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OBBLIGO DI CONFERIMENTI E RESPONSABILITA’
È principio fondamentale che per le obbligazioni sociali risponde anzitutto il fondo sociale,
formato con i conferimenti: la responsabilità del socio ha sempre carattere sussidiario, cioè
funziona in quanto il fondo sociale sia insufficiente.
Occorre però distinguere la responsabilità del socio dalla sua obbligazione di conferimento.
L’assunzione dell’obbligo di conferimento è presupposto fondamentale della partecipazione
come socio. L’obbligazione di conferimento sorge dal contratto, la responsabilità verso terzo
sorge dalla legge.
L’obbligazione del socio può essere fatta valere dagli amministratori della società e, solo
utendo iuribus di questa, dai creditori sociali. La responsabilità apporta assoggettamento del
patrimonio personale del socio all’azione esecutiva dei creditori sociali, non anche il diritto
della società di costringere i soci al versamento delle somme necessarie al pagamento dei
creditori.
La responsabilità del socio è solidale: a ciascun socio responsabile può essere chiesto l’intero.
Tuttavia, la solidarietà sussiste nei rapporti tra soci, non anche nei rapporti con la società.
Rispetto a questa vale il il beneficio dell’escussione preventiva del patrimonio sociale.
RESPONSABILITA’ DEL SOCIO E DELLA SOCIETA’
Trovando le obbligazioni sociali la loro normale e necessaria garanzia nel patrimonio sociale, e
solo sussidiariamente nel patrimonio personale dei soci responsabili, si tratta di fissare il
rapporto che sussiste tra queste garanzie.
Il carattere sussidiario si afferma con diversa intensità nella società semplice e nella snc o sas.
In entrambi i casi, è riconosciuto al socio il beneficio dell’escussione preventiva del patrimonio
sociale, ma, mentre nella snc e nella sas la preventiva escussione della società costituisce una
condizione di procedibilità dell’azione esecutiva nei confronti del socio e l’onere della prova
dell’insufficienza del patrimonio sociale incombe sul creditore che agisce, nella società
semplice il creditore può agire immediatamente nei confronti del socio, il quale però può
paralizzare, in via d’eccezione, l’azione del creditore sociale, attraverso l’indicazione dei beni
della società sui quali il creditore possa agevolmente soddisfarsi.
Tali diversità si pongono non sul piano sostanziale, ma su quello processuale, ricadendo l’onere
della prova della insufficienza del patrimonio sul creditore o invece l’onere della prova della
sufficienza sul socio e costituendo oppure no, a seconda dei casi, la preventiva escussione della
società una condizione di procedibilità dell’azione contro il socio.
POSIZIONE DEL SOCIO
Il socio per effetto della sua partecipazione nella società assume una posizione soggettiva, in
cui confluiscono diritti ed obblighi, poteri e doveri.
Tutte queste diverse posizioni trovano la loro fonte diretta o indiretta nel contratto, cioè hanno
un fondamento unitario.
Le posizioni più interessanti del socio sono quelle che gli competono nell’ambito della
comunione di impresa.
Nella comunione di impresa emerge la rilevanza primaria della partecipazione del socio come
partecipazione alla formazione del nucleo patrimoniale destinato al suo esercizio. Si pone, in tal
modo, la nozione di quota. La nozione di quota sociale esprime le parte di questo nucleo
patrimoniale, che fa capo al socio e nella quale trovano la loro fonte unitaria le varie posizioni
soggettive. La quota sociale è una entità patrimoniale perché rappresenta una quota astratta di
un nucleo patrimoniale: una entità che ha un suo valore economico che può formare oggetto di
rapporti giuridici. È una frazione del nucleo patrimoniale destinata all’esercizio di una attività
economica.
Questo spiega la normale intrasferibilità della quota del socio illimitatamente responsabile,
senza il consenso degli altri soci e di quella degli accomandanti senza il consenso della
maggioranza.
Il trasferimento della quota non importa la perdita da parte della società della sua identità ed
individualità. La società rimane la stessa anche se il socio amministratore è cambiato. Iniziativa
e rischio sono, dunque, due elementi determinanti della posizione dei soci.
Potere di iniziativa: non è potere di amministrazione, ma potere di contribuire alla posizione
delle norme che debbono regolare l’attribuzione dei poteri nell’ambito sociale. Il potere di
amministrazione è una posizione non originaria ma bensì derivata, perché ad esso corrisponde
in primo luogo l’obbligo del rendiconto, perché le modalità di questo esercizio vanno
determinate sulla base dell’ordinamento sociale ed infine perché tale potere non può essere
attribuito a una categoria di soci o ad un singolo socio.
Il rischio è posizione individuale dei soci che è proporzionata alla partecipazione agli utili ed alle
perdite.
La distribuzione degli utili, per la società di persone, non è l’effetto di una autonoma e
successiva determinazione, ma è la conseguenza automatica dell’approvazione del
rendiconto(2262). I soci sono tenuti alla restituzione delle somme percepite se gli utili fatti
emergere, risultano fittizi o se pur risultando effettivi il rendiconto non è stato approvato. Solo
rispetto ai soci accomandanti non è ammessa ripetizione per gli utili percepiti in buona fede in
base al bilancio regolarmente approvato.
La parte spettante al socio sugli utili è, normalmente, proporzionale al valore del conferimento:
il contratto può tuttavia attribuire al socio una partecipazione agli utili diversa, con il solo limite
rappresentato dal divieto del patto leonino. Se il contratto nulla dispone le parti spettanti ai
soci nei guadagni e nelle perdite si presumono proporzionali ai conferimenti; se il valore dei
conferimenti non è stato determinato, le parti si presumono uguali; se è determinata solo la
parte di ciascuno ai guadagni , si presume la partecipazione alle perdite nella stessa misura. Se
non è determinato nel contratto sociale il valore del conferimento e neppure la partecipazione
agli utili la legge prevede che la stessa sia determinata dal giudice secondo l’equità. La
determinazione della parte di ciascun socio negli utili può essere rimessa al giudizio di un terzo
la cui funzione è quella di arbitratore. (2264).
ORGANIZZAZIONE SOCIALE
Ogni fenomeno di gruppo postula un principio organizzativo. Un principio di organizzazione
sussiste per le società di persone, come del resto sussiste nella comunione.
Tuttavia in queste società l’organizzazione della società non risponde a necessità logiche e di
struttura, ma a necessità pratiche, cioè alla necessità di assicurare il funzionamento della
società e la gestione dell’impresa sociele. Ciò spiega come l’organizzazione non sia
rigidamente determinata negli organi e nelle competenze, quanto piuttosto rimessa alla libera
determinazione dei soci.
Non sussistono organi della società, ma solo la possibilità che si preveda nel contratto sociale il
compimento di certe operazioni con la volontà della sola maggioranza dei soci; e che i soci
attribuiscano ad uno di essi o anche ad uno estraneo l’amministrazione.
L’organizzazione delle società di persone si basa sulla distinzione tra soci e amministratori: i
soci possono modificare l’atto costitutivo, ma a tal fine è richiesto il consenso di tutti, gli
amministratori invece hanno il potere di compiere gli atti per il raggiungimento dello scopo
sociale.
Nell’organizzazione della società di persone non sono attribuite particolari competenze e poteri
ai soci riuniti in assemblea, anche quando la legge fa riferimento alla maggioranza dei soci, non
si ha riferimento ad un organo collegiale. Nè si parla di atto concretante la manifestazione di
volontà dei soci singoli, ne di atto unitario risultante dal voto dei soci in assemblea.
Da ciò derivano particolari conseguenze:
- che non sono necessarie le formalità previste per la validità della costituzione e della
deliberazione dell’assemblea, previste per la società di capitali,
- che, quando il consenso della maggioranza dei soci sussiste, non è necessaria l’opinione
dei soci di minoranza;
- che, anche quando la legge parla di deliberazione dei soci, ne parla nel senso di atto
concretante la manifestazione di volontà dei soci singoli, non nel senso di atto unitario
risultante dal voto in assemblea.
Naturalmente l’atto costitutivo può prevedere che il consenso dei soci, sia dato in assemblea, e
che si debbano seguire certe modalità nella convocazione e deliberazione, modalità che
devono essere osservate, ma anche in questo caso, non siamo di fronte ad un organo collegiale
della società bensì alla previsione contrattuale di una forma per la manifestazione di volontà
dei soci.
Gli amministratori sono le persone nominate nel contratto o quelle a cui in mancanza il potere
viene attribuito dalla legge( 2257).
La legge fissa soltanto un principio: quello che l’amministrazione della società importa la
responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali del socio che amministra; dal che deriva che
nella sas l’amministrazione possa essere conferita solo ai soci accomandatari e che agli
accomandanti sia fatto espresso divieto di immistione nella gestione della società.
Per il resto è comunque decisiva la volontà dei soci espressa nell’atto costitutivo e la disciplina
legale ha valore suppletivo.
L’art 2320 cc stabilisce che i soci accomandanti non possono compiere atti di amministrazione ,
né trattare o concludere affari in nome della società, se non in forza di procura speciale per
singoli affari. E distingue in proposito tra atti interni e atti esterni.
In questo campo l’attività dell’accomandante è necessariamente subordinata a quella
dell’accomandatario: l’accomandante può prestare la sua opera nella società, ma ciò può fare
sotto la direzione degli amministratori. Questa collaborazione in posizione subordinata non
contrasta con il principio che il potere di amministrazione spetta esclusivamente al socio
accomandatario.
Ma, perché il principio essenziale dell’organizzazione dell’accomandita sia osservato è
necessario che non si attui una sostituzione nell’esercizio del potere che è riservato solo
all’accomandatario, e c