Diritto commerciale romano - Bona fides ed aequitas
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verificarsi della scelta stessa, in per il perimento del mulo dovuto a
culpa
negligenza del ‘servo’-mulio, prescindendo quindi dall’ulteriore valutazione
se lo schiavo potesse o meno considerarsi effettivamente peritus»24.
A mio parere, tuttavia, più che ad una divergenza di vedute tra
Labeone e Mela si può configurare una tendenziale omogeneità di
valutazione, purché si tenga presente che, se entrambi i giuristi chiariscono,
seppur da una diversa angolazione, il problema della responsabilità nel caso
di un’obbligazione di specie, solo Labeone esamina – nella seconda parte del
passo – un problema riconducibile all’inadempimento di un’obbligazione di
genere, che appare di particolare interesse ove si consideri che la
prestazione, in questo caso, non ha ad oggetto il in senso tecnico
dare
proprio di e legati obbligatori – ‘modello’ teorico e metodologico
sponsiones
per la ricostruzione normalmente accolta dell’istituto in esame – ma,
piuttosto, quanto rientri nell’ambito del ‘quidquid dare facere oportet ex fide
bona’. In quest’ordine di idee, deve essere esclusa, secondo me, la
possibilità di ‘sovrapporre’ il problema della nell’individuazione del
culpa
discussa da Labeone a quello del ‘servum
mulio imperitum pro perito locare’
prospettato da Mela: quest’ultima configurazione della questione – come già
chiariva il Pothier25 – corrisponde, piuttosto, al problema che Labeone
esamina per primo. Vediamone le ragioni, non prima, però, di aver chiarito
il significato del riferimento alla del nell’argomentazione
neglegentia servus
di Lab. D. 19.2.60.7, che riveste carattere preliminare.
Il testo di Lab. D. 19.2.60.7 contiene, infatti, un riferimento alla
del e non, come forse ci saremmo attesi, all’imperitia
neglegentia mulio
quale ‘modello’ del giudizio di rimprovero mosso al del resto, che la
servus:
normale attività ‘tecnica’ di un dia luogo a problemi di risulta
mulio imperitia
bene da Gai. 7 D. 9.2.8.1 Mulionem quoque, si per
ad ed. prov.
imperitiam impetum mularum retinere non potuerit, si eae alienum
hominem obtriverint, vulgo dicitur culpae nomine teneri…
Ai tempi di Gaio è ormai invalso (‘vulgo considerare un’ipotesi
dicitur’)
di l’eventualità che un mulattiere, ‘per non risulti in grado
culpa imperitiam’,
di governare l’impetus A ben vedere, però, l’apporto di Celso,
mularum26.
discusso in Ulp. 32 D. 19.2.9.527, va riferito non già alla novità in sé
ad ed.
24 CARDILLI, cit., 362.
L’obbligazione di «praestare»,
25 POTHIER, II, cit., 821 e nt. 1: a proposito del caso della
Le Pandette, locatio
del servo determinato nella sua individualità, si sottolinea, infatti, che il danno
conductio
«sarebbe imputabile a mia colpa, se io lo avessi locato come esperto; ed in tal caso sarei
verso di te tenuto per l’azione come vien detto nella
Di conduzione, l. 29 § 34 ad Leg.
Va detto, al riguardo, che il Pothier parrebbe aver ricondotto l’intero passo al
Aquil.».
problema della responsabilità del locatore per vizio imputabile della cosa locata (che egli
trattava diffusamente nel trad. it. F. Foramiti, Venezia,
Trattato sul contratto di locazione,
Antonelli, 1835, 102 ss., vale a dire parte II, sez. IV, capo I per chi usi una diversa
edizione), senza evidenziare la differenza tra le due ipotesi.
26 Sul passo, cfr. CANNATA, cit., 58 nt. 20 e 140;
Sul problema della responsabilità,
per la connessione ID., cit., 254 nt. 1.
Per lo studio, 8
della rilevanza dell’imperitia, ma alla sua riconduzione dommatica a
in Lab. D. 19.2.60.7, poi, non si discute di una ma
culpa28; culpa mulionis,
di quella che ne potrebbe essere la struttura pratica nella prospettiva
dell’individuazione, semmai, di una In sostanza, più che ad
culpa domini.
una particolare prospettiva ‘culturale’ di Labeone, che potrebbe non aver
ancora elaborato l’imperitia come contenuto di una mi parrebbe forse
culpa,
preferibile non ‘contrapporre’ il modello della a quello della
neglegentia
e pensare, piuttosto, che il giurista si riferisse, in termini lati, ad
imperitia
una generica condotta riprovevole29, tanto più ove si consideri che, in
questo caso, non emerge una distinzione – rilevante in altra casistica30 –
tra operazioni ‘tecniche’ e ‘non tecniche’ del mulattiere.
Chiarito, quindi, in quali termini possa consistere il contenuto pratico
del giudizio di rimprovero che viene mosso al possiamo procedere a
servus,
tentare di delineare a quali condizioni questa si riverberi sulla
neglegentia
costruzione del criterio di responsabilità del locatore.
3. – Esegesi di Lab. D. 19.2.60.7
Ripercorriamo, innanzitutto, l’intero ragionamento del giurista. In
Lab. D. 19.2.60.7 i possibili contenuti del ‘servum mulionem conducere’
vengono analizzati, a mio parere, secondo un ‘topos’ argomentativo
configurato in base allo schema ‘genus-species’, normalmente impiegato in
funzione classificatoria31.
Labeone, infatti, distingue innanzitutto l’ipotesi in cui il contratto sia
concluso direttamente dal con conseguente tutela
servus32, de peculio et
27 Celsus etiam imperitiam culpae adnumerandam libro octavo digestorum scripsit:
si quis vitulos pascendos vel sarciendum quid poliendumve conduxit, culpam eum praestare
Sul passo
debere et quod imperitia peccavit, culpam esse: quippe ut artifex, inquit, conduxit.
cfr. CANNATA, cit., 56 s.
Sul problema della responsabilità,
28 Seguo CANNATA, cit., 56 s. e 138.
Sul problema della responsabilità,
29 Rispetto alll’esegesi che il CANNATA, cit., 254 nt. 3 svolgeva nel
Per lo studio,
1969 (il è in quanto tale ma risulta «in un singolo caso») quella che
mulio peritus, neglegens
figura oggi in ID., cit., 140 s. appare, quindi, più
Sul problema della responsabilità,
convincente (Labeone utilizzerebbe senz’altro il modello della Tenderei,
culpa-neglegentia).
quindi, a non sopravvalutare il problema indicato dal CARDILLI, L’obbligazione di
cit., 362 nt. 120.
«praestare»,
30 Cfr. Ulp. 32 D. 19.2.13.6
ad ed. si fullo vestimenta polienda acceperit eaque
mures roserint, ex locato tenetur, quia debuit ab hac re cavere. Et si pallium fullo
Come
permutaverit et alii alterius dederit, ex locato actione tenetur, etiamsi ignarus fecerit.
risulta bene da questo testo, un soggetto che svolge normalmente operazioni tecniche può
essere tenuto ad ma per le prestazioni ‘non tecniche’ che
imperitiam praestare,
eventualmente sia tenuto a svolgere accanto alle prime risponde per (nel
culpa-neglegentia
caso indicato, forse anche, a seconda della struttura della fattispecie, per cfr. sul
custodia):
punto esattamente CANNATA, cit., 57, che qui seguo quasi
Sul problema della responsabiltà,
letteralmente.
31 Sul punto, cfr. M. TALAMANCA, Lo schema ‘genus-species’ nelle sistematiche dei
Roma, 1977 (= 221.2), 284 ss. (215 ss. per l’impiego dello
giuristi romani, Quad. Lincei,
schema, in funzione classificatoria, da parte di Labeone).
9
dall’ipotesi in cui sia stata conclusa, invece, dal
de in rem verso, dominus,
con conseguente tutela ‘ordinaria’. Quest’ultima ipotesi viene ulteriormente
distinta in due varianti, la cui è costituita dalla possibilità che il
differentia
contratto sia stato concluso con o senza una ‘definitio vale a
personae’33,
dire con l’individuazione di un determinato schiavo al momento del
contratto34.
La è rilevante in quanto, se la locazione è stata conclusa
differentia grava sul locatore un’obbligazione di mettere a
cum definitione personae,
disposizione del primo una cosa determinata nella sua individualità e,
quindi, un’obbligazione di specie; mentre, nel caso della locazione – come
dice il giurista – ‘sine si ricade nel problema
definitione personae’,
dell’obbligazione di genere (limitato?) e, di conseguenza, nella necessaria
valutazione della condotta strumentale alla da parte del debitore,
electio
che si riverbera sul piano delle conseguenze della sul
neglegentia mulionis
contenuto della che, per Labeone, è diversamente
culpa domini
determinabile nelle due configurazioni della quaestio.
32 L’oggetto della locazione è sempre il non le sue (‘servum
servus, operae meum
sicché secondo me viene conclusa una e non una ‘locatio
mulionem conduxisti’), locatio rei,
anche nel caso in cui il loca se stesso (come invece ipotizzano R. FIORI,
operarum’, mulio La
Napoli,
definzione della ‘locatio conductio’. Giurisprudenza romana e tradizione romanistica,
1999, 113 nt. 183 e la DE FALCO, cit., 75; non mi pare, poi,
«Diligentiam praestare»,
condivisibile l’idea, prospettata da quest’ultima, per cui la clausola ‘de in rem verso’
dovrebbe ritenersi ‘subordinata’ – non lo sarebbe comunque sul piano della costruzione della
– a quella ‘de dato che normalmente la clausola è unitariamente concepita:
formula peculio’,
sul punto, cfr. D. MANTOVANI, II ed., Padova,
Le formule del processo privato romano,
1999, 81 s. [n. 99] e nt. 369). Sulla possibilità del di locare se stesso, cfr. R.
servus
MARTINI, «Mercennarius»- Contributo allo studio dei rapporti di lavoro in diritto romano,
Milano, 1958, 40 s.; E. VALIÑO, in
Las relaciones básicas de las acciones adyecticias, AHDE,
XXXVIII, 1968, 384 s., testo e nt. 34 per la connessione con Ulp. D. 9.2.27.34; E.E.
ELGUERA, in
Situacion juridica de las personas libres que trabajaban como «scribae», Studi
II, Torino, 1968, 152; I. MOLNÁR, in
in onore di G. Grosso, Object of locatio conductio, BIDR,
LXXXV, 1982, 137; I. BUTI, Napoli, 1976, 106;
Studi sulla capacità patrimoniale dei «servi»,
E. GÓMEZ-ROYO, G. BUIGUES-OLIVER, Die Haftung der Ärtze in den klassischen und
in in (III ser.), XXXVII, 1990, 182 ss.; C. MÖLLER,
nachklassischen Quellen, RIDA Die
in CX, 1993, 311; A. WACKE,
mercennarii in der römischen Arbeitswelt, ZSS, Die
ars liberalis in CXIII,
Anerkennung der Medizin als und der Honoraranspruch des Artzes, ZSS,
1996, 397 nt. 64; né, quindi, appaiono giustificabili i sospetti da più parti segnalati al
riguardo (cfr. F. SCHULZ, Die Haftung für das Verschulden der Angestellten im klassischen
in XVIII, 1911, 51; E. LEVY,
römischen Recht, GrühnZ, Die Konkurrenz der Aktionen und
II.1, Berlin, 1922 [rist.: Aalen, 1964], 75 nt. 4;
Personen im klassischen römischen Recht,
W. KUNKEL, in XLV, 1925, 329, itp. da ‘si in poi; P. KRÜCKMANN,
Diligentia, ZSS, ipse’
in LXIII, 20; ID., in
Versicherungshaftung im römischen Recht, ZSS, Periculum emptoris,
LX, 1940, 162 s., che propone, comunque, la connessione con Ulp. D. 9.2.27.34; TH.
ZSS,
MAYER-MALY, München-Wien, 1956, 160, C. ALZON,
Locatio conductio, Problèmes relatifs à
Paris, 1964, 135 nt. 659, che esclude la locazione
la location des entrepôts en Droit romain,
di cosa generica).
33 Mi pare quanto meno difficile pensare che, in questo passo, il termine ‘definitio’
possa avere una qualche connessione con quello che figura in Iav. 11 D. 50.17.202
epist.
(sul punto, cfr. B. ALBANESE, duplex
«Definitio periculosa». Un singolare caso di
interpretatio, in III, Padova, 1970, 330, 363, 368 – ora in
Studi in onore di G. Scaduto,
I, Palermo, 1991, 701 ss. – nonché A. GUARINO,
Scritti giuridici, D. 50.17.202:
in XIV, 1968, 67 nt. 16).
«interpretatio simplex», Labeo,
34 La da parte del è, a mio parere, implicita nell’espressione ‘a
rogatio conductor me
conduxisti’. 10
In quest’ordine di idee, l’insistere del giurista sul dato della ‘definitio
quale elemento che consente di individuare soluzioni diverse a
personae’
proposito del contenuto della convenzione sottesa al va
locare conducere
inteso nel senso che egli ritenesse necessaria un’indagine sulla comune
intenzione delle parti – l’id – per determinare il contenuto
quod actum est
della prestazione del locatore35, che nel primo caso deve mettere a
disposizione un servo mulattiere già individuato, che non deve essere
‘spacciato’36 per esperto quando egli possa aver contezza, conoscendolo,
del fatto che in realtà non lo è, mentre nel secondo deve mettere a
disposizione un qualsiasi forse tra quelli della sua che
mulio, familia,
comunque, per via della clausola di buona fede, deve essere in grado di
realizzare la funzione per cui la è stata conclusa.
conductio
Se si considera che quest’ultima ipotesi è introdotta come ‘variante’
rispetto alla prima, è agevole desumere che la regola del ‘non ultra me tibi
sia riferibile
praestaturum, quam dolum malum et culpam meam abesse’
alla prima suddivisione della mentre la soluzione che fa leva su una
quaestio
‘particolare’ configurazione della (‘illam
culpa q u o q u e culpam me tibi
si riferisca alla seconda suddivisione.
praestaturum aio’)
Soffermiamoci, quindi, sul contenuto del criterio di responsabilità.
Nel primo caso, mi pare che possano trarsi indizi utili per
comprendere il significato dell’operazione concettuale compiuta dal giurista
dall’analisi del riferimento al possessivo ‘mea’ per qualificare la culpa domini
in una con il ricorso alla precisazione ‘non del verso
ultra praestare’ locator
il nel secondo, credo si debba insistere sul significato che
conductor;
assume la congiunzione ‘quoque’ con cui, come osserva esattamente il
Cardilli37, il giurista «accentua» la particolarità della soluzione proposta.
4. – Locazione ‘cum
Segue. definitione personae’
Esaminiamo, quindi, innanzitutto il caso della locazione ‘cum
al momento del contratto (‘sin A
definitione personae’ autem – abesse’).
mio avviso, in questa ipotesi il giurista legge i doveri di del
praestare locator
in termini ‘restrittivi’, per modo che a quest’ultimo è riferibile
esclusivamente una propria.
culpa
Labeone, peraltro, non chiarisce quale sia il contenuto di questa culpa
in relazione alla del un utile riscontro in tal senso può,
neglegentia servus:
tuttavia, rinvenirsi nella soluzione di Mela che, in Ulp. D. 9.2.27.34, secondo
me concede l’a. per l’inadempimento di un’obbligazione di
ex conducto
specie, in quanto il locatore che versi in deve risarcire l’interesse del
culpa
conduttore ad utilizzare ‘ad il determinato nella
mulum regendum’ servus
sua individualità e, con essa, nella sua capacità tecnica. Vediamo, a questo
35 Sul problema, cfr. STOLFI, cit., 83 ss. (che peraltro non
Bonae fidei interpretatio,
esamina il passo).
36 L’espressione è del CANNATA, cit., 253, che vi ricorre, però, a
Per lo studio,
proposito del testo di Mela.
37 CARDILLI, cit., 362.
L’obbligazione di «praestare»,
11
punto, quali siano i possibili argomenti a favore di questa impostazione del
problema.
Quantunque una risposta univoca in tal senso, probabilmente, non
possa essere data con sicurezza, a mio parere depone per la costruzione di
un’obbligazione di specie, innanzitutto, il riferimento alla specifica funzione
che connota l’uti (‘mulum vale a dire tenere a bada un mulo).
frui regere’,
Da questo punto di vista, nonostante il linguaggio adoperato
nell’argomentazione di Mela, il locatore non deve consegnare un qualsiasi
ma piuttosto il che risulta individuato per tenere a bada il
servus, servus
mulo del conduttore. Condivido, quindi, in questa prospettiva l’esegesi del
Cannata che argomenta in un ordine di idee che presuppone la
configurazione di una locazione di specie e, di conseguenza, osserva
esattamente che il locatore risponde se ‘spaccia’ il come
servus peritus
quando invece è la responsabilità deriva, quindi, a mio parere,
imperitus38:
da una condotta riprovevole del locatore che, nella cooperazione alla
specifica individuazione del al momento del contratto, ha il dovere di
servus
evitare esiti o circostanze ostative alla realizzazione del programma
d’obbligazione39 e, quindi, di assicurare al conduttore che il che gli
servus
viene messo a disposizione sia obiettivamente capace di ‘mulum regere’.
In secondo luogo, un problema analogo emerge, a mio avviso, in
tema di tutela edilizia del venditore in due frammenti che devono essere
riferiti non già, come era orientata parte della più risalente dottrina40 ed,
oggi, il Pastori41, a casi di vendita di genere ma, piuttosto, come
esattamente osserva il Cannata42, a vendite di specie, in cui il venditore
deve non una particolare qualità della dedotta
praestare res in obligatione
all’interno di un ma piuttosto le qualità di un determinato
genus, servus,
oggetto del pronunciato in occasione del perfezionamento
dictum venditoris
del contratto.
38 CANNATA, cit., 253; non argomenterei, però, nella prospettiva una
Per lo studio,
‘Garantiehaftung’ (ivi, 253 nt. 2), che induce l’A. ad escludere l’esistenza (ivi, 254) di una
«culpa nella parte» (con conseguente configurazione dell’azione aquiliana prospettata da
Ulpiano come nossale: cfr. nt. 19): riterrei, invece, come vedremo meglio nella
supra,
successiva analisi del passo, che il riferimento a ‘servm altro non
imperitum pro perito locare’
sia se non l’esplicitazione del dato strutturale del ‘culpam labeoniano nel caso della
praestare’
locazione di specie.
39 Per questa dommatica, e per la terminologia che adopero, cfr. C.A. CANNATA, Le
in IX.1, II ed., Torino, 1999 (rist.: 2002), 37 e nt.
obbligazioni in generale, Tratt. Rescigno,
6; 41 ss., in part. 42.
40 L’ALBERTARIO, cit., 383, trattando i passi come vendite di
La qualità della specie,
genere (cfr. anche il cit., 421 s. e 423 s.), prospettava ovviamente, l’interpolazione di
Corso,
‘non nel § 19.4 (cioè quasi tutto il testo) e di ‘mediocrem nel §
utique – dicuntur’ cocum’
18.1, seguito dal BERETTA, cit., 223 nt. 54; come pure C. LONGO,
Qualitas e bonitas, Corso,
cit., 141 s.; diversamente il VASSALLI, cit., 177 ss., pur
Delle obbligazioni di genere,
escludendo esattamente tale possibilità, ne trae un’indicazione utile per affermare che,
quand’anche sia dichiarata la qualità della il debitore potrebbe pur sempre liberarsi
res,
consegnando un di minimo valore. In realtà, egli deve dare comunque un
servus servus
ancorché mediocremente; sicché a mio avviso la ricostruzione, da questo punto di
peritus,
vista, non è condivisibile.
41 PASTORI, cit., 857.
Gli istituti romanistici,
42 Cfr. CANNATA, cit., 42 ntt. 73 e 75.
Sul problema della responsabilità,
12
Si considerino, infatti, le soluzioni di Gai. 1 D.
ad ed. aedil. cur.
21.1.18.1-2 e di Ulp. 1 D. 21.1.19.4:
ad ed. aedil. cur.
Gai. 1 D. 21.1.18.1 Venditor, qui optimum
ad ed. aedil. cur.
cocum esse dixerit, optimum in eo artificio praestare debet: qui vero
simpliciter cocum esse dixerit, satis facere videtur, etiamsi
mediocrem cocum praestet. Idem et in ceteris generibus artificiorum.
(2) Aeque si quis simpliciter dixerit peculiatum esse servum, sufficit,
si is vel minimum habeat peculium.
Ulp. 1 D. 21.1.19.4 Illud sciendum est: si
ad ed. aedil. cur.
quis artificem promiserit vel dixerit, non utique perfectum eum
praestare debet, sed ad aliquem modum peritum, ut neque
consummatae scientiae accipias, neque rursum indoctum esse in
artificium: sufficit igitur talem esse, quales vulgo artifices dicuntur.
Non è possibile, in questo lavoro, riesaminare compiutamente il
problema della vendita di genere43. Mi limiterei, piuttosto, unicamente ad
evidenziare che questi due frammenti, ancora una volta nonostante il
linguaggio adoperato, trattano senz’altro di una vendita di specie: con il
‘promittere il venditore non si obbliga a consegnare all’acquirente
vel dicere’
un qualsiasi tratto dalla classe dei dei o più in
servus coci, peculiati,
generale degli piuttosto, egli assicura (praestat) che il
artifices; servus
oggetto della compravendita – dunque la specie individuata al mercato – è
un un o, più in generale, un In questo caso, il
cocus, peculiatus artifex44.
dovere del debitore di consegnare un soggetto ‘ad aliquem modum peritus’,
purché in conformità al implica una sua responsabilità – che riterrei
dictum,
prescindere dal dolo45 – solo ove sia poi consegnato un servus imperitus,
come avviene nella soluzione di Mela in tema di locazione. In quest’ultimo
43 Cfr. TALAMANCA, cit., 584 e, diffusamente, ID., voce
Istituzioni, Vendita (dir.
in XLVI, Varese, 1993, 360 ss., ivi letteratura; CANNATA,
rom.), EdD, Sul problema della
cit., 14. Era ‘possibilista’ anche il VASSALLI, cit., 58 s.
responsabilità, Obbligazioni di genere,
44 A. CARCATERRA, in LIV, 1988,
Concezioni epistemiche dei giuristi romani, SDHI,
50 confonde il contenuto del ‘promissum con il suo effetto, vale a dire il dovere di
vel dictum’
per modo che considera Ulp. D. 21.1.19.4 come contenente un «avvertimento»
praestare,
che il «non sarà necessariamente “perfectum
servus … neque consummatae scientiae”».
Difficile, poi, la connessione del passo con il problema dell’arbitrium suggerita da
boni viri,
S.D. MARTIN, in CIII, 1986, 325: esatta e qui
A Reconsideration of probatio operis, ZSS,
condivisa è la critica di M. TALAMANCA, in (a proposito
Pubblicazioni pervenute alla Direzione
di MARTIN, 325), in XC, 1987, 639.
op. cit., BIDR,
45 Cfr. CANNATA, cit., 42 nt. 73, che critica la tesi
Sul problema della responsabilità,
di V. ARANGIO-RUIZ, II ed., Napoli, 1956, 353 ss.: nei
La compravendita in diritto romano,
casi del circa le capacità tecniche del a mio parere, l’eventuale
dictum servus,
inadempimento non si risolve necessariamente nemmeno in questioni di in quanto la
culpa,
qualifica del come (più o meno capace, ma purché tale) consegue
servus artifex
semplicemente al contenuto della dichiarazione del venditore e risulta, come tale, di per sé
valutabile nella richiesta dall’emptor. Sul problema, cfr. anche M. MEMMER,
formula aedilicia in CVII, 1990, 1 ss., in part. 13 nt. 48 e, in
Der «schöne Kauf» des «guten Sklaven», ZSS,
part., L. MANNA, Actio redhibitoria de
e responsabilità per i vizi della cosa nell’editto
mancipiis vendundis, Milano, 1994, 133 ss.; per la connessione con il tema della cfr.
pictura,
quindi F. LUCREZI, Napoli, 1984, 187.
La ‘tabula picta’ tra creatore e fruitore,
13
caso, la questione genera un problema di imputazione dell’inadempimento
per di cui il giurista descrive la struttura pratica, in quanto in tale
culpa,
ipotesi la capacità tecnica del non rientra in un
servus dicere vel promittere,
ma nell’ambito del al cui sussidio
quidquid dare facere oportet ex fide bona
è posto un dovere di diligentiam praestare.
In sostanza, in Ulp. D. 9.2.27.34 il risulta individuato dalle
servus
parti in funzione di realizzare lo specifico del ‘mulum per
uti frui regere’,
modo che solo qualora sia stato locato un ‘spacciato’ per
servus imperitus,
al locatore è imputabile – a titolo di – il danno cagionato al
peritus, culpa
mulo che, quindi, costituisce il parametro dell’interesse risarcibile che il
conduttore può ottenere mobilitando l’a. ex conducto.
In questa prospettiva, il punto di vista di Labeone in D. 19.2.60.7 e di
Mela in D. 9.2.27.34 diverge non tanto per via della parziale diversità della
fattispecie (nel primo caso, in cui il mulo ‘perit’, viene locato un mulattiere;
nel secondo, in cui il mulo risulta meramente ‘ruptus il
vel debilitatus’,
compito di generica sorveglianza – ‘commendare’ – affidato allo schiavo fa
pensare, piuttosto, ad una sorta di ‘stalliere’)46, quanto piuttosto perché
mentre Mela esamina l’imputazione della responsabilità contrattuale sul
piano del suo ‘dato strutturale’, Labeone si orienta direttamente su quello
del criterio utilizzabile: in altri termini, il riferimento a ‘servum imperitum
di Mela descrive semplicemente la struttura pratica del
pro perito locare’
‘culpam richiamato da Labeone nella prima parte di Lab. D.
praestare’
19.2.60.747.
Se ne deve desumere che, in caso di locazione di una specie,
riconducibile – in ultima analisi – ad un ‘servus ad aliquem modum peritus’
a seconda del concreto assetto d’interessi, la sussiste solo qualora
culpa
‘pro e che, quindi, solo nel caso della locazione
perito imperitus locatus sit’
‘sine esaminata da Labeone, la del
definitione personae’, neglegentia servus
genera un problema di la cui struttura pratica appare in una certa
culpa
misura diversa – come ora vorremmo dimostrare – da quella di cui sinora
abbiamo discusso.
5. – Locazione ‘sine
Segue. definitione personae’
Veniamo, quindi, alla soluzione di Labeone applicabile qualora la
locazione sia avvenuta ‘sine Le conseguenze della
definitione personae’.
sono, anche in questo caso, senz’altro un problema di
neglegentia mulionis
il criterio, però, come si accennava, non è inteso in senso ‘restrittivo’
culpa;
quale mera ‘culpa – basata sulla struttura del ‘imperitum
mea’ servum pro
esplicitata da Mela – ma si configura come un criterio per così
perito locare’
46 Dal punto di vista della configurazione di due diverse condotte (una che cagiona il
perimento, l’altra la del mulo) incide sulla specifica individuazione dell’azione aquiliana
ruptio
nei due casi; il possibile riferimento a due diversi modelli di condotta del (neglegentia
servus
nel caso discusso da Labeone; a seguire il linguaggio di Mela) è, in fin dei conti,
imperitia
irrilevante dal punto di vista della determinazione del contenuto della culpa domini
nell’imputazione dell’inadempimento di un’obbligazione di specie.
47 In questa prospettiva cfr. TH. MAYER-MALY, cit., 160 (pur dal
Locatio conductio,
punto di vista interpolazionistico). 14
dire ‘autonomo’, che ‘comprende’ a determinate condizioni, diversamente
configurate rispetto al caso precedente, i rischi conseguenti alla neglegentia
del in quanto l’operazione di individuazione dello schiavo è stata
servus,
compiuta dal locatore.
Nella (valutazione della) scelta della da parte del locatore
res
obbligato a dare (in senso atecnico) un (qualsiasi) è, quindi, insita la
mulio
possibilità di riconoscere altresì un’attribuzione di rischio che è corollario
pratico48 di un particolare dovere di riconducibile sul piano
praestare,
dommatico ad una prestazione sussidiaria, funzionale ad assicurare l’esatto
adempimento49 ma tendenzialmente distinguibile da quella che configura la
struttura pratica del criterio della nel caso dell’obbligazione di
culpa
consegnare un determinato.
mulio
In quest’ordine di idee, la incide sulla valutazione dell’id
bona fides
in quanto per il giurista è implicito, nella convenzione
quod actum est
sottesa alla un dovere di consegnare al conduttore non un
locatio conductio,
qualsiasi servo, anche il peggiore della sua ma un servo idoneo alla
familia,
funzione che connota il synallagma.
A tale prestazione ‘accessoria’ ed autonomamente azionabile – che
rientra, cioè, nell’ex quale ulteriore ‘ampliamento’ di quanto rientri
fide bona
nel – è posto a sussidio un dovere di
quidquid dare facere oportet50
che, ove violato, rappresenta la struttura pratica della (particolare
praestare
figura di) esplicitata nel passo, che consiste nel dovere di adoperarsi
culpa
perché non insorgano esiti o circostanze ostative a realizzare la prestazione
principale dovuta determinata vale a dire mettere a
ex fide bona,
disposizione del conduttore un idoneo alla funzione per cui è stata
mulio
conclusa la locatio conductio.
È questa, secondo me, la ragione per cui la congiunzione ‘quoque’
«accentua»51, come si accennava, la particolarità della soluzione proposta,
che va forse letta nel senso che il contenuto del dovere di in
praestare
questo caso non coincide, con il dovere di
sic et simpliciter, diligentiam
che, normalmente, rappresenta il dato strutturale della
/peritiam praestare
48 Per questa impostazione, cfr. CANNATA, cit., 92
Sul problema della responabilità,
s. 49 Cfr. ancora CANNATA, cit., 121 ss., in part.
Sul problema della responsabilità,
130. 50 Al riguardo, il TALAMANCA, cit., 314 osserva che «nel periodo classico
Istituzioni,
l’ex segna, indubbiamente, i limiti delle obbligazioni fatte valere col
fide bona iudicium bonae
Sul problema cfr. ora ID.,
fidei». La ‘bona fides’ nei giuristi romani: «Leerformeln» e valori
in L. GAROFALO (cur.),
dell’ordinamento, Il ruolo della buona fede oggettiva nell’esperienza
Atti del Convegno internazionale di studi in onore di A.
giuridica storica e contemporanea.
Burdese, IV, Padova, 2003, 184 ss., in particolare 186 (sul problema di doveri
‘complementari’ rilevanti sul piano del diritto onorario; ma v. comunque l’argomentazione dei
§§ 35-53); in prospettiva storico-comparatistica, cfr. altresì R. CARDILLI, La «buona fede»
in GAROFALO (cur.),
come principio del diritto dei contratti. Diritto romano e America Latina,
cit., I, 310 ss. e 333 s.; ora ID., Torino,
Buona fede, «Buona fede» tra storia e sistema,
2004, 29 ss.; 53 ss., nonché 100 ss.; per la clausola di buona fede – nell’attuale sistema
italiano – come prestazione ‘accessoria’, cfr. CANNATA, cit., 42,
Le obbligazioni in generale,
47 ss., in part. 50.
51 Così, testualmente, CARDILLI, cit., 362.
L’obbligazione di «praestare»,
15
contrattuale52, ma si connota, semmai, come una significativa
culpa
variante di queste entità concettuali.
Questa infatti, quantunque – diversamente da quanto ritiene il
culpa,
Cardilli53 – debba ritenersi un criterio soggettivo di responsabilità (i
congiuntivi adoperati depongono per la mera eventualità della sussistenza
della violazione di un dovere di non può essere riferita, come nei
praestare),
casi ‘genuini’ di responsabilità per fatto altrui, alla valutazione di una
nell’individuazione di un ausiliare del debitore, dato che il
neglegentia è oggetto della prestazione e non collaboratore
servus mulio
nell’adempimento54. Essa giustifica, piuttosto, una particolare
‘responsabilità per la scelta della specie all’interno del nell’attuazione
genus’
di un’obbligazione di genere diversa da quella di
ex fide bona dare servum
in senso tecnico.
Proviamo, a questo punto, a trarre alcune indicazioni da quanto
sinora emerso.
Innanzitutto, sul piano della ‘bonae la soluzione di
fidei interpretatio’
Labeone appare davvero significativa in quanto, per il giurista, in un
rapporto obbligatorio di buona fede quale è la la qualità
locatio conductio,
della specie non può essere, come normalmente si insegna, anche «quella
della qualità peggiore»55 all’interno del dedotto
genus in obligatione56.
Il ‘dogma’ da cui abbiamo preso le mosse appare, quindi, insufficiente
per configurare i termini del problema in esame, tanto più ove si consideri
che a sussidio della prestazione di genere così determinata è posto uno
52 Cfr. CANNATA, cit., 49 ss., 56 ss.
Sul problema della responsabilità,
53 CARDILLI, cit., 362.
L’obbligazione di «praestare»,
54 Così, esattamente, KNÜTEL, cit., 359 nt. 73 e
Die Haftung für Hilfspersonen,
VOCI, cit., 107 nt. 11. Riferisce la questione al problema della
‘Diligentia’, ‘custodia’, ‘culpa’,
responsabilità per fatto altrui e, segnatamente, per una che funzionerebbe
culpa in eligendo
come «colpa presunta» C.A. CANNATA, in
Una casistica della colpa contrattuale, SDHI,
XLVIII, 1992, 425 nt. 39 (cfr. anche ID., cit., 106 nt. 85,
Sul problema della responsabilità,
così come, incidentalmente, A. WATSON, The Law of Obligations in the Later Roman
Oxford, 1965, 72); in termini analoghi mi pare si orienti G. MAC CORMACK,
Republic, Culpa
in (III ser.), XVIII, 1971, 545 s., confermando la propria esegesi in
in eligendo, RIDA Culpa,
in XXXVIII, 1972, 149 – di una vera e propria ‘culpa (è errata, però, la
SDHI, in eligendo’
connessione tra il nostro passo e Ulp. 18 D. 9.2.27.11, proposta da J.A.C. THOMAS,
ad ed.
in XVIII, 1971, 18 nt. 15, e G. MAC CORMACK,
Pro Noxal Surrender, Labeo, The Thievisch
in (III ser.), XIX, 1972, 374 nt. 35 anche perché nel glossema ‘sed
Slave, RIDA haec –
non figura, a mio parere, questa costruzione: cfr. R. FERCIA,
habuit’ Criterî di responsabilità
dell’exercitor. Modelli culturali dell’attribuzione di rischio e ‘regime’ della nossalità nelle azioni
in factum contra nautas, caupones et stabularios, Torino, 2002, 61, 63 ss.). Nella
penali
prospettiva della cultura giustinianea, F.M. DE ROBERTIS, La responsabilità contrattuale nel
I, Bari, 1983, 434 e 446 si orienta per una forma di
sistema della grande Compilazione,
presunzione assoluta di colpa.
55 Cfr. TALAMANCA, cit., 522.
Istituzioni,
56 Il che impone, comunque, di precisare che la ‘electio deve essere
ex fide bona’
valutata in base alla qualità del concretamente dedotto nell’obligatio del locatore,
genus
quasi certamente da ricondursi, come si accennava, ai della sua ciò significa
servi familia:
che, ove per avventura i del locatore, all’interno di tale categoria contingentemente
servi
determinata, siano tutti mediocri, il debitore adempie esattamente mettendo a disposizione
del conduttore il soggetto che possa soddisfare, nel miglior modo possibile, l’interesse di
quest’ultimo all’esecuzione del rapporto obbligatorio.
16
specifico dovere di funzionale ad assicurare al creditore la
praestare
correttezza della – che è qui una ‘electio – che spetta al
electio ex fide bona’
debitore. In questa prospettiva, poi, è importante sottolineare non solo
come il debitore non possa mettere a disposizione del creditore anche la
cosa peggiore tra quelle che rientrino nel seppur contingentemente
genus,
determinato57, ma altresì come in tal caso possano porsi problemi di
responsabilità.
Ne consegue, a mio avviso, che la sua scelta non è affatto ‘libera’.
In secondo luogo, sul piano del contenuto del criterio di responsabilità
non v’è una significativa divergenza di vedute tra Labeone e Mela, purché si
accetti l’idea che la soluzione di quest’ultimo non costituisce altro che la
descrizione della struttura pratica del ‘non ultra praestare, quam dolum
che connota la responsabilità del locatore in caso
malum et culpam abesse’
di obbligazione di specie, implicante la consegna di un ‘servus e non
mulio’
già di un servus imperitus.
In altri termini, nel caso della locazione di specie la sussiste –
culpa
per Labeone come per Mela – solo qualora al locatore possa essere
rimproverato di aver ‘spacciato’ per un soggetto, già determinato
peritus
nella sua individualità, che invece era sicché, ove la condotta del
imperitus,
locatore sia immune da tale censura, può aver luogo esclusivamente
l’azione extracontrattuale nossale58; nel caso della locazione di cosa
generica, invece, la del può costituire un rischio per il
neglegentia servus
locatore qualora egli risulti aver violato uno specifico dovere di praestare
posto a sussidio di una ben precisa ‘electio all’interno del
ex fide bona’
dedotto in obligatione, qualificato dalla particolare funzione dell’uti
genus
che emege dall’indagine sull’id
frui quod actum est59.
Appare pienamente chiarito e giustificato, infine, il fondamento
storico del discorso del Cannata60 che, nell’analisi del rapporto obbligatorio
nel nostro ordinamento privatistico, distingue quattro (rectius, tre, ma
confluiti in quattro distinte norme) fondamentali ‘precipitati storici’ – le
prestazioni sussidiarie – dell’obbligazione di romana nel Codice
praestare
civile del 1942.
Accanto al dovere di confluiti
neglegentiam / imperitiam praestare,
rispettivamente nel primo e nel secondo comma dell’art. 1176 c.c., egli
ricorda anche il dovere di custodia di cui all’art. 1177 c.c.61 ed il dovere di
57 Cfr. nt. prec. e nt. 20.
supra,
58 In questa sola ipotesi, a mio avviso, può trovare spazio questa possibilità, che il
CANNATA, cit., 254 riferisce al caso in cui, secondo Ulpiano, si può agire non
Per lo studio,
solo (o ma altresì Cfr. 19.
ex conducto ex locato?) ex lege Aquilia. supra,
59 Mi pare, quindi, esatta, in linea di principio, l’impostazione di P. STEIN, Fault in
Edinburgh-London, 1958, 106 s.;
the Formation of Contract in Roman Law and Scots Law,
meno convincente R. ZIMMERMANN, The Law of Obligations. Roman Foundation of the
(utilizzo la rist. in paperback dell’ed. Juta & Co., Ltd., South Africa, 1990),
Civilian Tradition
Oxford, 1996, 362, che distingue tra schiavo individuato dal conduttore (primo caso) e
schiavo individuato dal locatore (secondo caso).
60 CANNATA, cit., 42 s. e 56, la cui dommatica tento qui
Le obbligazioni in generale,
di sintetizzare. 17
la qualità media nelle obbligazioni di fornire cose determinate solo
praestare
nel genere ex art. 1178 c.c.62, in una con la sua ‘eccezione’, indicata
nell’art. 1179 c.c., che consente invece la libertà di scelta della garanzia
idonea a chi sia tenuto a prestarla. Il ragionamento di Labeone, che
distingue un ‘culpam inteso in senso ‘generico’ nel caso di
praestare’
consegna di una cosa determinata nella sua individualità da quello inteso in
senso ‘particolare’ nel caso in cui deve essere consegnata, invece, una cosa
generica che impone al debitore un dovere sussidiario ad un ‘eligere ex fide
rispecchia, con evidenza, il fondamento culturale e pratico della
bona’
distinzione tra i contenuti del precetto di cui all’art. 1176 c.c. (‘sin autem
ipse eum locassem, non ultra me tibi praestaturum, quam dolum malum et
e quelli di cui all’art. 1178 c.c. (‘quod
culpam meam abesse’) si sine
definitione personae mulionem a me conduxisti et ego eum tibi dedissem,
cuius neglegentia iumentum perierit, illam quoque culpam me tibi
praestaturum aio, quod eum elegissem, qui eiusmodi damno te
adficeret’)63.
In questa prospettiva, come vedremo meglio in occasione dell’analisi
dei problemi posti dalla tradizione romanistica64, l’art. 1178 c.c.
rappresenta una prestazione sussidiaria «propriamente detta»65 che ha un
contenuto ‘diverso’ da quello imposto dalla regola di cui all’art. 1176 c.c.:
ove violato, il dovere di assicurare la presenza di certe qualità della cosa,
implicite nella convenzione che genera l’obligatio, ridonda, infatti, in un
‘particolare’ problema di che già nel modello labeoniano risulta tale
culpa,
proprio perché il giurista si rende conto del fatto che la propria soluzione,
nel momento in cui viene accentuata la peculiarità del giudizio
d’imputazione della responsabilità, risulta significativamente diversa da
61 Che, peraltro, in quanto prestazione sussidiaria complementare, non è
sovrapponibile alla figura del elaborata dai (CANNATA,
custodiam praestare prudentes Le
cit., 60 s., testo e nt. 71).
obbligazioni in generale,
62 La questione storica è impostata esattamente, quindi, dal CANNATA, Le
cit., 42 s. e 56; C.M. BIANCA, IV.
obbligazioni in generale, Diritto civile, L’obbligazione,
Milano, 1993 (rist. agg.: 2004), 98 s., in part. 99, richiama GROSSO, cit., 246,
Obbligazioni,
rilevando come le fonti romane non fossero univoche; per la configurazione del problema
nell’attuale ordinamento, mi limito ad un rinvio a U. BRECCIA, in
Le obbligazioni, Tratt.
Milano, 1991, 216 ss., e 259 per altra letteratura, nonché all’accurata
Iudica-Zatti,
trattazione di A. DI MAJO, in
Dell’adempimento in generale, Comm. Scialoja-Branca,
Bologna-Roma, 1994, art. 1178 c.c., 16 ss., in part. 23 ss. per il problema delle regole di
sub
individuazione della specie.
63 Il precipitato storico della distinzione non rileva solo nella formulazione di due
diverse norme nel nostro codice civile – gli artt. 1176 e 1178 c.c. – ma altresì le scelte di
altri cfr., ad esempio il § 243 (sul punto, cfr. DI MAJO,
conditores: BGB Dell’adempimento,
cit., art. 1178 c.c., 24 ss.); per i problemi posti dalla CVIM, cfr. C.M. BIANCA (coord.),
sub in XII,
Convenzione di Vienna sui contratti di vendita internazionale di beni mobili, NLCC,
1989, 150 s., nonché V. BUONOCORE, A. LUMINOSO (cur.), II ed.,
Codice del vendita,
Milano, 2005, art. 35 CVIM (C. DALIA), 1378 ss. Per un quadro comparatistico alla luce
sub
delle proposte normative suggerite dalla prassi commerciale internazionale, cfr. quindi
COMMISSIONE PER IL DIRITTO EUROPEO DEI CONTRATTI, Principi di diritto europeo dei
Parte I e II, a c. di C. Castronovo, Milano, 2001, PECL art. 6:108, 352 s. Per i
contratti, sub
problemi posti dall’art. 664 c.c., cfr. § 11.
infra,
64 § 11.
Infra,
65 Cfr. CANNATA, cit., 42.
Le obbligazioni in generale,
18
quella utilizzata, al medesimo fine, nel caso della locazione di un servus
determinato nella sua individualità. II.
6. – Sul problema dell’id esegesi di Pomp. D.
quod actum est:
19.5.26
Nel passo di Labeone di cui sinora si è discusso il problema della
responsabilità del debitore di genere emerge, se così si può dire,
‘incidentalmente’ rispetto al dato ‘centrale’ della interpretazione secondo la
comune volontà delle parti: nel caso esaminato dal giurista, infatti, la res,
proprio perché individuata nel dei del locatore (e, tra questi,
genus servi
uno che fosse idoneo a soddisfare le contingenti esigenze del conduttore)
cagionava un danno per una propria aspetto non ravvisabile,
culpa,
ovviamente, qualora la non sia costituita da un essere umano.
res
L’indagine impone, a questo punto, un ulteriore approfondimento del
tema della determinazione del contenuto dell’obbligazione di genere dal
punto di vista dell’interpretazione dell’id che si ripresenta
quod actum est,
puntualmente, a prescindere da problemi di responsabilità contrattuale, in
alcune soluzioni66 in tema di prestazione di cose fungibili67.
Passiamo, quindi, ad esaminare innanzitutto il problema del
contenuto di un’obbligazione di genere che sorga da una convenzione
innominata. Si consideri, infatti,
Pomp. 21 D. 19.5.26 (LENEL, Pomp. 685) Si tibi
ad Sab.
scyphos dedi, ut eosdem mihi redderes, commodati actio est: si, ut
pondus argenti redderes quantum in illis esset, tantidem ponderis
petitio est per actionem praescriptis verbis, tam boni tamen argenti,
quam illi scyphi fuerunt: sed si ut vel hos scyphos vel ut eiusdem
ponderis argentum dares, convenit, dicendum est, <si quidem tua est
66 In questi passi la qualità appare a volte specificata come ‘bonitas’: più che
pensare necessariamente ad una sovrapposizione giustinianea, come ipotizzava il BERETTA,
cit., (sarebbe giustinianea l’identificazione tra i due concetti; ma
Qualitas e bonitas, passim
cfr. già esattamente la critica del GROSSO, cit., 235 nt. 1), la ‘bonitas’ appare
Obbligazioni,
semplicemente una specificazione della (per la classicità di alcuni riferimenti alla
qualitas
con attenzione a Paul. D. 19.6.65.6 e Iav. D. 17.1.52, di cui ci occuperemo in
bonitas,
seguito, cfr. S. TAFARO, in XVIII, 1972, 194 nt.
«Pars rei» e «Proprium quiddam», Labeo,
10). Con il MANTOVANI, cit., 49 (n. 22), che sul punto concorda con O. LENEL,
Le formule, III ed., (d’ora in avanti
Das Edictum Perpetuum. Ein Versuch zu seiner Wiederherstellung,
Leipzig, 1927, 239 s., mi pare debba ritenersi che, contro l’idea di questo autore,
EP)
nell’intentio della accanto alla ben potesse figurare anche il
condictio triticaria qualitas
riferimento alla sua specificazione, cioè la S. P. N N A A TRITICI AFRICI – vale a
M M O O
bonitas:
dire la del – OPTIMI – vale a dire la – MODIOS CENTUM DARE
qualitas triticum bonitas
OPORTERE, et rell.
67 Questa qualificazione è irrilevante, in quanto tale, dal nostro punto di vista:
semplicemente va detto che, nel caso dell’obbligazione avente ad oggetto cose fungibili,
l’obbligazione è necessariamente generica; nel caso, invece, dell’obbligazione avente ad
oggetto cose infungibili, come i essa è generica solo se le cose fungibili sono dedotte
servi,
come variamente determinato (cfr. TALAMANCA, cit., 522).
genus, Istituzioni,
19
electio, scyphos statim tuos fieri et te mihi dare posse aut scyphos
aut argenutm utrum malis: quod si mihi permissum est eligere,
scyphos tuos non fieri antequam dixero me eos habere nolle>. (1)
(1) rest. TH. MOMMSEN ex Bas. 20.4.26 (SCHELTEMA, BT 1013, lin. 21-24).
Nel caso in cui Ego consegni a Tu delle coppe d’argento con l’intesa
circa la loro restituzione, la fattispecie è riconducibile (per Pomponio forse
senza problemi68) ad un comodato. Se, invece, Ego le consegna con
l’intesa che Tu dovrà restituirgli la stessa quantità d’argento – non già lo
stesso argento – di cui sono composte, la convenzione è innominata, sicché
per la gli è concessa un’azione che, secondo il
tantidem ponderis petitio
Burdese, è senz’altro l’a. modellata su quella
praescriptis verbis69
mentre secondo il Gallo71, recentemente seguito dallo
commodati70,
Stolfi72, il riferimento ai indicherebbe semplicemente che
praescripta verba
sarebbe concessa al una particolare applicazione, in via di una
dans utilis,
In questo caso, ad ogni modo, il giurista precisa che
condictio certae rei.
l’argento da consegnare a Ego deve essere della stessa qualità di quello di
cui sono composte le coppe.
Nell’ulteriore sviluppo della che il Mommsen ricostruiva73
quaestio,
alla luce del il giurista introduce anche il problema
textus Basilicorum,
68 Pomponio parrebbe, quindi, ignorare i problemi, avvertiti in particolare dai giuristi
del terzo secolo e, molto probabilmente, già noti a Labeone, della cd. ‘datio ad inspiciendum’
(Ulp. 32 D. 19.5.20.2; Ulp. 9 D. 13.6.10.1; Ulp. 28 D. 19.5.17.2), la
ad ed. ad Sab. ad ed.
cui distinzione dal comodato appare controversa ancora ai tempi di Ulpiano. Sul punto, cfr.
KNÜTEL, cit., 381 ss.
Die Haftung für Hilfspersonen,
69 In più occasioni A. BURDESE (Sul in
riconoscimento civile dei contratti innominati,
XXXVI, 1985, 41; in XXXVIII, 1992,
IVRA, Recenti prospettive in tema di contratti, Labeo,
212 e 214; in cit., 82) ha segnalato questo passo
I contratti innominati, Hom. Murga Gener,
come la verosimile prima testimonianza dell’actio e non del più generico agere praescriptis
in un’ipotesi ritenuta esattamente affine al contratto reale (cfr. ancora ID.,
verbis, Ancora in
in LII, 1986, 449): al riguardo, cfr. la prudente
tema di contratti innominati, SDHI,
perplessità di M. TALAMANCA, (a proposito di
Pubblicazioni pervenute alla Direzione
BURDESE, cit., 41), in XCII-XCIII, 1992-93, 736 (il
Sul riconoscimento civile, BIDR,
riferimento da parte di Pomponio a questo mezzo sarebbe «tutto da provare») e di F. GALLO,
I, Torino, 1992, 242; ID., II, Torino, 1995,
Synallagma e conventio nel contratto, op. cit.,
228 ss., 233 s. (andrebbe comunque escluso che Pomponio avesse configurato un’azione ad
per le convenzioni innominate: così anche E. STOLFI,
hoc Studi sui «libri ad edictum» di
II. Milano, 2001, 213 ss., in part. 231). J. KRANJC,
Pomponio, Contesti e pensiero, Die actio
in CVI, 1989, 456, 459 considera genuino
praescriptis verbis als Formelaufbauproblem, ZSS,
il testo ma pensa (ivi, 451) che un precedente fosse stato ammesso da Proculo; cauto M.
ARTNER, Agere praescriptis verbis. Atypische Geschäftsinhalte und klassisches
Berlin, 2002, 156 nt. 460.
Formularverfahren,
70 BURDESE, cit., 42 nt. 70; ID.,
Sul riconoscimento, Osservazioni in tema di c.d.
in I, Madrid, 1988, 145;
contratti innominati, Estudios en homenaje al profesor J. Iglesias,
ID., cit., 81 s.
I contratti innominati,
71 GALLO, II, cit., 233 s.
Synallagma,
72 STOLFI, II, cit., 231.
Studi,
73 È andata perduta, infatti, l’ultima parte del testo confluito in D. 19.5: cfr. TH.
MOMMSEN, I, cit., 580.
Digesta, 20
dell’obbligazione alternativa e configura l’ipotesi che Tu debba restituire ad
Ego o le coppe o la quantità di di cui sono composte, precisando
argentum
che, ove l’electio spetti a Tu, la ha immediatamente (‘statim’, nella
datio rei
ricostruzione del Mommsen) effetto traslativo e quindi quest’ultimo deve
trasferire ad Ego la proprietà delle une o dell’altro; nel caso, invece, in cui la
scelta spetti ad Ego, la non ha effetto traslativo sino a quando
datio rei
questi non abbia dichiarato di non volere le coppe ma, piuttosto,
l’argentum.
Anche a voler tralasciare – per il momento – una più precisa indagine
sulla configurazione e gli effetti della convenzione innominata, è
interessante osservare come, qualora Tu debba consegnare l’eiusdem
il giurista senta la necessità di precisare che
ponderis argentum,
sull’accipiens grava un dovere di consegnare argento della stessa qualità di
quello di cui erano composte le coppe.
La soluzione mi pare condizionata dalla circostanza che, in questo
caso, a mio avviso la prestazione dell’accipiens ha ad oggetto un ‘reddere’
che, a ben vedere, è assimilabile ad un in senso tecnico74 – vale a dire
dare
trasferire la proprietà di un determinato quantitativo di – in un
argentum
rapporto obbligatorio che, diversamente dal caso delle e dei
sponsiones
legati obbligatori, prevede pur sempre specifici doveri di buona fede.
Soffermiamoci, quindi, su questo aspetto che impone di prendere posizione
sul problema dell’azione esperibile dal contro l’accipiens.
dans
Due considerazioni preliminari, al riguardo, devono essere svolte,
l’una in ordine agli effetti della l’altra in ordine alla funzione
datio rei,
dell’azione concessa al dans.
Quanto al primo aspetto, il complessivo andamento del passo di
Pomponio induce a ritenere che la degli abbia sempre – tranne,
datio scyphi
come vedremo, in un caso – effetto traslativo, e che il relativo problema sia
centrato unicamente sul momento in cui tale effetto si verifica. Sul piano
palingenetico, del resto, nel libro XXI dell’ad il giurista si occupava
Sabinum
di problemi connessi alla sicché è quanto meno verosimile che,
condictio75,
anche in questo frammento, si ponesse il problema fondamentale dei
presupposti per la configurabilità di un e, quindi, ove ammessa, delle
dare
sue conseguenze in funzione di una (contro)prestazione rimasta
inadempiuta.
D’altronde, per un verso, sul piano del linguaggio adoperato, la
consegna è qualificata proprio come mentre, per altro verso, mi
dare;
74 Esattamente ARTNER, cit., 166: «vielmehr entspricht
Agere praescriptis verbis,
die beschriebene Abwandlung dem Schema Sul piano del linguaggio
dedi ut dares».
adoperato dal giurista, il riferimento a ‘reddere’ e non a ‘dare’ nella descrizione della
fattispecie (‘si sembra condizionato dalla circostanza che,
tibi … dedi, ut … mihi redderes’)
nonostante la consegna degli sia descritta come un ‘dare’, in prima analisi Pomponio
scyphi
(che parla di ‘reddere’ anche a proposito della prestazione del mutuatario: 27 D.
ad Sab.
12.1.3, § 7, sicché eviterei un’eccessiva dogmatizzazione di questo linguaggio) pensa
infra,
al comodato, in cui la consegna non ha effetto traslativo né impone, di conseguenza, al
comodatario una prestazione di ‘dare’; la reale configurazione della prestazione imposta
all’accipiens, vista nell’ottica della convenzione innominata, emerge, piuttosto, quando il
giurista fa il caso dell’obbligazione alternativa (‘sed, si uti vel hos scyphos vel ut eiusdem
ponderis argentum d a r e s , convenit’).
75 O. LENEL, II, Leipzig, 1889, c. 129 ss.
Palingenesia iuris civilis,
21
sembra significativo che, nella seconda parte del passo, in cui si fa il caso
dell’obbligazione alternativa, Pomponio senta la necessità di precisare i
presupposti del passaggio della proprietà degli a favore
scyphi
dell’accipiens: qualora la scelta tra gli e l’argentum spetti a
scyphi
quest’ultimo l’effetto traslativo della è ‘immediato’; nel caso in cui,
datio
invece, la scelta spetti al esso risulta ‘mediato’, o viene addirittura
dans,
escluso, a seconda che, rispettivamente, questi intenda ottenere
dall’accipiens l’argentum oppure le coppe.
Sarebbe dunque priva di significato concettuale e pratico, a mio
avviso, una discussione in questi termini per il caso dell’obbligazione
alternativa se per il giurista l’effetto traslativo della fosse stato
datio rei
escluso nel caso esaminato per primo: se ne deve dedurre la riconducibilità
della fattispecie-base ad un ‘do (assai sinteticamente, un ‘do
ut des’
vale a dire un trasferimento della proprietà degli
scyphos ut des argentum’,
posto in essere perché sia a sua volta trasferita la proprietà
scyphi argentei
del loro corrispondente peso in argento). A questo punto, l’effetto traslativo
della degli implica che l’accipiens non deve ‘restituire’ lo stesso
datio scyphi
argento di cui essi erano composti, ma che, piuttosto, è obbligato a dare
determinato in un quantitativo pari a quello del peso delle coppe.
argentum,
L’accipiens è, quindi, un debitore di genere, anche se mi pare difficile dire se
di genere ‘limitato’ o ‘illimitato’, ove si consideri che egli non deve
necessariamente trarre dall’argento ottenuto dalla fusione degli la
scyphi
specie con cui può validamente adempiere: di qui l’interesse del giurista ad
introdurre la precisazione ‘tam boni tamen argenti, quam illi scyphi fuerunt’.
Quanto al secondo aspetto – problema della funzione dell’actio – è
decisivo, secondo me, rilevare che l’azione ritenuta esperibile non è
concessa per l’interesse alla mera restituzione delle coppe ma, piuttosto,
per tutelare quello ad ottenere il quantitativo di argento corrispondente al
loro peso: il suo scopo pratico è, quindi, la tutela dell’interesse positivo del
che potrebbe avere bisogno di un certo numero di lingotti d’argento
dans,
per la cura dei propri affari, magari – ad esempio – per soddisfare uno
specifico interesse di un proprio creditore per il tramite del ricorso al
(‘valore reale’ del) metallo prezioso inteso quale merce di scambio in luogo
del denaro.
Ciò chiarito, una sarebbe
condictio ob rem dati re non secuta
sicuramente esperibile – tranne – forse – che nel caso dell’obbligazione
alternativa con facoltà di scelta esercitata dal a favore degli –
dans scyphi
stante l’effetto traslativo della tuttavia, mobilitando una
datio rei76;
alla luce di quanto sappiamo su struttura formulare (che prevede
condictio,
una al ‘quanti e funzione dell’actio (reipersecutoria
condemnatio ea res est’)
in senso stretto, in quanto limitata al mero recupero della valore della res
trasferita senza giustificazione al momento della l’accipiens
litis contestatio),
otterrebbe soltanto il valore degli cioè qualcosa di meno addirittura
scyphi,
dell’interesse negativo77.
76 STOLFI, II, cit., 231 e nt. 374.
Contra, Studi,
77 Per la configurazione della questione, cfr. TALAMANCA, cit., 555 s.,
Istituzioni,
561 e 612. Hanno riesaminato accuratamente questi problemi L. PELLECCHI, L’azione in
dare ad Plaut.
ripetizione e le qualificazioni del in Paul. 17 D. 12.6.65. Contributo allo studio
condictio, in LXIV, 1998, 69 ss. (dal punto di vista, in particolare, dei contenuti di
della SDHI, 22
In sostanza, con la il non otterrebbe affatto il valore
condictio dans
del suo interesse alla trasformazione delle coppe nel loro equivalente in
argento, che rappresenta l’interesse positivo cui fa riferimento Pomponio:
questo contenuto della funzione è estraneo, infatti, alla
reipersecutoria
Il rimedio dell’a. quindi, non può essere
condictio. praescriptis verbis,
ricondotto ad una seppure in via in quanto non funzionale al
condictio, utilis,
risultato pratico di cui i giurista discute, ma semmai ad una forma di tutela
ben più ampia che consenta al di domandare l’interesse positivo
dans
all’attuazione della (contro)prestazione dipendente dalla traslativa.
datio
In quest’ottica, mi convince maggiormente l’impostazione del Burdese
rispetto a quella del Gallo78. Direi forse di più: alla luce della ricostruzione
del problema processuale indicata, da ultimo, dal Cannata79, riterrei altresì
Paul. 17 D. 12.6.65) e A. SACCOCCIO, Si certum petetur. condictio
ad Plaut. Dalla dei
veteres condictiones Milano, 2002, 591 ss. per le conclusioni; dal
alle giustinianee, passim,
punto di vista della funzione sottesa alla cfr. quindi T. DALLA MASSARA,
datio, Alle origini
Padova,
della causa del contratto. Elaborazione di un concetto nella giurisprudenza classica,
2004, 249 ss.
78 In questa prospettiva, a parte le considerazioni svolte in ordine alla funzione
dell’azione, potrebbe forse risultare in una certa misura contraddittorio ipotizzare (GALLO,
II, cit., 233 s.) che in Pomp. D. 19.5.26 l’azione sia
Synallagma, praescriptis verbis
riconducibile ad una in quanto o si riconosce che in taluni casi la
condictio certi utilis, formula
dell’agere non contenesse la clausola di buona fede (perplessità sulla
praescriptis verbis
con riferimento alla «Besonderheit des Geschäftes», esprime anche ARTNER,
condictio, Agere
cit., 166 nt. 510, che pure è cauto su questa costruzione della
praescriptis verbis, formula,
ivi, 51, 46 ss.), oppure dovrebbe ammettersi in questo caso una singolare
amplius condictio
(singolare perché se il fa riferimento alla buona fede, troverei
certi ex fide bona iudicium
difficile parlare di certum petere).
79 C.A. CANNATA, in L. VACCA (cur.),
Contratto e causa nel diritto romano, Causa e
(Atti ARISTEC, Palermo, 7-8 giugno 1995),
contratto nella prospettiva storico-comparatistica
Torino, 1997, 35-61, 44 ss. In buona sostanza, secondo questa dottrina l’a. praescriptis
sarebbe un’azione munita di speciale (vale a dire la
verbis demonstratio praescriptio
posposta alla nomina del giudice), seguita dalla normale delle azioni civili di buona
intentio
fede. Si tratta di una riproposizione della posizione della dottrina maggioritaria: al riguardo,
cfr. gli autori richiamati da BURDESE, cit., 14 ss. ed cit.,
Sul riconoscimento, Osservazioni,
128 nt. 3-4; di recente, cfr. anche la messa a fuoco di L. PELLECCHI, praescriptio.
La
Padova, 2003, 453 s., che alle nt. 8, 10, 11
Processo, diritto sostanziale, modelli espositivi,
propone comunque un’accurata discussione qui improponibile (ivi ulteriore letteratura). Mi
limito semplicemente a rilevare che, quantunque la questione paia destinata a rimanere
ancora aperta, la tesi di fondo di R. SANTORO, Actio civilis in factum, actio praescriptis verbis
in IV, Milano, 1983, 683 ss.; ID.,
e praescriptio, Studi in onore di C. Sanfilippo, Il contratto
in XXXVII, 1983, 78 ss.; ID.,
nel pensiero di Labeone, AUPA, Aspetti formulari della tutela
in N. BELLOCCI (cur.),
delle convenzioni atipiche, Le teorie contrattualistiche romane nella
Napoli, 1991, 83 ss., per cui la sarebbe preposta
storiografia contemporanea, praescriptio
alla nomina del giudice (ivi, 85 ss.), si espone sicuramente alle perplessità rilevate dal
PELLECCHI, 454 nt. 10 (su questa tesi, cfr. anche quanto osserva l’a. a 101 ss. e
op. cit.,
294 ss., in part. 298 s., per la problematica connessione della questione con Gai. 4.134-
137). Un’equilibrata dottrina – per diverse vie KRANJC, cit.,
Die actio praescriptis verbis,
434 ss.; BURDESE, cit., 23 nt. 28; ID.,
Sul riconoscimento, Sul concetto di contratto e i
in
contratti innominati in Labeone, Atti del Seminario sulla problematica contrattuale in
(Milano, 7-9 aprile 1987), I, Milano, 1988, 34 ss. (ma cfr. anche quanto l’A.
diritto romano
sostiene in cit., 73); GALLO, I, 229 s., 240 nt. 202; II,
I contratti innominati, Synallagma,
143 ss., che pensa ad una definitiva cristallizzazione nella codificazione giulianea – ipotizza
che la fosse originariamente estrinseca alla ma, in un momento
praescriptio formula,
successivo, ormai consolidata all’interno della sua struttura (il che può essere già
ragionevolmente possibile ai tempi di Pomponio): in generale, però, secondo me ha ragione
M. TALAMANCA, voce in XXXVI, Varese, 1987, 39 nt. 284 a
Processo civile (dir. rom), EdD,
23
che la dell’actio, in questo caso, seppur non necessariamente
formula
esemplata su quella dell’a. contenesse, in luogo della
commodati,
prevista nelle che presidiano i rapporti obbligatori di
demonstratio formulae
buona fede tipici, la descrizione ‘in del rapporto intercorso tra le
factum’
parti80, con conseguente contenente il riferimento
intentio in ius concepta
alla bona fides81.
Siamo in grado di comprendere, a questo punto, la ragione della
precisazione in ordine alla dell’argentum, a torto censurata dal
bonitas
Beretta82: Tu – come abbiamo visto – è debitore di genere, ma pur sempre
sottolineare come una discussione tra antecedente la o ivi
praescriptio formula praescriptio
inserita sia in fin dei conti irrilevante.
80 Possiamo tentare di meglio visualizzare il problema indicando quella che, grosso
modo, sarebbe potuta essere la della dell’azione. Nel caso
conceptio verborum formula
esaminato per primo da Pomponio, si può pensare a qualcosa di simile (a seguire, da ultimo,
CANNATA, cit., 44 s.): C. AQUILIUS IUDEX ESTO. QUOD A A N N
S S O O
Contratto e causa,
SCYPHOS ARGENTEOS DEDIT UT N N PONDUS ARGENTI A A DARET (REDDERET?)
S S O O
QUANTUM IN ILLIS ESSET, QUA DE RE AGITUR, QUIDQUID OB EAM REM N N A A DARE
M M O O
FACERE OPORTET EX FIDE BONA, EIUS IUDEX C. AQUILIUS N N A A CONDEMNATO, SI
M M O O
NON PARET ABSOLVITO. In linea di principio – ma forse con un eccessivo dogmatismo,
anche terminologico – potrebbe forse dirsi che una di questo genere, con particolare
formula
riferimento alla potrebbe corrispondere alla tutela nel caso
demonstratio-praescriptio,
esaminato per primo da Pomponio, quantunque non possano nascondersi alcune difficoltà:
l’obbligazione dell’accipiens, infatti, sembrerebbe qualificabile tecnicamente più come ‘dare’
che come ‘reddere’ (anche se Pomponio, forse in termini atecnici, parla di ‘reddere’: cfr.
nt. 74); mentre, nel caso dell’obbligazione alternativa, la in
supra, demostratio-praescriptio
teoria potrebbe contenere il riferimento a ‘dare (in stretta aderenza al linguaggio
scyphos’
del giurista) nel caso della scelta convenuta a favore dell’accipiens, laddove nel caso della
scelta convenuta a favore del in cui non si ha un passaggio di proprietà sino a quando
dans,
egli non abbia dichiarato di volere l’argentum anziché le coppe, il riferimento a potrebbe
dare
forse rivelarsi inadeguato: queste difficoltà inducono a non escludere che, a seconda della
particolare prospettazione, dell’assetto d’interessi, la potesse
in iure, conceptio verborum
risultare esemplata – in questo caso avrebbe quindi ragione il BURDESE, cit.,
Osservazioni,
145 – su quella della dell’a. in cui la consegna non è descritta come
formula commodati,
vicenda traslativa; tuttavia, per le medesime ragioni, quest’ultima soluzione non sembra
l’unica configurabile.
81 Per varie vie – ed a prescindere dal problema della riferibilità di questo linguaggio
a specifici contributi tra i – riconoscono che nella dell’agere
prudentes formula praescriptis
fosse contenuto il riferimento alla buona fede, oltre CANNATA, cit.,
verbis Contratto e causa,
44 s. e, fondamentalmente, M. KASER, I (II ed.), München, 1971,
Das römische Privatrecht,
580 ss.; ID., II (II ed.), München, 1975, 419 ss., KRANJC,
op. cit., Die actio praescriptis
cit., 436 ss.; GALLO, I, cit., 243 (ID.,
verbis, Synallagma, Eredità dei giuristi romani in
in BELLOCCI [cur.], cit., 37 ss.); BURDESE,
materia contrattuale, Le teorie contrattualistiche,
cit., 18 s: (amplius 14 ss., cui rinvio per l’esame dello
Sul riconoscimento, status
ID., cit., 37; ID., cit., 211 s.; ID.,
quaestionis), Concetto, Recenti prospettive, I contratti
cit., 73 s., con letteratura; M. TALAMANCA,
innominati, La tipicità dei contratti romani fra
in F. MILAZZO (cur.),
‘conventio’ e ‘sttipulatio’ fino a Labeone, Contractus e pactum. Tipità e
(Atti Copanello, 1-4 giugno 1988), 97
libertà negoziale nell’esperienza tardo-repubblicana
ss., in part. 99. Attualmente, la posizione più radicale – la tutela delle convenzioni sine
sarebbe esclusivamente ed i riferimenti all’a. sarebbero
nomine in factum praescriptis verbis
sistematicamente interpolati – pare difesa soltanto da M. SARGENTI, ‘Actio civilis in factum’ e
in
‘actio praescriptis verbis’. Ancora una riflessione, Iuris vincula. Studi in onore di M.
VII, Napoli, 2001, 237 ss. (ma cfr. ancora A. BURDESE,
Talamanca, Divagazioni in tema di
in cit., I, 315 ss., in part. 343).
contratto romano tra forma, consenso e causa, Iuris vincula,
Da ultimo, esprime una certa cautela in ordine alla sistematica ricorrenza della clausola di
buona fede nella dell’agere ARTNER,
formula praescriptis verbis Agere praescriptis verbis,
cit., 51 (amplius 46 ss.). 24
sicché egli non si libera trasferendo al la proprietà di un
ex fide bona, dans
certo quantitativo di argento di qualsiasi qualità, ma piuttosto di argento
della stessa qualità di quello di cui le coppe erano composte.
Anche in questo caso, quindi, la scelta della all’interno del
res genus
non può considerarsi ‘libera’: essa risulta condizionata, piuttosto, dalla
necessità di identificare l’oggetto della prestazione, sul piano dell’id quod
con un ‘genere qualificato’ che è implicito nel contenuto della
actum est,
convenzione innominata. Di conseguenza, quantunque l’accipiens sia
obbligato a non può qualsiasi cosa, anche la peggiore,
dare, dare
individuata all’interno del ma piuttosto deve una determinata
genus, dare
quantità di che, per via dell’interpretazione di buona fede, deve
argentum
essere di quella stessa di quello di cui erano composti gli
qualitas scyphi.
Ne consegue che, in un rapporto obbligatorio di buona fede, il
debitore di genere – che si tratti di un (limitato?) di cose infungibili
genus
(Lab. D. 19.2.60.7) o di un (illimitato?) di cose fungibili (Pomp. D.
genus
19.5.26) – non può «scegliere qualsiasi cosa, anche quella della qualità
peggiore»83 per adempiere l’obbligazione; e che ciò può implicare, come
effettivamente avviene nel caso del problemi di responsabilità
servus mulio,
che, peraltro, devono essere tenuti distinti dalla diversa problematica della
determinazione del contenuto della prestazione.
7. – esegesi di Pomp. D. 12.1.3
Id quod actum est ed aequitas:
L’esegesi di questo frammento consente, a questo punto, di meglio
comprendere, a mio avviso, il problema della qualità della prestazione di
genere nel mutuo. Forse non a caso, infatti, proprio Pomponio è il giurista
cui si deve la soluzione, ricordata dal Voci84, per cui nella prestazione di
del mutuatario il comprende, a
dare tantundem eiusdem generis
prescindere da un in tal senso, anche la
cavere bonitas.
Vediamo, quindi, se tra le due soluzioni del giurista è possibile
riscontrare qualcosa di più di una mera ‘assonanza strutturale’ e passiamo
all’esame di Pomp. 27 D. 12.1.3 Cum quid mutuum dederimus, etsi
ad Sab.
non cavimus, ut aeque bonum nobis reddetur, non licet debitori
deteriorem rem, quae ex eodem genere sit, reddere, veluti vinum
novum pro vetere: nam in contrahendo quod agitur pro cauto
habendum est, id autem agi intellegitur, ut eiusdem generis et eadem
bonitate solvatur, qua datum sit.
La ragione per cui, secondo Pomponio, l’obbligazione di del
dare
mutuatario comprende anche la è ricondotta espressamente ad un
bonitas
problema di (‘ut essa, anche in
aequitas aeque bonum nobis reddetur’):
questo caso, a mio avviso «esprime l’esigenza di una disciplina adeguata,
82 BERETTA, cit., 222 s.
Qualitas e bonitas,
83 TALAMANCA, cit., 522.
Istituzioni,
84 VOCI, cit., 412 nt. 10.
Istituzioni, 25
DESCRIZIONE APPUNTO
Appunti di Diritto commerciale romano per l'esame del professor Fercia sulle obbligazioni generiche tra bona fides ed aequitas. Gli argomenti trattati sono i seguenti: l'insufficienza di un dogma, la locazione cum definitione personae, la locazione sine definitione personae sul problema dell’id quod actum est, Id quod actum est ed aequitas, l'estensione del modello alla condictio indebiti, l'individuazione della specie ed exceptio doli, l'individuazione della specie e l'actio de dolo, i problemi posti dalla tradizione romanistica.
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher valeria0186 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Commerciale Romano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Cagliari - Unica o del prof Fercia Riccardo.
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