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La città e le sue istituzioni sovente innovatrici (condensate in un insieme di norme di diritto
pubblico e privato che può qualificarsi come diritto cittadino) costituirono comunque un attivissimo
laboratorio per la creazione di una folla di istituti che saranno recepiti dai moderni stati europei.
Sottoparagrafo 4 – Il diritto feudale
Che peraltro gli istituti giuridici ricollegabili al feudo, al rapporto di vassallaggio, al beneficio su
terre abbiano svolto un ruolo anche nella formazione degli stati europei del medioevo e dell’età
moderna, non sembra poter essere messo in dubbio.
A sua volta, la scienza giuridica si avvalse ripetutamente delle regole del diritto feudale anche sul
terreno del diritto pubblico, là dove si trattava di determinare i rapporti tra sovranità e territorio, non
senza utilizzare le fonti romanistiche per la messa a punto delle stesse regole feudistiche.
Su un piano più generale, si è potuto a ragione sottolineare quanto stretti siano i rapporti di
derivazione tra le strutture feudali e quelle dello stato in Inghliterra non meno che in Francia, con
riguardo ai legami di natura personale con cui il sovrano lega a sé (e di conseguenza al servizio
dello stato) uomini di sua fiducia e magistrature quali il consiglio regio.
Né va trascurato il fatto che la natura contrattualistica dello stato moderno, il suo carattere pattizio
(consistente nell’accordo fondamentale tra sovrano e sudditi-cittadini) trova a sua volta una delle
sue radici nel contratto feudale. 24
Paragrafo 3 – Strumenti
Sottoparagrafo 1 – La nuova scienza giuridica e l’autonomia del diritto
Perché il modello romanistico e il modello canonistico potessero giungere ad esercitare una tale
influenza (quale strumento di affermazione del potere statale) nessuna raccolta di testi di legge per
quanto autoritativa sarebbe stata, da sola, sufficiente.
La forza del modello dipese in misura determinante dalla metodologia specifica adottata
nell’applicazione dei testi medesimi: fu la tecnica introdotta all’inizio del 12° secolo dai glossatori
bolognesi, presto diffusa in larga parte d’Europa attraverso i canali della formazione universitaria, a
rendere ineludibile la conoscenza della legge romana.
La nuova scienza giuridica nata nell’università presenta un’altra caratteristica: per suo tramite, la
sfera della scienza giuridica si distingue dagli altri settori dell’attività e della conoscenza;
l’autonomia del diritto rispetto alla teologia, alla morale, alla politica (nonostante i molti legami
esistenti e riconoscibili tra queste sfere) costituisce un aspetto fondamentale del pensiero giuridico
civilistico e canonistico di origine medievale.
Sottoparagrafo 2 – Il ruolo dei giuristi professionali
Se si volesse designare il singolo strumento di maggiore importanza per la formazione degli stati
europei, forse non si andrebbe lontano dal vero indicando i giuristi di professione.
Ma variarono, e non di poco, i tempi di attuazione di questo processo nelle diverse parti d’Europa,
poiché ad un ricorso precoce ai giuristi di professione che caratterizza alcune regioni italiane e
francesi a partire dal 12° secolo, fa riscontro una situazione ben diversa di molti territori tedeschi,
ove solo molto più tardi, dal 15° secolo in poi, troviamo i giuristi di formazione universitaria
coinvolti nell’amministrazione della cosa pubblica, in precedenza lasciata prevalentemente nelle
mani del ceto nobiliare.
A loro volta, i sovrani si avvalsero frequentemente di giuristi singoli, inserendoli in segmenti
strategici della macchina statale, ovvero utilizzando le teorie da essi formulate a sostegno della
potestà regia.
Sul continente la complessità del diritto romano e del diritto canonico, ma anche le esigenze di
applicazione di consuetudine scritte, statuti cittadini ed ordinanze regie imposero uno standard di
capacità tecnica che solo il giurista formatosi per anni sui testi romanistici giustinianei e sui banchi
di uno studio generale era in grado di raggiungere in misura piena.
Sottoparagrafo 3 – Forme di giurisdizione
Quanta parte della giustizia venisse, sino all’età moderna, amministrata al di fuori delle
giurisdizioni statali risulta con evidenza dalle fonti e dalle ricerche della storiografia giuridica.
La creazione di giurisdizioni di prima istanza gestite da agenti o funzionari del re; l’istituzione di
tribunali d’appello o di corti supreme composte (in proporzione via via crescente) da giudici di
professione, scelti e stipendiati dalla corona, e perciò dipendenti dal potere centrale in misura ben
più diretta e cogente rispetto ai giudici signorili o feudali; l’introduzione di procedure più efficaci e
più moderne, riservate ai giudici e ai tribunali dello stato: furono tutti strumenti (ma non i soli) di
affermazione del governo dello stato sul territorio, attraverso il controllo dei giudici-funzionari su
altri giudici, statali e non.
D’altra parte in molti territori d’Europa, una distinzione netta tra alta e bassa giustizia (tra i tribunali
superiori e i tribunali locali competenti per le piccole liti e le infrazioni minori) consentì allo stato di
concentrare il suo peso e la sua influenza al solo livello superiore.
Dal concreto esercizio della giustizia potè svilupparsi un complesso di regole processuali e
sostanziali, destinato a costituire talora un vero e proprio corpo di regole di diritto.
Sottoparagrafo 4 – Forme di legislazione
Si sono appena ricordati alcuni esempi storici di giurisdizione che si fa legislazione attraverso un
processo di conservazione e di sistemazione delle più importanti pronunce giudiziali. 25
I soggetti per così dire legiferanti che il corso storico presenta all’interno di un medesimo territorio
sono molteplici, e certamente non tutti riconducibili allo stato; ma anche dove e quando era lo stato
a legiferare, la legge nasceva da fonti diverse e con diverse procedure.
Variò peraltro nel tempo l’ampiezza della concertazione con le forze politiche e sociali distinte dalla
monarchia, e perciò il ruolo svolto dai diversi ordini e ceti nell’iter di formazione della legge; sul
fatto che solo in età moderna lo stato divenga la fonte esclusiva della legge (e la legge a sua volta la
fonte prevalente del diritto) si è già avuto modo di insistere.
Ciò spiega la funzione suasoria della motivazione che spesso precede il dispositivo della legge: al
contrario di quanto avverrà nell’età moderna, la motivazione è di regola assente nelle pronunce
giudiziarie ed è invece presente nel corpo stesso di molte disposizioni legislative.
Sottoparagrafo 5 – Il ruolo personale del sovrano e il segreto
Nel processo di accrescimento progressivo degli organi dello stato, muta anche il ruolo del sovrano;
formalmente e in linea di principio, il re mantiene la sua veste di supremo giudice, di “fountain of
justice”, di fonte di ogni giurisdizione, di autore di ogni decisione presa dai suoi ufficiali o dalle sue
corti.
In realtà, non soltanto in linea di fatto ma anche in via di diritto, le corti centrali hanno ormai su
molte questioni, contenziose e non contenziose, l’ultima parola; al re spetta, certo, il potere di
scegliere e di nominare i titolari degli uffici ed in particolare i giudici delle grandi corti del regno;
ma anche su questo terreno, prassi via via consolidate quali la venalità delle cariche e la
patrimonialità degli uffici resero non di rado più debole il ruolo diretto del sovrano, mentre
giocarono spesso fattori di cooptazione fondati su legami di carattere familiare o di gruppo.
La storiografia ha posto in risalto il ruolo complesso svolto dalla corte principesca e regia
nell’elaborazione delle strategie, delle regole di comportamento e delle stesse realtà istituzionali dei
principati e delle monarchie postmedievali.
Sarebbe peraltro errato concludere che, nel corso della formazione dello stato moderno, il re abbia
perduto ogni diretto strumento giuridico di potere: sul terreno legislativo, il re mantiene un
ventaglio di prerogative e di opzioni, legate a procedure ben differenziate nei diversi paesi a
seconda del grado di autonomia del sovrano rispetto ai ceti, agli stati, ai parlamenti, alle diete, alle
corti, ma anche rispetto ai suoi uffici, in particolare la cancelleria; infine, il re si assicura strumenti
diretti e privilegiati di intervento giudiziario ed extra-giudiziario.
In effetti, il segreto ha costituito uno strumento significativo del potere.
Sottoparagrafo 6 – Il giuramento
Tra gli strumenti giuridici del potere, un ruolo di spicco è svolto dal giuramento di fedeltà al
sovrano; a loro volta, i sovrani prestavamo giuramento all’atto dell’incoronazione.
Con l’età moderna, il giuramento politico assunse un ruolo ancora differente, poiché gli stati
pretesero di incorporare a proprio favore il carattere sacrale.
Il giuramento, perduto il carattere pattizio, divenne un vincolo unilaterale del suddito (e più tardi del
cittadino) nei confronti dello stato, il quale a sua volta, confessionalizzandosi, impose in più
circostanze ai sudditi un “sacramentum religionis” tanto nei paesi cattolici quanto in quelli
riformati.
Sottoparagrafo 7 – Specializzazione
Con la crescita del ruolo dello stato nell’esercizio della giustizia e della legislazione, si manifesta
una tendenza alla formazione progressiva di organi differenziati, ognuno dotato di competenze
specifiche.
L’aumento quantitativo delle questioni sottoposte all’attenzione del re provoca l’impossibilità di
gestirle direttamente e in modo indifferenziato; nascono allora sezioni specializzate all’interno del
Consiglio del re, della Cancelleria, degli Uffici di corte.
La specializzazione delle funzioni rende più spedito il ritmo delle decisioni, e più uniforme la
procedura istruttoria; questa diviene, a sua volta, sempre più parcellizzata e complessa, anche per
l’impiego larghissimo e capillare della scrittura. 26
Moltiplicazione dei poteri non significa ancora distinzione delle funzioni nel significato che sarà
proprio delle teorie e delle prassi costituzionalistiche moderne (funzioni legislative, amministrative
e giudiziarie).
Paragrafo 4 – Principi
Sottoparagrafo 1 – Monopolio e concorrenza
L’esame delle vicende storiche e costituzionali dei regni mostra un duplice procedimento seguito
dalle monarchie per rafforzare il proprio governo sul territorio.
Da un lato il re afferma (con l’ausilio determinante dei propri giuristi) la sua competenza esclusiva
in talune materie; in questa linea si inserisce anche la pretesa dello stato di esercitare il monopolio
della sovranità entro i confini del proprio territorio nei confronti della stessa giurisdizione