella determinata materia.
REGIONI.
Ente e titolare compente ad adottare leggi regionali.
L’ente Regione è un soggetto di diritto pubblico distinto dall’ente stato. È un ente territoriale o ente
politico al quale la costituzione affida la generalità degli interessi di una collettività regionale. L’ente
vede nel suo funzionamento l’elezione di due organi elettivi direttamente eletti dal corpo elettorale:
1. consiglio regionale,
2. presidente della giunta regionale.
Lo Statuto regionale è un tipo di legge regionale.
La regione oltre ad essere ente è anche un sistema normativo come quello statale con le sue proprie
fonti e con delle regole che disciplinano i rapporti tra queste fonti. Lo statuto regionale si pone su un
gradino superiore rispetto alla legge regionale. La regione è un ente pubblico distinto dallo stato ed
ente territoriale all’interno del quale si instaurano delle relazioni di gerarchia tra le fonti.
REGIONE COME ENTE PUBBLICO
5 Regione a statuto speciale:
15 regioni a statuto ordinario
Organizzazione delle regioni a statuto ordinario:
Dopo il 1999 la forma di governo regionale è profondamente cambiata.
La modifica principale a quanto attiene alla forma di governo è stata introdotta dalla legge
costituzionale 1 del 99 che ha attribuito allo statuto la possibilità di stabilire la forma di governo
regionale da adottare (prima era stabilita uniformante x tutte le regioni).
Forma di governo neoparlamentare che prevede la presenza di 2 organi legittimamente democratici.
Diretta eleggibilità. La scelta dell’elezione diretta del presidente della regione non era una scelta
vincolata in quanto la costituzione rimette agli statuti la scelta di quale forma di governo adottare.
Tre le 15 regioni tutte hanno deciso per la diretta eleggibilità del presidente della giunta. Dopo questa
scelta scattano dei vincoli giuridici. La Regione quindi è libera di scegliere la forma di governo, ma se
scegli la diretta eleggibilità scattano dei vincoli e non è più libera di disciplinare la forma di governo in
quanto è sottoposta a due tipi di vincoli.
Art. 123 comma 1 cost: ciascuna regione (solo regioni a statuo ordinario) ha uno statuto che
determina la forma di governo. In realtà questa libertà non è assoluta perché se lo statuto decide di
eleggere direttamente il presidente scattano dei limiti giuridici:
art 126 Gio. 26.03.2015
premessa cap 1 2 3 4 6 7 9 10 12
Distinzione tra organo ed ente.
Organo (es: parlamento): la legge viene adottata dal parlamento ma gli effetti che essa produce non
sono imputati all’organo ma all’ente, che in questo caso è lo stato.
Ente (es: regione): rappresenta un soggetto del diritto: autorità di autonomia con distinta soggettività
giuridica.
La Regione rappresenta un ente giuridico distinto dallo stato. Essi hanno in comune: entrambi sono
enti pubblici territoriali ai quali viene affidata la cura della generalità della collettività stanziata in un
determinato territorio. Hanno al loro interno organi i quali sono eletti dalla comunità. Sono enti politici
(enti con lo scopo di curare la generalità degli interessi di una determinata collettività) e territoriali sono
sinonimi. 25
Diritto costituzionale Pag.
FONTI REGIONALI
1. statuto: “super “ primaria (costituzione)
2. legge regionale: fonte primaria
3. regolamento: fonte secondaria
All’interno delle fonti regionali si creano dei rapporti di gerarchia.
La disciplina x il funzionamento della disciplina delle regioni a statuto ordinario si trova nella
costituzione mentre la disciplina che riguarda le regioni a statuto speciale si trova nello statuto speciale.
Quindi quando la costituzione parla delle regioni fa riferimento alle regioni a statuto ordinario.
La disciplina costituzionale delle regioni ha subito delle profonde modifiche in seguito alla legge
costituzionale n. 1 del 99 e la legge costituzionale n. 3 del 2001.
Legge costituzionale n. 1 del 99 ha modificato la costituzione ed è intervenuta sulla disciplina degli
statuti sotto un duplice profilo:
1. procedimento di adozione degli statuti.
2. L’ampiezza delle scelte che si possono fare
Novità: attribuzione allo statuto della possibilità di stabilire la forma di governo della regione (si intende
per forma di governo il tipo di relazione tra legislativo ed esecutivo). La scelta degli statuti non è del
tutto libera.
Quadro istituzionale in cui la legge è andata a incidere. La forma di governo preesistente alle modifiche,
intervenute grazie alla legge costituzionale del 99, era quella parlamentare e questo causò notevole
instabilità politica.
C’erano due indirizzi politici da raggiungere attraverso la legge costituzionale del 99:
1. Attribuire maggiore autonomia politica alle regioni e maggiori poteri, (dando allo statuto il potere
di determinare la forma di governo art 123 cost) questo indirizzo si è tradotto nella legge
costituzionale che ha attribuito allo statuto di poter determinare la forma di governo.
La forma di governo parlamentare preesistente per come essa si era realizzata aveva assunto dei
profili di assemblearismo e quindi caratterizzata da instabilità politica (continue crisi del governo),
addirittura più instabili di quelle statali. La forma di governo era degenerata in quella patologia chiamata
assemblearismo.
2. Accanto al primo indirizzo vi è un secondo: prevenire questa patologia e dare maggiore stabilità
agli esecutivi. Lasciando mani libere agli statuti questi ultimo avrebbero ribadito la forma di
governo già esistente. Porre fine all’instabilità politica regionale in quanto quello che si era
instaurato era l’assemblearismo.
Dal contrasto di questi 2 indirizzi politici deriva la complicazione.
Per risolvere la (pressione) ma in realtà non è stato così l’ultimo comma dell’art 122 viene modificato
come segue:
Art 122 ultimo comma Cost.: il presidente della giunta regionale salvo che lo statuto disponga
diversamente è eletto a suffragio universale diretto.
Tutte le regioni hanno adottato l’elezione diretta.
Questo significa:
La legge ha stigmatizzato la possibilità che le regioni possono adottare un forma di governo che non
contenga l’elezione diretta. Si è creata una pressione politica sulla classe politica e la si è spinta ad
eleggere direttamente il presidente, anche se in capo alle regioni non vi è alcun obbligo giuridico di
eleggere direttamente il presidente. Il legislatore costituzionale ha messo una pressione politica sulle
classi politiche regionali.
L’art 122 è possibile capirlo solo sul piano politico e non giuridico. Esso stigmatizza l’eventuale scelta
degli statuti volta a non ottemperare l’opinione politica regionale. 26
Diritto costituzionale Pag.
L’ultimo comma dell’art. 122 voleva diminuire il potere dei partiti politici per aumentare quello dei corpi
elettorali regionali. La classe politica si è trovata costretta all’elezione diretta ma è sottoposta a dei
vincoli.
Le Soluzioni quindi per le Regioni erano 2:
1. La regione poteva rifiutare la diretta eleggibilità del presidente della giunta, ma visto che lo
statuto è soggetto a referendum se l’opinione pubblica è contraria alla forma di governo sarà
punito con la bocciatura
2. Se tu scegli pur non essendo obbligato di far eleggere il pres dal corpo elettorale allora scattano
una serie di vincoli giuridici.
Art 126 Cost: vincoli: (trappola che scatta quando lo statuto decide la diretta eleggibilità). Il
consiglio può esprimere la sfiducia (neoparlamentare: presidente eletto dal corpo elettorale) nei
confronti del presidente (poteri maggiori di quelli del pres del consiglio dei ministri in quanto
può nominare e revocare gli assessori regionali) al fine di rendere stabile la giunta.
Votazione della mozione di sfiducia per appello nominale a maggioranza assoluta.
L’approvazione della mozione di sfiducia del presidente eletto direttamente comportano le
dimissioni della giunta e lo scioglimento del consiglio.
Questo pone fine in modo definitivo all’instabilità politica. In questo modo si è raggiunto
l’obiettivo della stabilità politica.
La regione ha la facoltà di scegliere la forma di governo ma c’era anche un indirizzo volto a cancellare
l’assemblearismo.
Prima del 99 c’era una forma di governo parlamentare e quindi il vantaggio ce l’aveva il consiglio
regionale, dopo il 99 il presidente della ragione ha un forte potere in quanto anche con le sue
dimissioni può provocare lo scioglimento non solo della giunta ma anche del consiglio.
La stabilità è stata implementata dalla legge costituzionale del 99.
La legge cost del 99 ha modificato lo statuto dopo il 99, mentre prima lo statuto era un atto adottato
dalla regione ma era sottoposto a un approvazione del parlamento italiano ma questo ha comportato
una particolare omogeneità dei singoli statuti.
Lo statuto è frutto di decisioni politiche regionali.
Art. 123 3 comma Cost: Lo statuto è approvato e modificato dal Consiglio regionale con legge
approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, con due deliberazioni successive adottate ad
intervallo non minore di due mesi.
La legge che può modificare lo statuto presenta un maggiore aggravamento in quanto in entrambe le
delibere è richiesta la maggioranza assoluta al contrario della legge di revisione dove nella prima
votazione è richiesta la maggioranza semplice.
Nel procedimento di adozione dei nuovi statuti troviamo profili di analogia con art 138. Ven. 27.03.2015
Procedimento di adozione e di modifica degli statuti (ci sono dei parallelismi con la legge di revisione
cost).
La Legge di uno statuto per essere modificata ha bisogno di un procedimento aggravato rispetto
all’adozione di altre leggi regionali, in questo c’è la giustificazione della sua superiorità rispetto alle leggi
regionali.
Art. 12: modifica della legge degli statuti. Lo statuto è modificato dal consiglio regionale con legge
approvata a maggioranza assoluta con due delibere successive con un intervallo di tempo non inferiore
ai 2 mesi.
In relazione a queste delibere si prevede la possibilità che il governo possa promuovere la questione di
legittimità cost, sulla delibera del consiglio, alla corte entro 30 giorni dalla pubblicazione (solo
27
Diritto costituzionale Pag.
notiziaria). Quindi dopo che lo statuto è stato approvato dal consiglio la delibera può entro 30 giorni
dalla sua pubblicazione essere impugnata dal governo di fronte alla corte costituzionale.
Lo statuto è sottoposto a referendum popolare.
Parallelismo tra 123 e 138. C’è la possibilità di una consultazione referendaria. C’è un filtro popolare.
Due filtri distinti, due controlli distinti:
1. Governo può impugnare la delibera del consiglio solamente se ritiene che questo violi una
norma costituzionale quindi il controllo al quale è sottoposto lo statuto è un controllo di
legittimità cost. la corte darà ragione al governo solo se la norma viola la costituzione. Controllo
di costituzionalità.
2. Sottoposizione della delibera statutaria al referendum popolare. Il referendum non prevede
alcun quorum partecipativo (a differenza del quorum abrogativo), come il referendum previsto
dall’art. 138. La consultazione è valida anche se partecipa una minoranza risicata del corpo
elettorale.
Ragioni della bocciatura del referendum: ragioni politiche (si spiega così la spinta dell’elezione
del presidente direttamente). Se il consiglio regionale decide per la non diretta eleggibilità si
sottopone al rischio di vedere il proprio statuo bocciato in sede di referendum in quanto i
soggetti legittimati a proporre il referendum sono una minoranza (è raro che venga richiesto).
Controllo politico per verificare la consonanza delle scelte nello statuto in relazione alla
maggioranza nel corpo elettorale.
Tale procedimento aggravato deve essere eseguito sia per l’adozione di un nuovo statuto, sia la
modifica di singoli articoli dello statuto.
LEGGE REGIONALE.
Legge costituzionale 3 del 2001.
Prima del 2001: l’art 117 presentava un elenco di materie la cui disciplina era di competenza legislativa
regionale e tutto ciò che non era incluso era di competenza legislativa statale (criterio residuale a
favore della competenza statale).
Dopo 2001: l’art 117 presentava un elenco di materie di competenza legislativa esclusiva statale,
competenza legislativa concorrente delle regioni e tutte le materie non incluse rientrano nella
competenza residuale delle regioni. Viene ampliata l’autonomia regionale.
Art. 117 cost: desumiamo l’esistenza di 3 differenti tipologie di competenza legislativa
1. Competenza legislativa esclusiva dello stato: elemento unificante: materie che coinvolgono
l’interesse nazionale.
2. Competenza legislativa concorrente delle regioni: allo stato compete fissare i principi
fondamentali (leggi quadro: leggi contenenti principi fondamentali regolatori della materia)
mentre alle regioni compete stabilire le regole di dettaglio (disciplina di dettaglio).
3. Competenza legislativa residuale delle regioni
La competenza esclusiva statale contiene due tipologie di materie:
1. Materie che vanno a individuare un ambito materiale in cui solo lo stato può legiferare (es
lettera r)
2. Materie: più che materie sono fini la cui competenza è data allo stato (es secondo comma
lettera e: tutela della concorrenza).
ESEMPIO CONCRETO
Servizi pubblici locali (acqua, illuminazione): non c’è in nessuno dei due elenchi quindi sono le regioni
competenti (competenza residuale).
Ci sono però dei profili di questa disciplina che chiama in causa la competenza legislativa esclusiva
statale in materia della concorrenza. 28
Diritto costituzionale Pag.
Come e a chi vengono affidati i servizi pubblici locali?
Il Comune ha 2 possibilità:
1. O il comune svolge direttamente il servizio pubblico tramite i propri organi: affidamento diretto
2. O pubblica un bando e affida quel servizio a una società operante nel mercato
Queste scelta se svolgere in casa il servizio o farlo svolgere a una società non è una scelta indifferente
per quanto concerne la materia tutela della concorrenza.
Affido a una società il compito di svolgere il servizio pubblico, ma in questo modo sottraggo la mia
società al giudizio del mercato. In questo modo se la società è una società attiva sul mercato ho violato
le regole di concorrenza in quanto ho avvantaggiato quella società a discapito delle altre.
Se è vero che la materia servizi pubblici è competenza residuale, è vero anche che tutti quei profili di
questa disciplina che richiamano la materia concorrenza sono di competenza esclusiva dello stato.
Queste materie vengono definite materie trasversali in quanto tagliano in modo trasversale tutte le
competenze.
Art. 118: le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio
unitario siano conferiti ad altri enti territoriali sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed
adeguatezza. (Distribuzione delle competenze amministrative tra enti territoriali).
Apparentemente sembrerebbe che l’art 118 non centri niente con le competenze legislative dell’art 117
in realtà non è così perché esiste un parallelismo tra competenza legislativa e amministrativa.
Le funzioni legislative coinvolgono anche le funzioni amministrative. (PA: attua concretamente la legge
statale per raggiungere gli obbiettivi politici stabiliti in sede legislativa).
Se regioni e stato hanno funzione legislativa hanno anche funzioni amministrative (esiste un
parallelismo tra le 2 funzioni). Nella legge si effettuano le scelte politiche, poi l’apparato amministrativo
attua gli obiettivi.
Es1: Regioni competenza concorrente in materia di trasporto e distribuzione nazionale dell’energia
elettrica. Questo significa che alle regioni è attribuita anche una funzione amministrativa. Lo stato si è
accorto della follia di ciò.
Lo stato ha evocato a se il livello dello svolgimento delle funzioni amministrative. Lo può fare? Si
perché glielo concede l’art. 118 sulla base del principio di sussidiarietà che gli consente di spostare a
un livello superiore lo svolgimento delle attività amministrative. Se lo stato decide che il piano ottimale è
uno superiore può arrogare la materia a un altro ente. In questo modo lo stato ha arrogato a se le
funzioni amministrative.
Quando lo stato evoca a se una competenza amministrativa regionale applicando l’art. 118, (elevare a
un livello superiore lo svolgimento di funzione amministrativa sulla base del principio di sussidiarietà) in
ragione del principio di legalità, la funzione amministrativa si tira dietro a se la funzione legislativa
(Chiamata di sussidiarietà). Mer. 08.04.2015
Da un punto di vista quantitativo la modifica dell’art 117 del 2001 ha incrementato l’autonomia
regionale. In realtà l’autonomia regionale è stata ridimensionata (dalle sentenze della corte
costituzionale) perché il giudice costituzionale è un organo statale e incline ad avvantaggiare lo stato
rispetto alle regioni e anche per le ragioni dello Stato unitario.
Competenza esclusiva statale: (vedi pag. 33 App.)
1. Elenco di materie che individuano ambiti oggettivi
2. Materie che più che materie vanno a individuare dei fini e valori da tutelare. 29
Diritto costituzionale Pag.
Es1: tutela dell’ambiente: non è una materia ma un fine un valore da tutelare. Tutte le volte in cui in una
materia di competenza regionale si rileva la necessità di tutelare beni ambientali lo stato può legiferare
in quella materia.
Es2: Trasporto e distribuzione energia elettrica (materia concorrente): lo stato fissa i principi generali e
le regioni le regole specifiche di dettaglio (es localizzazione elettrodotti). Ci sono profili ambientali
(inquinamento elettromagnetico). Tutte le volte in cui il problema della gestione, della localizzazione di
un elettrodotto riguarda l’inquinamento, scatta la competenza legislativa statale e quindi lo stato può
fare anche norme di dettaglio (anche se è di competenza concorrente).
Sono definite materie trasversali (non materie). Tagliano trasversalmente le competenze legislative
concorrenti e residuali e statali.
Art. 118: Si riferisce alle competenze amministrative.
Spetta ai comuni, almeno che il livello ottimale non deve essere spostato a un livello superiore.
Principio di Sussidiarietà: ente più vicino ai beneficiari (comuni). Tale principio consente di allocare a un
livello superiore l’esercizio dell’attività amministrativa. Lo stato valuta che il livello ottimale non sia ne
quello comunale, regionale e di altri enti tranne quello statale. Ritiene che le funzioni relative a trasporto
e distribuzione energia siano attuate da quello statale. Quindi lo stato avoca a se in virtù del
principio di sussidiarietà l’esercizio di funzioni amministrative relative al trasporto.
Problema: nel momento in cui lo stato avoca a se le funzione amministrativa avoca a se anche funzione
legislativa. La chiamata di sussidiarietà della funzione amministrativa di una materia di competenza leg
reg si tira dietro anche l’esercizio della funzione legislativa.
In realtà se qualcuno volesse comprendere l’assetto delle competenze leg statali e reg non può basarsi
solo nell’art 117 in quanto è stato stravolto dalla corte. Le sentenze della corte rendono fluido il sistema
delle competenze leg.
REGOLAMENTI:
Modifica del 2001
Prima 2001 era il consiglio reg. che era titolare di funzione legislativa e regolamentare
Dopo 2001: non ha detto che la potestà reg compete alla presidente o alla giunta, ma ha cancellato al
consiglio la funzione regolamentare e ha rimesso ai singoli statuti se allocare la funzione regolamentare
al consiglio o all’organo esecutivo.
Tutte le regioni hanno optato per l’esercizio della funzione regolamentare in capo all’organo esecutivo
regionale.
Le regioni a statuto ordinario sono disciplinate dalla costituzione.
REGIONI A STATUTO SPECIALE
La disciplina dell’organizzazione e il funzionamento delle regioni a statuto speciale si trova nei rispettivi
statuti speciali.
Statuti speciale: sono leggi costituzionali. Gli statuti sono fonti di diritto statale.
Giustificazione tecnica: l’idea era quella di conferire alle regioni maggiori poteri rispetto a quelle regioni
a statuto ordinario, quindi era necessario utilizzare un atto normativo capace di derogare il titolo V della
cost. L’unico modo per raggiungere tale obiettivo era dare allo statuto di tali regioni la veste giuridica
della legge costituzionale.
Legge n 3/2001 art. 3
Dopo 2001 le regioni ordinarie si trovano ad essere titolari di poteri maggiori rispetto a quelle speciali,
perché ad esempio la competenza residuale non è prevista negli statuti delle regioni a statuto speciale.
Di massima l’attuale testo del titolo V riconosce alle regioni maggiori poteri rispetto a quelli riconosciuti
alle regioni a statuto speciale.
Si creava quindi un paradosso cioè che le regioni a statuto speciale che dovrebbero avere maggiori
poteri dopo il 2001 si trovavano ad avere minori poteri delle altre. 30
Diritto costituzionale Pag.
Una regione a statuto speciale che dovrebbe avere maggiori poteri, dopo il 2001 si trova in una
posizione di avere minori poteri rispetto alle regioni ordinarie perché ad es le regioni speciali non hanno
competenza legislativa residuale. Potrebbe succedere quindi che una regione a statuto speciale non ha
un potere che invece quella a statuto ordinario ha.
Dopo 2001: le regioni speciali non hanno potestà legislativa che invece le regioni a statuto ordinario
sulla base delle competenze residuali hanno.
Soluzione al paradosso: criterio del legislatore del 2001 (legge cost. 3/2001 art. 10) che ha modificato
titolo V.
Clausola o principio di maggior favore: se è più favorevole applicare il titolo V si applica quello se
invece rimane da preferire la disciplina dello statuto si applica lo statuto.
Le Regioni speciali si trovano ad avere un duplice ordine di attribuzioni: da una parte conservano le
precedenti competenze, così come risultano dai “vecchi” elenchi contenuti nei loro Statuti, ma
contemporaneamente possono beneficiare di ulteriori funzioni, in quanto ad esse si applicano le
disposizioni della riforma del titolo V Cost. “per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie”,
rispetto a quelle che sono loro già attribuite (art. 10 legge. cost. n. 3 del 2001).
La clausola di maggior favore vale per quanto attiene alla potestà legislative regionale invece per
quanto riguarda la forma di governo è intervenuta la legge cost. numero 2 del 2001.
La legge cost. numero 2 del 2001 ha introdotto la legge statutaria: le regioni possono con legge
statutaria derogare le disposizioni riguardanti la forma di governo prevista dagli statuti speciali. Gli
statuti sono stati quindi decostituzionalizzati dalla legge del 2001.
Lo statuto speciale disciplina la forma di governo, quindi la legge del 2001 ha detto che all’entrata in
vigore della legge statutaria, vengono abrogate le disposizioni che riguardano la forma di governo
previste dallo statuto.
Con la legge statutaria con cui le regioni decidono la forma di governo le regioni possono derogare lo
statuto speciale in quanto hanno la veste di legge costituzionale.
MAGISTRATURA
Costituisce uno dei tre poteri dello stato.
Distinzione tra magistrati ordinari e magistrati speciali
I magistrati ordinari sono quelli che hanno competenza generale: se una materia non è assegnata ad
altri giurisdizione la materia ricade ai magistrati ordinari.
Magistrati speciali hanno giurisdizione su specifiche e particolari materie ad esempio quella
amministrativa: costituita dal TAR e dal Consiglio di stato. La magistratura amm ha competenza a
decidere liti che prendono in considerazione l’interesse legittimo. I Tar sono istituiti presso i capoluoghi
di regione ed è giudice di primo grado mentre il Consiglio di stato di ultimo grado.
Non è possibile l’istituzione di giudici straordinari: tale divieto si lega al principio del giudice naturale
precostituito per legge (cost.). Non è possibile che venga istituito un giudice al fine di giudicare su un
determinato fatto, il giudice deve sempre essere individuato prima del fatto.
Es di giudice straordinario: Processo di Norimberga: giudici costituiti dopo.
I giudici straordinari sono possibili solo in casi eccezionali, dopo eventi epocali. Rappresenta una
questione di garanzia.
Problema giudici straordinari: l’istituzione successiva di un giudice infligge il carattere fondamentale dei
giudici che è l’imparzialità (il giudice deve essere terzo rispetto alle parti).
Giudici e PM sono entrambi magistrati
I Giudici fanno parte della magistratura giudicatane cioè emettono sentenze e giudizi
PM pubblica accusa rappresenta la magistratura requirente e sono magistrati che sostengono pubblica
accusa. 31
Diritto costituzionale Pag.
Gio. 09.04.2015
Principi della magistratura:
1. Indipendenza della magistratura Dagli altri poteri dello stato: legislativo ed esecutivo. La
magistratura deve essere indipendente dalla politica. La magistratura non è un organo di
indirizzo politico e la sua azione deve essere volta solo all’applicazione del diritto.
Si capisce l’indipendenza da 2 principi:
∞ I giudici sono soggetti solo alla legge: i giudici devono agire indipendentemente dalla politica.
(per la magistratura giudicante)
∞ Obbligatorietà dell’azione penale: tutte le volte che il PM ha una notizia di un reato egli ha
l’obbligo di iniziare il procedimento penale. Obbligo di esercitare l’azione penale. (magistratura
requirente). Entrambe le magistrature sono indipendenti.
2. Solo magistratura giudicante: imparzialità o terziarità del giudice. Principio in base alla quale
non si possono istituire giudici straordinari e vale il principio del giudice precostituito x legge. È
necessario che la sua competenza a giudicare sia contemplata prima che il fatto avvenga,
perché in caso contrario mina la sostanza dell’indipendenza del giudice. I criteri vengono fissati
prima che il fatto avvenga.
INDIPENDENZA dal potere politico
Interessa e connota entrambe le magistrature.
Come viene garantita l’indipendenza? La costituzione prevede diversi strumenti:
1. CSM: organo di autogoverno della magistratura. I magistrati sono anche dei funzionari pubblici
e quindi fanno parte della PA. Da un punto di vista dell’organizzazione amm i magistrati
sarebbero inquadrati in un qualche ministero della giustizia e quindi sarebbero sottoposti al
ministro della giustizia. Per evitare la sottoposizione gerarchica dei magistrati al ministro della
giustizia e garantire l’indipendenza è stato creato il CSM.
Funzioni CSM: adotta tutti quei provvedimenti relativi allo status giuridico dei magistrati
(licenziamenti, promozioni, trasferimenti, assunzioni ecc..) che in assenza del CSM sarebbero
adottati dal ministro della giustizia.
Perché il csm è in grado di garantire l’indipendenza? Questa attitudine riposa nella sua
organizzazione e composizione: organo che per due terzi (componenti togati: magistrati eletti
da magistrati) è composto da magistrati e il rimanete terzo (componenti laici) è nominato dal
parlamento in seduta comune tra i professori ordinari e gli avvocati dopo 15 anni dallo
svolgimento della sua professione.
Totale di 24 membri elettivi:
16 togati
8 laici.
Oltre ai 24 componenti vi sono 3 membri di diritto: presidente della rep, il primo pres della
cassazione e il procuratore generale della cassazione.
Il pres del csm è il pres della rep, ma il csm deve procedere anche alla nomina di un vicepresidente
che deve essere nominato dal pres in seduta comune tra i membri laici.
Il provvedimento adottato dal csm è impugnabile (è un atto amministrativo impugnabile davanti al tar).
Funzione di giudicare sulla responsabilità disciplinare dei magistrati.
Chi può sollevare l’azione disciplinare?
1. Procuratore generale della cassazione
2. Ministro della giustizia (può solo attivare sollecitare l’azione, mentre giudica sempre la apposita
sezione del csm). 32
Diritto costituzionale Pag.
Funzioni ministro della giustizia:
La costituzione disciplina le competenze residue del ministro: tutti i compiti relativi al funzionamento e
all’organizzazione dei servizi attinteti alla giustizia (costruzione e conservazione di palazzi della giusti).
Il ministro può promuovere l’azione disciplinare.
Sono soggetti al ministro della giustizia tutti i dipendenti che non sono magistrati come i cancellieri che
sono funzionari pubblici del ministero che sono gerarchicamente sottoposti al ministro della giustizia.
DIRITTI COSTITUZIONALI
I diritti costituzionali sono contemplati da vari disposizioni della costituzione.
I principali diritti sono contenuti nel titolo I della cost.
ART. 13: diritto alla libertà personale.
Libertà personale è inviolabile: se è un diritto è intrinseca la sua inviolabilità (tutti i diritti sono inviolabili).
Quindi che senso ha? In questo caso l’inviolabilità fa riferimento all’irrivedibilità, questo significa che
l’art. 13 Cost. fa parte dei quei principi che non possono essere soggetti a revisione cost (art. 138).
La libertà personale è un diritto che non può essere violato ma può essere compresso. Seguno una
serie di eccezioni. Per comprimere è necessario che il provvedimento ristrettivo venga adottato con
delle garanzie.
Qualunque atto restrittivo dell’autorità pubblica che incida negativamente e comprima la libertà
personale non è legittimo salvo che se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e
modi previsti dalla legge .
L’art. 13 Cost quindi prevede 2 garanzie:
1. L’atto restrittivo della libertà può essere adottato solo nei casi e nei modi previsti dalla legge:
l’art 13 prevede una riserva di legge. Solo la legge e nessun atto normativo può prevedere un
provvedimento restrittivo della libertà.
Perché la legge rappresenta una garanzia? La legge è un atto del parlamento ed è approvato
dalla maggioranza ma è sottoposto comunque all’influenza dell’opposizione che svolge una
funzione di contrasto, bilanciamento nei confronti della maggioranza, inoltre le sedute sono
pubbliche e quindi controllabili dall’opinione pubblica.
La funzione garantistica dei padri costituenti in realtà era diversa. In quei tempi la forma di
governo era dualistica e di conseguenza il governo non doveva avere la fiducia dalle camere.
L’esecutivo non doveva godere della fiducia della camera ma dal re. Quindi la distinzione tra
legislativo ed esecutivo non è solo come oggi funzionale perché il governo rappresentavano
l’aristocrazia mentre il parlamento la borghesia, quindi la legge risulta un atto espressivo di un
organo separato dall’esecutivo. Vi è una netta separazione. L’esecutivo rappresenta
l’aristocrazia e doveva avere la fiducia del re, mentre il legislativo rappresenta la borghesia.
La legge individua le fattispecie astratte, spetta poi all’autorità giudiziaria (prima requirente e poi
giudicante) verificare se quella fattispecie sia concretamente verificabile. Può la legge stabilire
qualsivoglia fattispecie legittimante l'adozione di provvedimenti restrittivi? la costituzione ha
dato carta bianca alla legge? ovviamente ci sono dei limiti. Le restrizioni di un diritto possono
essere contemplate solo x salvaguardare interessi di natura parimenti costituzionali, la
limitazione deve essere funzionale a garantire interessi o diritti garantiti da altri art. della
costituzione. La restrizione deve avere un collegamento con un diritto o interesse di natura
costituzionale.
1. Riserva di giurisdizione: fa riferimento all’indipendenza della magistratura. È necessario un
apparto amministrativo x applicare la legge e l’apparato indipendente è la magistratura. La
costituzione dice che l’atto deve essere motivato (motivazione dell’atto da parte
dell’autorità giudiziaria): l’autorità deve indicare espressamente l’art di legge che legittima
l’adozione del provvedimento legislativo di restrizione della libertà. L’autorità che mette in atto
concretamente la normativa legislativa è l’autorità giudiziaria. Ven. 10.04.2015
33
Diritto costituzionale Pag.
Art 13 comma 3 prevede delle eccezioni al secondo comma nei casi di necessità e urgenza. Si occupa
del problema: cosa succede quando non vi è tempo di attendere il provvedimento della legislatura e
l’autorizzazione della magistratura? Ad es cittadino viene colto nel fatto in questo caso l’intervento
dell’autorità può essere immediato.
Il provvedimento immediato dell’agente che arresta un soggetto colto in flagranza di reato è un
provvedimento provvisorio che deve essere comunicato immediatamente al PM e il PM deve
convalidare l’arresto in questione e se l’autorità non convalida l’atto si ritiene invalidato. Non può venire
meno l’intervento della magistratura anche se l’intervento è successivo. Se entro le 48 ore l’autorità non
comunica il provvedimento, l’arresto viene invalidato.
Art.14: libertà di domicilio.
L’art 14 dice che il domicilio è involabile (irrivedibilità come art. 13).
Domicilio: non coincide con la nozione data dal diritto privato: sede in cui il soggetto ha stabilito i propri
interessi o affari. (diritto civile)
Il domicilio costituzionalistica coincide con quello di dimora: luogo dove il soggetto si trova anche
occasionalmente a dimorare (es anche in una camera d’albergo o anche automobile). La nozione è
estremamente ampia.
Art. 14 rappresenta un’estensione spaziale della libertà personale di cui all’art.13. Le garanzie poste a
tutela della libertà domiciliare sono le stesse dell’art. 13.
Eccezione ultimo comma art. 14. Es guardia di finanza può entrare nel domicilio senza necessità di
ottenere provvedimento dall’autorità giudiziaria per fini economici fiscali. Questi provvedimenti che sono
normalmente ispezioni e accertamenti. Quando un ispezione è legittimata e necessitata da questi fini
non è necessario l’autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria.
Art. 17: Libertà di riunione.
La riunione in senso costituzionalistico si distingue da 2 fattispecie che sembrano ad esse simili. Si
distingue dal mero assembramento e dall’associazione (art. 18).
La riunione si verifica quando si realizza la compresenza in uno medesimo luogo di uno o più individui
che perseguono uno scopo comune (ascolto di discorso di un personaggio, teatro). È necessaria la
prossimità fisica di tutti i componenti perché si possa dire che i membri si sono riuniti.
Assembramento non vi è il perseguimento di un fine comune ma ognuno persegue il proprio fine.
Associazione che è disciplinata dall’art. 18. Non è necessaria la prossimità fisica dei membri.
Riunione e associazione non hanno nulla in comune. Non è la durata di tempo che le distingue ma la
prossimità fisica.
L’art. 17 fa riferimento ai cittadini in senso ampio: sia cittadini che gli stranieri. La libertà di riunione
incontra 2 limiti: deve essere svolta pacificamente e senza armi.
Perché una riunione possa definirsi armata è necessario che le armi siano detenute da un numero
ristretto di soggetti a condizione che il possesso delle armi sia conosciuto e approvato dagli altri
componenti della riunione.
L’Art. 17 detta una differente disciplina in ragione della differente tipologia di riunione.
Dalla costituzione si evince che 3 sono le possibili tipologie previste:
1. Riunione in luogo privato
2. Riunione in luogo aperto al pubblico
3. Riunione in luogo pubblico
Delle riunioni in luogo pubb deve essere dato preavviso alle autorità di polizia le quali possono negarlo
solo per motivi di sicurezza e incolumità pubblica.
Le riunioni in luogo aperto al pubblico e privato non è richiesto preavviso. 34
Diritto costituzionale Pag.
Criterio generale tramite il quale etichettare/classificare una riunione: maggiore o minore difficoltà di
acceso al luogo delle riunioni che è massima per le riunioni in luogo privato mentre è nulla per le
riunioni in luogo pubblico.
Per accedere a riunione in luogo privato è necessario ricevere il preventivo consenso da parte del
soggetto che ha la disponibilità giuridica nel luogo in cui si svolge la riunione. La difficoltà di accesso è
massima. Non è necessario chiedere il preavviso. Es: festa privata
Riunione in luogo pubblico (piazza, via, strada) Obbligo del preavviso all’autorità di polizia che può
vietare la riunione solo per sicurezza o incolumità pubblica. Può partecipare chiunque. Alle riunioni
vengono assimiliate le riunioni mobili: cortei, le processioni (i soggetti si spostano). Si applica la
disciplina delle riunioni in luogo pubblico e i soggetti devono indicare il percorso che il corteo intende
eseguire. Non è necessaria la previa autorizzazione ma solo preavvisare l’autorità da parte dei
promotori della riunione.
Gli scopi del preavviso:
1. L’Autorità di polizia preavvisata può vietare la riunione solo se ritiene che la riunione può ledere
o minacciare la sicurezza e l’incolumità pubblica (quando l’autorità teme che la riunione non sia
pacifica), ma non può vietarla perché non condivide i fini.
2. Il corpo di polizia viene a conoscenza perché sono stati preavvisati. Vi è l’appartato di polizia
perché è chiamato a salvaguardare la sicurezza e l’incolumità pubblica. Se la riunione non è
svolta in modo pacifico l’autorità può sciogliere la riunione. Creare un apparato perché la
situazione non degeneri.
Se il preavviso non viene dato (obbligo dei promotori) non rende la riunione illegittima ma è solo fonte
di responsabilità a carico dei promotori (sanzionati per il mancato preavviso). L’autorità non può
sciogliere la riunione se non è stata preavvisata.
Riunione in luogo aperto al pubblico. Condividono con quelle private il fatto di essere necessitate dal
preavviso. Riunione che si svolge in un luogo nel quale per accedervi è necessario avere un titolo
legittimante (es: biglietto del cinema). Mer. 22.04.2015
Art. 18 Diritto di associazione
Art. 18 comma 1: i Cittadini (sinonimo di tutti) hanno il diritto di associarsi liberamente e senza
autorizzazione x fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale.
All’interno del diritto di aderire a una associazione vi è anche il profilo negativo cioè si può anche non
aderire in quanto non si ha l’obbligo infatti non ci sono associazioni obbligatorie in teoria, ma in pratica
non è così come ad es avviene per gli ordini professionali (avvocati). Per determinati lavori (avvocato) è
richiesta la previa iscrizione a un associazione professionale.
Quindi le leggi e i regolamenti che prevedono questo obbligo sono incostituzionali? La corte ha fatto
salvo queste associazioni se bilanciano il diritto negativo con diritti o interessi parimenti costituzionali,
ad esempio la tutela del consumatore. L’obbligo di adesione all’albo è legittimo in quanto l’ordine degli
avvocati garantisce la qualità del servizio e la tutela dei clienti. I diritti convivono con altri interessi degni
di tutela costituzionale, quindi il profilo negativo del diritto di associarsi liberamente va integrato con altri
diritti costituzionali come la tutela del consumatore.
Riassumendo:
L’obbligo di associazione è un obbligo che contrasta con l’art 18 ma non è illegittimo nella misura in
cuoi l’organo è funzionale alla tutela di altri interessi costituzionali. 35
Diritto costituzionale Pag.
Se non vi sono altri interessi in grado di bilanciare l’aspetto negativo del diritto di associazione nessuno
può essere obbligato ad aderire a un’associazione.
I cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente. Tale diritto comprende anche un aspetto negativo
cioè il diritto a non essere obbligato ad associarsi, salvo che l’obbligo ad associarmi venga
controbilanciato da interessi che la corte ritiene soggetti a tutela costituzionale.
Questo vale anche per la libertà di riunione.
Art. 18 vieta le associazioni a delinquere: I fini dell’associazione sono irrilevanti per l’associazione
almeno che l’associazione non ha come fine il compimento di reati.
Le radici di questa disposizioni si ritrovano nella legislazione ottocentesca e nello statuto albertino che
vedevano male il fenomeno associativo. Tale fenomeno era visto in modo negativo. Nell’800 una
determinata fattispecie o atto poteva essere considerato dall’ordinamento lecito se posto in essere dal
singolo e illecito se posto in essere da un associazione. L’illeceità si verifica nel momento in cui l’atto
viene creato da un associazione.
La costituzione si occupa della illeceità penale e dice che un fatto non può diventare reato unicamente
perché è posto in essere in forma associativa.
Tutto ciò che da un punto di vista penale il singolo può fare senza violare la legge penale, lo può fare
anche in forma associativa.
La prima fattispecie di associazioni vietata è quella a delinquere che ha come fine quello di compiere
un reato cioè di un illecito penale.
Art 18 secondo comma: sono vietate le associazioni segrete e quelle di carattere militare che
perseguitano, anche indirettamente, scopi politici.
SEGRETA: quando non si sa della sua esistenza, o se conosciuta tiene segreti alcuni dei suoi
componenti.
Quello che è rilevante però è ricordare che la Legge P2 o legge Spadolini ha attribuito il significato da
dare al divieto delle associazioni segrete.
In realtà al carattere della segretezza la legge P2 ha dato un interpretazione autentica al II comma
dell’art. 18 in quanto attribuisce un ulteriore carattere alle associazioni segrete, che ha che fare con il
fine che consiste in scopi politici che sono in grado di influenzare i corpi politici dello stato.
Scopi politici: influenzare e determinare l’indirizzo politico. Tale associazioni vogliono inserirsi nel
circuito facendo in modo che la scelta politica sia un frutto non di un processo democratico, ma
influenzato da queste associazioni di tipo segreto e militare.
Quindi il II comma contiene un duplice divieto, il divieto di creare associazioni segrete e associazioni a
carattere militari che perseguono scopi politici. La legge p2 ha equiparato le associazioni segrete a
quelle militarie richiedendo per quelle segrete oltre che il presupposto della segretezza anche il fine
politico.
La legge p2 dice che la lettura più ragionevole porta a equiparare il divieto di associazioni segrete a
quelle militari. Quindi l’art. 18 vieta associazioni che perseguono scopi politici che possono
essere di carattere segreto o militare.
Cosa fa una associazione di carattere militare? Una legge dice che non è necessario che i componenti
siano armati, ma è sufficiente che l’associazione abbia una struttura gerarchica con ordini e gradi. Es:
boy scout, in questo caso non è vietata perché non persegue scopi politici.
Es partiti politici sono un particolare tipo di associazione che hanno come fine quello di influenzare con
metodo democratico sulla vita politica dello stato italiano ma lo fanno in modo palese (non sono
segrete) e non possono essere considerate militari.
Art. 21: libertà di espressione del proprio pensiero
L’art. 21 da un senso democratico a un determinato assetto politico.
Il contenuto riguardante la libertà di pensiero può essere quello più disparato (qualsiasi contenuto). 36
Diritto costituzionale Pag.
La libertà di espressione del proprio pensiero comprende anche il diritto di critica politica quindi
nessuno può dire che ho commesso un reato.
L’unico limite esplicito che l’ultimo comma dell’art. 21 pone è il buon costume. Non ci sono altri limiti
espliciti.
Buon costume: la corte ha detto che il buon costume coincide con la nozione di morale sessuale e
non ha nulla a che fare con l’ordine pubblico. La morale sessuale rappresenta un concetto valvola:
uno strumento che serve ad evitare l’anacronismo normativo al fine di adeguare tale concetto di buon
costume ai tempi.
Limiti impliciti Art. 21: sono la conseguenza della convivenza del diritto di pensiero con altri
diritti parimenti riconosciuti dalla Costituzione.
Tutti i diritti sono circoscritti dalla convivenza con altri diritti parimenti costituzionali, quindi i diritto sono
limitati dalla convivenza con altri diritti.
Nel art 21 è contenuto anche il diritto di cronaca (diritto di informare) esercitato dai giornalisti. Questo
diritto che è una sottospecie della libertà di pensiero quindi si può ritenere che l’unico limite è il buon
costume ma in realtà non è così perché il diritto di cronaca deve convivere con altri diritti come ad es: il
diritto alla privacy. In questo caso vi è il contrasto tra due diritti costituzionali e quindi la libertà di
pensiero viene limitato da altri diritti.
Art. 33 afferma che la arte e scienza sono libere
La manifestazione artistica NON incontra il limite del buon costume.
A volte è dubbio se la manifestazione sia artistica o meno. Cos’è arte? Se è una manifestazione
artistica non commetto un reato.
Se è manifestazione artistica non è soggetta al limite del buon costume in caso contrario è soggetta a
tale limite perché si tratta della libertà di espressione del proprio pensiero. Gio. 23.04.2015
Art. 21 Chiave di volta dello stato democratico.
L’unico metodo di diffusione del pensiero che prende in considerazione l’art 21 è la libertà di stampa. Il
costituente non aveva la sfera di cristallo e non sapevano cosa sarebbe divenuta la comunicazione,
inoltre non furono abbastanza attenti a questo profilo perché l’art 21 disciplina solo la stampa e non la
radio (che ad es già c’era a quei tempi). L’art. 21 fa riferimento a qualunque mezzo di diffusione del
pensiero.
Oggi: internet: rete di reti.
Il buon costume è un concetto vago che consente di adeguare l’art 21 all’andamento dei tempi
(concetto valvola).
Antinomia normativa tra diritti o interessi di norme parimenti costituzionali.
Ciò che accomuna tutti i dritti è che tutti i diritti devono convivere tra di loro, ma possono confliggere e
allora nasce la necessità di un bilanciamento. Come si risolve un conflitto tra diritti tra pari grado cost?
Si fa un bilanciamento sulla base del principio della ragionevolezza attraverso il quale viene attribuito
un peso diverso al diritto.
Es1: Il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero nel bilanciamento tra tale diritto e la dignità
umana, prevale la dignità umana.
L’antinomia è all’interno della stessa costituzione. Un diritto non può prevalere sull’altro. L’Unico modo
è quello di utilizzare il criterio della ragionevolezza cioè il bilanciamento tra diritti.
Es2: aborto: è legittimo? Si. Nel bilanciamento tra vita del nascituro e salute della madre, se si
verificano determinate condizioni, prevale il diritto della donna alla salute.
Esistono specifiche manifestazioni del pensiero che hanno apposite discipline differenti:
1. Manifestazioni che hanno carattere scientifico o artistico per cui non è previsto alcun limite
esplicito cioè del buon costume (art. 33). 37
Diritto costituzionale Pag.
2. Manifestazione religiosa o libertà di religione (art. 19). Ciascuno è libero di credere o non
credere a ciò che vuole. Il diritto si interessa alla libertà di religione allorquando la libertà di
religione fuoriesce dal luogo delle manifestazioni esteriori. Infatti art. 19 diche che tutti hanno
Tutti hanno diritto di professare (cioè di manifestare e non di crederci o non crederci)
liberamente la propria fede.
Quando ci si occupa del fenomeno religioso bisogna tenere conto che ci sono 2 aspetti:
1. Profilo individuale: Libertà religiosa. L’unico limite della cost è quello relativo ai riti che
contrastino con il buon costume (stesso significato art 21: morale sessuale) disciplinato dall’art.
19.
2. Profilo istituzionale: si intende il rapporto tra stato e confessioni religiose (sono ordinamenti
giuridici), cioè il rapporto tra 2 ordinamenti giuridici distinti. Questo profilo è disciplinato da due
distinti articoli: l’art 7 e l’art. 8. Lo stato italiano come si potrebbe definire: uno stato laico o uno
stato confessionale? È necessaria un’apposita etichetta, per una serie di motivi.
Uno dei motivi si individua nell’art. 7 che si compone di 2 commi.
Il I comma art. 7 sembra prefigurare uno stato laico in quanto dice che lo stato e la chiesa
cattolica sono indipendenti e sovrani, quindi lo stato e la chiesa cattolica sono 2 ordinamenti
giuridici distinti e separati.
Nel II comma dell’art. 7 si appuntano le critiche di chi considera lo stato italiano semilaico (cioè
non del tutto laico). Il comma dice che i loro rapporti sono disciplinati dai patti lateranensi
(trattato internazionale complesso) e che la modificazione dei patti accettati da entrambe le
parti non richiedono procedimento di revisione costituzionale. Molti profili che delineavano il
senso confessionale dello stato vengono eliminati nell’84 e sono state eliminate alcune norme
contenute nel concordato.
Le modificazione dei patti accettate da entrambe le parti non richiedono procedimento di
revisione costituzionale. Questo significa che in qualche modo i patti lateranensi che son un
trattato internazionale ricevono un trattamento favorevole rispetto agli altri trattati internazionali,
perché lo stato può violare o modificare un trattato, ma è responsabile sul piano internazionale
mentre sul piano interno non sorgono problemi di costituzionalità (fino al 2001). Fino al 2001
succedeva che lo stato italiano per i Trattati internazionali li recepiva con legge che poi può
essere modificata con legge successiva che se non è frutto dell’accordo tra i due stati è una
violazione del trattato solo che la modifica sul piano dell’ordinamento italiano è legittima (vale il
criterio cronologico) mentre rappresenta una violazione sul piano del diritto internazionale e
quindi lo stato è responsabile.
Per i patti lateranensi che altro che non sono che trattati internazionali tra stato italiano e chiesa
cattolica invece l’art 7 fin dal 1948 prevedeva un’altra disciplina: se lo stato italiano avesse
provato a modificare i patti lateranensi unilateralmente con una legge, senza attendere il
consenso la chiesa cattolica, tale legge sarebbe stata costituzionalmente illegittima, perché per
la modificazione dei patti in via legislativa si può intervenire solo previo accordo con la chiesa
cattolica. La legge che ha recepito i patti lateranensi può essere modificata unilateralmente solo
con il procedimento di cui all’art 138. Tale legge è atipica cioè ha una capacità di resistenza
all’abrogazione superiore a quella tipica delle altre leggi.
Le modificazioni dei patti accettate dalle due parti non richiedono procedimento di revisione cioè
se tu modifichi i patti di comune accordo, la legge che recepisce i patti e il contenuto
dell’accordo può modificare i patti, se tu stato italiano modifichi unilateralmente una norma che
ha recepito i patti non lo puoi fare con legge ma solo con legge di revisione costituzionale anche
se la legge che ha recepito i patti lateranensi nel 29 sia una legge ordinaria. 38
Diritto costituzionale Pag.
Adesso (dopo 2001) si potrebbe dire che per tutti i trattati internazionali è così, perché la legge statale
che va a modificare un trattato int senza accordo con gli stati viola indirettamente l’art. 117 (obblighi
comunitari).
Se si può dire che il trattamento dei patti lateranensi dopo il 2001 è stato equiparato a quello dei trattati,
di sicuro non è stato equiparato il rapporto tra stato e confessioni cattoliche e tra stato e confessioni
acattoliche (diverse da quelle cattoliche) che sono disciplinate dall’art. 8.
ART. 8: rapporto tra stato e confessioni acattoliche.
I rapporti tra confessioni acattoliche e lo stato sono disciplinate per legge sulla base di intese
con le relative rappresentanze.
La disciplina tra stato e confessioni cattoliche è sicuramente differente da quella tra stato e confessioni
acattoliche, in quanto i rapporti con le confessioni cattoliche sono disciplinate dai patti lateranensi
mentre per quelle acattoliche per legge sulla base di intese.
Primo profilo: rapporti con le confessioni acattoliche. I rapporti con le confessioni acattoliche devono
essere necessariamente disciplinate sulla base di intesa?
No. Se lo stato non diviene a una intesa con una confessione (es atei hanno provato a concludere una
intesa ma il governo italiano ha considerato che gli atei non siano una confessione religiosa quindi non
conclude un intesa. Quindi il fatto che lo stato non concluda l’intesa, questo preclude la possibilità per
lo stato italiano di disciplinare questo fenomeno? No, lo stato italiano può unilateralmente disciplinare il
fenomeno dell’ateismo senza la necessità di divenire a un’intesa con gli atei. Questo rappresenta il
primo elemento distintivo.
Secondo elemento distintivo.
Facciamo un ipotesi che una legge sia stipulata sulla base di un’intesa. Può lo stato, che conclude
un’intesa con la comunità ebraica (confessione acattolica), unilateralmente modificare questa legge?
No. Allora si potrebbe dire che il rapporto non è differente. L’art. 8 dice però che il rapporto deve per
legge sulla base di intese, questo significa che la legge deve avere alle spalle un intesa ma non è
tenuta da un punto di vista giuridico a trasfondere (trasferire) il contenuto dell’intesa nella legge. Vi
sono margini di manovra.
In uno stato laico le confessioni religiose (cattoliche e acattoliche) devono essere trattate allo stesso
identico modo, in Italia così non è perché vi sono 2 articoli (art. 7 e 8) che prevedono due discipline
quasi diverse, quindi lo stato italiano non può essere considerato uno stato laico. Ven. 24.04.2015
ART. 41: Libertà economiche: diritti nel campo economico.
Art. 41 primo comma: L’iniziativa economica privata è libera.
Relativamente al significato dell’aggettivo libera, vale in realtà x tutti gli altri diritti che finora ci siamo
occupati. Una volta i diritti in oggetto venivano indicati come diritti soggettivi pubblici cioè diritti che il
singolo vanta nei confronti dello stato quindi degli apparati pubblici. Inoltre tali diritti sono definiti anche
come diritti di libertà negativa. Qual è la pretesa che il soggetto vanta? È la pretesa ad un
comportamento astensionistico dei pubblici poteri. In quanto lo stato non possono violare questi diritti:
domicilio, libertà ecc. I diritti trattati fino a non molto tempo fa erano visti come qualcosa che tutelava il
singolo nei confronti degli apparati pubblici in quanto potevano violare tali diritti. Qual è la radice storica
e culturale di questa visione? Riposa nel pensiero liberale: la classe borghese vedeva nello stato un
potenziale pericolo. Più lo stato si asteneva dalla vita privata ed economica dei cittadini e meglio era.
Questa pretesa ad un atteggiamento astensionistico dei pubblici poteri è particolarmente evidente
nell’art. 41.
I padri costituenti erano degli uomini dell’800 che avevano ben presente la funzione dei diritti di libertà
negativa cioè di tutelare il singolo nei confronti degli apparti pubblici, quindi l’iniziativa economica
privata è libera dallo stato. Lo stato e i pubblici apparati non possono comprimere l’iniziativa ec privata
(le attività imprenditoriali), quindi è evidente che il ns sistema è di tipo capitalistico. 39
Diritto costituzionale Pag.
Nel caso dell’art 41 è evidente che tutti i diritti come il diritto alla libertà personale domiciliare pensiero
riunione religione sono tutti diritti di libertà negativa perché i titolari hanno una pretesa di un
atteggiamento astensionistico da parte dei pubblici apparati.
In realtà si è visto che questi diritti di libertà soggettiva non sono diritti pubblici soggettivi, non sono
diritti che tutelano il singolo nei confronti unicamente dei pubblici appartai ma sono diritti soggettivi
assoluti: il loro titolare è titolare di una pretesa nei confronti di chiunque, pubblico o privato che rischia
di minacciare il pacifico godimento di questi diritti. Questo è evidente nell’art. 41.
Sicuramente lo stato può astrattamente limitare e incidere negativamente sull’iniziativa ec privata, però
un pericolo equivalente se non superiore a quello che può venire dai pubblici appartati x l’iniziativa ec
può venire anche dagli altri privati che svolgono la stessa attività economica (rappresenta il pericolo
più grande).
Infatti il compito della Commissione europea è quello di garantire la libera concorrenza. Fino lo
Sherman act (1890) rappresenta la più antica legge antitrust statunitense. Invece la prima legge
antitrust italiano risale al 1990 ed è la numero 287, questo ci fa capire che c’è un abisso cultura tra
Italia e stati uniti. La assoluta mancanza di sensibilità al profilo della tutela della libera concorrenza.
La concorrenza è un valore fondamentale e che va tutelato di massimo grado e può essere che nella
vita reale un valore o principio si trovi a confliggere con un altro principio e se si tratta di principi di pari
grado si procede al bilanciamento se no il principio costituzionale prevale sull’interesse reperibile da un
testo normativo gerarchicamente sottoposto.
La legge del 90 è un legge e da ciò deriva in primo luogo una conseguenza che si può valutare con le
conoscenze del sistema delle fonti.
Può una legge italiana abrogare la legge antitrust? Si (prima conseguenza).
Qualora la libertà di concorrenza (o il valore del mercato competitivo) venga a confligge con altri diritti
costituzionalmente contemplato, quale dei due interessi prevarrebbe? Quello contenuto nella
costituzione. Perché il mercato è un valore che si ricava dalla legge n 287 del 90. Questo è molto
gravo, allora si è proceduto ad una lettura evolutiva e attualizzante dell’art. 41, si è detto che l’art 41
primo comma intende dire non solo che la libertà di iniziativa economica è libera dagli interventi
restrittivi dei pubblici apparati, ma anche nei confronti di possibili interventi restrittivi posti in essere
dagli altri privati e quindi il valore della concorrenza trova un implicito riferimento nell’art. 41 e quindi il
valore di mercato è un valore di rango costituzionale.
Vi sono dunque 2 conseguenze:
1. La legislazione antitrust non può essere semplicemente abrogata senza che venga sostituita da
un’altra legge che parimenti disciplini la tutela della concorrenza.
2. In caso di contrasto tra valore di mercato e un altro principio di rango costituzionale bisogna
procedere a un bilanciamento ragionevole perché anche il primo valore ha rango costituzionale.
Fino al 2001 questa era l’unica via praticabile perché della concorrenza fino al 2001 non vi era traccia
nella costituzione. La prima apparizione del termine concorrenza nel testo costituzionale lo si è avuto
nel 2001 in una disposizione che non ha nulla a che fare con la disciplina della concorrenza, ma ha a
che fare con la disciplina delle competenze legislative regionali e statali.
Distinzione tra disposizione e norma
Norma è il significato che si ricava dall’art. l’art 41che è rimasto invariato.
Disposizione rappresenta l’interpretazione attualizzante dalla quale si ricava una nuova norma che
tutela la concorrenza e questa lettura ha trovato conferma nell’apparizione nel’art. 117 della parola
tutela della concorrenza, quindi i giuristi hanno trovato conferma nel fatto che il valore del mercato è un
valore costituzionalmente rilevante.
Quindi il mercato finalmente entra nel testo costituzionale italiano grazie alle pressioni che provenivano
dall’ue cioè di un trattato che disciplina la concorrenza. 40
Diritto costituzionale Pag.
Il mercato finalmente entra nel testo costituzionale italiano e vi entra grazie alle pressioni che
provenivano dall’ue (trattato) che disciplina la concorrenza e le attribuisce la massima rilevanza, quindi
il mercato competitivo è un valore costituzionale e quindi la legge numero 287 del 90 che disciplina la
tutela della concorrenza ha un fondamento costituzionale.
L’Art 41 lettura attualizzante che è stata poi in qualche modo corredata dalla tutela della concorrenza
dell’art 117. L’art 117 è una disposizione che disciplina le competenza, ma da ciò si può ricavare
implicitamente e avere conforma dell’inserzione nel capo dei valori fondamentali del mercato.
I servizi di interesse economico generale sono attività economiche come tutte le altre (attività
imprenditoriali) ma soddisfano l’interesse della generalità degli individui.
Es venditore di rolex e di energia elettrica è evidente che i destinatari cambiano. Inoltre se ad esempio
il prezzo dell’elettricità è troppo alto il problema è molto rilevante perché ad es si crea uno svantaggio
competitivo per le industrie italiane rispetto a quelle estere perché sono tenute a pagare di più
l’elettricità.
I servizi di interesse economico generale incidono sulla vita di un ampia cerchia di individui, era la
disciplina contenuta nell’art. 43.
L’art. 43 prevedeva che le attività imprenditoriali che si riferiscono alle fonti di energia possono essere
riservate o trasferite allo stato o a enti pubblici economici. Tale art è stato fondamento costituzionale
della legge 1643 del 1962 con il quale è stato collettivizzato il mercato dell’elettricità e attribuita l’attività
imprenditoriale a un unico soggetto pubblico economico: l’ENEL. Quindi la soluzione al problema della
connotazione dell’attività economica di interesse generale (es prezzi dell’energia non troppo elevati) era
il monopolio legale, quindi qualcosa di antitetico rispetto al mercato. Tale art 43 rispecchia una
filosofia arretrata (fossili giuridici).
Nel 1990 c’è una rivoluzione (cambiamento radicale nei rapporti tra stato ed economia) in quanto si
ritiene che il monopolio legale non è lo strumento più adatto x garantire gli interessi generali, ma la
libera concorrenza.
Il principio fondamentale è quello che le attività economiche non devono essere svolte dagli apparati
pubblici ma dai privati come anche quei servizi di interesse ec generale.
I DIRITTI SOCIALI O DIRITTI DI LIBERTA’ POSITIVA.
I diritti sociali o di libertà positiva sono nati nel 900 nel XX sec. Se i dritti di libertà negativa sono diritti
che danno al titolare una pretesa ad un atteggiamento astensionistico da parte dei pubblici appartati, i
diritti sociali attribuiscono al loro titolare una pretesa ad un atteggiamento interventista dei pubblici
apparati. Es diritti sociali: Diritto allo studio, diritto all’istruzione, diritto alla sanità.
ART. 3: principio di eguaglianza
Il fondamento di tali diritti sociali riposa nel secondo comma dell’art 3 della costituzione che disciplina il
principio di eguaglianza.
In realtà tale art disciplina due versioni del principio di eguaglianza:
1. Eguaglianza formale (primo comma)
2. Eguaglianza sostanziale: è il fondamento generale di tutti i diritti sociali (secondo comma).
Sono due principi enunciati da una stessa disposizione ma sono espressione di filosofie politiche
lontane se non addirittura antitetiche.
Es una legge che dice tutti possono frequentare le scuole sarebbe una legge che rispecchia il principio
di eguaglianza in senso formale.
Eguaglianza formale: Elimina le discriminazioni di carattere giuridico, elimina le classi sociali.
Art 3 primo comma non si interessa delle disuguaglianze di fatto (economico sociale) in quanto ha uno
stampo liberale (primo comma).
Es di eguaglianza formale: Diritto allo studio: non si può vietare la frequenza di una scuola sulla base
della condizione sociale. In questo caso il diritto allo studio come anche tutti i diritti liberali non fanno
riferimento all’uguaglianza di fatto. 41
Diritto costituzionale Pag.
Secondo comma art 3 è frutto di una filosofia differente rispetto a quella liberale. L’eguaglianza
sostanziale si occupa delle disuguaglianze di fatto.
È compito della rep rimuovere gli ostacoli non di tipo giuridico ma di ordine economico e sociale
(ostacoli di fatto) che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza e impediscono lo sviluppo della persona
umana.
Non è sufficiente che tutti abbiano il diritto se ci sono ostacoli di tipo economico e scoiale che
impediscono l’effettivo esercizio di quel diritto
Tale comma dell’art 3 rappresenta il fondamento giuridico di tutti i diritti sociali, che attribuiscono al
titolare una pretesa a un atteggiamento interventista dello stato. Mer. 06.05.2015
Esempio di dritto sociale:
Diritto all’istruzione: non significa solo che tutti se voglio possono studiare, ma il diritto che anche i
meno abbienti o che non dispongono di mezzi finanziari necessari se capaci e meritevoli hanno diritto
di raggiungere i più alti livelli di istruzione. Questo significa che i pubblici poteri debbono apprestare
(fornire) un apparato per garantire questo diritto ad es attraverso alloggi gratuiti o fuori mercato o gli
studentati. Il diritto allo studio è un classico diritto sociale.
Il diritto di tutti i cittadini di riunirsi è effettivo in quanto il suo esercizio non venga ostacolato dai pubblici
poteri. I pubblici poteri non possono impedire le riunioni salvo alcune eccezioni (incolumità e sicurezza
pubblica). Vi è quindi una netta distinzione tra diritti di libertà negativa (il sogg è titolare alla pretesa di
un atteggiamento astensionistico dello stato) e diritti di libertà positiva (cioè i diritti sociali come
l’istruzione, la previdenza e assistenza pubblica, il diritto alla sanità: incide maggiormente nel bilancio
dello stato). Sono tutti diritti che presuppongono un attivazione dello stato cioè una spendita di pubblico
denaro.
Infatti si dice che i diritti sociali sono diritti finanziariamente condizionati perché l’effettività del diritto
dipende dalla disponibilità finanziaria dello stato. L’effettività dei diritti sociali si è fatta sempre meno
garantita via vai che la crisi economica in Italia si è appesantita.
I diritti sociali hanno un loro referente generale nei principi di eguaglianza in senso sostanziale cioè nel
secondo comma dell’art 3, rappresenta un principio complementare, ma a volte in opposizione all’altro
principio di cui al primo comma dell’art 3 che prevede il principio di eguaglianza in senso formale. Il
principio di eguaglianza declinato nelle sue duplici specie del principio di eguaglianza formale e
sostanziale, richiama un'altra tematica che è quella delle forme di stato. Il principio di eguaglianza
formale è il principio tipico dello stato liberale, mentre il principio di eguaglianza in senso sostanziale è
tipico dello stato sociale. Stato liberale e sociale sono altrettante fattispecie storicamente definite forme
di stato. Per forma di stato si allude all’assetto dei rapporti tra pubblici poteri e cittadini.
Italia: era considerata fino a 15, 20 anni fa uno stato sociale dove vengono riconosciuti e garantiti una
serie di diritti sociali. In realtà le cose non stanno più così, perché nonostante non siano stati modificati
gli articoli dai quali si desumeva che la rep italiana è ascrivibile al genere degli stati sociali, le cose sono
cambiate e oggi la rep italiana è più correttamente ascrivile al genere dello stato regolatore.
Partendo dallo stato liberale, la genesi delle altre 2 fattispecie (stato sociale e regolatore) non può
essere pienamente capita se non si studiano prima le ragioni della fine della forma di stato che è
precedente cioè quella dello stato liberale.
Lo stato liberale (-borghese) si colloca cronologicamente nell’800. La filosofia di fondo dello stato
liberale è una filosofia politica di tipo individualista. Si può utilizzare una frase pronunciata da Reagan
per descrive la filosofia dello stato liberale. Reagan dice: “il problema dell’economia è lo stato”, lo stato
non è soluzione ma il problema dell’economia. Lo stato liberale attribuisce allo stato il compito di
guardiano cioè non deve limitare, influire sul libero esercizio dei diritti dei cittadini. Ad es Un classico
diritto liberale borghese è il diritto di libera iniziativa economica, lo stato non deve intervenire nella sfera
economica, perché il mercato si autoregola. Lo stato deve astenersi dall’intervenire dalla sfera
economica e da tutti quei diritti di libertà negativa (diritto di riunione, personale ecc..) dei consociati. I
diritti di libertà negativa sono stati inizialmente concepiti come diritti ad essere liberi dallo stato come
42
Diritto costituzionale Pag.
risulta ad es dalla lettura non attualizzata dell’art 41. Questa era la filosofia di fondo dello stato
borghese. Borghese perché lo stato liberale è uno stato in cui la classe dominante è la borghesia che
vede nello stato il nemico pubblico e quindi lo stato x garantire il diritto di svolgere la loro attività
economica li deve lasciare liberi di intraprendere la loro attività economica.
Il pensiero economico alla base di questa impostazione è quello di Adam Smith che parlava della
mano invisibile del mercato. Nel mercato ciascuno persegue il proprio interesse egoistico, ma in
ragione dei meccanismi tipici del mercato chi partecipa al mercato pur perseguendo il proprio interesse
egoistico, in realtà dalla somma degli interessi egoistici degli individui, ognuno contribuisce a
raggiungere il benessere generale. Es il venditore ha interesse a vendere il prodotto al prezzo più alto
mentre chi acquista ha interesse a un prezzo più basso, il punto di equilibrio costituito dal prezzo
consente alla più ampia cerchia di individui di comprare o vendere quel prodotto o servizio.
In riferimento alla filosofia di fondo dello stato liberale in ambito economico (è più evidente
l’atteggiamento astensionistico dello stato), se lo stato si deve astenere dall’intervenire in campo
economico questo significa che a un certo punto si viene a verificare quello che è una conseguenza
inevitabile perché a differenza di quello che pensavano gli economisti liberali il mercato non è una
creatura che esiste in natura e non è neanche un entità che è in grado di autoregolarsi, perché in realtà
il produttore che cerca di massimizzare il proprio interesse (profitto) cerca di diminuire i costi di
produzione ad es diminuendo i salari ecc. da qui si capisce l’atteggiamento ostile dello stato nei
confronti dell’associazionismo in generale e quello sindacale in particolare. Il contratto di lavoro era un
contratto secondo impostazione liberale due soggetti posti sullo stesso piano. In questo scambio tra chi
fornisce e tra chi presta lavoro non era ammessa alcuna interferenza ne da parte dello stato ne dalle
associazioni sindacali. Lo stato non deve solo astenersi ma deve anche evitare che una possibile
interferenza sia posta in essere da altre entità come ad le associazioni sindacali. La forza del lavoratore
aumenta se ha dietro alle spalle ha un sindacato (un conto se è un singolo lavoratore che si astiene dal
lavorare e un altro se tutti i lavoratori si astengono). Vi è quindi il divieto di sciopero e associazionismo
sindacale in quanto venivano indicate come fattispecie che incidevano sul libero scambio tra offerta tra
chi offriva lavoro e chi do offriva di prestare lavoro.
Il capitalista, lasciato libero di fare ciò che vuole, deve diminuire i costi di produzione (licenziamento,
aumento orario di lavoro a parità di salario) e questo determina disequilibri economici e differenze
economiche tra determinati ceti sociali e altri come tra borghesia da un lato e il proletariato dall’altro.
Questo comporta una concentrazione della ricchezza in capo a pochi individui (cerchia ristretta) e
questo ha ricadute economiche devastanti.
Una corrente di pensiero solida individua proprio nella crisi della domanda e dei consumi la causa
principale dello scoppio della grande crisi del 29.
Es: Ford può produrre con il suo sistema di produzione di auto un numero elevato di auto, ma a chi le
vende se ampi strati della società non sono sufficientemente abbienti da consumare i suoi prodotti? È
chiaro che il meccanismo di accumulazione capitalistica della ricchezza si inceppa, perché c’è un
duplice eccesso: un eccesso di produzione e un eccesso di manodopera o disoccupata o
sottoccupata o malpagata e da questo duplice eccesso scaturisce, secondo questa corrente di
pensiero, la crisi del 29 e quindi lo stato che non è altro che una sovrastruttura della struttura
sottostante economica entra in crisi. Lo stato liberale entra in crisi. Si esce dalla crisi grazie al new deal
di Roosevelt e con l’invenzione del welfare state (stato sociale) che si ispira a una filosofia antitetica
rispetto a quella dello stato liberale. Il principio ispiratore dello stato sociale è un principio interventista
perché lo stato deve intervenire nel campo ec al fine di eliminare o attutire i disequilibri economici che il
mercato lasciato a se stesso produrrebbe.
La ricetta di Roosevelt del new deal o meglio la ricetta Keynesiana è stata imparata bene negli stati
uniti perché quando c’è da intervenire lo stato non si tira indietro.
A causa della crisi della domanda del 29 lo stato doveva ripristinare la capacità di consumo dei cittadini.
Gli strumenti per ripristinare tale capacità sono molteplici ad es attraverso diritti sociali, tramite il
riconoscimento del salario minimo garantito, limitazione dell’orario di lavoro, tramite il riconoscimento di
una sanità pubblica. Tramite i diritti sociali, facendo ricadere sulla fiscalità generale costi che altrimenti
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ricadrebbero sui singoli individui, si da la possibilità ai singoli individui la possibilità di utilizzare il
risparmio per acquistare beni di consumo. Quando una spesa viene posta a carico dello stato sociale si
realizza a beneficio dei singoli individui un risparmio che può essere utilizzato x l’acquisto di beni di
consumo.
Questo è solo un profilo dello stato sociale. C’è una differente lettura che spiega la nascita dello stato
sociale o meglio dei diritti sociali ed è una lettura volontaristica perché si dice che lo stato sociale nasce
nel momento in cui compaiono nella scena politica i partiti di estrazione proletaria che si fanno
sostenitori in parlamento di una politica sociale, in realtà i diritti sociali altro non sono che uno
strumento del capitalismo per salvarsi da se stesso dalla rovina. I diritti sociali sono una conquista di
civiltà a patto che si sia onesti. I diritti sociali nascono x rispristinare la capacità di consumo dei
consociati e quindi nascono x salvare il sistema di produzione capitalistico. Il capitalista egoista è
costretto a divenire solidarista x uscire dalla crisi.
I diritti sociali sono diritti che prevedono una spesa che grava sulla fiscalità generale e allora lo stato
prende i soldi dai ceti più abbienti attraverso le tasse al fine di ripristinare la capacità di consumo dei
consociati. Vi è un enorme accumulazione della ricchezza in mano di pochi che rimane improduttiva,
quindi lo stato preleva parte di questa ricchezza attraverso la leva fiscale e poi viene spalmata tra i
consociati o meglio tra coloro che godono diritti sociali che utilizzano tale denaro per acquistare beni di
consumo e in questo modo restaura la capacità di consumo. Quindi lo stato sociale nasce sulle ceneri
dello stato liberale però la nascita dei diritti sociali è molto meno elevata di quanto si pensa (non vi è
ragione morale etica) in quanto sono espressione del conservatorismo e per perpetuare il sistema
capitalistico della ricchezza.
Lo stato deve ripristinare la capacità di consumo dei consociati e per raggiungere tale fine ricorre oltre
che alla leva fiscale ad altri strumenti tra cui:
1. la politica monetaria: la banca centrale può riversare sulle banche soldi, poi dipende come la
banca utilizza questi soldi (Politica monetaria espansiva);
2. la socializzazione delle perdite: le perdite vengono poste a carico della collettività. Quando un
impresa è sull’orlo del fallimento ci sono due possibilità o si lascia fallire la società o viene
acquistata dallo stato e diventa quindi una società pubblica. La nascita dell’imprenditoria
pubblica coincide con la crisi del 29 e non a caso il più grande ente pubblico economico è stato
l’IRI poi ENI e altri enti pubblici cioè delle holding pubbliche che controllavano decine e
centinaia di società. L’imprenditoria italiana era tutta in mano a società pubbliche.
L’imprenditoria pubblica nasce ai fini del salvataggio del capitalismo (imprese private) onde
evitare un ulteriore degradamento della produzione, salvare la produzione e al fine di non far
scendere ulteriormente la capacità di consumo dei consociati (es non compra ecc).
La socializzazione delle perdite viene critica dall’interventismo statale. Rappresenta una critica valida,
ma in termini macroeconomici tale critica può avere effetti devastanti (ci sono aziende che non possono
fallire perché di dimensioni enormi). Infatti si ritiene che la crisi del 2008 è nata dalla decisione di non
salvare l’Emea perché non sono state socializzate le perdite dell’Emea. Questo ci fa capire che la
nascita dell’imprenditoria pubblica può essere una strada obbligata perché ci sono società troppo
grandi per poter fallire.
Lo stato si fa imprenditore (imprenditorialità pubblica) per salvare le fabbriche e le società. Lo stesso
ragionamento vale x i diritti sociali (strumenti al fine di salvare e perpetuare il sistema capitalistico della
ricchezza). Questi strumenti possono essere attuati in quanto vi sia una spendita di denaro pubblico
che viene preso da chi è più abbiente tramite la leva fiscale.
Secondo Keynes più lo stato spende e meglio è, perché il denaro pubblico che cade sui consociati
contribuisce a ripristinare il ciclo della domanda.
Più lo stato spende maggiore è il benessere economico e sociale che ne dovrebbe derivare in quanto
contribuisce ad aumentare la ricchezza della società.
Ad un certo punto per una serie di motivi lo stato sia nella veste di stato sociale che di quello di stato
imprenditore ha cominciato a spendere sempre più denaro rispetto a quanto ne producesse la società.
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