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LO SPIRITO DELLE LEGGI

Montesquieu pubblica la sua opera più importante e monumentale, "L'esprit des lois" ovvero "Lo spirito delle leggi", frutto di quattordici anni di lavoro, nel 1748. Si tratta di un lavoro tra i maggiori della storia del pensiero politico. Una vera e propria enciclopedia del sapere politico e giuridico del Settecento.

L'opera venne attaccata da gesuiti e giansenisti e messa all'indice (Index Librorum Prohibitorum) nel 1751, dopo il giudizio negativo della Sorbona.

Come si evince dallo stesso titolo, l'autore non ha intenzione di occuparsi delle leggi, bensì del modo di comprenderle ricercando le cause, lo spirito appunto. Montesquieu era consapevole della molteplicità delle fonti del diritto positivo e si sforzava di dimostrare che ognuna di essa ha un proprio ambito di applicazione, ma tutte devono corrispondere alla ragione.

Il pensiero di Montesquieu si incentrava sul duplice riconoscimento di

Principi universali di diritto e specificazioni particolari, proprie di ogni ordinamento. Il fatto che le leggi si fondano sulla natura delle cose, comporta innanzitutto lo studio della natura e dei principi di governo, delle caratteristiche fisiche del paese, dei modi di vita degli abitanti e della loro religione. Il complesso di quesiti dati e delle loro relazioni costituisce "Lo spirito delle leggi". In questo modo, le leggi vengono reintrodotte nello stesso ambiente in cui si formano e il diritto diventa una branca delle scienze sociali.

Nel libro XI de "Lo spirito delle leggi", Montesquieu traccia la teoria della separazione dei poteri. Partendo dalla considerazione che il "potere assoluto corrompe assolutamente", l'autore analizza i tre generi di poteri che visono in ogni Stato: il potere legislativo (fare le leggi; parlamento), il potere esecutivo (indicare le linee politiche e operare le scelte conseguenti; governo, amministrazione pubblica) e il potere giudiziario.

(attuare concretamente le norme giuridiche; magistratura). Queste regole non debbono considerarsi assolute, cioè indipendenti dallo spazio e dal tempo; esse al contrario, variano col mutare delle situazioni; come i vari tipi di governo e delle diverse specie di società. Ma, posta una società di un determinato tipo, sono dati i principi che non può derogare, pena la sua rovina. Ma quali sono i tipi fondamentali in cui si può organizzare il governo degli uomini? "LE FORME DI GOVERNO" Montesquieu distingue tre tipi di governo: repubblicano, monarchico e dispotico. Queste tre forme di governo devono essere mosse da un principio particolare che le metta in azione. Il principio che è alla base della repubblica è, secondo Montesquieu, la virtù, cioè l'amor di patria e dell'uguaglianza; il principio della monarchia è l'onore; il principio del dispotismo, il terrore. La forma repubblicana, fondata sull'uguaglianza,

ha il suo principio nella virtù, ovvero amore per la cosa pubblica, per questo motivo è più adatta solo a popolazioni e territori ridotti.

La forma dispotica, fondata sulla forza, trova nella paura il suo cardine.

Infine, la forma monarchica, fondata sulle distinzioni e sulle preminenze, ha il suo principio nell'onore, sarebbe più consona alle popolazioni di media dimensione.

La forma che sta in mezzo è la monarchia regolata, la monarchia costituzionale, in cui Montesquieu vede contemperate le caratteristiche positive sia del regime monarchico assoluto che di quello repubblicano.

La monarchia comporta in primo luogo leggi complesse che devono tener conto delle distinzioni e dei privilegi; in secondo, tribunali per i quali tutte le cause erano indifferenti e che emettessero sentenze in seguito a investigazioni scrupolose e giudizio ponderato.

L'esempio di questa forma di governo a "costituzione mista" è rappresentato dall'Inghilterra.

Il cui ordinamento Montesquieu considera come la più alta espressione di libertà. La tesi fondamentale - secondo Montesquieu - è che può dirsi libera solo quella costituzione in cui nessun governante possa abusare del potere a lui affidato. Per contrastare tale abuso bisogna far sì che "il potere arresti il potere", cioè che i tre poteri fondamentali siano affidati a mani diverse, in modo che ciascuno di essi possa impedire all'altro di esorbitare dai suoi limiti e degenerare in tirannia. La riunione di questi poteri nelle stesse mani, sia esse quelle del popolo o del despota, annullerebbe la libertà perché annullerebbe quella "bilancia dei poteri" che costituisce l'unica salvaguardia o "garanzia" costituzionale in cui risiede la libertà effettiva. "Una sovranità indivisibile e illimitata è sempre tirannica".

L'argomento della libertà è sicuramente

molto importante, però questa parola, secondo il filosofo, è spesso confusa con altri concetti, come, ad esempio, quello dell'indipendenza. Nella democrazia sembra che il popolo possa fare quello che vuole, il potere del popolo è confuso così con la libertà del popolo; la libertà è infatti il diritto di fare ciò che le leggi permettono. Se un cittadino potesse fare ciò che le leggi proibiscono non ci sarebbe più libertà. In realtà la libertà politica è quella tranquillità di spirito che la coscienza della propria sicurezza dà a ciascun cittadino; e condizione di tale libertà è un governo organizzato in modo che nessun cittadino possa temere un altro. "LA RIPARTIZIONE DEI POTERI" Montesquieu afferma che in ogni Stato devono esserci tre generi di poteri: il potere legislativo, il potere esecutivo delle cose che dipendono dal diritto delle genti e il

potere esecutivo di quelle che dipendono dal diritto civile, e il potere giudiziario. Secondo la concezione di Montesquieu, la libertà viene a mancare in quello stato in cui il potere legislativo è congiunto al potere esecutivo, e in quello stato in cui il potere giudiziario non è distinto dagli altri due poteri. Montesquieu propose la ripartizione dei tre poteri prevedendo per gli stessi la piena autonomia e l'indipendenza reciproca. In forza del primo, il principe, o il magistrato, fa le leggi per un certo tempo o per sempre, e corregge o abroga quelle che sono già state fatte. In forza del secondo, fa la pace o la guerra, invia o riceve ambasciate, stabilisce la sicurezza, previene le invasioni. In forza del terzo, punisce i delitti o giudica le controversie dei privati. Il primo potere trattato da Montesquieu è quello legislativo che dovrebbe essere conferito a due corpi: l'uno dei rappresentanti del popolo e l'altro delle

persone che si distinguessero per i natali, le ricchezze o gli onori. Quest'ultimo corpo avrebbe dovuto avere, almeno in certe materie, la facoltà di annullare le delibere prese dall'altro corpo, di fungere da tribunale per giudicare i pari e di moderare le leggi nei casi in cui fossero troppo severe. Il potere legislativo, oltre a fare le leggi, dovrebbe controllare la loro esecuzione.

Il secondo dei poteri è quello esecutivo che avrebbe dovuto essere esercitato da un monarca. Esso avrebbe dovuto anche provvedere alle convocazioni del potere legislativo e stabilire la durata delle sue riunioni, o meglio il potere avrebbe dovuto bloccare le iniziative del legislativo.

Il potere giudiziario sarebbe privo di relazione con la politica e dovrebbe essere esercitato, non da organi fissi, ma da persone riunite per giudicare in certi periodi dell'anno, diventando così un "potere invisibile e nullo".

"Il potere corrompe, il potere assoluto"

"corrompe assolutamente": è proprio da questa considerazione che Montesquieu traccia la teoria della separazione dei poteri, analizzando in particolare il modello costituzionale inglese. Tale teoria, divenne, grazie all'opera di Montesquieu, una delle pietre miliari di tutte le costituzioni degli stati sorti dopo il 1789.

Montesquieu nei suoi scritti fa notare ai lettori i casi in cui si calpesta la libertà dei cittadini; il potere legislativo e quello esecutivo non possono mai essere accomunati sotto un'unica persona o corpo di magistratura, perché in tale caso potrebbe succedere che il monarca oppure il senato facciano leggi tiranniche e le eseguano di conseguenza tirannicamente. Neanche il potere giudiziario può essere unito agli altri due poteri: i magistrati non possono essere contemporaneamente legislatori e coloro che applicano – in qualità di magistrati – le leggi.

Così, ovviamente i legislatori non possono

essere contemporaneamente giudici: avrebbero un immenso potere che minaccerebbe la libertà dei cittadini. Il concetto importante espresso da Montesquieu è che il potere giudiziario deve essere esercitato da persone prese dal popolo, in tempi stabiliti e nella maniera prescritta dalla legge; queste persone devono formare un tribunale che lavori soltanto quando è necessario, in questo modo, avendo eliminato il senato permanente, il potere giudiziario può considerarsi nullo. Gli altri due poteri, invece, potrebbero essere conferiti a magistrati o ad organismi permanenti, essendo uno la volontà dello stato e l'altro l'esecuzione di tale volontà.

L'analisi sulla libertà riguardava anche le leggi penali, che in uno stato assoluto risultavano troppe ma inefficaci ad occuparsi dei cittadini. Secondo Montesquieu, lo Stato moderno dovrebbe:

  • Occuparsi di punire i reati e di prevenirli;
  • Realizzare uno stato imperniato su indagini e su
  1. Accuse formulate da magistrati rappresentanti il pubblico e non su accuse private;
  2. Essere fondato su pene miti, necessarie, proporzionate alla gravità dei reati, in relazione alla natura del reato;
  3. Rinunciare all'applicazione della tortura;
  4. Lasciare spazio all'esercizio della grazia da parte del sovrano.

"LA LIBERTÀ IN RELAZIONE ALLE LEGGI PENALI"

Montesquieu delinea quattro categorie di azioni criminose, a seconda che offendessero la religione, i costumi, la tranquillità o la sicurezza dei cittadini; e le pene che corrispondono a tali reati sono: la privazione dei beni della religione, dei vantaggi assicurati dalla purezza dei costumi, delle condizioni in cui trovano sfogo.

Dettagli
Publisher
A.A. 2006-2007
21 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/19 Storia del diritto medievale e moderno

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher melody_gio di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto comune e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Santangelo Cordani Angela.