Riassunto esame Diritto Commerciale, prof. Griffi, libro consigliato Campobasso
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Ma perché vengono prodotti effetti diversi?
E’ semplice, proprio in forza di uno dei principi cardine dei titoli di credito, quello della letteralità e
dell’autonomia del diritto cartolare in sede di esercizio. Se l’adempimento viene richiesto dal primo
prenditore, ovviamente il debitore può opporgli tutte le eccezioni inerenti il rapporto “causale”, ossia le
eccezioni a lui personali. Se, invece, l’adempimento è richiesto dal terzo portatore, a cui il primo prenditore
ha trasferito il titolo, il debitore non può opporgli alcuna eccezione inerente il rapporto causale: egli deve
pagare e poi, solo in un secondo momento, può rifarsi sul prenditore (magari, nel nostro esempio, perché il
bene venduto era merce avariata o perché la vendita era nulla ecc.). E si tratta di principio fondamentale
dei titoli di credito, necessario per la circolazione degli stessi.
Dobbiamo, però, domandarci quale sia il ruolo del titolo di credito e quale funzione esso assolva, nel
momento in cui rimane nelle mani del primo prenditore.
Sono due le teorie dibattute in dottrina in risposta al nostro quesito:
TEORIA UNITARIA,
La secondo cui il titolo di credito da luogo alla nascita di un rapporto cartolare
• distinti rispetto a quello fondamentale, ad un’obbligazione e ad un diritto che si aggiungono a quelli
del rapporto causale, obbligando il debitore due volte e tenendo conto che il rapporto causale
sopravvive anche al titolo. Ovviamente il debitore è tenuto ad un solo pagamento, è anche futile
sottolinearlo;
TEORIA MISTA,
La in forza della quale il rapporto cartolare distinto rispetto a quello fondamentale
• viene ad esistenza solo se il titolo di credito CIRCOLA, arrivando ad un terzo possessore, mentre in
caso contrario la pretesa azionabile dal primo prenditore resta quella riferita al rapporto
fondamentale che lo legittima all’esercizio del diritto, tralasciando il titolo di credito che serve solo
per esonerare il prenditore dall’onere di provare il rapporto.
Nei confronti del terzo portatore, invece, non vi è dubbio che l’emittente rimane obbligato SOLO ed
ESCLUSIVAMENTE in base al rapporto cartolare, in quanto non vi è cessione del credito, che legittimerebbe
il debitore ad opporre tutte le eccezioni opponibili al cedente primo prenditore.
Segue: Titoli di credito astratti e causali SEMPRE
In apertura del paragrafo precedente abbiamo detto che l’emissione di un titolo di credito deriva
da un rapporto esistente tra l’emittente il titolo ed il primo prenditore. Pur essendo vero quanto appena
ribadito, dobbiamo tener conto che la connessione che si viene a creare tra rapporto fondamentale e
rapporto cartolare non è sempre identica, ma dipende dal titolo.
A tal proposito abbiamo due tipi (anche questo lo abbiamo anticipato in apertura del capitolo) di titoli di
credito: quelli astratti e quelli causali.
ASTRATTI QUALSIASI rapporto fondamentale,
I titoli di credito possono essere emessi in base ad un che
tra l’altro il titolo NON MENZIONA in alcun modo: un esempio è quello della cambiale che non solo NON
contiene, ma NON PUO’ contenere per legge alcun riferimento al rapporto tra emittente e primo
prenditore. 34
CAUSALI, DETERMINATO TIPO di rapporto
I titoli di credito invece, devono essere emessi in base ad un
fondamentale, pur potendo non menzionarlo: pensiamo alle obbligazioni di società, alle azioni, alle quote
di partecipazione nei fondi comuni di investimento ecc.
Questa distinzione produce notevoli effetti sul piano della disciplina: nei titoli astratti il contenuto del
ESCLUSIVAMENTE
diritto cartolare è determinato dalla lettera del titolo e non è possibile, nei rapporti tra
emittente e terzo prenditore, far riferimento ad altre fonti regolamentari, neanche legali (esempio: un
LETTERALITA’ COMPLETA O PIENA,
contratto di compravendita). Vengono definiti come titoli di credito a
in quanto fonte regolamentare del diritto cartolare è SOLO e SOLAMENTE la lettera del titolo. Nei titoli
causali, invece, il contenuto del diritto cartolare è determinato anche dalla disciplina legale del rapporto
obbligatorio tipico richiamato nel documento ed anche qualora lo stesso non sia richiamato. La società, per
esempio, può opporre al terzo portatore di un titolo obbligazionario una modifica delle condizione del
prestito approvata dall’assemblea degli obbligazionisti, anche qualora essa non risulti dal titolo. Si parla, in
LETTERALITA’ INCOMPLETA O PER RELATIONEM.
tal caso, di titoli a Ovviamente non è che per i titoli
causali venga meno l’autonomia del diritto cartolare in sede di esercizio: le eccezioni derivanti dal rapporto
tra emittente e primo prenditore non sono opponibili al terzo portatore, in alcun modo (salvo per le azioni,
vedi il volume 2, capitolo quinto). Se chi ha sottoscritto, per esempio, un titolo obbligazionario, non ha poi
versato le somme dovute, al terzo portatore poco interessa, in quanto egli ha comunque diritto al
rimborso. titoli rappresentativi di merci
Una particolare parentesi dobbiamo aprirla per i (fede di deposito, polizza di
carico, duplica della lettera di vettura), in quanto in tal caso l’obbligazione cartolare ha ad oggetto la
COSE DETERMINATE,
riconsegna di analiticamente descritte nel titolo (esempio: 10 quintali di grano).
Questo potrebbe indurci a pensare che si tratti di un’ipotesi in cui al terzo portatore sono opponibili le
eccezioni personali riguardanti il primo portatore (per esempio il vettore potrebbe asserire di non aver
ricevuto la merce: eccezioni ex recepto). In realtà non viene meno, in alcun modo, l’autonomia del diritto
cartolare in sede di esercizio e l’emittente è tenuto alla consegna o, se non ha ricevuto la merce, a risarcire
il danno.
La circolazione dei titoli di credito
Nella disciplina dei titoli di credito una differenza assai importante che occorre attuare è quella tra la
TITOLARITA’ LEGITTIMAZIONE
del diritto cartolare e la all’esercizio dello stesso: una cosa è essere
proprietari del titolo di credito, e pertanto titolari del diritto cartolare; altro, invece, è possedere il titolo di
credito, non essendone proprietari ma potendo esercitare il diritto nello stesso incorporato, secondo le
forme prescritte dalla legge, che variano a seconda che si tratti di titoli al portatore, nominati o all’ordine.
Ovviamente, il più delle volte il proprietario è anche il possessore del titolo. Può capitare, però, che le due
posizione reali sul titolo (proprietà e possesso) non coincidano e a tal proposito dobbiamo subito attuare
una distinzione tra circolazione regolare e circolazione irregolare.
valido negozio di trasmissione,
Se il titolo di credito viene trasferito in forza di un solitamente basato su un
CIRCOLAZIONE REGOLARE.
rapporto causale preesistente, si ha Chi trasferisce la proprietà del titolo deve
poi consegnarlo, al fine di permettere al nuovo titolare-proprietario di divenire anche possessore-
legittimato all’esercizio del diritto cartolare. Esempio: se un soggetto acquista un televisore, concordando
con il venditore di pagare con assegno circolare emesso dalla sua banca a suo favore, deve ovviamente
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girare l’assegno e consegnarlo al venditore. Al massimo, l’interrogativo che la dottrina si pone in questo
caso riguarda il MOMENTO in cui il venditore diventa proprietario dell’assegno e del diritto di credito
incorporato: nel momento dell’accordo o con la consegna? Si tratta di contratto consensuale o reale? La
maggior parte della dottrina, anche in base al dettato legislativo, propende per la prima soluzione,
sostenendo l’applicazione del principio consensualistico, previsto dall’art.1376 c.c. in via generale per il
trasferimento della proprietà di una cosa materiale. Quindi nella circolazione regolare il consenso è
sufficiente a trasferire la proprietà del titolo ed il conseguente acquisto della titolarità del diritto,
occorrendo comunque l’investitura dell’acquirente nel possesso qualificato, al fine di consentirgli la
legittimazione all’esercizio del diritto stesso.
CIRCOLAZIONE IRREGOLARE:
Diversa è l’ipotesi di in questo caso MANCA quel “valido negozio di
trasmissione” di cui abbiamo parlato qui sopra, per esempio perché il titolo è stato rubato. Si viene a
creare una vera e propria dissociazione tra proprietà del titolo e possesso dello stesso, comportante una
distinzione tra titolarità e legittimazione all’esercizio del diritto. Tuttavia, chi ha perso il possesso del titolo
potrà esercitare l’azione di rivendicazione, riottenendo il documento necessario, o, in caso di titoli
nominativi o all’ordine, la procedura di ammortamento, ottenendo un surrogato del titolo distrutto o
smarrito o rubato.
La situazione, però, cambia notevolmente nel momento in cui il nostro ipotetico ladro trasferisce il titolo di
NON E’ SOGGETTO A
credito ad un terzo in buona fede, il quale in forza dell’art.1994 c.c.
RIVENDICAZIONE, diventando, oltre che possessore-legittimato, anche proprietario-titolare del titolo
stesso. Al vecchio proprietario non rimane che rifarsi sul ladro, su chi gli ha sottratto il titolo, ma non può
agire in nessuna maniera nei confronti del nuovo possessore-proprietario. Anche in questo caso, però, la
A NON DOMINO
legge prevede che la regola “possesso in buona fede vale titolo” operi e che l’acquisto sia
efficace e valido SOLO se vi è stato, tra il ladro ed il terzo, un negozio astrattamente idoneo a produrre il
trasferimento della proprietà del titolo; se, cumulativamente, il terzo era in buona fede, ossia ignorava,
senza colpa grave, il difetto di proprietà; e se vi è stata investitura dell’acquirente nel possesso del titolo.
E’ NECESSARIA
Quindi, nella circolazione irregolare la consegna del titolo affinché il terzo resti incolume
dagli attacchi del vecchio proprietario. CIRCOLAZIONE
Teniamo presente, inoltre, che i titoli di credito possono circolare anche tramite
IMPROPRIA, ossia secondo la disciplina di diritto comune, tramite cessione. In questo caso, però, è il diritto
cartolare ad essere trasferito e non la proprietà del titolo di credito e l’acquirente resta esposto a TUTTE le
eccezioni opponibili al proprio dante causa.
La legge di circolazione. I titoli al portatore
Abbiamo detto che legittimato all’esercizio del diritto cartolare è il possessore del titolo. Ora dobbiamo
AL PORTATORE, NOMINATIVI
aggiungere che in base alla legge di circolazione i titoli si distinguono in titoli
ALL’ORDINE.
e
Nei titoli all’ordine ed in quelli nominativi, oltre al possesso del titolo, occorre anche l’indicazione
LEGITTIMAZIONE
nominativa per esercitare il diritto in essi incorporato: vengono definiti come titoli a
NOMINALE. In quelli al portatore, invece, è sufficiente il semplice possesso: vengono definiti titoli a
LEGITTIMAZIONE REALE. 36
Nei titoli AL PORTATORE può essere anche indicato un “nome”, ma se vi è la clausola “al portatore” essi
rimangono titoli di questo genere ed è sufficiente la semplice consegna al debitore per ottenere
l’adempimento. L’art.2004 c.c., come già anticipato, prevede che i titoli al portatore contenenti l’obbligo di
pagare una somma di denaro possano essere emessi nei “soli casi previsti dalla legge” e per prevenire
l’utilizzazione degli stessi per operazioni di riciclaggio di denaro sporco, ossia proveniente da reati, la legge
fissa il limite di 12.500 euro, oltre il quale non è più possibile emettere titoli al portatore. Sono titoli al
portatore gli assegni bancari, i libretti di deposito, le azioni di risparmio, le obbligazioni sociali, le azioni di
Sicav, le quote di partecipazione a fondi comuni, i titoli del debito pubblico. Per essi non è ammesso,
solitamente, l’ammortamento.
Segue: I titoli all’ordine
ALL’ORDINE
I titoli sono titoli intestati ad un determinato soggetto e circolano per mezzo delle cosiddette
SERIE
“GIRATE”; il possessore del titolo, infatti, è legittimato a ricevere l’adempimento in forza di una
CONTINUA DI GIRATE. Sono titoli all’ordine la cambiale, l’assegno bancario e quello circolare, i titoli
rappresentativi di merci.
GIRATA
La altro non è che una dichiarazione scritta sul titolo, solitamente sul retro, sottoscritta dal
GIRANTE, l’attuale possessore, con cui lo stesso ordina al debitore di adempiere nei confronti del
GIRATARIO. PIENA
La girata può essere “in pieno” o “in bianco”: si parla di girata quando viene indicato il nome del
giratario, accompagnato dalla firma del girante (per me pagate a Foxshark, è questa la dicitura che
IN BIANCO,
ritroviamo solitamente); si parla di girata invece, quando vi è la sola sottoscrizione del girante,
senza l’indicazione del nome del giratario.
Nel caso della girata in bianco il giratario è libero di:
Riempire la girata col proprio nome o con quello di altra persona;
• Trasmettere il titolo ad un terzo senza riempire la girata e senza apporne una nuova: in tal caso il
• titolo circola mediante la consegna manuale dello stesso, praticamente al portatore ma rimanendo
formalmente un titolo all’ordine;
Girare il titolo nuovamente in pieno o in bianco.
•
In forza della legge NON è ammessa girata parziale e qualsiasi condizione si considera per NON APPOSTA.
L’art.2011 del codice prevede: “La girata trasferisce tutti i diritti inerenti al titolo”. La formulazione della
norma è quantomeno impropria, dato che il diritto cartolare non viene trasferito, ma acquistato in via
autonoma dal giratario.
Una serie continua di girate, di cui l’ultima in bianco o intestata ad un soggetto, legittima il possessore
all’esercizio del diritto cartolare. Il debitore è tenuto semplicemente a controllare la regolarità formale
delle girate, mentre NON deve verificarne l’autenticità e la validità: è sufficiente che il nome di ogni girante
corrisponda al giratario della girata precedente, sino ad arrivare al primo prenditore.
Se la legge non lo prevede esplicitamente (come invece fa per i titoli cambiari) e se nessuna clausola risulta
dal titolo, la girata NON HA funzione di garanzia ed il girante NON ASSUME alcuna obbligazione cartolare,
non essendo responsabile dell’inadempimento del debitore.
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Un’altra distinzione che dobbiamo fare è quella tra:
GIRATA PURA E SEMPLICE: il giratario acquista nei confronti dell’emittente un diritto letterale ed
• autonomo ed è libero di trasferire il titolo;
GIRATA PER PROCURA o PER L’INCASSO: si tratta del primo tipo di girata con effetti limitati, in
• RAPPRESENTANTE PER
quanto il giratario, che non acquista alcun diritto autonomo, funge da
L’INCASSO del girante, ma titolare del credito rimane il girante. Proprio per questo motivo il
debitore può opporre al giratario-rappresentante tutte le eccezioni personali opponibili al girante,
ma non quelle personali inerenti il giratario stesso. Il giratario, infine, non può girate ulteriormente
il titolo, se non per procura;
GIRATA A TITOLO DI PEGNO GIRATA IN GARANZIA VOLUTA IN GARANZIA):
(anche detta O al
• giratario viene attribuito un diritto di pegno sul titolo, a garanzia di un credito vantato nei confronti
del girante. Il giratario, in questo caso, acquista un diritto autonomo e a lui il debitore NON può
opporre le eccezioni personali opponibili al girante. Anche qui il giratario non può trasferire ad altri
il titolo, se non per procura.
Segue: I titolo nominativi
NOMINATIVI,
I titoli al pari di quelli all’ordine, sono titoli intestati ad una determinata persona.
DOPPIA
Contrariamente da ciò che avviene per quelli all’ordine, però, in questo caso è prevista la
ANNOTAZIONE, in quanto l’intestazione, oltre che dal titolo, deve risultare nel registro dell’emittente. Ne
consegue che legittimato all’esercizio del diritto cartolare è colui che può vantare l’intestazione sul titolo e
quella sul registro dell’emittente. Stiamo parlando di titoli quali le obbligazioni, le quote di partecipazione a
fondi comuni di investimento, i titoli del debito pubblico, ma soprattutto le “azioni”, per cui la nominatività
è obbligatoria se diverse da azioni di risparmio o azioni di Sicav.
Il trasferimento di titoli nominativi necessita in ogni caso della cooperazione dell’emittente e può
due procedure:
concretizzarsi tramite
TRANSFERT:
Il che comporta il cambiamento contestuale delle due intestazioni o, in alternativa, il
• rilascio di un nuovo titolo, a cura e sotto la responsabilità dell’emittente. Il transfert può essere
richiesto dall’alienante, che deve esibire il titolo, provare la propria identità e la capacità di
disporre, ossia di agire, tramite certificazione di un notaio o di un agente di cambio, oppure
dall’acquirente, il quale deve esibire il titolo e dimostrare il suo diritto, ossia l’acquisto del titolo
stesso, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata da un notaio o da un agente di
cambio;
GIRATA:
La la doppia annotazione viene eseguita da soggetti diversi ed in tempi diversi. E’, infatti,
• l’alienante ad effettuare la girata sul titolo, inserendo la data ed indicando il nome del giratario
(non può essere in bianco), con la relativa sottoscrizione dello stesso se il titolo NON è interamente
liberato. La girata deve essere autenticata da un notaio o da un agente di cambio o, per le sole
azioni, da un funzionario di banca o da una Sim. L’annotazione sul registro dell’emittente, invece,
avviene ad opera dello stesso, ma solo in un secondo momento, ossia quando l’acquirente intende
esercitare il diritto contenuto nel titolo. Prima di questo momento, comunque, l’acquirente può far
circolare il titolo in forza della girata fatta dall’alienante, ovviamente mediante ulteriori girate, tutte
nel rispetto delle regole già esposte. Attenzione, però, perché la girata dei titoli nominativi è diversa
dalla girata dei titoli all’ordine: in questo caso, infatti, la semplice girata attribuisce il diritto ad
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ottenere l’annotazione del trasferimento nel registro dell’emittente, NON il diritto ad ottenere la
prestazione dal debitore, in quanto tale legittimazione deriva dall’annotazione nel registro stesso e
non dalla girata. La semplice girata, in poche parole, non produce effetti nei confronti del
committente.
Le regole della girata valgono anche per la costituzione di vincoli sul credito o diritti reali limitati, anche se
la costituzione in pegno può farsi mediante la semplice consegna del titolo, girato con la clausola “IN
GARANZIA”, seguita dall’annotazione del pegno nel registro dell’emittente.
L’esercizio del diritto cartolare. La legittimazione DEL DIRITTO
Il terzo momento della vita di un titolo di credito riguarda l’ESERCIZIO in esso incorporato.
LEGITTIMAZIONE ATTIVA
L’art.1992 del codice prevede che la all’esercizio del diritto compete al
diritto alla prestazione in esso indicata verso presentazione
possessore del titolo di credito, il quale “ha
del titolo”: è sufficiente, dunque, esibire il titolo di credito, senza necessità di provarne la titolarità, in
quanto l’onere di provare il difetto della stessa grava in capo al debitore, qualora egli non intenda
adempiere. LIBERATO
Allo stesso tempo il comma 2 dell’art.1992 c.c. prevede che il debitore sia dall’obbligazione se
esegue, senza dolo o colpa grave, la prestazione a favore del possessore del titolo, anche se non titolare
dello stesso, non essendo necessaria neanche la buona fede. Anzi, il debitore può anche rifiutarsi di
adempiere la prestazione nei confronti del titolare del diritto, qualora questi abbia perduto il titolo, proprio
per non trovarsi esposto ad una doppia prestazione.
POSSESSO QUALIFICATO
In breve, possiamo dire che il è condizione sufficiente e necessaria per l’esercizio
del diritto cartolare.
Segue: Le eccezioni cartolari ECCEZIONI
L’art.1993 del codice contiene la disciplina delle opponibili dal debitore al portatore del titolo,
al fine di sottrarsi all’adempimento. REALI,
Una prima distinzione è quella tra eccezioni opponibili a qualsiasi portatore, ed eccezioni
PERSONALI, opponibili solo ad un determinato portatore.
REALI:
Sono eccezioni DI FORMA,
Le eccezioni che si hanno quando non vengono osservati i requisiti formali del titolo
• previsti dalla legge (pensiamo alla mancanza di denominazione nel titolo cambiario);
FONDATE SUL CONTESTO LETTERALE DEL TITOLO,
Le eccezioni che si configurano quando la lettera
• del titolo differisce, magari perché alterata, dal testo originario redatto dal debitore;
FALSITA’ DELLA FIRMA,
La per tale intendendosi la mancanza, da parte della sottoscrizione, di
• riferibilità giuridica al debitore (in caso di omonimia, per esempio);
DIFETTO DI CAPACITA’ O DI RAPPRESENTANZA AL MOMENTO DELL’EMISSIONE:
Il quando il titolo
• è stato emesso il soggetto era incapace o il rappresentante non era autorizzato;
MANCANZA DELLE CONDIZIONI NECESSARIE PER L’ESERCIZIO DELL’AZIONE,
La laddove manchi
• qualcosa per esercitare il diritto. 39
PERSONALI:
Sono eccezioni RAPPORTO FONDAMENTALE
Le eccezioni derivanti dal che ha dato luogo all’emissione, opponibili
• EX CAUSA). ECCEZIONE PERSONALE FONDATA SU
solo al primo prenditore (eccezioni Si tratta di
RAPPORTO PERSONALE;
ALTRI RAPPORTI PERSONALI
Le eccezioni fondate su con i precedenti possessori, opponibili solo a
• ECCEZIONE PERSONALE FONDATA SU
colui che è stato parte del relativo rapporto. Si tratta di
RAPPORTO PERSONALE;
L’eccezione di DIFETTO DI TITOLARITA’ del diritto cartolare, opponibile al possessore del titolo NON
• ECCEZIONE PERSONALE IN SENSO STRETTO.
proprietario dello stesso. Si tratta di
L’inopponibilità delle eccezioni, però, non deve dar luogo ad abusi ed è per tal motivo che il legislatore ha
previsto dei temperamenti alla regola delle eccezioni, ammettendo che, in presenza di determinate
condizioni, le eccezioni possano essere opposte anche ai portatori successivi, tenendo conto però dei due
tipi di eccezioni personali.
Nel caso di eccezioni personali in senso stretto, riguardanti il difetto di titolarità, il debitore rifiuta di
adempiere in forza del mancato acquisto del titolo o della perdita della proprietà dello stesso. Tale
MALAFEDE COLPA GRAVE,
eccezione è opponibile nei confronti di tutti i successivi possessori in o che cioè
conoscevano o dovevano conoscere il difetto di titolarità di un precedente possessore.
Nel caso di eccezioni personali fondate su rapporti personali, invece, l’opponibilità ai successivi possessori
è possibile SE e SOLO SE il possessore ha agito INTENZIONALMENTE a danno del debitore: è la cosiddetta
EXCEPTIO DOLI, in cui malafede o colpa grave (conoscenza o conoscibilità) dell’eccezione non sono
DOLO,
sufficiente, in quanto occorre anche il ossia l’accordo fraudolento tra chi ha trasferito il titolo e chi
lo ha ricevuto, o quantomeno l’intenzionalità di quest’ultimo di danneggiare il debitore, privandolo delle
eccezioni opponibili al precedente possessore.
L’ammortamento
Noi sappiamo che, in linea generale, legittimato all’esercizio del diritto cartolare è solo il possessore del
PERDITA
titolo. Questo dovrebbe comportare l’impossibilità di ricevere l’adempimento anche in caso di
INVOLONTARIA smarrimento, sottrazione distruzione.
del titolo per o
La legge, tuttavia, tutela il titolare del diritto e con esso anche la sicurezza della circolazione, consentendo
svincolare l’esercizio del diritto dal possesso del titolo,
di il che avviene diversamente a seconda che si
tratti di titolo all’ordine e nominativi o di titoli al portatore.
Per i titoli all’ordine e per quelli nominativi è previsto l’istituto dell’AMMORTAMENTO: si tratta di un
procedimento volto ad ottenere una dichiarazione giudiziale sostitutiva del titolo originario, al fine di
ricevere l’adempimento del debitore o, se ancora non è giunta la scadenza del titolo, un duplicato del titolo
perduto rilasciato dall’emittente.
procedura di ammortamento SOLO
Chiariamo anzitutto che la è possibile in caso di perdita involontaria
del possesso, ossia nelle ipotesi di smarrimento, distruzione o sottrazione del titolo e si articola in due fasi:
necessaria denunzia
la prima fase è sempre e si avvia con la al debitore della perdita del titolo, con
RICORSO
conseguente dell’ex possessore al presidente del tribunale del luogo in cui il titolo è pagabile,
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DECRETO DI AMMORTAMENTO.
ricorso volto ad ottenere il Il ricorrente deve indicare i requisiti essenziali
del titolo, anche qualora si tratti di titoli in bianco. Il presidente del tribunale, dopo aver accertato i fatti ed
il diritto del ricorrente, pronuncia con decreto l’ammortamento. Il decreto in questione va pubblicato in
Gazzetta Ufficiale e notificato al debitore ad opera del ricorrente: solo con la notifica il debitore può
ritenersi liberato dall’obbligo di pagare al possessore del titolo, in quanto esso perde la sua funzione di
30 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale
legittimazione. Tuttavia, il debitore deve attendere per
adempiere la prestazione o rilasciare il duplicato, in quanto potrebbe aprirsi la seconda fase del
procedimento di ammortamento, una fase SOLO eventuale. Il possessore del titolo, infatti, può proporre
OPPOSIZIONE contro il decreto di ammortamento, rivolgendosi al tribunale che ha emesso il decreto e
depositando il titolo in cancelleria. L’opposizione va notificata tanto al ricorrente quanto al debitore. In tal
ordinario giudizio di cognizione,
caso si apre un avente ad oggetto la proprietà del titolo, il quale si chiude
REVOCA
con la del decreto di ammortamento, se l’opposizione viene accolta, o con il respingimento
dell’opposizione, che da luogo alla consegna del titolo all’ex possessore-ricorrente. Ovviamente il decreto
di ammortamento diventa definitivo anche se, entro 30 giorni dalla pubblicazione in GU, non viene
proposta opposizione. Ciò non vieta al detentore del titolo di agire in giudizio nei confronti del ricorrente-
beneficiario del decreto di ammortamento.
La procedura di ammortamento non è ammessa per i titoli al portatore, salvo casi particolari previsti per i
titoli a circolazione ristretta (come i libretti di deposito e gli assegni bancari al portatore).
Il possessore del titolo al portatore, comunque, ha diritto al rilascio di un duplicato del titolo qualora ne
dimostri la distruzione, mentre nell’ipotesi di smarrimento, sottrazione o di mancata prova della
distruzione, l’ex possessore deve denunziare i fatti all’emittente ed ha diritto alla prestazione una volta
termine di prescrizione del titolo,
decorso il ponendo in tal modo al riparo dal doppio pagamento anche il
debitore.
Documenti di legittimazione e titoli impropri
L’art.2002 c.c. individua due tipi di documenti che, pur avendo una funzione di legittimazione all’esercizio
di un diritto, non sono configurabili come titoli di credito, non soggiacendo alla disciplina fin qui esposta.
DOCUMENTI DI LEGITTIMAZIONE TITOLI IMPROPRI.
Stiamo parlando dei e dei
documenti di legittimazione
I identificano il titolare del diritto, colui che deve ricevere la prestazione
(pensiamo ai biglietti del cinema o a quelli della lotteria).
titoli impropri,
I invece, consentono il trasferimento del diritto senza l’osservanza delle FORME previste
per la cessione, ma con gli effetti di quest’ultima (pensiamo alla polizza di assicurazione all’ordine o al
portatore). Tali titoli dispensano il cessionario dalla formalità di notifica al debitore.
Tanto i documenti di legittimazione, quanto i titoli impropri, condividono con i titoli di credito il solo
art.1992 del codice, quello inerente la necessità di possesso del titolo per ottenere la prestazione, per
essere legittimati attivamente all’esercizio del diritto: il possessore del documento o del titolo improprio
NON deve dimostrare la titolarità originaria del diritto o la qualità di cessionario; allo stesso tempo il
debitore si libera se, senza dolo o colpa grave, adempie la prestazione nei confronti del possessore. Non si
applicano, tuttavia, gli artt.1993 e 1994 del codice. 41
La gestione accentrata dei titoli di massa. Rinvio
Da quanto abbiamo detto in tutta la trattazione dei titoli di credito, possiamo concludere che la
circolazione degli stessi si basa sulla consegna materiale del documento e che l’esercizio del diritto
cartolare prevede la presentazione del titolo al debitore. Quanto si tratta di titoli di credito di massa
ampiamente diffusi tra il pubblico, oggetto di continua negoziazione, come nel caso di azioni ed
obbligazioni di società quotate, il rischio di smarrimento e furto sale vertiginosamente, per non parlare del
fato che le formalità della doppia annotazione ostacolano la circolazione dei titoli stessi.
Al fine di rendere più sicuro il mercato dei titoli di massa a larga diffusione, e soprattutto delle azioni
quotate, sono stati adottati dei meccanismi volti a ridurre la circolazione materiale ed i pericoli ad essa
GESTIONE ACCENTRATA DI STRUMENTI FINANZIARI
connessi. Stiamo parlando del sistema di
RAPPRESENTATI DA TITOLI (vedi il paragrafo “le azioni dematerializzate” contenuto nella mia dispensa del
volume 2 di diritto commerciale, sempre dell’autore Campobasso, pagine 32 e 33).
La disciplina della gestione accentrata è contenuta oggi negli artt.80-90 del Tuf, nel D.lgs.213/1998 e nel
SOCIETA’ DI GESTIONE ACCENTRATA
regolamento della Consob 11768/1998. Occorre ricordare che le
sono S.p.a. a statuto speciale, che esercitano proprio l’attività di gestione accentrata di strumenti finanziari
di emittenti privati e che operano sotto la vigilanza della Consob e della Banca d’Italia, anche se al
momento l’unico sistema operante è quello gestito dalla Monte Titoli. Al sistema sono ammessi azioni ed
altri strumenti finanziari di emittenti privati (pensiamo alle obbligazioni o alle quote di fondi comuni di
investimento ecc.), espressamente individuati dalla Consob. La Monte Titoli si occupa anche della gestione
accentrata dei titoli di Stato, sulla base di un regolamento del Ministro dell’economia. Il sistema di gestione
accentrata opera diversamente a seconda che si tratti di strumenti finanziari rappresentati da titoli o
soggetti alla disciplina della dematerializzazione introdotta dal D.lgs. 213/1998.
NON DEMATERIALIZZATI
Per quanto riguarda gli strumenti finanziari l’adesione al sistema di gestione
FACOLTATIVO/VOLONTARIO
accentrata è e comporta la sostituzione della circolazione documentale dei
titoli con una circolazione dematerializzata fondata su scritture contabili a cui la legge riconduce gli stessi
effetti della circolazione già descritta, quella materiale dei titoli. L’accredito contabile, dunque, è
equiparato al trasferimento materiale del titolo, determinando l’acquisto del diritto cartolare. L’esercizio di
tale diritto non necessita dell’esibizione dei titoli, che comunque CONTINUANO AD ESISTERE e vengono
custoditi dalla società di gestione, che rilascia apposite CERTIFICAZIONI attestanti la partecipazione al
sistema e l’indicazione del diritto esercitabile.
Il D.lgs.213/1998, invece, ha introdotto l’IMPOSSIBILITA’ di essere rappresentati da titoli materiali
OBBLIGATORIA) TUTTI
(DEMATERIALIZZAZIONE per gli strumenti finanziari (azioni, obbligazioni ecc.)
negoziati o destinati alla negoziazione nei mercati regolamentati italiani, nonché per quelli diffusi tra il
pubblico in misura rilevante, anche se non negoziati in mercati regolamentati. Allo stesso modo è stata
titoli di Stato.
dematerializzata la gestione accentrata dei In tutti questi casi, dunque, non esiste più il
documento cartaceo, ma SOLO un sistema elettronico di scritturazione: è il sistema di gestione accentrata,
tramite registrazioni contabili equiparate ex lege alla disciplina dei titoli di credito, a permettere
l’emissione e la circolazione degli strumenti finanziari dematerializzati.
42
Una volta effettuata la registrazione, il titolare del conto è legittimato ad esercitare i diritti relativi agli
strumenti finanziari in esso registrati e può disporne in conformità alle norme vigenti in materia,
praticamente realizzando quanto previsto dall’art.1992 c.c. per i titoli di credito materiali.
Con norma corrispondente all’art.1994 c.c., l’art.32 comma 2 del decreto 213/1998 prevede che chi ottiene
la registrazione a proprio favore, in base a titolo idoneo ed in buona fede, non può essere soggetto a
pretese o azioni da parte dei precedenti titolari.
Si ripropone, anche in caso di gestione accentrata, la distinzione tra eccezioni personali e reali prevista
dall’art.1993 c.c., in quanto l’emittente può opporre al soggetto che ha ottenuto la registrazione SOLO le
eccezioni a lui personali e quelle comuni a tutti gli altri titolari degli stessi diritti.
I vincoli sugli strumenti finanziari dematerializzati, infine, si costituiscono mediante iscrizione del vincolo in
apposito conto tenuto dall’intermediario.
Quindi i principi ispiratori della disciplina dei titoli di credito sopravvivono, con i dovuti adattamenti, alla
soppressione del documento, in quanto a cambiare è solo il veicolo di circolazione, costituito da
registrazioni contabili elettroniche anziché dalla carta.
CAPITOLO VENTESIMO – LA CAMBIALE
Cambiale tratta e vaglia cambiario
CAMBIALE
La è un titolo di credito la cui funzione tipica è quella di differire il pagamento di una somma di
denaro attribuendo nel contempo al prenditore la possibilità di monetizzare agevolmente il credito
concesso, tramite il trasferimento del titolo. Si tratta, dunque, di uno strumento di credito.
La disciplina è contenuta del r.d.1669/1933, emanato in attuazione della Convenzione di Ginevra del 1930,
motivo per cui la normativa riguardante il diritto cambiario è pressoché identica in molti Paesi europei ed
extra-europei. CAMBIALE TRATTA VAGLIA CAMBIARIO PAGHERO’
Ci sono due tipi di cambiale, la ed il (anche detto
CAMBIARIO), aventi struttura diversa MA alcuni caratteri fondamentali comuni.
CAMBIALE TRATTA ORDINE DI PAGAMENTO, TRAENTE,
La si struttura come un in cui un soggetto, detto
ORDINA TRATTARIO, PRENDITORE
ad un altro, detto di pagare per lui una somma di denaro al del titolo. Il
traente che da l’ordine, dunque, garantisce l’accettazione ed il pagamento del titolo al prenditore
OBBLIGATO CAMBIARIO OBBLIGATO
beneficiario, mentre il trattario destinatario dell’ordine è e
PRINCIPALE due distinti rapporti: di PROVVISTA,
in forza dell’accettazione. Esistono, pertanto, quello di VALUTA,
inerente un preesistente diritto di credito del traente nei confronti del trattario, e quello
riguardante il rapporto di debito del traente nei confronti del prenditore; con l’emissione della cambiale il
traente non fa altro che utilizzare il proprio credito verso il trattario per pagare il proprio debito verso il
prenditore,
VAGLIA CAMBIARIO, PROMESSA DI PAGAMENTO
Il invece, si struttura come una e in esso figura solo due
OBBLIGATO CAMBIARIO
persone (e non tre): l’EMITTENTE, che promette il pagamento divenendo
PRINCIPALE, PRENDITORE,
ed il che è beneficiario della promessa di pagamento.
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Vi sono, come già anticipato, degli aspetti comuni alla cambiale tratta e al pagherò cambiario:
ALL’ORDINE,
Sono titoli di credito che circolano mediante girata;
• ASTRATTI, qualsiasi rapporto fondamentale
Sono titoli di credito emessi in base ad un che non
• viene menzionato nel titolo. Spesso vengono emessi senza che esista un rapporto fondamentale
CAMBIALE DI FAVORE,
alle spalle tra traente/emittente e prenditore: si tratta della cosiddetta in
accordo
cui il rapporto causale è costituito da un fra emittente/traente e primo prenditore, accordo
CONVENZIONE DI FAVORE
che prende il nome di e che serve a conferire al prenditore uno
strumento per procurarsi denaro temporaneamente, negoziando il titolo (per esempio scontandolo
presso una banca);
RIGOROSAMENTE FORMALI,
Sono titoli in quanto produttivi di effetti SOLO se contenenti le
• indicazioni previste dalla legge e clausole da essa consentite;
PLURALITA’ DI OBBLIGAZIONI:
Sono titoli che possono incorporare una quella del traente,
• dell’accettante, dei giranti, dei loro avallanti e dell’accettante per intervento, per quanto concerne
la cambiale tratta; quella dell’emittente, dei giranti e dei loro avallanti per quanto riguarda il vaglia
IN SOLIDO
cambiario. Gli obbligati cambiari sono obbligati verso il portatore del titolo, anche se
PER GRADI OBBLIGATI DIRETTI
disposti e distinti per legge in (emittenti, accettante e loro avallanti)
OBBLIGATI DI REGRESSO
ed (traente, giranti, loro avallanti ed accettante per intervento);
ESECUTIVI,
Sono titoli assistiti da particolari agevolazioni processuali per consentire un rapido
• soddisfacimento del portatore in caso di mancato pagamento, sebbene occorra osservare le
disposizioni tributarie in tema di imposta di bollo.
I requisiti formali della cambiale ESSENZIALI,
La cambiale, per essere definita (valere) come tale, deve rispettare alcuni requisiti
indispensabili, previsti all’interno della legge cambiaria, precisamente all’art.1 per quanto riguarda la
cambiale tratta e all’art.100 per ciò che concerne il vaglia cambiario. Sono previsti, inoltre, ulteriori
NATURALI,
requisiti che possono anche mancare nel titolo, in quanto integrati da norme suppletive di
legge.
Quindi, il modulo bollato (si tratta di prestampati standardizzati predisposti dall’amministrazione
finanziaria con i quali viene assolta l’imposta di bollo) o qualsiasi altro pezzo di carta è qualificabile come
cambiale solo se rispetta dei requisiti formali.
requisiti formali “essenziali”
Sono della cambiale:
La denominazione di “cambiale” inserita nel titolo (per il vaglia cambiario si possono utilizzare
• alternativamente le denominazioni “vaglia cambiario” o “pagherò cambiario”);
INCONDIZIONATO PROMESSA
L’ORDINE nella cambiale tratta (pagherete a…) o la
• INCONDIZIONATA DETERMINATA,
nel vaglia cambiario (pagherò a…) di pagare una somma
espressa in lettere e in cifre. In caso di discordanza prevale la somma scritta in lettere e se la stessa
è scritta più volte in maniera discordante, prevale la somma minore;
L’indicazione, nella sola cambiale tratta, del TRATTARIO, ossia di chi deve eseguire il pagamento in
• favore del portatore del titolo, nonché del luogo e della data di nascita dello stesso o del suo codice
fiscale. Trattario può essere anche lo stesso traente, quando il pagamento deve avvenire in un
luogo diverso dove vi è un’altra sede del traente;
44
L’indicazione, nel solo vaglia cambiario, del luogo e della data di nascita ovvero del codice fiscale
• dell’emittente;
Il nome del primo prenditore (nella cambiale tratta può essere lo stesso traente);
• La data di emissione della cambiale, inerente il giorno in cui titolo viene immesso in circolazione;
• La sottoscrizione del traente o emittente, che è l’unico elemento a dover essere autografo, ossia
• apposto manualmente. Deve contenere nome e cognome o quantomeno la ditta di colui che si
obbliga. E’ valida la sottoscrizione nel quale il nome è abbreviato o indicato con la sola iniziale.
requisiti formali “naturali”
Sono della cambiale:
L’indicazione della scadenza: se omessa la cambiale si considera pagabile A VISTA; se indicata deve
• A VISTA, A CERTO TEMPO
rispettare, a pena di nullità, uno dei quattro tipi previsti dalla legge, ossia
VISTA, A CERTO TEMPO DATA, A GIORNO FISSO;
L’indicazione del luogo di emissione della cambiale: se mancante il titolo si considera sottoscritto
• nel luogo indicato accanto al nome del traente/emittente, altrimenti la cambiale è nulla;
L’indicazione del luogo di pagamento: se non menzionato, la cambiale tratta è pagabile nel luogo
• indicato accanto al nome del trattario e il vaglia cambiario è pagabile nel luogo di emissione del
titolo. Luogo di pagamento può essere anche il domicilio di un terzo (esempio: una banca) e la
DOMICILIATA: PROPRIA,
cambiale si dice la stessa domiciliazione può essere se il pagamento deve
IMPROPRIA,
essere effettuato dal terzo, quale rappresentante del trattario o dell’emittente, ed se
è lo stesso trattario/emittente ad effettuare il pagamento, sebbene presso il terzo.
di BOLLO
Il pagamento dell’imposta non è requisito della cambiale, sebbene faccia perdere alla stessa la
qualità di titolo esecutivo, non sanabile dalla successiva regolarizzazione fiscale, comunque necessaria se il
portatore vuole esercitare i propri diritti in giudizio.
Segue: La cambiale in bianco
Prestiamo molta attenzione a quanto detto nel paragrafo precedente in merito ai requisiti essenziali della
EFFICACIA
cambiale, tanto di quella tratta quanto del vaglia cambiario. Essi, infatti, sono requisiti di
VALIDITA’
dell’obbligazione cambiaria, NON di della stessa.
Solo la sottoscrizione del traente o emittente, infatti, è requisito “formale essenziale” anche di validità,
oltre che di efficacia della cambiale: qualsiasi modulo bollato o qualsiasi pezzo di carta con la
denominazione “cambiale” e provvisto di sottoscrizione autografa è da considerarsi titolo di credito
cambiario LIBERAMENTE CIRCOLABILE. La cambiale che circola sprovvista di uno o più degli ALTRI requisiti
CAMBIALE IN BIANCO.
essenziali è detta Traente/emittente e primo prenditore, infatti, possono benissimo
ACCORDO DI RIEMPIMENTO,
fissare le modalità della successiva compilazione del titolo all’interno di un
per esempio perché l’importo o la scadenza non sono ancora determinabili ma lo saranno in futuro.
Chi rilascia una cambiale in bianco (ripetiamo: con la sola sottoscrizione e la denominazione “cambiale”) si
ABUSIVO RIEMPIMENTO
espone, tuttavia, al rischio di da parte del primo prenditore che, non rispettando
l’accordo sottostante, potrebbe riempire a piacimento il titolo cambiario e richiederne il pagamento: in
questo caso, però, il traente/emittente non corre un gran rischio, potendo opporre al prenditore la
violazione dell’accordo, pur restando a proprio carico l’onere di provare in giudizio il riempimento abusivo.
45
di abusivo riempimento”
Attenzione, però, perché “l’eccezione si configura come ECCEZIONE PERSONALE,
non opponibile pertanto al terzo possessore che, senza malafede o colpa grave, ha acquistato la cambiale.
Il debitore, in tale ipotesi, deve pagare la cambiale, potendo agire per il risarcimento del danno SOLO nei
confronti del primo prenditore, che ha riempito abusivamente la cambiale. dopo 3 anni dal giorno
Il portatore, in ogni caso, decade dal diritto di riempire la cambiale in bianco
dell’emissione, anche se il riempimento tardivo (quindi dopo i tre anni) non è opponibile al portatore di
buona fede al quale il titolo è pervenuto già completo. CAMBIALE INCOMPLETA.
C’è un’altra ipotesi, poi, che dobbiamo prendere in considerazione: quella della
SENZA CONTRO
In questo caso la cambiale è entrata in circolazione o la volontà del sottoscrittore, benché
firmata dallo stesso, magari perché è stata rubata e poi girata ad un terzo in buona fede. Una parte della
dottrina, per lungo tempo, ha sostenuto che quella della cambiale incompleta è una situazione totalmente
diversa da quella della cambiale in bianco, in quanto manca del tutto la volontà del sottoscrittore e
pertanto lo stesso non può ritenersi obbligato. La cambiale incompleta, secondo questa tesi, dovrebbe
essere NULLA e la relativa eccezione si dovrebbe trasformare DA personale A reale, diventando opponibile
anche al terzo in buona fede.
In realtà, tanto la legge quanto un’altra parte consistente della dottrina sostengono il rilievo del solo DATO
OGGETTIVO del completamento, con conseguente applicazione alla cambiale incompleta della disciplina
della cambiale in bianco.
Da ciò possiamo evincere che la sottoscrizione di un pezzo di carta con la scritta cambiale è condizione
necessaria e sufficiente della volontà di obbligarsi e della validità del titolo, indipendentemente dal rispetto
dei requisiti essenziali di efficacia.
Unico requisito formale di validità SOTTOSCRIZIONE CAMBIARIA,
è la a cui si affiancano due requisiti
SOSTANZIALI di validità: quello inerente la capacità d’agire dell’emittente/traente e quello, solo eventuale,
del possesso dei poteri necessari di rappresentanza al momento dell’emissione SE la cambiale è stata
sottoscritta da un rappresentante. La completezza del documento non è requisito di validità, ma semplice
condizione di efficacia dell’obbligazione tributaria.
VALIDA,
La cambiale, per essere deve essere semplicemente sottoscritta da un soggetto capace o da un
rappresentante munito dei necessari poteri.
Capacità e rappresentanza cambiaria ATTO ECCEDENTE
L’ASSUNZIONE di un’obbligazione cambiaria viene considerata dalle legge come
L’ORDINARIA AMMINISTRAZIONE, motivo per cui gli incapaci non possono autonomamente firmare la
cambiale.
Il tutore legale del minore o dell’interdetto possono assumere obbligazioni cambiarie in nome dei soggetti
tutelati solo su autorizzazione del giudice tutelare, almeno che non siano stati autorizzati già prima alla
continuazione dell’esercizio di impresa commerciale (in tal caso non serve l’intervento del giudice
tutelare). 46
L’inabilitato ed il minore emancipato non autorizzato all’esercizio di impresa commerciale devono apporre
PER ASSISTENZA,
la propria firma sulla cambiale, accompagnata però da quella del curatore con la clausola
altrimenti il curatore si trova obbligato personalmente.
RAPPRESENTANTE
Anche un può assumere un’obbligazione cambiaria, ma la sua qualità deve risultare dal
PER PROCURA,
titolo, con la formula in quanto si tratta di obbligazione assunta “in nome altrui”.
Regole specifiche sono dettate per i casi di procura generale e di rappresentanza senza poteri.
PROCURA GENERALE,
Nell’ipotesi di se il rappresentato è un imprenditore commerciale, il rappresentante
può assumere obbligazioni cambiarie, sempre che non risulti diversamente dall’atto di conferimento dei
poteri soggetto a pubblicità legale; se il rappresentato NON è un imprenditore commerciale, il
rappresentante NON PUO’ assumere obbligazione cambiarie.
RAPPRESENTANZA SENZA POTERI,
Nell’ipotesi di ossia nel caso di “colui che ha contrattato come
rappresentante senza averne i poteri o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli”, la legge cambiaria
introduce una deroga all’art.1398 c.c.: l’articolo in questione prevede che sia il rappresentante a
rispondere del danno che il terzo contraente ha sofferto per avere confidato senza sua colpa nella validità
del contratto. La legge cambiaria, invece, prevede che il rappresentante senza poteri sia, dal momento
OBBLIGATO COME SE AVESSE FIRMATO IN PROPRIO,
della sottoscrizione, in quanto il preteso
rappresentante può eccepire il difetto di rappresentanza anche al terzo in buona fede, trattandosi di
eccezione reale. Il rappresentante ha, da quel momento, gli stessi diritti che avrebbe avuto il
rappresentato.
Le obbligazioni cambiarie
Tra gli aspetti comuni alla cambiale tratta e al vaglia cambiario, elencati nelle pagine 43 e 44 di questa
DI PIU’ OBBLIGAZIONI
dispensa, abbiamo detto che rientra l’INCORPORAZIONE da parte del titolo di
credito cambiario.
La cambiale, infatti, nasce con l’obbligazione del traente, per quanto riguarda la cambiale tratta, e
dell’emittente, per quanto riguarda il pagherò cambiario, ma durante la vita del titolo a tali soggetti se ne
aggiungono degli altri: l’accettante, i singoli giranti (coloro che ricevono la cambiale e la girano ad un altro),
gli avallanti (garanti del pagamento di un soggetto già obbligato) e l’accettante per intervento. O forse
all’obbligazione originaria si aggiungono altre obbligazioni cambiarie.
sarebbe meglio dire che
Il portatore del titolo, in tal modo, ha una notevole probabilità di pagamento.
RECIPROCA INDIPENDENZA O AUTONOMIA DELLE
Partiamo col dire che vige il principio della
OBBLIGAZIONI CAMBIARIE, in forza del quale “l’invalidità della singola obbligazione cambiaria non incide
sulla validità delle altre”: se, ad esempio, il traente di una cambiale tratta è incapace o la sua sottoscrizione
è stata falsificata, l’accettante o i giranti NON POSSONO sottrarsi al pagamento della cambiale nei confronti
del portatore del titolo, qualora gli stessi si siano VALIDAMENTE obbligati. A prevedere ciò è l’art.7 della
legge cambiaria, il quale dispone che “se una cambiale contiene firme di persone incapaci di obbligarsi
cambiariamente, firme false o di persone immaginarie, ovvero firme che per qualsiasi altra ragione non
obbligano le persone che hanno firmato la cambiale o col nome delle quali è stata firmata, le obbligazione
degli altri firmatari restano tuttavia valide”. 47 IN SOLIDO
Sebbene, poi, sia vero che tutti gli obbligati cambiari sono obbligati nei confronti del portatore
NELLO STESSO MODO,
del titolo alla scadenza, è altrettanto vero che non sono obbligati tanto verso il
ESTERNI), INTERNI).
portatore (rapporti quanto nei rapporti reciproci (rapporti
rapporti esterni,
Nei ossia verso il portatore del titolo, infatti, gli obbligati cambiari si distinguono in
OBBLIGATI DIRETTI, nei confronti dei quali è esperibile l’azione diretta non subordinata a particolari
OBBLIGATI DI REGRESSO,
formalità, e nei confronti dei quali l’azione di regresso presuppone il verificarsi di
determinate circostanze sostanziali (rifiuto dell’accettazione o del pagamento) ed è subordinata a specifici
adempimenti (levata di protesto). Al di la di questo, sono obbligati diretti l’emittente, l’accettante ed i loro
avallanti, mentre risultano obbligati di regresso il traente, i giranti, i loro avallanti e l’accettante per
intervento.
rapporti interni,
Anche nei ossia reciproci, è diversa la posizione degli obbligati cambiari, in quanto uno
GARANTI DI
solo di essi deve sostenere il peso del debito cambiario (deve pagare), mentre gli altri sono
GRADO SUCCESSIVO GRADI
del pagamento. Quindi nei rapporti interni esiste un ordine di previsto dalla
legge: nella cambiale tratta accettata, obbligato di primo grado è l’accettante, di secondo il traente, di
terzo grado il primo girante e via via tutti gli altri. Nel vaglia cambiario, invece, obbligato di primo grado è
l’emittente e poi di seguito tutti i giranti. L’avallante, invece, si pone nel grado cambiario immediatamente
successivo rispetto al soggetto per cui ha concesso l’avallo; stessa cosa per l’accettante per intervento.
graduazione
Tale comporta che se a pagare è l’obbligato di primo grado, tutti gli altri sono
automaticamente liberati, tanto nei confronti del portatore, quanto nei rapporti reciproci. Se, invece, a
pagare è un obbligato di grado intermedio, liberati definitivamente sono SOLO gli obbligati di grado
SOMMA
successivo, perché colui che ha pagato può rifarsi per l’INTERA nei confronti degli obbligati di
grado anteriore. Facciamo un esempio per capire: se a pagare il portatore per una cambiale tratta è il
primo girante, gli altri giranti vengono liberati dalle proprie obbligazioni cambiarie, ma il soggetto può
rifarsi sul traente e sull’accettante, e se si rifà sul traente (obbligato di secondo grado nella cambiali tratte),
quest’ultimo può agire comunque nei confronti dell’accettante.
L’accettazione della cambiale
Abbiamo già detto che la cambiale tratta prevede che il traente emetta un ordine di pagamento nei
confronti del trattario, a favore del prenditore. Il trattario, però, deve si obbliga a pagare la cambiale alla
scadenza SOLO con una dichiarazione propria che prende il nome di ACCETTAZIONE. Con tal accettazione il
trattario diviene obbligato PRINCIPALE (di primo grado) E DIRETTO. Prima dell’accettazione, invece, il
prenditore non può pretendere alcunché dal trattario, in quanto egli è debitore, in forza del rapporto di
provvista, del traente e non suo, in quanto non è stato in alcun modo ceduto il rapporto di provvista.
Attenzione, però, perché la PRESENTAZIONE della cambiale per l’accettazione è SOLO una FACOLTA’ del
portatore del titolo, ed anzi può essere addirittura vietata dal traente, fermo restando che anche la
cambiale non accettabile deve essere presentata al trattario per il pagamento. La presentazione, però, è
obbligatoria nella cambiale A CERTO TEMPO VISTA, perché occorre determinare la scadenza del titolo, così
come è necessaria quando prescritta per l’accettazione da parte del traente o di un girante, con eventuale
fissazione del termine.
L’accettazione va scritta sulla cambiale, indicata con la dicitura “ACCETTO” o “VISTO” o altra equivalente,
con sottoscrizione del trattario (anche se la semplice sottoscrizione sulla parte anteriore è sufficiente).
48
L’accettazione non può essere soggetta a condizioni, ma può essere PARZIALE ed in tal caso il portatore
può agire anticipatamente contro gli obbligati di regresso per la parte residua, quindi prima della scadenza.
Se l’accettante apporta altre modifiche alla cambiale, la presenza delle stesse vale come rifiuto di
accettazione e consente il regresso anticipato. L’accettazione diventa effettiva SOLO con la restituzione del
titolo al portatore e prima di quel momento è soggetta a REVOCA, mediante cancellazione, che però non
ha effetto se l’accettante ha rilasciato notizia scritta dell’accettazione stessa.
Il rifiuto dell’accettazione da luogo al REGRESSO PER MANCATA ACCETTAZIONE, ossia gli obbligati di
regresso si ritrovano a dover pagare prima della scadenza prevista nella cambiale. Al fine di evitare questa
situazione, il legislatore contempla la possibilità dell’ACCETTAZIONE PER INTERVENTO, che viene fatta da
un terzo in luogo del trattario, terzo già indicato nella cambiale da uno degli obbligati di regresso
(INDICATO AL BISOGNO) oppure non indicato. E’ importante sottolineare che l’ACCETTANTE PER
INTERVENTO non diviene, differentemente dal trattario, obbligato principale, in quanto al pari degli
avallanti egli si colloca nel grado successivo a quello dell’obbligato per il quale l’intervento è stato dato. Nel
silenzio del titolo, l’accettazione per intervento si reputa data per il traente.
Segue: La cessione della provvista credito di
Come avrete già intuito, l’emissione di una cambiale tratta NON comporta la cessione del
provvista vantato dal traente nei confronti del trattario, preesistente all’emissione della cambiale.
Ovviamente, il primo prenditore si sentirebbe più sicuro se venisse ceduto anche il credito di provvista,
specie nell’ipotesi di rifiuto dell’accettazione. E’ per tal motivo che è possibile, accanto alla cambiale,
cedere il credito di provvista, ma tale cessione è indipendente dalla cambiale e non circola assieme ad
essa: se il prenditore gira la cambiale ad un terzo, NON cede anche il credito di provvista.
TRATTA GARANTITA MEDIANTE
Per ovviare a questi problemi, il legislatore ha previsto la “CAMBIALE
CESSIONE DI CREDITO DERIVANTE DA FORNITURE”, un particolare istituto in cui il credito di provvista
circola unitamente al titolo cambiario. Essa, però, può essere emessa SOLO nell’ipotesi di cambiale tratta
NON ACCETTABILE rifiutata
o quando l’accettazione viene e la cessione può avere per oggetto SOLO un
credito derivante da FORNITURE DI MERCI e nel limite dell’importo della cambiale. Inoltre, è necessario
DATA numero della FATTURA
indicare nella clausola di cessione del titolo la ed il relativa alla fornitura di
SOLO a favore di una BANCA.
merci, altrimenti la clausola stessa è NULLA. La cessione, infine, può avvenire
notifica al trattario
La cessione diventa efficace con la ed i successivi giratari acquistano, oltre al credito
cambiario, anche il relativo credito di provvista. Se il trattario NON PAGA, il portatore della cambiale, dopo
aver elevato il protesto per mancato pagamento, può agire nei confronti degli altri obbligati cambiari,
primo fra tutti il traente, per il soddisfacimento del credito cambiario, e verso il trattario, per i diritti
derivanti dalla cessione della provvista.
L’avallo
L’AVALLO è una garanzia cambiaria che si estrinseca in una dichiarazione (anch’essa cambiaria) con la
AVALLANTE,
quale un soggetto, definito come garantisce il pagamento della cambiale in tutto o in parte.
FOGLIO DI ALLUNGAMENTO
L’avallo deve risultare dal titolo cambiario o dal e viene espresso con la
AVALLO”
dicitura “PER o altra equivalente, seguita dalla sottoscrizione dell’avallante, anche se
quest’ultima è sufficiente se apposta sulla faccia anteriore del titolo. A prestare l’avallo può essere un
terzo, così come un firmatario della cambiale. 49
Ovviamente, trattandosi di una forma di garanzia, l’avallo è concesso in favore di uno degli obbligati
AVALLATO,
cambiari, detto indicato nel titolo o, nel silenzio dello stesso, si presume ex lege che sia
concesso per il traente o per l’emittente (a seconda che si tratti di cambiale tratta o pagherò cambiario).
L’avvallante è obbligato nello stesso modo di colui per il quale l’avallo è stato dato: è pertanto obbligato
diretto se lo è l’avallato e obbligato di regresso se tale è l’avallato, così come è obbligato in solido con
l’avallato nei rapporti esterni, ossia nei confronti del portatore del titolo, mentre è collocato nel grado
immediatamente successivo a quello dell’avallato nei rapporti interni. Ciò significa che se ad eseguire il
pagamento al portatore del titolo è l’avallante, egli può esperire l’azione cambiaria di rivalsa per l’intero
importo pagato nei confronti non solo dell’avallato ma anche di tutti gli obbligati di grado anteriore.
COAVALLO,
Un’ipotesi interessante è quella del che si ha quando l’avallo è concesso da più soggetti per
uno stesso avallato.
L’avallo è un’obbligazione di garanzia collegata a quella dell’avallato, ma conserva una propria autonomia e
pertanto è VALIDA anche se quella dell’avallato risulta nulla o viziata. Tuttavia l’avallante può opporre al
portatore del titolo il “vizio di forma” dell’obbligazione dell’avallato (viene definita come ipotesi di
ACCESSORIETA’ FORMALE). completamente diversa dalla “fideiussione”,
E’ necessario sottolineare che l’avallo è una garanzia dato
che la prima è una garanzia autonoma, mentre la seconda è soltanto accessoria, motivo per cui le norme in
tema di fideiussione risultano inapplicabili: il fideiussore può opporre al creditore TUTTE le eccezioni
personali opponibili dal debitore, cosa che invece non può fare l’avallante. Certo, anche l’avallante può
opporre al portatore l’intervento del pagamento da parte dell’avallato o di una diversa causa di estinzione
dell’obbligazione intervenuta sempre tra avallato e portatore (quindi l’autonomia, dice l’autore
Campobasso, NON VA ENFATIZZATA): l’obbligazione dell’avallante resta autonoma per ciò che concerne i
vizi di validità di quella dell’avallato, non per altro.
La cambiale ipotecaria
Il pagamento della cambiale, oltre alla forma di garanzia dell’avallo, può essere assistita da garanzie reali,
PEGNO
quali il o l’IPOTECA.
L’art.2831 c.c. detta una disciplina particolare per quanto riguarda la cambiale garantita da ipoteca, al fine
permettere all’ipoteca stessa di circolare unitamente al titolo cambiario.
di L’ipoteca rilasciata a garanzia
di una cambiale deve essere iscritta, oltre che nei registri immobiliari, anche sulla cambiale a cura del
conservatore. In seguito l’ipoteca, in caso di girata, si trasferisce automaticamente, senza che siano
necessarie ulteriori annotazioni nei registri immobiliari.
In caso di mancato pagamento, il possessore può avvalersi dell’ipoteca col grado da essa acquistato al
momento dell’iscrizione originaria. Il creditore, tuttavia, può consentire la CANCELLAZIONE dell’ipoteca
prima del pagamento, facendola annotare dal curatore sulla cambiale.
La circolazione della cambiale ALL’ORDINE
In apertura del capitolo abbiamo detto che la cambiale è un titolo e proprio per questo è
soggetta alla medesima disciplina di tali titolo per ciò che concerne la circolazione.
50
Ciò nonostante il traente o l’emittente possono escludere il trasferimento tramite girata, apponendo la
ALL’ORDINE”
clausola “NON o altra equivalente e rendendo in tal modo la cambiale trasferibile solo
tramite “cessione ordinaria”, con la conseguente possibilità di vedersi opposte le eccezioni opponibili ai
ATTO SEPARATO,
precedenti portatori. Stessa cosa quando la cambiale viene trasferita tramite invece che
con la girata.
GIRATA
La va apposta sulla cambiale o su apposito foglio di allungamento, con sottoscrizione del girante,
IN BIANCO IN PIENO,
altrimenti è nulla. Può trattarsi di girata o anche se la prima deve essere specificata
sul dorso della cambiale o sul foglio di allungamento.
Alla girata non possono essere apposte condizioni, né tanto meno è concepibile la girata parziale; essa può
essere fatta anche a favore del trattario o di uno qualsiasi degli obbligati cambiari.
Per la cambiale valgono le medesime norme sulla circolazione regolare ed irregolare già descritte per i titoli
di credito in generale (pagine 35, 36 e 37 della dispensa). funzione di garanzia della
L’unica differenza rispetto alla disciplina generale dei titoli di credito sta nella
girata, dato che il girante è per legge “obbligato di regresso”, rispondendo dell’accettazione e del
GARANZIA”,
pagamento della cambiale, effetto escludibile tramite la clausola “SENZA apposta dal girante.
ALL’ORDINE”,
Lo stesso girante può apporre anche la clausola “NON che permette allo stesso di rispondere
SOLO e SOLAMENTE nei confronti dell’immediato giratario e non dei successivi: quindi la cambiale può
continuare a circolare tramite girata, diversamente da ciò che avviene quando la clausola “non all’ordine”
viene apposta dal traente o dall’emittente, MA limita la responsabilità del girante.
PER PROCURA A TITOLO DI PEGNO.
Anche per la cambiale è ammessa la girata e
GIRATA TARDIVA,
E’ ammessa anche la ossia quella avvenuta dopo la scadenza della cambiale, o meglio,
dopo il protesto per mancato pagamento o dopo la scadenza del termine per levare il protesto: in tal caso,
però, si hanno gli effetti di una CESSIONE ORDINARIA, restando esposto alle eccezioni opponibili ai
precedenti portatori.
Il pagamento della cambiale
Siamo giunti al momento più importante della vita di una cambiale, quello del pagamento.
Il portatore del titolo è legittimato, in forza di una serie continua di girate, a chiedere il pagamento
all’obbligato. Il debitore deve controllare SOLO la regolarità formale delle girate e la continuità delle stesse
(coincidenza del nome di ogni girante con quello del giratario precedente, nel caso di girate in pieno), ma
NON la loro validità sostanziale. Una volta eseguiti tali controlli, il debitore paga il portatore e se questo
non è il titolare poco importa al debitore, che viene liberato ugualmente.
Ovviamente la cambiale va presentata per il pagamento al trattario, nel caso di cambiale tratta, e
all’emittente, nel caso di pagherò cambiario, oppure ad un soggetto dagli stessi designato.
A VISTA UN ANNO A
Mentre la cambiale deve essere presentata entro dalla data di emissione, la cambiale
GIORNO FISSO, A CERTO TEMPO DATA A CERTO TEMPO VISTA
quella e quella vanno presentate nel giorno
della scadenza o entro i due giorni feriali successivi. Se il portatore non presenta la cambiale entro questi
PERDE
termine l’azione cambiaria nei confronti degli obbligati di regresso. Il termine della cambiale, in
51
TERMINE ESSENZIALE
deroga al diritto comune, viene considerato come tanto per il debitore quanto per il
creditore: il portatore NON è tenuto a ricevere il pagamento prima della scadenza ed il pagamento
anticipato, qualora dallo stesso autorizzato, espone comunque il debitore ad un grave rischio, ossia quello
di dover pagare due volte se si presenta l’effettivo titolare (quindi non si ha liberazione del debitore se il
debito viene pagato prima della scadenza).
In ogni caso, se la cambiale non viene presentata alla scadenza, ogni obbligato cambiario deve versare la
somma dovuta presso la Banca d’Italia.
NON E’ PERMESSO il rifiuto,
Sempre in deroga al diritto comune da parte del portatore, del pagamento
parziale, al fine di tutelare gli obbligati di regresso che rimangono tali solo per il residuo.
PER L’INTERO,
Se vi è pagamento il debitore deve ricevere il titolo, adeguatamente quietanzato dal
PARZIALE, quietanza separata,
portatore; se vi è pagamento il debitore deve comunque farsi rilasciare una
proprio per evitare di ripagare l’intero importo. PER INTERVENTO:
Anche il pagamento della cambiale, al pari dell’accettazione, può avvenire colui che
paga per intervento può essere un terzo o una persona già obbligata cambiariamente (tranne l’accettante),
indicato nel titolo o che interviene spontaneamente. Ovviamente il pagamento per intervento si ha nei
confronti di un solo degli obbligati di regresso e non può essere parziale: con esso vengono liberati tutti gli
obbligati di grado successivo a quello per il quale il pagamento è intervenuto, mentre chi ha pagato può
agire per l’intero importo nei confronti dello stesso e degli altri obbligati di grado anteriore. Se non viene
indicato il soggetto per il quale il pagamento è intervenuto, esso si reputa fatto per il traente.
Se il portatore rifiuta il pagamento per intervento, egli perde il regresso contro i soggetti che sarebbero
stati liberati proprio da tale pagamento.
Le azioni cambiarie
Nell’ipotesi di rifiuto del pagamento, e nella cambiale tratta anche in caso di mancata accettazione, il
individualmente o congiuntamente,
portatore del titolo può agire, nei confronti di TUTTI gli obbligati
cambiari, in maniera diversa a seconda che si tratti di obbligati diretti (emittente, accettante e loro
avvallanti) o di obbligati di regresso (traente, giranti e loro avallanti, nonché accettante per intervento),
sempre al fine di ottenere il pagamento.
azione DIRETTA
Nel caso di non vanno osservate particolari formalità e non vi è termine di decadenza; è
sufficiente rispettare il termine di PRESCRIZIONE DI TRE ANNI, che decorre dalla scadenza della cambiale.
azione cambiaria di REGRESSO,
Nel caso di invece, la situazione cambia notevolmente, essendo necessarie
CONDIZIONI SOSTANZIALI ADEMPIMENTI FORMALI,
delle specifiche e degli in forza degli artt.50 e 51 della
legge cambiaria.
Condizioni sostanziali per l’esercizio dell’azione cambiaria sono:
L’attesa della scadenza se il pagamento non ha avuto luogo;
• Prima della scadenza:
• Il rifiuto parziale o totale dell’accettazione;
o Il fallimento del trattario o dell’emittente o del traente in caso di cambiale non accettabile.
o 52
Nelle ipotesi di fallimento, per l’esercizio del regresso è sufficiente la relativa sentenza dichiarativa.
Negli altri casi, invece, l’azione di regresso è subordinata alla preventiva constatazione del rifiuto
PROTESTO,
dell’accettazione o del pagamento tramite un atto definito come il quale deve essere ELEVATO
nei termini previsti per l’accettazione o il pagamento (per mancato pagamento entro i due giorni feriali
LEVATA DEL PROTESTO
successivi alla scadenza della cambiale). Se non si ha nei termini indicati, il
DECADE
portatore dalle azioni di regresso. Il titolo cambiario stesso, tuttavia, può prevedere la clausola
SPESE” PROTESTO”,
“SENZA o “SENZA inserita ad opera del traente, del girante o dell’avallante, con cui il
portatore viene dispensato dal protesto. Anche in presenza di tale clausola, però, il portatore deve SEMPRE
AVVISO
e COMUNQUE dare della mancata accettazione o del mancato pagamento al proprio girante e ai
rispettivi avallanti, entro 4 giorni feriali successivi alla levata del protesto o al giorno della presentazione
(se la cambiale è senza protesto).
Se non si procede all’avviso NON si decade dal regresso, ma si devono gli eventuali danni, sempre nel limite
AVVISO”.
della cambiale. Anche l’onere di avviso è derogabile tramite la clausola “SENZA
Se nei rapporti interni, al di là della suddivisione tra obbligati diretti e di regresso, il portatore del titolo può
agire congiuntamente o disgiuntamente verso ognuno di questi soggetti, nei rapporti interni assume
rilevanza il “grado di obbligato cambiario”, al fine di regolare i rapporti fra gli stessi: l’obbligato cambiario
che effettua il pagamento, come già anticipato, può rifarsi per l’intero importo pagato, oltre che per gli
interessi e le spese, sugli obbligati di grado anteriore, mentre vengono liberati automaticamente quelli di
grado successivo. Colui che ha pagato ha pertanto diritto a ricevere il titolo dal portatore, adeguatamente
quietanzato o col protesto, e ricevendolo egli acquista i diritti cambiari nei confronti degli altri obbligati di
grado anteriore, sebbene non siano a lui opponibili le eccezioni personali dapprima contestabili al
portatore.
Chi ha pagato, tuttavia, non ha azione cambiaria nei confronti degli obbligati di pari grado, per esempio dei
coavallanti, potendo agire contro gli stessi SOLO in via extra-cambiaria, secondo le norme di diritto comune
inerenti le obbligazioni solidali.
L’azione di regresso del portatore del titolo si prescrive in UN ANNO, decorrente dalla data del protesto
levato o dalla scadenza in presenza della clausola “senza spese”.
L’azione di regresso del solvens (di colui che ha pagato e adesso deve rifarsi sugli altri obbligati) si
prescrive, invece, in 6 mesi dal giorno del pagamento o dal giorno in cui l’azione di regresso è stata
proposta contro di lui.
Segue: Il protesto PROTESTO:
Quindi, per conservare le azioni di regresso, il portatore del titolo deve elevare il si tratta di un
ATTO AUTENTICO con cui viene constatata la mancata accettazione o il mancato pagamento da parte
dell’obbligato in via principale, ossia dell’emittente (nel pagherò cambiario) o del trattario (nella cambiale
tratta). Per elevare il protesto, il portatore deve presentare il titolo e abilitati a tale operazione sono i
notai, ufficiali giudiziari segretari comunali.
gli o, in mancanza, i Notai e ufficiali giudiziari possono
PRESENTATORI,
avvalersi anche della collaborazione dei soggetti nominati dal presidente della corte
d’appello, veri e propri pubblici ufficiali, i quali presentano il titolo e ricevono il pagamento dal debitore,
oppure ne constatano UFFICIALMENTE il mancato pagamento. Solo successivamente è possibile
53 DI PROTESTO,
provvedere, ad opera del notaio o dell’ufficiale giudiziario, alla stesura dell’ATTO
sottoscritto dal presentatore. Il protesto va annotato sulla cambiale o va realizzato con atto separato, in cui
viene trascritto il titolo e di cui si fa menzione nella cambiale. Il protesto è a tutti gli effetti un atto
pubblico.
Solo i protesti per mancato pagamento (non quelli per mancata accettazione) sono soggetti a pubblicità
legale, curata dalle Camere di commercio: mensilmente alle stesse viene trasmesso l’elenco dei protesti
REGISTRO INFORMATICO DEI PROTESTI.
per la pubblicazione nel Il protesto, una volta pubblicato nel
SOLO dopo 5 anni,
registro, viene cancellato anche se il debitore adempiente entro 12 mesi dalla levata del
CANCELLAZIONE
protesto può ottenere, tramite istanza alla Camera di commercio, la immediata. Se il
debitore adempie le prestazioni per le quali il protesto è stato elevato oltre i 12 mesi e qualora egli non
RIABILITAZIONE
abbia altri protesti, può chiedere al presidente del tribunale la trascorso un anno dal
protesto. Tanto la riabilitazione, quanto la cancellazione, fanno si che il protesto si consideri come MAI
AVVENUTO.
Il protesto può essere sostituito anche da una dichiarazione scritta di rifiuto dell’accettazione o del
pagamento, datata e sottoscritta dal trattario e soggetta a pubblicità legale.
Segue: Il processo cambiario. Le eccezioni
Al fine di consentire al creditore il recupero quanto più rapido possibile della somma che gli spetta, la legge
REGIME PROCESSUALE PARTICOLARE.
prevede per l’azione cambiaria, tanto diretta quanto di regresso, un
Anzitutto, se la cambiale è ab origine in regola con il bollo, essa vale come TITOLO ESECUTIVO: ciò snellisce
di molto il procedimento di recupero della somma spettante al creditore, proprio perché non è necessaria
una sentenza di condanna. L’esecuzione deve essere comunque preceduta dal PRECETTO, un'intimazione
volta a far adempiere un obbligo risultante da un titolo esecutivo, che costituisce appunto la fase
preliminare dell'esecuzione forzata e che deve contenere la trascrizione della cambiale o del protesto. Se vi
è OPPOSIZIONE del debitore al precetto, l’esecuzione continua ugualmente e la sospensione può essere
concessa dal giudice SOLO se il debitore disconosce la propria firma o la rappresentanza o adduce gravi e
fondati motivi, ma in tal caso gli viene comunque imposta una cauzione.
Il portatore della cambiale con regolare bollo può ugualmente avvalersi, in alternativa, di un ordinario
procedimento di cognizione volto ad ottenere una sentenza di condanna, mentre può scegliere
ESCLUSIVAMENTE questa via se la cambiale è stata regolarizzata solo in un secondo momento (non aveva il
bollo inizialmente). PROCEDIMENTO MONITORIO,
Accanto al procedimento di cognizione, può essere avviato anche un al fine
DECRETO INGIUNTIVO
di ottenere un provvisoriamente esecutivo, che consente al creditore di far iscrivere
ipoteca giudiziale sui beni del debitore. In caso di opposizione del debitore si avvia il procedimento
ordinario di cognizione.
Nel procedimento ordinario di cognizione (avviato direttamente dal portatore del titolo o conseguenza
dell’opposizione al precetto o al decreto ingiuntivo), su istanza del creditore, può essere comunque emessa
SENTENZA PROVVISORIA DI CONDANNA
una qualora le eccezioni opposte dal debitore richiedano una
LUNGA INDAGINE (il creditore, però, versa una cauzione).
54
Le eccezioni opponibili nel processo cambiario sono le stesse previste per i titoli di credito in generale e
REALI, PERSONALI,
pertanto si suddividono in se opponibili a qualsiasi portatore, e se opponibili solo ad un
OGGETTIVE,
determinato portatore. Per la cambiale, però, è prevista un’ulteriore distinzione tra eccezioni
SOGGETTIVE,
opponibili DA tutti i debitori, ed eccezioni opponibili solo da alcuni debitori. Praticamente,
al quale
con la distinzione tra eccezioni reali e personali si prende in considerazione il portatore del titolo
le stesse sono opponibili, mentre con la differenziazione tra eccezioni oggettive e soggettive si
che possono opporle.
considerano gli obbligati Possiamo agevolmente comprendere che un’eccezione può
essere reale e soggettiva (difetto di capacità), reale ed oggettiva (mancanza dei requisiti di forma della
cambiale), personale e soggettiva (se riguardante lo specifico rapporto tra QUEL portatore e QUEL
particolare obbligato), nonché personale ed oggettiva (pagamento della cambiale non risultante dal titolo).
Le azioni extracambiarie
Abbiamo avuto modo di capire che alle spalle di una cambiale vi è sempre un rapporto causale:
l’emittente, nel pagherò cambiario, rilascia la cambiale proprio per sanare un debito nei confronti del
prenditore; stessa cosa fa, nella cambiale tratta, il traente, seppur passando attraverso l’accettante verso
cui ha un credito. Allo stesso modo, anche il girante effettua la girata, trasferendo così la cambiale, proprio
in forza di un preesistente rapporto causale, rapporto che non si estingue, almeno che non si provi che il
rilascio della cambiale abbia prodotto “novazione” (la novazione, ricordiamolo, è uno dei “modi di
estinzione del rapporto obbligatorio diversi dall’adempimento”, tramite il quale il rapporto si estingue
perché le parti, in forza del proprio animus novandi, hanno deciso di dar luogo ad un NUOVO rapporto
obbligatorio, diverso e sostitutivo da/di quello precedente). AZIONI
Per questo motivo il possessore della cambiale può esperire, oltre alle azioni cambiarie, anche delle
EXTRACAMBIARIE, CAUSALE,
prima fra tutte l’AZIONE ovviamente nei confronti del debitore diretto,
quello del rapporto causale da cui è nata la necessità di emettere/girare la cambiale.
Occorre, però, tutelare anche il debitore, per evitare che egli si ritrovi a pagare due volte, ossia a pagare la
cambiale e poi a pagare per il rapporto causale. E’ necessario, inoltre, permettere allo stesso debitore di
esercitare le azioni cambiarie nei confronti degli obbligati di grado anteriore.
Proprio per questi motivi, la legge prevede che per esercitare l’azione causale occorra:
A. Accertare la mancata accettazione o il mancato pagamento tramite il protesto;
B. Offrire al debitore la restituzione della cambiale, mediante deposito presso la cancelleria del
tribunale (proprio per evitare di esporlo al doppio pagamento);
C. Adempiere le formalità necessarie affinché il debitore possa conservare le azioni di regresso (ad
esempio, dar luogo alla levata tempestiva del protesto).
DECADENZA
Se queste condizioni non vengono rispettate si ha dall’azione causale. La condizione di cui al
punto “A” può non essere rispettata se si tratta di azione causale promossa contro un soggetto a cui non
competono azioni cambiarie di regresso, in quanto non vi è alcun pregiudizio per lo stesso.
Se il portatore, per decadenza o prescrizione, ha perso la possibilità di esercitare le azioni cambiarie e non
DI
possa esercitare alcuna azione causale, la legge lo tutela ugualmente prevedendo l’AZIONE
ARRICCHIMENTO nei confronti del traente, dell’accettante o del girante, nei limiti dell’INGIUSTIFICATO
55
ARRICHIMENTO a suo danno. L’azione, dunque, è esercitabile SOLO verso il soggetto che ha realmente
beneficiato dell’arricchimento e si prescrive in UN ANNO dal giorno della perdita dell’azione cambiaria.
Ammortamento. Duplicati e copie
Per la cambiale vale la medesima disciplina dell’ammortamento esaminata per i titoli di credito in generale
(pagine 40 e 41), salvo per il fatto che il titolo, in caso di opposizione al decreto di ammortamento, non è
necessario che venga depositato.
DUPLICATO
Per della cambiale si intende una riproduzione della stessa rilasciata al portatore dal proprio
girante e contenente la ripetizione autografa di tutte le sottoscrizioni. I duplicati vanno numerati per non
costituire cambiali distinte e possono essere concessi SOLO nell’ipotesi di cambiale tratta.
COPIA
La della cambiale, invece, è una riproduzione del titolo originario effettuata dal portatore.
Le cambiali finanziarie CAMBIALI
La legge 43/1994 ha introdotto un nuovo strumento di finanziamento delle imprese, quello delle
FINANZIARIE. Si tratta di cambiali particolari, attraverso le quali le imprese possono raccogliere
direttamente tra il pubblico capitale di credito a breve termine (finanziamenti a breve termine), senza
sopportare gli eccessivi costi del credito bancario e specialmente se sono impossibilitate ad emettere
obbligazioni.
Prima dell’introduzione delle cambiali finanziarie, la stessa esigenza di finanziamenti agevolati e meno
ACCETTAZIONI BANCARIE,
onerosi era stata colmata attraverso le che prevedevano l’emissione di cambiali
tratte all’ordine in serie, da parte di un’impresa (traente) che ordinava ad una banca (trattario) il
pagamento (con accettazione della banca) di fondi dalla stessa impresa procurati vendendo le cambiali agli
investitori (si passava attraverso degli intermediari finanziari, che facevano da tramite tra impresa e
investitori). Le accettazioni bancarie, però, venivano emesse in serie e pertanto risultavano elusive della
disciplina per l’offerta al pubblico di valori mobiliari. Per questo motivo venne ideato un altro metodo di
POLIZZE DI CREDITO COMMERCIALE,
finanziamento, quello delle semplici dichiarazioni ricognitive del
debito (e non titoli di credito) rilasciate dall’impresa finanziata a quella finanziatrice, che potevano
circolare mediante cessione pro soluto a terzi (pro soluto: il cedente non deve rispondere dell'eventuale
inadempienza, solvibilità, del debitore), con l’impegno del debitore di rinunciare ad opporre ai cessionari
eccezioni diverse da quelle contemplate nella polizza.
Il nuovo istituto della cambiali finanziarie è il rimedio offerto direttamente dal legislatore per i
finanziamenti a breve termine delle imprese. IN SERIE, scadenza minima di tre mesi e massima di 12
Si tratta di titoli di credito all’ordine emessi con
mesi dalla data di emissione, con struttura del “pagherò cambiario”. Sono soggette alle norme di legge
inerenti le cambiali ordinarie, seppur con qualche accorgimento peculiare, in quanto strumento di
finanziamento a breve termine destinato ad essere collocato fra il pubblico dei risparmiatori.
Le cambiali finanziarie sono titoli emessi in serie e non individuali, come le comuni cambiali: vengono,
NUMERO PREDETERMINATO OPERAZIONE DI FINANZIAMENTO
dunque, emesse in per un’UNITARIA a
titolo di mutuo. Hanno tutte la stessa scadenza (all’interno della medesima operazione) ed un taglio
FINANZIARIA”
minimo di 50.000 euro. Nella cambiale va inserita la denominazione “CAMBIALE accanto
56 NULLO.
agli altri requisiti del vaglia cambiario, altrimenti il titolo è In esso vanno indicati anche i proventi
per i prenditori (i risparmiatori), solitamente determinati dalla differenza tra il valore nominale della
cambiale e la minor somma corrisposta all’emittente. Vanno girate esclusivamente con la clausola “SENZA
GARANZIA”, proprio per tutelare il girante in caso di inadempimento dello emittente e non esporlo
all’obbligazione cambiaria.
limiti all’emissione,
Vi sono però dei fissati dal legislatore proprio perché si tratta di strumenti di raccolta
del risparmio fra il pubblico: SOLO le S.p.a., le S.a.p.a. e le cooperative soggette alle norme dettate per le
società per azioni POSSONO EMETTERE cambiali finanziarie e l’ammontare della raccolta fra il pubblico
effettuata mediante le stesse, unitamente a quella realizzata tramite obbligazioni ed altri strumenti
finanziari, non può superare i limiti fissati dall’art.2412 c.c. per l’emissione di obbligazioni (LIMITI
QUANTITATIVI: vedi pagine 123 e 124 della dispensa del Volume 2 di diritto commerciale). Le cambiali
VALORI MOBILIARI
finanziarie sono, inoltre, qualificate come e pertanto soggiacciono alla disciplina
dettata per gli stessi (il taglio minimo, però, è particolarmente elevato e pertanto vi è l’esonero dalla
disciplina dell’offerta al pubblico di prodotti finanziari).
CAPITOLO VENTUNESIMO – L’ASSEGNO BANCARIO
Nozione. Caratteri essenziali
BANCARIO
L’ASSEGNO è un titolo di credito contenente l’ordine incondizionato diretto ad una banca di
pagare a vista una somma di denaro stabilita all’ordine di una determinata persona o al portatore. La
disciplina dei titoli di credito bancari, e pertanto dell’assegno, è contenuta all’interno del r.d.1736/1933,
che ha dato attuazione alla Convenzione di Ginevra del 1931, motivo per cui anche in questo caso, come
già visto per la cambiale, la normativa a riguardo è uguale in molti Paesi europei ed extra-europei.
TRAENTE
L’assegno bancario è redatto dal su appositi moduli prestampati rilasciati allo stesso dalla banca
CARNET
(il di assegni) ed ha la medesima struttura della cambiale tratta, in quanto figurano anche in
questa ipotesi tre soggetti: il traente che dà l’ordine di pagamento alla banca e risponde ex lege del
BANCA-TRATTARIA
mancato pagamento; la alla quale l’ordine è rivolto e che esegue il pagamento; il
PRENDITORE dell’assegno. ASTRATTO, FORMALE ESECUTIVO
Al pari della cambiale tratta, anche l’assegno è un titolo di credito ed
PLURALITA’ DI OBBLIGAZIONI
che incorpora una (quella del traente, dei giranti e dei loro avallanti),
INDIPENDENTI, SOLIDALI DISPOSTE PER GRADI. STRUTTURA
reciprocamente e Quindi, la dell’assegno
bancario è identica a quella della cambiale tratta.
FUNZIONE STRUMENTO DI
Diversa è, invece, la dell’assegno bancario, che si configura come uno
PAGAMENTO, con cui il traente evita l’uso della moneta legale ed utilizza fondi disponibili presso una
banca per pagare i terzi, e NON come uno strumento di credito (la cambiale) con cui il pagamento di un
FISSA
debito viene differito nel tempo. L’assegno bancario, poi, è soggetto ad un’imposta di bollo e non ad
un’imposta proporzionale come la cambiale, motivo per cui non può essere usato per scopi/funzioni
diversi.
Ecco le principali differenze di disciplina dell’assegno bancario rispetto alla cambiale:
Il trattario può essere SOLO una banca;
• 57
Il rapporto di provvista in base al quale viene emesso l’assegno, ossia quello intercorrente tra
• traente e banca, può riguardare SOLO fondi disponibili;
E’ vietata l’accettazione dell’assegno da parte della banca, motivo per cui la stessa non diventa mai
• obbligato principale, né tanto meno può essere girante o avallante;
Per riscuotere l’assegno occorre presentarlo entro un breve termine ed è sempre pagabile A VISTA;
• E’ punito, anche non più penalmente, l’USO ABUSIVO di assegni bancari.
•
I requisiti dell’assegno bancario REQUISITI FORMALI
Una distinzione in materia di assegni bancari che dobbiamo subito attuare è quella tra
DI VALIDITA’ REQUISITI DI REGOLARITA’:
e il difetto dei primi comporta che il titolo NON VALE come
assegno bancario, mentre la mancanza dei secondi comporta semplicemente delle “sanzioni
amministrative pecuniarie”.
REGOLARITA’ dell’assegno bancario:
Sono requisiti di FONDI DISPONIBILI,
L’esistenza presso la banca-trattaria di per una somma almeno pari all’importo
• dell’assegno; CONVENZIONE DI ASSEGNO,
L’esistenza della la quale dà la possibilità al traente di disporre dei
• propri fondi mediante assegno. La convenzione di assegno non esiste in forma autonoma, ma si
configura come “clausola” del conto corrente bancario;
BOLLO,
L’osservanza delle norme sul l’inottemperanza alle quali fa perdere all’assegno la qualità di
• titolo esecutivo. rapporto di conto corrente bancario,
In poche parole, il traente deve avere con la banca un il quale deve
presentare un saldo a favore del cliente: solo in tal modo il traente può emettere un assegno “regolare”
che funge da atto esecutivo del preesistente “mandato a svolgere il servizio di cassa”, assunto dalla banca
NON AUTORIZZATO,
con l’apertura del conto. Se l’assegno risulta in quanto non esistono fondi disponibili
A VUOTO,
presso la banca riconducibili al traente, o nell’ipotesi in cui non vi è un saldo a favore del
traente, si va incontro a sanzioni pecuniarie e sanzioni accessorie, quali il divieto di emettere assegni per
un periodo compreso tra due e cinque anni, l’interdizione dall’esercizio di attività professionale o
imprenditoriale o l’incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione (le ultime due sanzioni SOLO nei
casi più gravi). FORMALI di VALIDITA’ dell’assegno:
Sono requisiti
La denominazione di “assegno bancario” (o cheque) espressa nella lingua in cui l’assegno è redatto
• e contenuta all’interno del titolo;
L’ordine incondizionato di pagare una somma di denaro, espressa in lettere e cifre;
• L’indicazione del trattario (solo banche);
• L’indicazione del luogo di pagamento, in mancanza del quale si prende in considerazione il luogo
• indicato accanto al nome del trattario;
La data ed il luogo di emissione dell’assegno;
• La sottoscrizione del traente.
• 58
La maggior parte della dottrina, in assenza di previsioni a riguardo all’interno della legge assegni, ritiene
IN BIANCO,
che sia possibile emettere anche assegni bancari privi di uno dei requisiti di cui sopra, essendo
sufficiente che l’assegno sia completato al momento della presentazione per il pagamento.
Per quanto riguarda la differenza tra requisiti di validità (formali e sostanziali) dell’assegno e requisiti di
validità delle singole obbligazioni, si osservano le norme già viste a riguardo nella trattazione dedicata alla
cambiale, salvo per quanto concerne la “rappresentanza”, in quanto la procura generale, in questo caso,
autorizza SEMPRE il rappresentante ad emettere o girare assegni bancari, anche qualora a rilasciarla sia
stato un soggetto che NON è imprenditore commerciale.
La posizione della banca trattaria
Dato che per l’assegno bancario NON è possibile, come abbiamo già accennato, l’accettazione, ne
in NESSUN CASO
possiamo dedurre che la banca non diventa obbligato cartolare, diretto o di regresso, nei
confronti del portatore del titolo.
La dottrina ha discusso a lungo, invece, sull’esistenza o meno di una responsabilità extracartolare della
banca verso il portatore dell’assegno nel caso in cui quest’ultimo risulti regolare e coperto. La tesi
maggiormente accreditata, e supportata dall’inesistenza di norme a riguardo, risponde a tale interrogativo
sottolineando l’ASSENZA di un obbligo della banca a pagare l’assegno, in quanto si tratta di mera facoltà
della stessa: con l’apertura del conto corrente e l’assunzione del servizio di cassa la banca si obbliga verso il
traente ad onorare gli assegni nei limiti dei fondi disponibili, ma in alcun modo assume un’obbligazione nei
confronti del prenditore, anche perché la convenzione di assegno NON si configura come un contratto a
favore di terzi. Quindi, se la banca non paga un assegno regolare e coperto ne risponde dinanzi al cliente-
traente e non nei confronti del prenditore, verso il quale ha la facoltà MA NON l’obbligo di pagare.
Per tutelare l’aspettativa del portatore dell’assegno esiste, invece, l’istituto del VISTO: esso viene scritto
sull’assegno e firmato dalla banca trattaria ed ha come effetto il semplice “accertamento dell’esistenza dei
fondi e l’impedimento del ritiro da parte del traente prima della scadenza del termine di presentazione”,
NON comportando in alcun modo un obbligo di pagamento della banca. Ovviamente se quest’ultima ha
rilasciato un’attestazione falsa (non ci sono fondi disponibili del traente) o lascia che il traente disponga dei
fondi, è chiamata a rispondere del risarcimento del danno. Per il visto è prevista un’imposta di bollo
successiva, che ne ha tra l’altro limitato il già scarso utilizzo. Insignificante successo hanno avuto anche altri
istituti ideati dalla prassi bancaria per offrire al portatore un parziale garanzia extracartolare della banca
BANCARIO A
trattaria contro il rischio dell’emissione di assegni a vuoto: stiamo parlando dell’ASSEGNO
COPERTURA GARANTITA VADEMECUM)
(assegno , il quale reca sul modulo/titolo l’importo massimo per
cui la banca assicura l’esistenza di fondi, che provvede a bloccare in apposito conto speciale (l’importo
stampigliato sul modulo è innalzabile dal traente, ma non vi è assicurazione di esistenza fondi da parte
CARTA ASSEGNI,
della banca per l’importo eccedente quello stampigliato), e della particolare documento
rilasciato dalla banca al correntista, che provvede ad autografarlo, con l’indicazione dell’importo massimo
di ogni assegno per il quale la banca risponde del pagamento e che il terzo prenditore può visionare nel
momento in cui il traente firma l’assegno bancario, al fine di controllare la corrispondenza della firma ed
indicare il numero della carta assegni di riferimento. Entrambi gli strumenti sono in disuso.
BENEFONDI,
Più diffuso è il specie nei rapporti fra banche, il quale consiste nella CONFERMA (per lo più
telefonica) dell’esistenza dei fondi da parte della banca trattaria, su richiesta del soggetto (nella maggior
59 BENEFONDI
parte dei casi un’altra banca) a cui il titolo è stato girato per l’incasso. Nell’ipotesi di
INFORMATIVO non nasce alcuna obbligazione extracartolare in capo alla banca trattaria, ma solo una
responsabilità per danni in caso di informazioni false o inesatte, mentre l’obbligazione extracartolare sorge
BENEFONDI CON BLOCCO,
nel momento in cui si tratta di un dove la banca si obbliga a bloccare i fondi
disponibili per l’ammontare dell’assegno.
Circolazione. Avallo
Abbiamo detto in apertura del capitolo che l’assegno bancario è un titolo all’ordine. Dobbiamo ora
AL PORTATORE:
aggiungere che può configurarsi anche come titolo è sufficiente omettere l’indicazione del
prenditore.
La circolazione dell’assegno bancario all’ordine segue le medesime regole analizzate per la cambiale: anche
qui il girante risponde ex lege del pagamento come obbligato di regresso. Dobbiamo però sottolineare che
la girata AL trattario vale quietanza di pagamento, estinguendo il titolo, dato che la banca NON PUO’ a sua
volta girare l’assegno e divenire obbligato di regresso.
La circolazione degli assegni al portatore, invece, è regolata dalle norme del codice in materia di titoli al
portatore, mentre la legge assegni si limita a dire che la girata effettuata su un assegno al portatore rende
il girante obbligato di regresso MA non trasforma l’assegno stesso in un titolo all’ordine.
Anche nel caso dell’assegno è prevista la possibilità, sebbene scarsamente adoperata, dell’avallo, la cui
disciplina coincide anche in questo caso con quella della cambiale, sebbene avallante NON possa MAI
essere la banca trattaria.
Il pagamento dell’assegno A VISTA,
L’assegno bancario è sempre pagabile anche in presenza di una post-datazione dello stesso, che
non impedisce al prenditore di presentarlo anticipatamente, né alla banca di pagarlo.
PRESENTATO
In ogni caso, l’assegno, oltre ad essere pagabile a vista, deve essere allo sportello della banca
entro 8 giorni dalla data di emissione,
indicato nel titolo se pagabile nello stesso comune di emissione, o
entro 15 giorni dalla data di emissione, se pagabile in altro comune. Se la presentazione non avviene in
questi termini, la banca può ugualmente pagare l’assegno (salvo che il traente ordini di non pagare), così
come può farlo in caso di morte o sopravvenuta incapacità del traente, MA il prenditore PERDE l’azione di
regresso nei confronti di giranti e avallanti (NON del traente).
Nell’ipotesi di assegno all’ordine, la banca ha l’obbligo di accertare la regolarità della serie di girate sullo
stesso effettuate, oltre a verificare che la firma del traente coincida con quella depositata al momento
dell’apertura del conto corrente (NON deve, invece, verificare l’autenticità delle firme dei giranti) e deve
DILIGENZA DELL’ACCORTO BANCHIERE.
effettuare tali controlli adoperando la Se la banca non adopera la
diligenza professionale richiesta, si espone ovviamente alla responsabilità nei confronti del traente per
aver pagato un assegno con firma falsa o con importo alterato: la presenza di clausole volte a scaricare la
responsabilità di perdita, smarrimento o uso abusivo dei moduli di assegni, contenute all’interno dei
contratti di conto corrente bancario, NON è sufficiente ad esonerare la banca dalle proprie responsabilità.
La banca viene esonerata da qualsiasi responsabilità SOLO dimostrando (quindi grava su di essa l’onere
NON RICONOSCIBILITA’
della prova) la del falso. 60
Segue: Il regresso per mancato pagamento DI
Se la banca trattaria si rifiuta di pagare l’assegno, il portatore del titolo può promuovere l’AZIONE
REGRESSO nei confronti del traente, dei giranti e dei loro avallanti, proprio come avviene nel caso della
cambiale MA con un’unica differenza: PRESENTAZIONE del titolo alla banca entro il termine previsto dalla
legge e constatazione del rifiuto di pagare mediante PROTESTO (o dichiarazione sostitutiva della banca)
NON SERVONO per agire verso il
sono necessarie solo per l’azione contro giranti e loro avallanti, mentre
traente. si prescrive in 6 mesi dal termine di
L’azione di regresso verso il traente, i giranti ed i loro avallanti
presentazione, mentre l’ulteriore azione di regresso dell’obbligato che pagato l’assegno contro gli obbligati
di grado anteriore si prescrive in 6 mesi dal giorno del pagamento o dal giorno in cui l’azione è stata
promossa contro di lui.
Assegno sbarrato, da accreditare, non trasferibile. Assegno turistico
Per tutelarsi contro lo smarrimento o il furto dell’assegno, tanto il prenditore quanto il traente possono
clausole al titolo.
apporre alcune SBARRATO,
Partiamo dall’ASSEGNO quel particolare assegno sulla cui faccia anteriore vengono segnate
due “rette parallele”. La sbarratura può essere:
GENERALE, se tra le sbarre non vi è alcuna indicazione o la semplice scritta “banchiere”, ed in tal
• caso l’assegno può essere pagato solo ad un banchiere o ad un cliente del trattario;
SPECIALE, se tra le due sbarre c’è scritto il nome di un DETERMINATO banchiere, che può essere
• anche il trattario, ed in tal caso l’assegno può essere pagato SOLO a quel determinato (ripetizione
voluta) banchiere o, se si tratta del trattario, ad un suo cliente.
La banca che non rispetta la “sbarratura” risponde, nel limite dell’importo dell’assegno, dei danni al
portatore subiti per effetto di smarrimento o furto: la sbarratura serve proprio ad impedire che a cambiare
l’assegno sia un soggetto NON cliente della banca trattaria. Questo, però, non evita l’acquisto a NON
DOMINO tramite girata del ladro al terzo in buona fede. ACCREDITARE”
La medesima finalità viene perseguita dalla clausola “DA apposta sull’assegno: in tal caso è
vietato il pagamento in denaro, in quanto l’assegno può essere pagato SOLO tramite scritturazioni contabili
(per esempio accreditandolo su un conto o compensandolo con un credito vantato dalla banca), in forza di
un rapporto tra trattario (banca) e portatore del titolo. Tale clausola è poco diffusa nel nostro Paese.
NON TRASFERIBILITA’
Una clausola ben più sicura è quella della dell’assegno: in questo caso l’assegno può
SOLO all’immediato prenditore o accreditato nel suo conto,
essere pagato in quanto non è possibile né la
circolazione per girata, né tramite cessione ordinaria (la girata si ha per non apposta, la cancellazione della
dicitura “non trasferibile” si ha per non avvenuta). Se l’immediato prenditore, però, non vuole cambiare
l’assegno non trasferibile, ha a disposizione un’alternativa: può girarlo per l’incasso ad una banca, il che da
luogo comunque all’estinzione del titolo. OBBLIGATORIAMENTE
Per legge gli assegni bancari (e circolari) di importo superiore a 12.500 euro devono
essere NON TRASFERIBILI, per prevenire operazioni di riciclaggio di denaro sporco.
61
La banca che paga l’assegno non trasferibile a persona diversa dal primo prenditore o dal banchiere
risponde del pagamento,
giratario per l’incasso anche qualora provi di aver adottato tutte le cautele del
caso per identificare il presentatore. Nella medesima maniera risponde la banca girataria per l’incasso che
anticipa l’importo dell’assegno. TURISTICO
Dobbiamo parlare, infine, dell’ASSEGNO (TRAVELLER’S CHEQUE): si tratta di un assegno il cui
traente è una banca, prenditore è un soggetto che magari deve recarsi all’estero e trattaria è un’altra
banca estera o una filiale estera della stessa traente. Viene rilasciato al prenditore in seguito al versamento
di una somma di denaro, in maniera tale da consentirgli di cambiare tale titolo all’estero senza incontrare
DOPPIA FIRMA
problemi di alcun tipo. Sull’assegno viene apposta una del prenditore, una al momento del
rilascio, l’altra al momento del pagamento, in maniera tale che la banca trattaria (o anche il giratario) possa
confrontare le due firme e riscontrare anomalie.
L’ammortamento
Per quanto concerne l’AMMORTAMENTO vale, in materia di assegni bancaria, la medesima disciplina
con qualche accorgimento:
prevista per la cambiale, la procedura di ammortamento è identica tanto per
gli assegni all’ordine, quanto per quelli al portatore; la procedura non vale per gli assegni non trasferibili,
data l’impossibilità di circolare ed in caso di smarrimento/distruzione/furto il prenditore ha diritto a
ricevere un duplicato, comunicando l’avvenimento a traente e trattario.
CAPITOLO VENTIDUESIMO – L’ASSEGNO CIRCOLARE. GLI ASSEGNI SPECIALI
L’assegno circolare
CIRCOLARE PROMESSA INCONDIZIONATA di
L’ASSEGNO è un titolo di credito all’ordine che contiene una
pagamento della banca emittente di pagare A VISTA una somma di denaro. Viene emesso dietro
versamento da parte del richiedente dell’importo corrispondente.
strumento di pagamento,
Anche l’assegno circolare, al pari di quello bancario, è uno diverso però da
struttura del vaglia cambiario
quello bancario perché avente la (e non della cambiale tratta), in quanto
contiene un’obbligazione diretta di pagamento della banca emittente.
L’assegno circolare, dunque, è più sicuro di quello bancario, perché non vi sono dubbi sulla solvibilità
dell’emittente, sebbene il pagamento avvenga pro solvendo, con liberazione del debitore solo dopo la
riscossione. CONDIZIONI DI
Questa tipologia di assegni NON PUO’ MAI essere emessa al portatore ed è soggetta a
REGOLARITA’:
Possono emettere assegni circolari SOLO le banche autorizzate dalla Banca d’Italia;
• L’emissione dell’assegno presuppone obbligatoriamente il versamento in contanti da parte del
• richiedente o il contestuale addebito sul proprio conto corrente, al fine di rendere le somme
disponibili presso la banca;
La banca autorizzata all’emissione deve costituire, presso la Banca d’Italia, una cauzione in titoli a
• garanzia degli assegni circolari, commisurata all’ammontare degli assegni in circolazione, su cui i
portatori dei titoli hanno privilegio speciale. 62
requisiti FORMALI DI VALIDITA’
Sono dell’assegno circolare:
La denominazione “ASSEGNO CIRCOLARE” apposta sul titolo;
• La promessa incondizionata di pagare l’assegno a vista per una determinata somma;
• L’indicazione del prenditore (che può o non può coincidere col richiedente);
• L’indicazione della data e del luogo di emissione;
• La sottoscrizione della banca emittente.
•
Il luogo di pagamento non è richiesto, perché l’assegno circolare può essere cambiato presso qualsiasi
sede o filiale della banca emittente.
All’assegno circolare si applica la disciplina del vaglia cambiario, con alcune differenze:
La girata a favore dell’emittente estingue il titolo;
• La presentazione dell’assegno circolare per ricevere il pagamento entro 30 giorni dall’emissione,
• altrimenti si decade dall’azione di regresso;
La prescrizione triennale decorre dell’azione diretta decorre dall’emissione, non dalla
• presentazione.
Per quanto concerne, invece, l’assegno sbarrato, non trasferibile, da accreditare e turistico, nonché
l’ammortamento, si applica la disciplina dell’assegno bancario, salvo per il fatto che in caso di assegno
circolare non trasferibile, trascorsi 20 giorni dalla denunzia di smarrimento o sottrazione, il prenditore ha
diritto al pagamento da parte della filiale dove ha denunziato il fatto. BANCHE
L’emissione di assegni circolari può essere affidata, dalle banche autorizzate, ad altre
CORRISPONDENTI: l’assegno viene redatto su moduli della banca autorizzata con il “visto” della stessa, per
RAPPRESENTANTE
poi essere emesso e sottoscritto come dalla banca corrispondente (è un sistema
adoperato soprattutto dalle banche di modeste dimensioni).
Gli assegni della Banca d’Italia ASSEGNI SPECIALI
La legge assegni, oltre all’assegno bancario e a quello circolare, disciplina anche alcuni
emessi dalla Banca d’Italia e dai Banchi di Napoli e Sicilia.
VAGLIA CAMBIARIO della Banca d’Italia,
Partiamo dal avente la stessa struttura del vaglia cambiario e
soggetto alle medesime norme dettate per l’assegno circolare: è un titolo di credito all’ordine contenente
la promessa incondizionata della Banca d’Italia di pagare a vista una somma determinata, rilasciato dietro
versamento in contanti, riscuotibile presso qualsiasi filiale ed utilizzato per i pagamenti della pubblica
amministrazione e per l’estinzione di titoli di spesa dello Stato.
BANCARIO della Banca d’Italia,
Particolare, poi, è l’ASSEGNO titolo all’ordine il cui traente è una banca
LIBERO
corrispondente della Banca d’Italia e trattario è la Banca d’Italia stessa. Viene definito quando è
PIAZZATO
pagabile presso qualsiasi filiale e quando è pagabile esclusivamente presso una determinata
filiale della Banca d’Italia. Questo è lo schema: il richiedente versa denaro in contanti presso una banca
corrispondente, che emette l’assegno in qualità di traente e versando un’idonea garanzia presso la Banca
d’Italia, indicata come trattaria (che deve pagare). Si applica la disciplina dell’assegno bancario, salvo per
l’ammortamento per cui si applica quella del vaglia cambiario.
63 FEDE DI CREDITO
Ultimo titolo speciale, simile all’assegno circolare ed oggi in disuso, è la (anche detta
POLIZZINO), che può essere emessa dai Banchi di Napoli e Sicilia: si tratta di un titolo all’ordine contenente
la promessa del Banco di pagare a vista una somma determinata presso qualsiasi filiale; la girata, però, può
contenere l’indicazione di una causale per cui il pagamento è disposto, fungendo da prova del pagamento
per quella specifica causale, o può subordinare il pagamento a determinate condizioni, sospendendolo sino
a quando esse non si verificano, sebbene il titolo possa circolare nel frattempo.
PARTE TERZA – LE PROCEDURE CONCORSUALI
CAPITOLO VENTITREESIMO – LA CRISI DELL’IMPRESA COMMERCIALE
Crisi dell’impresa e procedure concorsuali
All’interno della vita di un’impresa è possibile che si verifichino degli eventi tali da sconvolgere la situazione
economica e patrimoniale dell’imprenditore, provocando un vero e proprio dissesto. Questa situazione
non determina soltanto la crisi dell’impresa ma coinvolge anche altri soggetti: anzitutto i creditori della
stessa, che il più delle volte sono anch’essi imprenditori (pensiamo ai fornitori o alle banche) e rischiano,
pertanto, una propria crisi dettata dal mancato recupero, totale o parziale, del credito concesso; in
secundis tutte le persone che ruotano attorno al mondo dell’impresa, primi fra tutti i lavoratori dipendenti,
che rischiano di perdere il proprio posto di lavoro.
I mezzi di tutela individuali dei creditori risultano, a questo punto, del tutto insufficienti (pensiamo
all’azione esecutiva individuale sui beni del debitore), proprio perché occorre tutelare una MASSA di
creditori NON in merito a singoli inadempimenti, ma riguardo ad una situazione che coinvolge l’intero
patrimonio del debitore, tra l’altro cercando di recuperare l’impresa stessa qualora ciò sia possibile.
Il legislatore del ’42, a tal proposito, decise di affidare la sistemazione del dissesto di imprenditori agricoli e
piccoli imprenditori commerciali agli strumenti di diritto comune (procedura esecutiva individuale) e di
introdurre per gli imprenditori commerciali NON piccoli delle apposite procedure, denominate
PROCEDURE CONCORSUALI. fallimento, concordato preventivo liquidazione
Le procedure concorsuali sono attualmente cinque: e
coatta amministrativa, LEGGE FALLIMENTARE,
introdotte dalla r.d.267/1942, l’amministrazione
straordinaria, straordinaria
introdotta dalla L.95/1979 e rivista dal D.lgs.270/1999, e l’amministrazione
accelerata per le imprese di maggiori dimensioni, aggiunta con il D.L.347/2003 (convertito in legge con la
39/2004). E’ venuta meno, invece, nel 2006 l’amministrazione controllata.
GENERALITA’,
Unici caratteri comuni a tutte le procedure concorsuali sono la in quanto esse coinvolgono
TUTTO COLLETTIVITA’,
il patrimonio dell’imprenditore e non singoli beni, e la in forza del fato che in tali
TUTTI
procedure vengono coinvolti i creditori, a cui si cerca, almeno in linea generale, di assicurare la
parità di trattamento (par condicio creditorum), ripartendo fra tutti le conseguenze patrimoniali del
dissesto dell’imprenditore.
Le singole procedure concorsuali
Ovviamente la crisi che affligge l’impresa può essere di diverso tipo, superabile o invalicabile, così come
differenti possono essere le imprese che vertono in stato di dissesto, in quanto si può trattare di imprese
esercenti particolari attività o di grandissime dimensioni. Per tutti questi motivi nasce l’esigenza di
64
differenziare le varie procedure concorsuali, in maniera tale da adottare la procedura consona al caso
concreto e tutelare in maniera migliore le esigenze collettive.
Se è vero, infatti, che le procedure sono tutte collettive e generali, è altrettanto vero che a variare tra le
stesse sono i presupposti soggettivi ed oggettivi di applicazione, così come le finalità perseguite e le
autorità, giudiziaria o amministrativa, competenti.
Partiamo dal fallimento, che è la procedura concorsuale per antonomasia, il “prototipo” delle procedure
concorsuali, come le definisce il testo. Si tratta di una procedura giudiziaria volta a liquidare il patrimonio
dell’imprenditore insolvente e a ripartirne il ricavato fra i creditori. Nella sua concezione originaria, il
fallimento associava la sorte dell’imprenditore alla disgregazione del complesso aziendale, senza neanche
prendere in considerazione l’ipotesi che il secondo (l’azienda) potesse continuare a fruttare e a vivere in
capo ad un diverso imprenditore, magari più abile o semplicemente più facoltoso e pertanto pronto a far
rinascere, recuperandone produttività e redditività, quel particolare complesso di beni. Il fallimento,
inoltre, si configurava come una procedura che, nell’intento di tutelare meglio i creditori, finiva per
soddisfarli in maniera inadeguata e lenta. Inoltre, la disciplina originaria appariva non solo poco rapida e
confusionaria, ma anche ricca di norme contrarie al principio costituzionale del diritto di difesa del debitore
e degli altri soggetti coinvolti.
Allo stesso modo, anche il concordato preventivo e l’amministrazione controllata non riuscivano a
garantire un risultato migliore del fallimento, configurandosi il più delle volte come un’anticamera dello
stesso.
Il vecchio concordato preventivo, infatti, presupponeva l’insolvenza dell’imprenditore, ma evitava il
fallimento nell’ipotesi di impresa avente determinati requisiti di meritevolezza e capace di garantire ai
creditori il pagamento di gran parte di quanto loro dovuto (almeno il 40%). Erano necessari, però, il
consenso di una maggioranza qualificata di creditori e la valutazione della convenienza dell’operazione da
parte del tribunale. Il vecchio concordato, tra l’altro, non permetteva in alcun modo la conservazione
dell’impresa e la continuazione dell’attività produttiva, prevedendo semplicemente una procedura di
liquidazione dell’intero patrimonio ad opera dello stesso imprenditore o dei creditori, sotto il controllo
dell’autorità giudiziaria. Finiva, il più delle volte, per trasformarsi in fallimento, proprio per l’incapacità di
far fronte alla percentuale di recupero promessa.
L’amministrazione controllata, invece, mirava alla conservazione dell’impresa in situazione di temporanea
difficoltà, prevedendo una moratoria nei pagamento concessa dai creditori per un massimo di due anni e la
continuazione, in tal periodo, dell’attività produttiva, al fine di risanare l’impresa stessa e soddisfare
integralmente i creditori. In realtà, anche tale procedura non faceva altro che differire il ricorso al
fallimento, in quanto quasi mai l’imprenditore riusciva a riprendersi, anche per il ricorso NON tempestivo
alla procedura in questione.
La legge fallimentare, proprio per l’insufficienza della propria formulazione originaria, è stata oggetto di
riforma dapprima con il D.L.35/2005 (convertito con L.80/2005), che ha provveduto a ridisegnare il
concordato preventivo, in seguito con il D.lgs.5/2006, che ha innovato la disciplina del fallimento e
soppresso l’amministrazione controllata, in un terzo momento con il D.lgs.169/2007, che ha corretto le
precedenti riforme e ultimamente con il D.L.78/2010, convertito in legge con la L.122/2010.
65
Le modifiche saranno prese in considerazione nella trattazione delle specifiche procedure concorsuali,
mentre per il momento è sufficiente fare qualche accenno.
Il NUOVO concordato preventivo non presuppone più l’insolvenza dell’imprenditore, né tanto meno
richiede il possesso di requisiti di meritevolezza, essendo sufficiente la situazione di crisi dell’impresa.
Inoltre la nuova disciplina del concordato prevede la possibilità di perseguire la “liquidazione di tutto il
patrimonio”, come il vecchio concordato, o la prosecuzione dell’attività produttiva, assorbendo la funzione
dell’amministrazione controllata. Gli atti compiuto in esecuzione del concordato preventivo, tra l’altro, non
sono più soggetti a “revocatoria”: chi concede credito all’impresa in crisi, dunque, NON rischia più di dover
restituire al fallimento i pagamenti ricevuti e di perdere le garanzie sui beni del debitore (come avveniva in
passato). Lo stesso vale per gli atti in esecuzione di accordi di ristrutturazione dei debiti o di piani di
risanamento avvenuti fuori dal concordato.
Nei confronti di determinate categorie di imprese che svolgono attività di particolare rilievo economico
(come quella bancaria) e sono sottoposte a vigilanza governativa, in luogo del fallimento trova applicazione
la “liquidazione coatta amministrativa”: si tratta di una procedura che, al pari del fallimento, porta
all’eliminazione dell’impresa, alla disgregazione del patrimonio aziendale e al soddisfacimento paritario dei
creditori ma, differentemente dal fallimento, non viene condotta dall’autorità giudiziaria, bensì da quella
amministrativa, oltre al fatto che può essere disposta anche per motivi diversa dall’insolvenza, come
avviene in caso di gravi irregolarità nella gestione.
Nel 1979 è stata introdotta, inoltre, una nuova procedura concorsuale, l’amministrazione straordinaria,
volta contemporaneamente al salvataggio dell’impresa, con conseguente conservazione dei posti di lavoro,
e al soddisfacimento dei creditori. La disciplina originaria, però, non ha mai dato i frutti sperati,
soventemente mantenendo in vita organismi produttivi senza possibilità di ripresa/recupero.
A tal fine la disciplina è stata rivista nel 1999 e ne è conseguita una procedura concorsuale mista,
giudiziaria e amministrativa, suddivisa in due fasi: la prima fase viene aperta dall’autorità giudiziaria con la
dichiarazione dello stato d’insolvenza e l’ammissione, solo eventuale, dell’imprenditore
all’amministrazione straordinaria, in quanto occorre prima accertare se vi sono o meno concrete possibilità
di ripresa, altrimenti si dichiara il fallimento. Nella seconda fase interviene l’autorità amministrativa
(Ministero dello sviluppo economico), la quale gestisce la procedura, affidando la continuazione
dell’attività d’impresa prima ad un commissario giudiziale e poi ad un commissario straordinaria di nomina
ministeriale, il quale provvede ad attuare un programma di soddisfacimento dei creditori cedendo beni
aziendali entro un anno o prevedendo un programma di risanamento non superiore a due anni. Se, nel
corso della procedura, gli obiettivi risultano irrealizzabili, l’amministrazione straordinaria si converte in
fallimento.
La fase di apertura di questa procedura, inerente l’accertamento giudiziario dei requisiti di ammissione,
risulta troppo lenta e macchinosa: il commissario straordinario non riesce ad insediarsi tempestivamente
per far fronte da subito alla crisi dell’impresa e ciò, in casi come quello della Parmalat, risulta essere un
grosso limite. E’ proprio in seguito a quel caso che il legislatore, con il D.L.347/2003, ha introdotto regole
specifiche per le imprese di maggiori dimensioni, dando vita ad un’amministrazione straordinaria
accelerata, la quale prevede l’immediata ammissione dell’impresa all’amministrazione da parte del
Ministero dello sviluppo economico su richiesta dell’impresa stessa, al fine di realizzare “immediatamente”
66
un piano di risanamento. Solo in un secondo momento interviene l’autorità giudiziaria per verificare
l’insolvenza del debitore MA NON l’esistenza di effettive capacità di recupero.
CAPITOLO VENTIQUATTRESIMO – IL FALLIMENTO
A) LA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO
I presupposti del fallimento
PRESUPPOSTI
Sono per la dichiarazione del fallimento:
qualità di imprenditore commerciale del debitore,
La presupposto “soggettivo”, in merito al quale
• il fallimento subisce due limitazioni, una inerente la sostituzione dello stesso con la liquidazione
coatta amministrativa per alcuni imprenditori individuati da leggi speciali (come le imprese bancarie
e le Sim), l’altra riguardante la sostituzione del fallimento con l’amministrazione straordinaria delle
grandi imprese in stato di insolvenza, se ne ricorrono i presupposti;
stato d’INSOLVENZA dell’imprenditore,
Lo primo presupposto “oggettivo”, che si verifica nel caso
• non sia più in grado (in maniera irreversibile) di soddisfare regolarmente le
in cui “l’imprenditore
proprie obbligazioni”. INDICI RIVELATORI dello stato d’insolvenza sono l’INADEMPIMENTO delle
obbligazioni, il pagamento con mezzi anormali (prestiti usurai, per esempio), la fuga o la latitanza
dell’imprenditore, la chiusura dei locali commerciali, il trafugamento dell’attivo ed altri
comportamenti similari. Quindi INADEMPIMENTO e INSOLVENZA sono due concetti distinti: il primo
è un possibile indice di insolvenza, il secondo riguarda la situazione patrimoniale del debitore, il
quale può vertere ugualmente in uno stato d’insolvenza adempiendo tutte le proprie obbligazioni,
tramite mezzi volti a mascherare l’insolvenza stessa (magari perché ricorre agli usurai per pagare),
mezzi che, intervenuto il fallimento, sono puniti come reati di “bancarotta semplice”. Allo stesso
modo l’imprenditore può essere inadempiente senza essere insolvente (magari perché non paga
per negligenza o per TEMPORANEA DIFFICOLTA’, la quale non comporta il fallimento, ma può
essere presupposto del concordato preventivo). L’insolvenza, infatti, è una situazione NON
TRANSITORIA, che può anche NON coincidere con lo “squilibrio patrimoniale”, ossia con
l’eccedenza delle passività rispetto all’attivo: se l’imprenditore ispira ancora fiducia, ottenendo
credito per pagare i debiti in scadenza, egli non è insolvente.
La presenza di inadempimenti complessivamente superiori all’importo fissato dalla legge: per
• dichiarare il fallimento occorrono SIA l’inadempimento SIA l’insolvenza, altrimenti si preferisce
sempre dare un’altra opportunità all’imprenditore. Un tempo, per le insolvenze di modesta entità,
con passività non superiori a 1.500.000 LIRE, era previsto un procedimento sommario, più rapido e
veloce, per dichiarare il fallimento, anche se i tribunali tendevano a non dichiararlo; la riforma del
2006 ha accolto tale orientamento ed ha eliminato il procedimento sommario, prevedendo però
l’IMPOSSIBILITA’ di dar luogo al fallimento in caso di debiti SCADUTI E NON PAGATI di ammontare
inferiore a 30.000 euro: in tal caso il debitore resta esposto solo alle azioni individuali dei creditori;
Il superamento di limiti dimensionali fissati dall’art.1 comma 2 legge fallimentare (con tali limiti,
• ricordiamolo, il D.lgs.167/2007 fissa la definizione di piccolo imprenditore): si tratta di limiti
patrimoniali e reddituali fissati dalla legge. L’imprenditore commerciale NON E’ SOGGETTO A
FALLIMENTO se dimostra il possesso dei seguenti requisiti:
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aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o
o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare
complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila;
aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito
o dell'istanza di fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un
ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila;
avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.
o
I valori in questione sono aggiornabili triennalmente con decreto del Ministro della giustizia sulla
base delle variazioni degli indici Istat dei prezzi al consumo, per adeguarli alla svalutazione
monetaria. Se SOLO UNO di questi limiti viene oltrepassato, l’imprenditore è soggetto al fallimento.
Il fallimento dell’imprenditore cessato e defunto
Tanto la cessazione dell’attività d’impresa, quanto la morte dell’imprenditore non impediscono in alcun
modo la dichiarazione di fallimento. Già nello studio della prima parte di diritto commerciale (commerciale
ENTRO UN ANNO DALLA
uno) si è avuto modo di osservare come il fallimento possa essere dichiarato
CANCELLAZIONE dal registro delle imprese e come sia possibile, per il pubblico ministero e per i creditori,
nel caso di impresa individuale e di cancellazione d’ufficio degli imprenditori collettivi, DIMOSTRARE che
SUCCESSIVAMENTE alla cancellazione,
l’attività d’impresa sia cessata così da posticipare il momento da cui
decorre il termine annuale. Vi deve essere ovviamente insolvenza entro l’anno successivo o prima di tali
eventi.
Anche l’erede dell’imprenditore defunto può chiedere il fallimento, purché l’eredità non si sia già confusa
SENZA beneficio d’inventario.
col proprio patrimonio in forza di un’accettazione Se, invece, la
dichiarazione di fallimento del defunto è stata chiesta da altri soggetti legittimati, diversi dall’erede, la
confusione col patrimonio di quest’ultimo non si verifica (anche se ha accettato senza beneficio di
inventario), in maniera tale che sui beni del defunto si possano rifare solo i creditori dello stesso, mentre
sui beni dell’erede si possono rifare i propri creditori personali ed anche quelli del defunto, in base
all’accettazione pura e semplice dell’eredità. Praticamente all’erede conviene sempre accettare con
beneficio d’inventario, onde evitare problemi, anche se la procedura prosegue ugualmente nei suoi
DOPO
confronti se l’imprenditore muore la dichiarazione di fallimento. In caso di più eredi, essi devono
designarne uno che li rappresenti nella procedura, altrimenti provvede il giudice delegato.
La dichiarazione di fallimento
dichiarato:
Il fallimento può essere
Su ricorso di uno o più creditori, senza la necessità che si tratti di credito riguardante l’attività di
• impresa e senza la necessità di addurre prove dimostranti i presupposti del fallimento, in quanto la
PROCESSO
mancanza delle stesse non giustifica di per sé il rigetto della domanda, trattandosi di un
INQUISITORIO, in cui il giudice non incontra alcun limite nell’acquisizione di prove;
Su richiesta del debitore: si tratta di una facoltà dell’imprenditore, sfruttata per evitare azioni
• esecutive individuali, ma diventa un obbligo nel momento in cui l’inerzia provoca l’aggravamento
del dissesto. Il debitore, in tal caso, deve depositare presso la cancelleria del tribunale le scritture
contabili e fiscali obbligatorie degli ultimi tre esercizi (o di tutti gli esercizi se l’impresa è stata
costituita meno di tre anni prima), uno stato estimativo delle proprie attività, l’indicazione dei ricavi
68
lordi degli ultimi tre esercizi e l’elenco dei creditori, con indicazione dei relativi crediti, e dei titolari
di diritti reali o personali su cose in suo possesso, con la precisazione delle cose in questione e dei
titoli da cui i diritti nascono. In tal modo il tribunale viene agevolato nell’accertamento dei
presupposti per dar luogo all’apertura della procedura;
Su istanza del pubblico ministero, il quale non ha solo il potere MA anche il dovere di chiedere il
• fallimento SE l’insolvenza risulta da fatti configuranti reati fallimentari (pensiamo al trafugamento
dell’attivo o alla latitanza), proprio al fine di promuovere l’azione penale anche prima della
dichiarazione di fallimento, ma con condanna (penale) solo successiva alla stessa dichiarazione.
Con la riforma del 2006 è venuto meno il potere del tribunale di dichiarare d’ufficio il fallimento, in quanto
il giudice deve essere sempre terzo ed imparziale rispetto alle parti in giudizio, anche se conserva il potere,
qualora riscontri nel corso di un procedimento civile l’insolvenza dell’imprenditore, di segnalarla al
pubblico ministero, che ha il potere-dovere di chiedere il fallimento. SEDE
Competente per la dichiarazione di fallimento è il tribunale del luogo dove l’imprenditore ha la
PRINCIPALE dell’impresa, ossia il centro di direzione e amministrazione. Se la sede viene trasferita
nell’anno precedente alla domanda di trasferimento, competente resta il tribunale del luogo dove si
trovava precedentemente la sede effettiva. Per le società la sede principale è quella indicata nell’atto
costitutivo e risultante dal registro delle imprese, ma se vi è discordanza tra sede reale e sede effettiva,
competente è il tribunale del luogo dove si trova realmente il centro amministrativo della società. Se il
tribunale adito si dichiara incompetente, la procedura viene trasferita immediatamente al tribunale
competente MA restano VALIDI tutti gli atti precedentemente compiuti (quindi anche la dichiarazione di
fallimento del giudice incompetente resta valida); il tribunale dichiarato competente può accettare la
designazione, nominando un nuovo curatore ed il giudice delegato, oppure può promuovere d’ufficio il
REGOLAMENTO DI COMPETENZA, lasciando decidere alla Cassazione su chi sia realmente competente.
Qualora la sede dell’impresa si trovi all’estero, ciò non esclude che il fallimento possa essere dichiarato
anche in Italia laddove l’imprenditore ha la propria sede secondaria; se vi è già dichiarazione di fallimento
all’estero non è comunque preclusa una pari dichiarazione in Italia, almeno che gli accordi internazionali e
comunitari non prevedano diversamente. Se dopo la presentazione della domanda la sede viene trasferita
PERPETUATIO IURISDICTIONIS,
all’estero, in forza del principio della la giurisdizione italiana NON viene
meno.
Secondo la vecchia disciplina fallimentare, antecedente alla riforma del 2006, la procedura di fallimento
doveva essere quanto più veloce possibile: sulla domanda di fallimento il tribunale si pronunciava in
camera di consiglio e con rito sommario, senza neanche l’obbligo di ascoltare l’interessato, e l’ordinario
procedimento di cognizione si aveva SOLO in un secondo momento, quando dopo la decisione
l’imprenditore presentava opposizione dinanzi al medesimo tribunale che lo aveva dichiarato fallito. Nel
frattempo, tuttavia, la procedura proseguiva, in quanto non si aveva sospensione della sentenza, e
pertanto il debitore poteva ritrovarsi a vedere accolta l’opposizione e revocato il fallimento, ma fatti salvi
gli effetti degli atti compiuti dagli organi fallimentari: in poche parole si ritrovava ad aver ragione MA senza
il proprio patrimonio, o parte dello stesso, già liquidato. Già nel 1970 la Corte costituzionale era
intervenuta sancendo l’OBBLIGATORIETA’ dell’audizione dell’imprenditore durante l’ISTRUTTORIA
PREFALLIMENTARE, al fine di garantirgli il sacrosanto diritto di difesa, ma solo con la riforma del 2006 la
disciplina in materia (di istruttoria prefallimentare) è cambiata realmente, contemperando l’interesse ad
un rito veloce con il principio del contraddittorio e del diritto di prova.
69
Chiariamo subito che la riforma del 2006 non ha stravolto del tutto la disciplina dell’istruttoria
prefallimentare: sulla richiesta di fallimento il tribunale decide sempre attraverso un
RITO/PROCEDIMENTO SPECIALE, in camera di consiglio e può delegare lo svolgimento dell’istruttoria ad
un “giudice relatore”, in quanto solo la decisione finale deve essere assunta collegialmente. Debitore e
creditori, però, vanno obbligatoriamente sentiti in udienza e la convocazione va loro notificata con un
preavviso di almeno 15 giorni, per consentire agli stessi di preparare la propria difesa o di presentare
memorie , documenti e relazioni tecniche. Partecipa anche il pubblico ministero se è stato egli a presentare
istanza di fallimento. INQUISITORI,
Il tribunale, come già anticipato, ha poteri ossia può compiere d’ufficio tutte le indagini
necessarie e raccogliere tutte le prove che ritiene opportune, avvalendosi anche dell’ausilio della polizia
giudiziaria e di quella tributaria: è il tribunale ad ordinare al debitore di depositare i bilanci degli ultimi tre
esercizi, accompagnati da una situazione patrimoniale-economica-finanziaria aggiornata. Questo non
preclude alle parti di nominare propri consulenti tecnici e di proporre l’ammissione di ulteriori prove. E’
CAUTELARI CONSERVATIVI
sempre il tribunale, poi, ad emettere provvedimenti o per salvaguardare il
patrimonio o l’impresa per tutta la durata dell’istruttoria prefallimentare, provvedimenti che vengono
meno in caso di “rigetto” della domanda di fallimento o sulla cui conservazione si pronuncia, se la
procedura viene aperta, la sentenza di fallimento. Con la riforma del 2006 i tempi dell’istruttoria
prefallimentare si sono notevolmente allungati, proprio per tutelare maggiormente l’impresa interessata;
AZIONI REVOCATORIE, PERIODO SOSPETTO
ciò ha comportato la possibilità di perdere le in quanto il per
la determinazione degli atti revocabili decorre a ritroso dal giorno della dichiarazione di fallimento e non da
quello della presentazione della domanda (quindi più tardi giunge la dichiarazione di fallimento e meno
saranno gli atti revocabili, perché si sposta il periodo di un anno). Stessa cosa vale per il decorso dell’anno
entro cui può essere dichiarato fallito l’imprenditore cessato o defunto. Tuttavia, a ciò non c’è rimedio: è
possibile solo sperare che il tribunale decida nel minor tempo possibile, essendo comunque riconosciuto al
presidente dello stesso il potere abbreviare i termini della procedura in casi di estrema urgenza, prevendo
anche l’inosservanza del procedimento di notifica al debitore e la comunicazione del ricorso con qualsiasi
mezzo.
RIGETTO DECRETO MOTIVATO,
Il della domanda di fallimento si ha con comunicato alle parti ed
impugnabile dai richiedenti (debitore, creditori, pubblico ministero) entro 30 giorni dalla comunicazione,
tramite reclamo alla corte di appello, la quale decide in camera di consiglio una volta sentite le parti,
confermando o meno la decisione del tribunale di prima istanza. Nel caso in cui accolga il ricorso, la
dichiarazione di fallimento viene comunque pronunciata dal tribunale. In ogni caso, anche in quello di
ACCOGLIMENTO SENTENZA DICHIARATIVA,
diretto della domanda, il fallimento viene dichiarato con
GIUDICE DELEGATO CURATORE,
contenente la nomina del e del l’ordine al fallito di depositare bilancio,
scritture contabili e fiscali obbligatorie ed elenco dei creditori entro tre giorni, la fissazione dei termini per
l’accertamento dello stato passivo e la conferma/revoca dei provvedimenti cautelari/conservativi emessi
nell’istruttoria prefallimentare.
La sentenza va notificata al debitore e comunicata ai richiedenti, oltre che al curatore. Viene resa pubblica
con l’annotazione del registro delle imprese e solo da tale momento produce effetti verso terzi, mentre
l’esecutiva tra le parti si produce sin dalla pronuncia.
70
Segue: Il reclamo. La revoca del fallimento
La nuova disciplina del 2006 ha previsto che la dichiarazione di fallimento possa essere impugnata
RECLAMO
mediante del fallito o di qualsiasi interessato presso la corte d’appello, da depositare presso la
stessa entro 30 giorni dalla notificazione della sentenza per il primo e dall’iscrizione della stessa nel registro
delle imprese per i secondi (in nessun caso il reclamo può essere proposto decorso un anno dalla
pubblicazione della sentenza). In passato, invece, contro il fallimento era possibile l’opposizione al
medesimo tribunale che l’aveva pronunciata, con la possibilità di poter impugnare in secondo e terzo grado
la decisione inerente l’opposizione: in poche parole vi erano quattro gradi di giudizio in tutto, oggi ridotti a
tre. NON comporta di per sé la sospensione degli effetti della
Dobbiamo sottolineare che l’impugnazione
dichiarazione di fallimento, anche se la corte d’appello può decidere in tal senso se sussistono gravi motivi
e su richiesta del curatore o delle parti.
Il giudizio di reclamo è volto ad accertare, principalmente, l’esistenza o meno dei presupposti per il
fallimento al tempo in cui lo stesso è stato dichiarato, oltre che eventuali vizi del procedimento camerale:
se i presupposti non esistevano in quel momento ma sussistono attualmente, la corte d’appello può
segnalare la vicenda al pubblico ministero, che provvede a chiedere la dichiarazione di un nuovo
fallimento. La stessa corte, però, può decidere, anche se l’insolvenza si è verificata in un secondo
momento, di mantenere il fallimento precedente, proprio per evitare che si perdano gran parte delle azioni
revocatorie (ricordate quanto detto prima: il periodo sospetto si computa a ritroso dal giorno della
dichiarazione di fallimento e una nuova dichiarazione in tal senso non farebbe altro che spostare tale
termine).
Anche il giudizio di reclamo viene deciso con sentenza, impugnabile in Cassazione nel termine di 30 giorni:
se la sentenza accoglie il reclamo, essa va pubblicata nel registro delle imprese ed il fallimento si considera
REVOCATO, sempre facendo salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi fallimentari che
possono aver alterato la consistenza patrimoniale dell’imprenditore. In tale ipotesi, quest’ultimo può
ottenere la condanna al risarcimento dei danni del creditore istante, in caso di colpa dello stesso nella
richiesta di dichiarazione del fallimento, con addebito al creditore delle spese per la procedura e del
compenso del curatore. In caso contrario, spese e compenso spettano all’ex fallito (oltre al danno, anche la
beffa), qualora sia stato un comportamento colposo ad originare la dichiarazione di fallimento. In assenza
di tali presupposti, spese e compenso gravano sullo Stato.
B) GLI ORGANI DEL FALLIMENTO
Il tribunale fallimentare
PROCEDURA FALLIMENTARE
La successiva alla sentenza di dichiarazione del fallimento è volta ad
accertare, ricostruire e liquidare il patrimonio del fallito, oltre che a ripartirlo tra i creditori, e vede la
partecipazione di quattro organi: il tribunale fallimentare, il giudice delegato, il curatore ed il comitato dei
creditori.
TRIBUNALE FALLIMENTARE
Il che ha dichiarato il fallimento è competente per l’intera procedura e si
DECRETI,
occupa, soprattutto attraverso l’adozione di di nominare il giudice delegato ed il curatore e di
sorvegliarne l’operato, potendo provvedere per giustificati motivi alla loro sostituzione; di sostituire i
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componenti del comitato dei creditori su richiesta degli stessi, di decidere le controversie su cui non è
competente il giudice delegato ed i reclami contro gli atti dello stesso giudice; di chiedere informazioni e
chiarimenti al fallito, al comitato dei creditori ed al curatore.
Contro i decreti del tribunale fallimentare, diversamente dal passato, è ammesso il reclamo, sempre
attraverso ricorso alla corte d’appello, entro 10 giorni dalla notificazione del provvedimento per il fallito, il
curatore ed il comitato dei creditori o dall’esecuzione delle formalità pubblicitarie per tutti gli altri
interessati. Non è più ammissibile il ricorso trascorsi 90 giorni dal decreto. La corte d’appello decide,
sentite le parti, in camera di consiglio e con decreto motivato.
Una particolarità molto interessante riguarda proprio il tribunale fallimentare: la legge attribuisce allo
competenza su tutte le controversie che derivano dal fallimento,
stesso la ivi comprese le azioni reali
immobiliari, tutte regolate tramite il procedimento ordinario o secondo il rito speciale proprio di tali
controversie e NON, come aveva previsto la riforma del 2006, secondo le regole dei procedimenti in
camera di consiglio, norma abrogata dal D.lgs.169/2007.
Il giudice delegato GIUDICE DELEGATO,
Secondo organo della procedura fallimentare che analizziamo è il soggetto
competente a vigilare sulle operazioni del fallimento e a controllare la regolarità della procedura, mentre
ha perduto il compito di dirigere tali operazioni, per cui oggi è competente il curatore.
Il giudice delegato:
Nomina il comitato dei creditori ed in caso di inerzia dello stesso o nelle ipotesi di urgenza, pone in
• essere gli atti di sua competenza;
Forma lo stato passivo del fallimento e lo rende esecutivo con proprio decreto;
• Autorizza il curatore a stare in giudizio;
• Decide sui reclami proposti contro gli atti del curatore e del comitato dei creditori;
• Emette i provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio o ne chiede l’emissione alle
• autorità competenti.
I provvedimenti del giudice delegato sono adottati con decreto motivato ed ammesso il reclamo contro gli
stessi, che non sospende l’esecuzione, dinanzi al tribunale fallimentare.
Il curatore CURATORE,
Altro organo della procedura fallimentare è il il quale è chiamato ad amministrare il
patrimonio fallimentare, oltre che a svolgere altre funzioni allo stesso attribuite. Egli funge da pubblico
ufficiale per lo svolgimento delle proprie funzioni e viene nominato all’interno della sentenza che dichiara il
fallimento o, in caso di sostituzione o revoca, con decreto. Viene scelto fra avvocati, commercialisti,
ragionieri o soggetti che hanno ricoperto incarichi di amministrazione, direzione e controllo in S.p.a.,
purché in possesso di adeguate competente e senza che sia intervenuto mai un fallimento nei loro
confronti.
Il comitato dei creditori, a maggioranza dei crediti e una volta concluso l’esame dello stato passivo, può
sostituzione del curatore
proporre al tribunale la con un altro dallo stesso (comitato) designato,
72
indicandone i motivi ed ottenendo, qualora tali ragioni siano fondate, una decisione favorevole del
tribunale. compenso rimborso delle spese sostenute,
Il curatore percepisce un per la propria attività, oltre al
costituito da una percentuale dell’attivo realizzato e liquidato dal tribunale con decreto di approvazione
del rendiconto. Può essere, però, revocato in qualsiasi momento dallo stesso tribunale, su richiesta del
giudice delegato, del comitato dei creditori o anche d’ufficio.
Entro 60 giorni dalla dichiarazione di fallimento, il curatore deve presentare al giudice delegato una propria
RELAZIONE sulle cause del dissesto e sulle eventuali responsabilità del fallito, precisando gli atti che
intende impugnare. Oltre a ciò, il curatore ha dei compiti specifici, ma la funzione principale è quella di
conservare, gestire e realizzare il patrimonio fallimentare: egli ha un’ampia autonomia decisionale in
merito, ma opera sotto la vigilanza del comitato dei creditori e del giudice delegato (non sotto la direzione
atti eccedenti l’ordinaria
degli stessi). Occorre, però, l’autorizzazione del comitato dei creditori per gli
amministrazione, oltre che l’informazione preventiva al giudice delegato nel caso di atti di valore superiore
a 50.000 euro. E’ necessaria, invece, l’autorizzazione del giudice delegato affinché il curatore possa stare in
giudizio come attore o convenuto. PERSONALMENTE
In linea generale, il curatore deve esercitare le attribuzioni del proprio ufficio, ma può
DELEGARE
anche ad altri determinate operazioni, su autorizzazione del comitato dei creditori, NON
consentita però per atti particolarmente rilevanti. Il compenso del delegato viene detratto da quello del
curatore. E’ ammessa anche, previa autorizzazione sempre del comitato dei creditori, la nomina di
COADIUTORI, per lo più tecnici o altre persone retribuite (compreso il fallito), i quali agiscono sotto la
responsabilità del curatore e a cui spetta un compenso.
RESPONSABILE
Il curatore, infine, è per i danni arrecati al fallimento, a singoli creditori o al fallito, qualora
DILIGENZA
abbia adempiuto ai propri doveri senza la richiesta dal proprio ufficio. Deve evitare, quindi, di
compiere atti, seppur autorizzati, che lo espongono a responsabilità di questo tipo. L’azione di
responsabilità può essere proposta anche dal nuovo curatore, su autorizzazione del giudice delegato o del
comitato dei creditori, nei confronti del curatore revocato.
reclamo
Il fallito ed ogni altro interessato possono proporre contro gli atti del curatore al giudice delegato,
di legge”,
entro 8 giorni dalla conoscenza dell’atto; il reclamo è concesso SOLO per “violazioni senza poter
intaccare l’autonomia gestionale del curatore. Contro il decreto di decisione del giudice delegato in merito
al reclamo è possibile il ricorso al tribunale, sempre nel termine di 8 giorni.
Il comitato dei creditori
COMITATO DEI CREDITORI
Il è un organo della procedura fallimentare competente a vigilare sull’operato
del curatore, quindi sull’amministrazione della patrimonio, autorizzandone atti ed esprimendo pareri
motivati nei casi previsti dalla legge o su richiesta del tribunale o del giudice delegato.
La composizione del comitato deve offrire una rappresentazione equilibrata della quantità e della qualità
dei crediti: in base a tale criterio e sulla base delle risultanze documentali, il giudice delegato sceglie i tre o i
cinque membri entro 30 giorni dalla sentenza che ha dichiarato il fallimento, sentendo il curatore ed i
creditori che si sono candidati alla nomina o che hanno presentato dei nominativi, riservandosi di
73
modificare la composizione del comitato dopo l’accertamento del passivo, che avviene successivamente e
che permette di conoscere i creditori concorrenti.
Conclusa l’udienza per l’esame dello stato passivo e prima della dichiarazione di esecutività dello stesso, i
creditori rappresentanti la maggioranza dei crediti ammessi possono proporre nuove designazione dei
componenti del comitato al tribunale, che provvede a nominarli con decreto, così come possono proporre
la sostituzione del curatore. Il comitato delibera a maggioranza dei votanti ma non possono votare coloro
che si trovano in conflitto d’interessi in una determinata deliberazione. PRESIDENTE,
Il comitato viene convocato per la prima volta dal curatore e nomina il proprio il quale
provvede in seguito a convocare l’organo quando è necessario adottare decisioni di propria competenza o
quando sia richiesto da un terzo dei componenti. I provvedimenti di competenza vanno adottati entro 15
giorni da quando la richiesta è pervenuta al presidente: nei casi di urgenza, inerzia, impossibilità di
funzionamento o indisponibilità dei creditori ad assumere l’incarico, è il giudice delegato ad emanare tali
provvedimenti. Contro le omissioni o gli atti del comitato dei creditori è ammesso il reclamo al giudice
delegato.
La disciplina inerente i poteri del comitato dei creditori è variata con la riforma del 2006, in quanto a tale
organo sono stati attribuiti poteri di autorizzazione degli atti del curatore un tempo spettanti al giudice
delegato. Inoltre, i pareri del comitato, dapprima non vincolanti, sono divenuti più importanti, proprio
perché l’organo, da prettamente consultivo, si è trasformato in organo determinante all’interno della
PARERI
procedura fallimentare. I rimangono, in linea generale, non vincolanti, ma è la stessa legge a
prevedere diversamente in alcuni casi: restituzione di beni mobili a terzi, continuazione temporanea
dell’attività d’impresa, affitto d’azienda, proposta di concordato fallimentare, tutte ipotesi in cui è il
PARERE NEGATIVO DEL COMITATO ad essere vincolante, in quanto il giudice delegato NON PUO’
autorizzare i provvedimenti in questione senza il parere favorevole dell’organo dei creditori. Il comitato dei
AUTORIZZARE
creditori, inoltre, provvede ad il curatore per gli atti di straordinaria amministrazione,
approva il piano di liquidazione predisposto dallo stesso soggetto, ha poteri informativi ed ispettivi in
merito ai documenti del fallimento, alle scritture contabili e agli atti del curatore, può presentare istanza
per la revoca del curatore e può esercitare l’azione di responsabilità nei confronti dello stesso.
a responsabilità:
I componenti del comitato sono anch’essi soggetti si applicano le norme dettate per i
sindaci delle S.p.a., salvo quella inerente la responsabilità solidale di questi ultimi per culpa in vigilando, la
cui applicazione è stata soppressa dal D.lgs.169/2007 perché disincentivante la partecipazione dei
creditori. Ai membri del comitato dei creditori compete il rimborso delle spese ed un compenso massimo
pari al 10% di quello spettante al curatore, sempre che vi sia la maggioranza dei creditori manifestata in
sede di adunanza per l’esame dello stato passivo.
C) GLI EFFETTI DEL FALLIMENTO
Effetti del fallimento per il fallito: effetti patrimoniali del fallito, dei creditori e dei terzi
La dichiarazione di fallimento produce effetti nei confronti che hanno
avuto rapporti col fallito. patrimoniali, personali penali.
Per quanto riguarda il fallito, gli effetti possono essere e
74
EFFETTI PATRIMONIALI SPOSSESSAMENTO
Tra gli prodotti dalla dichiarazione di fallimento ritroviamo lo
dei beni dell’imprenditore fallito: egli perde l’amministrazione e la disponibilità di tutti i suoi beni, pur
conservandone la proprietà. Essi, a partire dalla dichiarazione di fallimento, vengono amministrati dal
curatore, il quale deve provvedere all’apposizione tempestiva dei sigilli, alla rimozione degli stessi e alla
redazione dell’inventario nel più breve tempo possibile, notificando, per quanto concerne i beni immobili,
un estratto della sentenza di fallimento ai competenti uffici, affinché gli stessi possano trascrivere la
vicenda nei pubblici registri.
Tutti i beni ed i diritti esistenti nel patrimonio del fallito sono soggetti a spossessamento, fatta eccezione
per quelli sottratti all’esecuzione fallimentare in forza dell’art.46 l.fall., ossia:
strettamente personale;
Beni e diritti di natura
• Assegni, pensioni, stipendi, salari derivanti da un’attività del fallito e necessari al mantenimento
• LIMITI
dello stesso e della sua famiglia, nei fissati dal giudice delegato;
frutti legale fondo patrimoniale
I derivanti dall’usufrutto sui beni dei figli ed i beni costituiti in con i
• loro frutti;
IMPIGNORABILI
Le cose per legge (vestiti, strumenti di lavoro ecc.).
•
Il fallito, se proprietario di immobile adibito a prima casa, ha diritto di continuare ad abitarla sino
all’alienazione, nei limiti di quanto necessario a sé e alla sua famiglia. Se il fallito non ha mezzi di
sussistenza, egli può ottenere dal giudice delegato, sentiti il curatore ed il comitato dei creditori, un
sussidio a titolo di alimenti per sé e la sua famiglia.
BENI SOPRAVVENUTI
Anche i al fallito durante il fallimento, tanto a titolo oneroso quanto gratuito, sono
oggetto di spossessamento, deducendone però le passività per l’acquisto e la conservazione, il che può dar
luogo alla decisione del curatore, autorizzato dal comitato dei creditori, di NON ACQUISTARE i beni stessi
nel caso di passività e costi superiori al valore, in quanto non si avrebbe alcun incremento della massa
BENE GIA’ ESISTENTE
attiva. Anche un all’interno del patrimonio del fallito può fare la stessa fine, tramite
DERELIZIONE,
la cosiddetta ossia l’abbandono del curatore, autorizzato dal comitato dei creditori, del
bene, in quanto comportante più spese e costi rispetto al suo valore: in tal caso il bene in questione ritorna
al fallito e può essere oggetto di azioni esecutive individuali.
NON PERDE
Va chiarito che il fallito spossessato la capacità d’agire, né tanto meno la proprietà dei beni, il
che significa che egli può porre in essere in proprio atti negoziali, con effetti vincolanti nella propria sfera
INEFFICACI nei confronti della massa dei creditori
giuridico-patrimoniale, che risultano tuttavia se hanno
ad oggetto beni e diritti ricompresi nello spossessamento: il fallito non può disporre, durante il fallimento,
di tali beni, ma l’inefficacia è soltanto relativa, il che vuol dire che dopo la chiusura del fallimento tali atti
pagamenti effettuati o ricevuti dal fallito
negoziali producono gli effetti voluti. Anche i rientrano nella
massa fallimentare. Tuttavia, il curatore può decidere di acquisire al fallimento quanto acquistato dal fallito
DOPO la dichiarazione di fallimento, accollandosi però anche i debiti contratti a tal fine.
CAPACITA’ PROCESSUALE
In seguito alla dichiarazione di fallimento, anche la del fallito risulta menomata,
in quanto egli non può più stare in giudizio inerentemente a rapporti patrimoniali compresi nel fallimento,
laddove viene sostituito dal curatore, salvo che nelle ipotesi di bancarotta a suo carico o di intervento in
giudizio previsto dalla legge. 75
Segue: Effetti personali e penali EFFETTI PERSONALI,
Oltre agli effetti patrimoniali, la dichiarazione di fallimento produce anche distinguibili
in: LIMITAZIONI DELLE LIBERTA’ COSTITUZIONALI: al segreto epistolare
si tratta di limitazioni ai diritti
• alla libertà di movimento
(art.15 Cost.) e (art.16 Cost.). La corrispondenza indirizzata al fallito
DIVERSO da persona fisica viene consegnata direttamente al curatore; se, al contrario, si tratta di
persona fisica, essa viene consegnata al fallito, che deve obbligatoriamente girarla al curatore se
avente ad oggetto rapporti compresi nel fallimento (in passato veniva consegnata anch’essa al
curatore, cosa oggi inconcepibile per la tutela della privacy del soggetto fallito). Il fallito, inoltre,
eventuali variazioni di residenza e domicilio
deve comunicare al curatore e presentarsi ogni volta
che gli organi fallimentari lo convocano. E’ venuta meno, tuttavia, la necessità del permesso del
giudice delegato per allontanarsi dalla residenza;
LIMITAZIONI DELLE CAPACITA’ CIVILI: il fallito non può essere amministratore, sindaco, revisore o
• liquidatore di società, così come non può svolgere la funzione di tutore, arbitro e notaio e non può
essere iscritto nell’albo degli avvocati o dei commercialisti. Si tratta di incapacità civili che durano
sino alla chiusura del fallimento, mentre in passato perduravano anche dopo tale termine, essendo
necessaria la cancellazione dal registro dei falliti conseguente ad un provvedimento di riabilitazione
ad opera del tribunale, concesso dopo cinque anni di buona condotta. E’ stata la riforma del 2006
ad abolire il registro dei falliti e la procedura di riabilitazione. Prima erano previste anche incapacità
politiche conseguenti al fallimento (perdita dell’elettorato attivo e passivo ed interdizione dai
pubblici uffici), venute anch’esse meno perché semplicemente punitive e non connesse all’evento
in oggetto (il fallimento). EFFETTI PENALI,
Accanto agli effetti patrimoniali e personali, vi sono anche gli vere e proprie sanzioni
previste in caso di compimento di reati prima e dopo il fallimento e volte a recare un pregiudizio ai
BANCAROTTA FRAUDOLENTA,
creditori. Tra i reati fallimentari ritroviamo la inerente il compimento di atti
DOLOSI volti ad aggravare l'insolvenza e a violare le legittime aspettative dei creditori (falsificazione di
BANCAROTTA SEMPLICE,
scritture contabili, occultamento di beni ecc.), la reato punito con pene più lievi
COLPA
perché nei fatti ricorre solo la del fallito (spese personali eccessive, irregolare tenuta delle scritture
RICORSO ABUSIVO AL CREDITO, DISSIMULANDO
contabili ecc.) ed il ricorso attuato il proprio dissesto.
Una pena accessoria a tali reati è il divieto di esercitare un’impresa commerciale e di ricoprire uffici
direttivi presso qualsiasi impresa, rispettivamente per dieci, due e tre anni.
Effetti del fallimento per i creditori
Tutti coloro che sono creditori del fallito al momento del fallimento e che, con l’apertura dello stesso,
CREDITORI CONCORSUALI,
concorrono sul patrimonio del fallito vengono definiti come in quanto il debito
nei loro confronti deve essere sanata tramite la procedura in questione. Essi devono essere soddisfatti
PARITA’ DI TRATTAMENTO
secondo il principio della ma il loro diritto a partecipare alla ripartizione
dell’attivo fallimentare sorge SOLO con l’accertamento giudiziario del loro credito, dopo il quale vengono
CREDITORI CONCORRENTI.
definiti come
Ovviamente il principio della parità di trattamento non intacca in alcun modo le cause legittime di
CREDITORI CHIROGRAFARI
prelazione preesistenti: viene, dunque, mantenuta la differenza tra e
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CREDITORI PRIVILEGIATI, PEGNO, IPOTECA PRIVILEGIO,
ossia coloro che possono vantare un diritto di O
che permette loro di rifarsi sul bene oggetto della garanzia con prelazione rispetto agli altri, fino a colmare
il proprio credito, in merito al capitale, alle spese e agli interessi. Qualora non siano soddisfatti
integralmente, per il residuo essi concorrono con i creditori chirografari in egual modo sull’attivo
patrimoniale avanzato. I creditori chirografari, invece, vengono soddisfatti tutti nella stessa maniera, in
misura percentuale identica, in proporzione del loro credito, partecipando solo alla ripartizione dell’attivo
fallimentare NON gravato da vincoli. CREDITORI DELLA MASSA,
Dai creditori concorrenti vanno distinti i ossia colori i cui crediti devono essere
PREDEDUZIONE,
soddisfatti in vale a dire prima dei creditori concorrenti, per intero. Per essi non opera la
crediti prededucibili
par condicio creditorum. Sono quelli espressamente qualificati come tali dalla legge,
nonché le obbligazioni sorte in occasione o in funzione delle procedure concorsuali. Questi ultimi sorgono,
è anche futile dirlo, solo DOPO la dichiarazione di fallimento, in funzione di atti compiuti dagli organi
fallimentari (pensiamo alle spese sostenute per la continuazione dell’impresa). Esistono, tuttavia, anche
NON
ipotesi di crediti prededucibili sorti PRIMA del fallimento. Se i crediti in prededuzione risultano
CONTESTATI, PROCEDIMENTO DI ACCERTAMENTO.
vengono addirittura esonerati dal
collettiva fallimentare,
L’esecuzione inoltre, sostituisce le varie azioni esecutive individuali. Dal giorno
della dichiarazione di fallimento nessuna azione esecutiva del singolo creditore può essere avviata o
proseguita, fatta eccezione per alcuni casi contemplati dalla legge fallimentare:
I creditori garantiti da pegno o assistiti da privilegio speciale su mobili con diritto di ritenzione
• (forma di autotutela del creditore, che trattiene il bene del debitore al fine di spingerlo
all’adempimento), possono ottenere l’autorizzazione del giudice delegato alla vendita dei beni
vincolati, una volta ammessi al passivo con prelazione;
Le banche possono iniziare/proseguire l’azione esecutiva individuale sugli immobili ipotecati a
• garanzia di credito fondiario, di credito alle opere pubbliche e di credito agrario. La somma ricavata
ed eccedente quanto spettante alla banca, deve essere attribuita al fallimento;
Le banche e gli enti finanziari possono escutere il pegno a garanzia di “obbligazioni finanziarie” con
• le formalità del relativo contratto, senza autorizzazione del giudice delegato ed informando solo in
un secondo momento gli organi del fallimento delle modalità di escussione adottate, restituendo
quanto eccedente. restano precluse
Oltre alle azioni esecutive individuali, a partire dalla data della dichiarazione di fallimento,
le azioni cautelari dei creditori volte a sottrarre beni all’esecuzione concorsuale (esempio: sequestro
le azioni volte a ricostruire il patrimonio del fallito,
conservativo) ed è il creditore ad esperire come quelle
revocatorie, giusto per fare un esempio.
Non dimentichiamo, poi, che ogni credito, salvo quelli prededucibili non contestati, deve essere
ACCERTATO GIUDIZIALMENTE all’interno del fallimento, secondo le norme dettate per la formazione dello
stato passivo. Stessa cosa per i diritti reali e personali vantati da terzi sui beni della massa fallimentare.
Segue: La determinazione dei crediti
L’apertura del concorso di una molteplicità di creditori sul patrimonio del fallito rende necessaria la
CRISTALLIZZAZIONE DEI CREDITI, ossia una modifica della posizione degli stessi creditori, proprio al fine di
determinare l’intera situazione debitoria dell’imprenditore al momento della dichiarazione di fallimento.
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Partiamo col dire che tutti debiti pecuniari, alla data di dichiarazione del fallimento, vengono considerati
SCADUTI ANTICIPATA)
nei confronti del fallito (SCADENZA e al passivo vengono ammessi, sebbene con
riserva, anche coloro che vantano un credito sottoposto a condizione o in cui il fallito è creditore
sussidiario.
I creditori, poi, partecipano al concorso per l’importo che il loro credito ha al momento della dichiarazione
di fallimento, senza che maturino ulteriori interessi legali o convenzionali, almeno sino alla chiusura del
fallimento, salvo che si tratti di crediti privilegiati o prededucibili. Qui emerge una differenziazione tra
coloro che vantano crediti fruttiferi, ossia produttivi di interessi e quelli che vantano crediti infruttiferi: i
secondi non possono essere equiparati ai primi, motivo per cui è per i crediti infruttiferi NON scaduti è
prevista una decurtazione degli interessi composti, in ragione del 5% annuo.
I crediti in valuta estera concorrono, se non ancora scaduti, secondo il loro valore alla data della
dichiarazione di fallimento: vengono, in poche parole, trasformati in crediti pecuniari in moneta nazionale.
I creditori, inoltre, hanno la possibilità di sottrarsi al concorso sul patrimonio del fallito facendo valere la
COMPENSAZIONE con i loro debiti verso lo stesso. E c’è di più: la compensazione è ammessa anche qualora
il credito verso il fallito non sia scaduto prima della dichiarazione di fallimento, l’importante è che entrambi
i crediti siano anteriori alla dichiarazione di fallimento. La giurisprudenza, inoltre, ritiene che gli altri
requisiti richiesti per la compensazione legale, ossia l’omogeneità e la liquidità dei crediti reciproci e
l’esigibilità del credito vantato dal fallito, possano anche NON ricorrere, essendo compensabile, per
esempio, anche la compensazione di un credito non esigibile. Oltretutto, anche se il credito di un soggetto
non viene ammesso al passivo del fallimento, egli può in ogni caso opporre la compensazione nell’ipotesi in
cui il curatore promuova un giudizio per ottenere il pagamento del credito vantato dal fallito.
Se il credito NON scaduto verso il fallito, però, è stato acquistato dopo la dichiarazione del fallimento o
nell’anno anteriore, allora la compensazione NON PUO’ avere luogo, in quanto si vuole evitare che un
soggetto acquisti un credito al solo fine di non pagare un debito per mezzo della compensazione.
COOBBLIGATI
Se vi sono più soggetti verso cui il credito è vantato, ossia nell’ipotesi di o fideiussore del
fallito, il creditore concorre nel fallimento di ciascuno di essi per l’intero credito vantato alla data della
dichiarazione di fallimento e sino al totale pagamento, ferma restando la possibilità di agire contro i
coobbligati che non vertono in alcuno stato d’insolvenza o di crisi. Se il creditore non viene soddisfatto
integralmente, tutti diritti spettanti ai coobbligati verso il fallito per effetto dell’azione di regresso devono
essere girati a beneficio del creditore.
Effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori
Nel periodo intercorrente tra l’inizio dello stato di insolvenza e il momento in cui viene dichiarato il
fallimento, l’imprenditore potrebbe porre in essere una serie di atti di disposizione volti ad alterare
PREGIUDIZIEVOLI).
l’integrità del proprio patrimonio e idonei ad arrecare pregiudizio ai creditori (ATTI
Il problema non riguarda solo il fallimento, ma si pone tutte le volte in cui il debitore sottrae beni al proprio
patrimonio con pregiudizio dei creditori. Il legislatore ha risolto la situazione prevedendo l’AZIONE
REVOCATORIA ORDINARIA (artt.2901 ss. cod.civ.), con la quale il singolo creditore può far dichiarare
INEFFICACI nei propri confronti gli atti di disposizione recanti pregiudizio alle sue ragioni, in maniera tale
da soddisfarsi sui beni, come se gli stessi non fossero mai usciti dal patrimonio del debitore. La disciplina
78 DAMNI,
dell’azione revocatoria ordinaria, però, prevede che spetti al creditore provare l’EVENTUS ossia il
“pregiudizio comportante l’impossibilità di soddisfarsi sul patrimonio residuo del debitore”, nonché il
CONSILIUM FRAUDIS (vale a dire il “proposito fraudolento”, l’intenzione di nuocere al creditore o anche la
semplice conoscenza che l’atto potrebbe nuocere) del debitore e, in caso di atto a titolo oneroso, anche
del terzo.
L’azione revocatoria ordinaria può essere esercitata anche dal curatore nell’interesse di tutti i creditori,
quindi anche in caso di fallimento. Ad essa, però, si affianca la disciplina appositamente dettata per la
REVOCATORIA FALLIMENTARE, che agevola la ricostruzione del patrimonio del fallito, in quanto si basa su
STATO DI INSOLVENZA
diversi presupposti: TUTTI gli atti posti in essere dal debitore in si presumo
pregiudizievoli per i creditori perché idonei ad alterare la par condicio creditorum. Per tale motivo il
curatore NON DEVE provare l’eventus damni e il consilium fraudis. Sono sufficienti un presupposto
oggettivo, ossia lo “stato d’insolvenza dell’imprenditore”, ed uno soggettivo, la “conoscenza dello stato
d’insolvenza da parte del terzo”. Spetta al terzo, dunque, dimostrare che l’atto non ha arrecato alcun
pregiudizio alla massa dei creditori. La posizione del curatore nella revocatoria fallimentare è poi agevolata
ulteriormente da due presunzioni:
RETRODATAZIONE DELL’INSOLVENZA: gli atti dell’imprenditore compiuti SEI MESI o UN ANNO
• prima (a seconda dei casi) della dichiarazione di fallimento si presumono compiuti in stato
d’insolvenza e spetta al terzo dimostrare che l’imprenditore non era già insolvente;
CONOSCENZA DELLO STATO D’INSOLVENZA: se l’imprenditore ha posto in essere alcuni atti
• SINTOMATICI dello stato d’insolvenza, si presume la conoscenza dello stesso da parte del terzo,
dovendo quest’ultimo dimostrare che ignorava tale stato.
Da tutto ciò possiamo evincere che il curatore deve ricorrere all’azione revocatoria ordinaria SOLO se
intende colpire atti compiuti prima dei periodi coperti dalla revocatoria fallimentare, dimostrando in tal
caso eventus damni e consilium fraudis, altrimenti può ricorrere alla disciplina apposita e maggiormente
agevole.
EFFETTI
Gli della revocatoria ordinaria e di quella fallimentare sono i medesimi: l’atto di disposizione resta
INEFFICACE
valido, ma risulta nei confronti della massa dei creditori, costringendo di fatto il terzo a
restituire il bene oggetto di disposizione o l’equivalente in denaro. Di lì in poi il soggetto diviene anch’egli
creditore del fallito e viene ammesso al passivo del fallimento (ovviamente se l’atto era a titolo oneroso).
TERMINE
Anche il è identico in entrambi i casi: le azioni revocatorie (ordinaria e fallimentare) vanno
entro TRE ANNI dalla dichiarazione di fallimento e non oltre CINQUE ANNI dall’atto di
promosse
disposizione.
Passiamo ad analizzare nel dettaglio la revocatoria fallimentare, cominciando con la distinzione tra
REVOCATORIA DI DIRITTO REVOCATORIA GIUDIZIALE.
e
Si ha revocatoria di diritto quando il curatore non ha bisogno di agire in giudizio per far accertare
l’inefficacia, nei confronti dei creditori, di determinati atti, proprio perché è la legge a considerarli inefficaci
A TITOLO
per il solo fatto che è sopravvenuta la dichiarazione di fallimento: stiamo parlando degli atti
GRATUITO COMPIUTI NEI DUE ANNI ANTERIORI ALLA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO (donazioni,
garanzie a titolo gratuito ecc.), esclusi i regali d’uso e gli atti compiuti in adempimento di un dovere morale
o a scopo di pubblica utilità, purché proporzionati al patrimonio del donante (l’imprenditore ora fallito), e
79
PAGAMENTI DI DEBITI CON SCADENZA NEL GIORNO DELLA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO O
dei
SUCCESSIVA, se compiuti nei due anni anteriori alla dichiarazione stessa (se il pagamento non fosse stato
anticipato, il creditore sarebbe stato pagato in moneta fallimentare e NON per l’intero). In queste due
ipotesi VA SEMPRE restituito al fallimento quanto ricevuto.
Per tutti gli altri atti occorre revocabili è necessario che il curatore promuovo un’azione giudiziaria,
REVOCATORIA GIUDIZIALE,
pertanto si parla di la cui disciplina è stata modificata notevolmente dal
D.L.35/2005, dato l’abuso che se n’era fatto sino a quel momento. ATTI ANORMALI DI GESTIONE,
Gli atti soggetti a revocatoria fallimentare possono essere di due tipi:
compiuti nell’anno o nei sei mesi antecedenti alla dichiarazione di fallimento, per cui la conoscenza dello
SI PRESUME,
stato d’insolvenza dell’imprenditore da parte del terzo spettando a tale soggetto dimostrare
ATTI NORMALI,
la sua ignoranza, e compiuti nei sei mesi precedenti la dichiarazione di fallimento, per cui è
il curatore a dover provare la conoscenza dello stato d’insolvenza da parte del terzo. Quindi è l’onere della
prova, in sostanza, a gravare sul terzo o sul curatore.
ATTI ANORMALI DI GESTIONE:
Sono nell’anno precedente, NOTEVOLE
Gli atti a titolo oneroso, compiuti caratterizzati da una
• SPROPORZIONE tra la prestazione del fallito e quella del terzo (esempio: vendita di un attico nel
centro di Roma per una somma di 100.000 euro). La sproporzione è rilevante quando le prestazioni
eseguite dal fallito sono state di OLTRE UN QUARTO superiori a quelle ricevute;
mezzi ANORMALI di pagamento,
I pagamenti di debiti pecuniari, scaduti ed esigibili, con sempre se
• nell’anno anteriore
compiuti alla dichiarazione di fallimento (esempio: datio in solutum, ossia la
prestazione in luogo dell’adempimento); sempre nell’anno anteriore,
I pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituite, per un debito
• NON SCADUTO inizialmente NON GARANTITO:
preesistente e perché il creditore-terzo ha voluto
tutelarsi facendo prestare garanzia per il proprio credito? La legge presume una sola risposta:
conosceva lo stato d’insolvenza; per debiti preesistenti ma SCADUTI,
I pegni, le anticresi, le ipoteche volontarie e quelle giudiziarie
• nei sei mesi precedenti il fallimento:
compiute ci sono meno sospetti perché la garanzia viene
concessa quando il debito è già scaduto. spetta AL TERZO dimostrare che l’imprenditore verteva in
Ripetiamo: per tutti gli atti anormali di gestione
uno stato di solvenza, in una situazione di apparente normalità di esercizio della propria impresa (prova
non semplice).
ATTI NORMALI DI GESTIONE, nei sei mesi precedenti il fallimento:
Sono revocabili se compiuti
I pagamenti di debiti liquidi ed esigibili effettuati con mezzi normali;
• Le garanzie concesse contestualmente alla nascita dei debiti (esempio: l’imprenditore ha concesso
• l’ipoteca quando ha contratto il debito, non successivamente come visto negli anormali);
Ogni altro atto a titolo oneroso.
• sia il curatore a dover dimostrare la conoscenza, da parte del terzo,
E’ facile intuire perché, in questi casi,
dello stato d’insolvenza: si tratta di atti “normali”, che anche un imprenditore solvente e non in crisi, nello
svolgimento della propria attività d’impresa, attuerebbe.
80
ATTI IRREVOCABILI,
Vi è, poi, la categoria degli in cui rientrano:
I pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso;
• I pagamenti delle retribuzioni a dipendenti e collaboratori;
• Le vendite a giusto prezzo d’immobili ad uso abitativo, abitazione principale dell’acquirente o di
• parenti/affini entro il terzo grado. ATTI ESTINTIVI DI RAPPORTI CONTINUATIVI E REITERATI
Particolare è la disciplina per la revoca degli
(pensiamo al conto corrente bancario): l’imprenditore era già debitore dell’altro soggetto (la banca nel
nostro esempio) ed ha estinto, in tutto o in parte, il proprio debito. Beh, in questo caso la legge applica la
regola del MASSIMO SCOPERTO: il creditore deve restituire al fallimento SOLO la differenza tra quanto
avanzava dal fallito (credito massimo erogato) e quanto ancora ancora avanza alla data di dichiarazione del
fallimento (credito residuo).
Non sono revocabili, inoltre, i pagamenti eseguiti e le garanzie concesse dal fallito in esecuzione di un
PIANO DI RISANAMENTO DELL’IMPRESA, la cui ragionevolezza è attestata da un professionista iscritto nel
registro dei revisori contabili: in questo l’imprenditore ha agito proprio per risanare l’esposizione debitoria
dell’impresa. La stessa cosa vale per pagamenti e garanzie posti in essere per un concordato preventivo o
in forza di un accordo di ristrutturazione dei debiti.
ESENZIONI OPERAZIONI DI FINANZIAMENTO BANCARIO,
Altre riguardano determinate quali la
concessione di ipoteche a garanzia di operazioni di credito fondiario, per opere pubbliche ed agrario e per i
pagamenti effettuati in forza dei relativi crediti, o le operazioni di credito su pegno.
Disciplina particolare è dedicata, infine, ai pagamenti di cambiali e a quelli per le cessioni di crediti
nell’ambito di operazioni di factoring o di cartolarizzazione dei crediti.
Segue: Rapporti fra coniugi
Partiamo dal presupposto che il coniuge è sempre il primo a venire a conoscenza dello stato d’insolvenza
del proprio partner. Di conseguenza il coniuge ha tutto l’interesse a far da tramite per gli atti di
disposizione dell’imprenditore.
La legge, a tal proposito, prevede una disciplina della revocatoria fallimentare ancor più rigida rispetto a
quella dell’art. 67 legge fallimentare: anzitutto viene meno il termine temporale di un anno o sei mesi,
pertanto rendendo revocabili TUTTI gli atti di disposizione tra coniugi, sin dall’inizio dell’esercizio
SEMPRE
dell’attività d’impresa; inoltre, la conoscenza dello stato di insolvenza da parte del coniuge è
presunta, senza alcuna differenza tra gli atti normali e quelli anormali di gestione. Grava sul coniuge,
dunque, l’onere di provare l’ignoranza inerente lo stato d’insolvenza o che l’atto è stato compiuto quando
il coniuge era ancora solvente.
Inizialmente questa disciplina era limitata agli atti a titolo oneroso, mentre oggi si applica anche a quelli a
titolo gratuito. PRESUNZIONE MUCIANA,
La riforma del 2006 ha soppresso, invece, la ossia la regola in forza della quale il
curatore poteva apprendere, al fine di sottoporli all’esecuzione fallimentare, anche i beni acquistati
direttamente dal coniuge nei CINQUE ANNI precedenti la dichiarazione di fallimento, in quanto acquistati,
81
presumibilmente, con denaro del fallito, principio già disapplicato dalla giurisprudenza a partire dalla
riforma del diritto di famiglia del ’75.
Effetti del fallimento sui contratti in corso di esecuzione
Partiamo da una domanda: “Cosa succede ai contratti stipulati dall’imprenditore, pendenti o che
addirittura devono ricevere ancora esecuzione, nel momento in cui lo stesso viene dichiarato fallito?”.
La risposta è tutt’altro che semplice, in quanto il legislatore non assume un comportamento unitario nei
confronti di tutti i contratti, dovendo contemperare interessi diversi, quello dei creditori da un lato e quello
delle controparti contrattuali dall’altro, analizzando volta per volta se tale controparte e il contratto
stipulato meritano o meno una determinata tutela e in che misura la meritano.
SOLUZIONI
Possiamo distinguere tre categorie di previste in caso di contratti in corso di esecuzione al
momento del fallimento:
SCIOGLIMENTO EX LEGE (DI DIRITTO): si sciolgono
a seguito della dichiarazione di fallimento,
• automaticamente fine speculativo
tutti quei contratti in cui vi è un (pensiamo ai contratti di borsa
a termine su merci o titoli, su strumenti finanziari derivati, su prestito titoli, pronti contro termine,
riporto, all’associazione in partecipazione in caso di fallimento dell’associante), nonché tutti quelli
rapporto di fiducia o reciprocità delle prestazioni tra i contraenti
in cui vi è un (pensiamo al
mandato in caso di fallimento del mandatario o al conto corrente bancario). Si scioglie
contratto d’appalto,
automaticamente anche il anche se entro 60 giorni il curatore, autorizzato dal
comitato dei creditori, può dichiarare di voler subentrare nel contratto offrendo idonee garanzie; se
vi è opposizione del committente alla prosecuzione, basata sulla qualità soggettiva dell’appaltatore
come motivo determinante della stipulazione del contratto, non si può dar luogo alla prosecuzione
stessa;
SUBINGRESSO EX LEGE (AUTOMATICO): continuazione
si tratta di contratti per cui scatta la
• automatica in caso di fallimento, in quanto garantisce un vantaggio alla massa di creditori.
Rientrano in tale categoria: di immobili”:
Il contratto di “locazione in caso di fallimento del conduttore, il curatore può
o optare per il recesso in ogni momento, corrispondendo in prededuzione un equo indennizzo
al locatore, mentre in caso di fallimento del locatore, esso deve essere dichiarato entro un
anno dal fallimento ed ha effetto solo dopo quattro anni dall’apertura della procedura, con
diritto del conduttore in bonis ad un equo indennizzo;
di azienda,
L’affitto con possibilità di entrambe le parti di recedere entro 60 giorni
o corrispondendo alla controparte un equo indennizzo;
contro i danni”
Il contratto di “assicurazione in caso di fallimento dell’assicurato, almeno
o che l’assicuratore non receda per l’aggravamento del rischio in seguito al fallimento;
Il contratto di “edizione”, che va però incontro a risoluzione se il curatore non prosegue
o l’attività editoriale o non la cede ad altro editore;
Il contratto di “factoring”, in caso di fallimento del cedente, con la possibilità del curatore di
o recedere SOLO per i crediti non ancora sorti al momento del fallimento, con restituzione di
quanto ricevuto dal cessionario per gli stessi;
finanziario”,
Il contratto di “leasing in caso di fallimento del concedente.
o 82
SOSPENSIONE DEL CONTRATTO: nel silenzio della legge è il curatore a dover decidere, previa
• se sciogliere o continuare il contratto,
autorizzazione del comitato dei creditori, almeno che l’altro
contraente, prima del fallimento, non abbia presentato domanda giudiziale di risoluzione dello
stesso, con trascrizione della relativa domanda, perché in tal caso la sentenza di accoglimento priva
il curatore della facoltà di scelta. Se il curatore decide di continuare tali contratti, si obbliga ad
adempiere tutte le obbligazioni dagli stessi derivanti in “prededuzione” (ecco perché è necessario
che i creditori autorizzino il curatore). L’altro contraente, comunque, può chiedere al giudice di
fissare un termine, non superiore a 60 giorni, entro il quale il curatore deve optare per la
continuazione del contratto, in quanto alla scadenza il contratto si risolve di diritto. Rientrano in
specifici contratti per volontà del legislatore:
questa terza categoria della sospensione
vendita con effetti obbligatori
La (nella vendita con effetti reali, infatti, il bene è stato già
o trasferito prima del fallimento e ci devono per forza essere la consegna della cosa ed il
vendita a rate o a termine
pagamento del prezzo), la (dove il fallimento del venditore non
comporta scioglimento del contratto, per cui il curatore non ha scelta ed il compratore
preliminare di vendita
diventa proprietario con il pagamento dell’ultima rata), il (opponibile
solo se la trascrizione del compromesso è stata effettuata e risulta ancora efficace alla data
del fallimento, con privilegio sull’immobile in questione per quanto dato dal promittente
acquirente, qualora il curatore opti per lo scioglimento);
Contratti ad esecuzione periodica o continuata: la scelta spetta al curatore ma se egli opta
o per la continuazione deve pagare anche consegne e servizi già erogati (esempio: la
somministrazione);
mandato in caso di fallimento del mandante:
Il se il curatore subentra, continuando il
o contratto, deve soddisfare in prededuzione SOLO i crediti del mandatario derivanti
dall’attività compiuta dopo il fallimento; la regola è valida anche per il mandato in rem
propriam, ossia quello stipulato anche nell’interesse del mandatario o di terzi;
leasing in caso di fallimento dell’utilizzatore.
Il
o residuale,
Allo stesso tempo questa terza categoria della sospensione si configura come ossia da
applicarsi laddove il legislatore non preveda diversamente, come avviene per i seguenti contratti:
Associazione in partecipazione in caso di fallimento dell’associato;
o Contratto di agenzia in caso di fallimento del preponente.
o
L’esercizio provvisorio dell’impresa
In linea generale, la dichiarazione di fallimento provoca l’arresto immediato dell’attività di impresa, al fine
di dar luogo alla liquidazione dei beni aziendali per poter soddisfare i creditori.
Tuttavia, tale arresto potrebbe comportare un maggior danno per i creditori o, al contrario, la
continuazione provvisoria dell’attività produttiva potrebbe dar luogo ad una migliore liquidazione del
complesso aziendale, assicurando la possibilità addirittura di venderlo in blocco.
ESERCIZIO PROVVISORIO DELL’IMPRESA:
L’art.104 l.fall. prevede a tal proposito due ipotesi di nel primo
caso è il tribunale, nella sentenza con cui viene dichiarato il fallimento, a disporre l’esercizio provvisorio,
possa derivare un danno grave e
anche solo per alcuni rami dell’azienda, sempre che “dall’interruzione
purché la continuazione non arrechi un pregiudizio ai creditori”. Il secondo caso, invece, riguarda il
momento in cui viene nominato il comitato dei creditori: tale organo è chiamato a pronunziarsi
83
DESCRIZIONE APPUNTO
Riassunto per l'esame di Diritto Commerciale del professor Griffi, basato su rielaborazione di appunti personali e studio del libro adottato dal docente Diritto Commerciale vol 3: Contratti, Titoli di Credito e Procedure Concorsuali di Campobasso. Nello specifico gli argomenti trattati sono i seguenti: I contratti, L'intermediazione finanziaria, Il leasing, Il leasing finanziario, Il leasing operativo, Il leasing di ritorno (lease-back), ecc.
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sara F di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Commerciale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Bari - Uniba o del prof Patroni Griffi Ugo.
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