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L'ORGANIZZAZIONE SINDACALE DEL PUBBLICO IMPIEGO
La libertà sindacale nel pubblico impiego
La privatizzazione del pubblico impiego ha determinato il definitivo abbandono della concezione per cui una azione sindacale nei pubblici impieghi contrasterebbe con riserva di legge in materia di organizzazione dei pubblici uffici e con la garanzia dell'imparzialità della pubblica amministrazione (art. 97 cost).
Di recente, la legge ha stabilito che la contrattazione collettiva del pubblico impiego si svolge su tutte le materie relative al rapporto di lavoro e alle relazioni industriali. Ha previsto che, anche delle pubbliche amministrazioni, la libertà e l'attività sindacali sono tutelate nelle forme previste dalle disposizioni della legge n. 300 del 1970 con la conseguenza che i pubblici dipendenti e le loro organizzazioni sindacali hanno gli stessi diritti e le stesse prerogative dei dipendenti da datori di lavoro privati e dei loro sindacati.
L'organizzazione sindacale di tipo associativo e di tipo istituzionale
Anche l'organizzazione sindacale dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, allo stesso modo di quella dei dipendenti da datori di lavoro privati, è articolata su base associativa e su base istituzionale.
L'organizzazione sindacale di tipo associativo è costituita dalle associazioni sindacali alle quali i pubblici dipendenti hanno il diritto e la libertà di iscriversi.
Per quanto riguarda invece quella di tipo istituzionale, stabilendo che, in ciascuna amministrazione le organizzazioni sindacali ammesse alle trattative per la sottoscrizione dei contratti collettivi possano costituire rappresentanze sindacali aziendali in ciascuna amministrazione o ente che occupi oltre 15 dipendenti e nelle sedi o strutture periferiche considerate livelli decentrati di contrattazione collettiva, la legge prevede che, in ciascuna amministrazione o ente o struttura amministrativa, possa essere istituito,
propri compiti e funzioni, tra cui la partecipazione alla definizione delle politiche aziendali, la tutela dei diritti dei lavoratori, la promozione del dialogo sociale e la gestione dei rapporti con l'azienda. Le rappresentanze sindacali aziendali unitarie hanno il compito di rappresentare e tutelare gli interessi dei lavoratori all'interno dell'azienda. Possono essere coinvolte nella definizione delle politiche aziendali, nella gestione dei rapporti con l'azienda e nella risoluzione delle controversie tra lavoratori e datore di lavoro. La legge prevede che le rappresentanze sindacali aziendali unitarie siano costituite da lavoratori eletti con procedure e criteri stabiliti dalla contrattazione collettiva. È importante garantire la partecipazione di tutti i lavoratori e la possibilità per le organizzazioni sindacali di presentare liste anche se non sono ammesse alla trattativa per la sottoscrizione dei contratti collettivi. Inoltre, la legge permette agli accordi e ai contratti collettivi di favorire la costituzione di rappresentanze unitarie del personale comuni a più amministrazioni o enti di dimensioni ridotte. Gli accordi e i contratti collettivi disciplinano le modalità con cui le rappresentanze unitarie esercitano i loro compiti e funzioni. Questi possono includere la partecipazione alla definizione delle politiche aziendali, la tutela dei diritti dei lavoratori, la promozione del dialogo sociale e la gestione dei rapporti con l'azienda.26. L'organizzazione sindacale delle pubbliche amministrazioni
La legge attribuisce la rappresentanza legale delle pubbliche amministrazioni alla agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (A.R.A.N.).
L'A.R.A.N. ha personalità giuridica di diritto pubblico e autonomia organizzativa e contabile. Essa esercita, a livello nazionale, ogni attività relativa alle relazioni industriali, alla negoziazione dei contratti collettivi e all'assistenza delle pubbliche amministrazioni. Inoltre, nell'esercitare poteri di rappresentanza legale delle pubbliche amministrazioni, deve tener conto degli indirizzi da queste formulati, prima di ogni rinnovo contrattuale, attraverso le loro istanza associativa rappresentative. A tal fine le pubbliche amministrazioni danno vita a comitati di settore.
27. La rappresentatività dei sindacati dei pubblici dipendenti
La legge attribuisce soltanto ai sindacati
rappresentativi il potere di costituire rappresentanze sindacali aziendali e più intense prerogative dello ai di lavoro. La legge ammette alle trattative per la stipulazione dei contratti collettivi soltanto i sindacati che siano rappresentativi. Diversi sono stati gli nei previsti dalla legge per accertare la rappresentatività dei sindacati dei dipendenti pubblici. L'art. 42 del d.lgs, n.165 del 2001 aveva attribuito alle stesse confederazioni sindacali il compito di individuare criteri per l'accertamento della maggiore rappresentatività. La disposizione che prevedeva tale sistema è stata abrogata dal referendum popolare svoltosi l'11 giugno 1995. Attualmente, la legge prevede che la rappresentatività dei sindacati dei dipendenti pubblici debba essere accertata sulla base della loro consistenza associativa e non attribuita. LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA DEL LAVORO PRIVATO 28. Il contratto collettivo postcorporativo detto di dirittocomuneSoppresso l'ordinamento corporativo fu necessario mantenere in vigore i contratti collettivicorporativi salvo le successive modifiche.Il codice civile si limitava a denunciare per quanto attiene alla materia del lavoro, disposizionedi principio, demandando, all'epoca della sua entrata in vigore, alle fonti corporative distabilire l'analitica disciplina dei vari aspetti del rapporto di lavoro e di stabilire i livelli deitrattamenti retributivi.Nell'immediato dopoguerra, le associazioni sindacali costituite in regime di libertà ripreserassicurare contratti collettivi. Vennero introdotte quelle successive modifiche previstenell'articolo.43 del d.lgs. n. 369 del 1944.Quest'ultima disposizione ha consentito che venissero modificati contratti collettivicorporativi prorogati i quali erano e restavano fonti di diritto.Questi contratti vennero designati, in assenza del diritto speciale, come " contratti collettivi didiritto comune ", inquanto regolati soltanto dalla disciplina dettata dalla legge per i contrattiin genere. Questa situazione esaltava il recuperato carattere della libertà sindacale.
29. L'inderogabilità del contratto collettivo
Una aspirazione del sindacato dei lavoratori che assicura contratto collettivo è quella di evitareche un lavoratore possa accettare condizioni inferiori di quelle previste dalla disciplinasindacale.
Durante l'ordinamento corporativo, la legge prevede espressamente l'inderogabilità delcontratto collettivo da parte del contratto individuale.
Caduto l'ordinamento corporativo e ricondotto il contratto collettivo nell'ambito del dirittocomune, fu possibile individuare l'esistenza di un vincolo che impedisse ai singoli lavoratori diderogare alle condizioni dettate dalla disciplina sindacale.
La teoria dell'interesse collettivo consente di individuare nel sindacato il portatore originariodel potere dell'autonomia privata
collettiva, i contratti individuali di lavoro stipulati tra lavoratori e datori iscritti ai sindacati, che hanno concluso il contratto collettivo, non possono derogare al contratto collettivo, perché l'individuo, associandosi, ha subordinato l'interesse individuale all'interesse della collettività professionale o partecipava. Con ciò egli sia sottoposto a regole, la cui osservanza non dipende dal suo arbitrio individuale, giacché si tratta di regole poste non soltanto nell'interesse individuale di ciascuno, ma invece dell'interesse individuale di ciascuno e insieme di tutti gli altri" (F.Sartoro-Passarelli). 30. L'efficacia erga omnes del contratto collettivo L'altra aspirazione del sindacato dei lavoratori è quella di una applicazione non solo vincolante, ma anche generalizzata del contratto collettivo. Vigente l'ordinamento corporativo, la legge, conferendo i sindacati corporativi la rappresentanza legale diTutti gli appartenenti alla categoria, avevano adottato il contratto collettivo di una efficacia generale. Caduto l'ordinamento corporativo, la costituzione prevede un contratto collettivo efficace per tutti gli appartenenti alla categoria alla quale si riferisce, ma, tale previsione non è stata attuata dal legislatore ordinario.
31. L'estensione dell'efficacia soggettiva del contratto collettivo ad opera della giurisprudenza ha la giurisprudenza dire per primo una soluzione al problema dell'estensione dell'efficacia soggettiva del contratto collettivo. Ciò almeno in due modi:
a) è stato quello di prendere le mosse dalla disposizione dell'art. 36 cost., dove la retribuzione deve essere proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato e sufficiente a garantire al lavoratore e alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa. Nel sistema vigente il giudice determina la retribuzione utilizzando il trattamento retributivo.
previsto dagli attuali contratti collettivi.
b) è stato quello di non condizionare i tale efficacia esclusivamente alla iscrizione del datore di lavoro al sindacato stipulante. A tale iscrizione è stata ritenuta equivalente sia l'applicazione di fatto del contratto collettivo sia applicazione di alcuni soltanto degli istituti regolati in sede sindacale.
32. L'estensione dell'efficacia soggettiva del contratto collettivo ad opera del legislatore
Dopo circa dieci anni dall'entrata in vigore della costituzione repubblicana e constata la impossibilità di attuare l'art. 39 cost, il legislatore ritenne di dover provvedere alla soddisfazione dell'interesse pubblico a che tutti lavoratori cogliessero di un minimo di trattamento economico e normativo.
La legge 14 luglio 1959, n. 741 delegò il governo ad emanare decreti legislativi per stabilire i minimi di trattamento economico e normativo che dovevano essere garantite a tutti i lavoratori.
La legge n. 1027 del 1960 si ebbe l'impressione che questa avesse fatto nemmeno originario carattere di transitorietà della disciplina di cui trattasi, tendendo quali introdurre un sistema che realizzava gli stessi effetti.
La corte costituzionale supera quei dubbi, con riguardo la legge n. 741 del 1959 a condizione che si fosse trattato di un sistema provvisorio. Dichiarò quindi incostituzionale la legge n. 1027 del 1960.
I giudici non solo potevano condannare il datore di lavoro che non avesse rispettato i trattamenti minimi normativi, ma per condannarlo al pagamento delle differenze di trattamento economico non dovevano più fare riferimento al principio dell'art. 36 cost, in quanto decidevano un'azione di inadempimento a un obbligo previsto dalla legge.
Il parere degli anni ha finito per rendere inadeguati i minimi di trattamento economico che, nel corso degli anni successivi, erano stati periodicamente rinnovati e quindi prevedevano retribuzioni più
In questa relazione, la corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità