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Funzione Produttiva
La funzione produttiva è il complesso di valori economici come valore positivo delle utilità che emergono dalla gestione al netto dei debiti assunti nel corso della stessa. Questo valore è rappresentato dal patrimonio netto, che è la differenza tra l'ammontare iniziale e finale del patrimonio, che può essere in guadagno, in perdita o in pareggio.
Ai soci spetta il patrimonio netto, ma in maniera residuale rispetto ad ipotetici creditori.
Il patrimonio netto risulta essenziale per individuare il risultato finale della gestione, e ne deriva il risultato finale relativo all'intera gestione, che sono i risultati dei singoli esercizi nei quali la gestione risulta segmentata (gli utili o le perdite di esercizio).
La gestione sociale viene infatti divisa in una pluralità di esercizi sociali la cui durata è normalmente annuale. I soci possono ridurre tale tempistica ma mai aumentarla.
I risultati dei diversi esercizi possono avere andamento diverso. Si prevede che al termine di ciascun esercizio,
l’utile delle società di capitali è diviso tra i soci solo per la parte che supera l'ammontare delle eventuali perdite subite negli esercizi precedenti (utile netto). Nel nostro ordinamento giuridico sono previste due categorie di società: 1. Le società di persone sono costituite, in genere, da un numero limitato di soci che assumono (salvo alcune eccezioni) una responsabilità illimitata e solidale per le obbligazioni sociali. 2. Le società di capitali sono caratterizzate, invece, dalla responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali limitata alle sole quote di capitale sottoscritte (salvo alcune limitate eccezioni). Le norme giuridiche non richiedono un capitale minimo per la costituzione di una società di persone: ciò trova la sua giustificazione proprio nella responsabilità illimitata dei soci che, nel caso in cui la società non sia in grado di adempiere gli impegni assunti, rispondono con il proprio patrimonio personale. Viceversa,nelle società di capitali, il capitale sociale rappresenta la sola garanzia per i terzi data la responsabilità limitata dei soci alle sole quote di capitale sottoscritto. Per questa ragione la legge richiede, per la costituzione della società, l'esistenza di un capitale minimo che varia con il variare del tipo di società di capitali: - per le S.p.A. e le S.a.p.a. il capitale minimo è di 120.000 euro; - per le S.r.l. il capitale minimo è di 10.000 euro. Per quanto riguarda la SOCIETÀ DI CAPITALI, i soci possono decidere di non distribuire (in tutto o in parte) l'utile netto, con l'esito che negli esercizi successivi (vd par 40 giuffrè) essi potranno dividersi tra loro non solo l'utile netto relativo all'ultimo esercizio, ma anche quello degli anni precedenti a suo tempo non distribuito = UTILE ACCANTONATO. Per individuare gli utili che i soci possono dividersi al termine di ciascun esercizio, didevedunque aver riguardo al risultato di più esercizi svolti fino a quel momento, ossia al "risultato dibilancio" (utile di bilancio o perdita di bilancio). La distinzione tra risultato del singolo esercizio e quello complessivo della gestione svolta fino aquel momento assume rilevanza giuridica oltre che economica, tanto che la legge prevede una separata rappresentazione di ciascuno dei risultati: il CONTO ECONOMICO = indica l'utile o la perdita di esercizio e lo STATO PATRIMONIALE = dal quale emergono l'utile o la perdita dibilancio fino a quel momento. Art 2303: Non può farsi luogo a ripartizione di somme tra soci se non per utili realmente conseguiti. Se si verifica una perdita del capitale sociale, non può farsi luogo a ripartizioni di utili fino a che il capitale non siareintegrato o ridotto in misura corrispondente. PATRIMONIO NETTO – in occasione della liquidazione della società, ai soci deve essere corrisposto.L'intero valore del patrimonio netto (l'attivo residuo dopo la estinzione dei debiti sociali), deve essere destinato integralmente ai soci. Il PN si presta poi a essere scomposto in 2 parti:
- quella corrispondente alla ricchezza apportata dai soci (originariamente o in un momento successivo) che dovrà essere loro innanzitutto rimborsata
- quella ulteriore corrispondente all'aumento di tale ricchezza e dunque all'eventuale eccedenza che invece rappresenta il guadagno finale, che si tratterà di ripartire tra i soci.
Nella costituzione, l'entità del k sociale è rimessa alla decisione dei soci che devono innanzitutto indicare il relativo ammontare nell'atto costitutivo della società. L'entità del k rappresenta infatti un elemento dell'atto costitutivo ed ogni sua modificazione richiede in via di principio Δ statutarie.
La legge dopo aver disposto che i conferimenti devono presentare un valore effettivo
almenopari a quello assegnato loro dai soci (ossia il K nominale), prevedendo sanzioni penali in ipotesi di violazione di tale norma, si limita a fissare solo x le società di k il valore di K MINIMO.
LE MODIFICHE DI K SOCIALE – i soci possono apportare variazioni nell'atto costitutivo sia in ↑ che in ↓
Nella società di persone, la legge si preoccupa di garantire l'integrità del capitale sociale, a tutela dei creditori della società. È vietata la ripartizione di somme tra soci se non per utili realmente conseguiti. Se si registra una perdita di capitale sociale non può farsi luogo a ripartizione di utili fino a che il capitale non sia reintegrato.
Nelle sdp non esiste l'obbligo di accantonare una parte degli utili a fondo di riserva: la sua costituzione, quindi, ha un carattere del tutto facoltativo. Se un esercizio si chiude in perdita, e solo se esiste un fondo, esso potrà essere utilizzato per la sua
patrimonio sociale e può pregiudicare lo svolgimento dell'attività di impresa. La riduzione per perdite nel caso in cui l'entità del patrimonio netto della società (o capitale reale) scenda al di sotto del capitale nominale. La riduzione di capitale nominale per perdite consiste quindi nell'adeguare la cifra del capitale nominale all'attuale minore valore del capitale reale. È quindi una riduzione nominale che non comporta di per sé alcuna riduzione del patrimonio sociale. Quest'ultima si è infatti già verificata per effetto delle perdite subite dalla società. Può essere una riduzione facoltativa fino a quando il patrimonio netto non è sceso al di sotto di 1/3 per effetto delle perdite. Perché tale situazione si verifichi, è necessario che le perdite abbiano eroso tutte le riserve. Anche se non obbligatoria, la società può dare il capitale per perdite per poter distribuire gli utili successivamente.
conseguiti. Distribuzione altrimenti vietata fino a quando le perdite non sono colmate. Riduzione obbligatoria Quando il k è ≥ di oltre 1/3 in conseguenza di perdite In entrambi i casi questa forma di riduzione del K consegue la sottrazione di parte del k netto al vincolo di indistribuibilità che caratterizza la disciplina del k. Proprio per tale ragione può pregiudicare le ragioni dei creditori sociali. La legge da un lato permette ai soci (2306, 2445, 2482) di ridurre il K nominale anche in assenza di perdite o in misura superiore alle stesse. Dall'altro subordina alla mancata opposizione dei creditori sociali (o autorizzazione del tribunale) la ripartizione fra i soci dei valori svincolati dalla disciplina del k, come pure la loro imputazione a riserva. (Il patrimonio netto resterà invariato ma comporta una sorta di consolidamento del risultato negativo nel senso che i soci, decidendo di ridurre il K nominale mostrano di considerare una parte)del corrispondente valore come def