Riassunto esame Diritto Commerciale, prof. Munari, libro consigliato Diritto delle Imprese, Giuffrè
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Vengono considerate nulle soltanto le clausole vessatorie: è un principio di nullità parziale che
permette al consumatore di ottenere lo scambio a condizioni ottimali.
Il potere di identificare una clausola come vessatorie è dato anche all’AGCM, sia ex post, che ex
ante, su iniziativa dell’impresa che le sottoponga alla valutazione (c.d. interpello).
Assume rilevanza anche il diritto delle associazioni di consumatori a far valere davanti al giudice il
carattere abusivo delle clausole.
LA TUTELA DEL CONSUMATORE NELL’ESECUZIONE DEL CONTRATTO
Il legislatore tutela i consumatori in particolare contro il rischio del mancato conseguimento delle
utilità attese dalla conclusione del contratto e contro i prodotti che abbiano vizi che siano fonte di
danni per la stessa persona.
Il diritto a ricevere prodotti idonei all’uso:
il consumatore ha il diritto a ricevere dall’impresa prodotti idonei all’uso specifico a cui sono
destinati, che presentino le caratteristiche che siano state rappresentate al mercato nel contesto
delle forme di comunicazione commerciale. Tale diritto coincide con l’esatto adempimento
dell’obbligazione da parte del debitore. Il consumatore è però tutelato in forma più intensa. Il cc
permette al consumatore di tenere il bene e ottenere una riduzione di prezzo, oppure la risoluzione
del contratto.
L’art. 130 del cod.cons. introduce invece la possibilità del ripristino della conformità mediante
riparazione o sostituzione del bene. I rimedi della riduzione di prezzo e della restituzione diventano
quindi residuali qualora non si possa procedere alla sostituzione o riparazione o se essa abbia
provocato al consumatore notevoli inconvenienti. La responsabilità del venditore perdura per i
ventisei mesi successivi alla consegna della merce. Il consumatore incorre in decadenza solo se
non provvede alla denuncia entro sessanta giorni dalla scoperta del vizio.
La previsione al diritto di sostituzione si ha dal momento in cui la produzione è di beni
standardizzati.
Il diritto a ottenere prodotti sicuri:
il produttore ha la responsabilità di commercializzare prodotti sicuri ma anche di eseguire dei
controlli a campione sulla merce messa in commercio. Devono essere adottate misure
proporzionate ai rischi. Qualora i prodotti siano non sicuri, vi è il ritiro dal mercato e l’indennizzo
all’eventuale consumatore danneggiato.
L’impresa (l’insieme delle imprese della filiera produttiva) risponde sempre del danno causato,
salvo si verifichi una circostanza esimente (molte ed eterogenee tra loro).
IL CONTRATTO TRA IMPRESE
In un contratto tra imprese i due contraenti si presumono dotati del medesimo potere contrattuale e
di potere informativo. La disciplina lascia la regolazione della negoziazione al libero mercato.
Qualora però non vi sia un sufficiente grado di concorrenza, la legge prevede dei comportamenti
correttivi
La tutela del mercato
L’intervento è anzitutto rivolto a sanzionare sotto il profilo pubblicistico e ad inibire i comportamenti
che integrano la fattispecie di abuso di posizione dominante. Viene sanzionato anche il
comportamento scorretto anche non in situazione tale da configurare una posizione dominante ma
soltanto di preminenza economica.
La tutela della singola impresa
Il secondo tipo di intervento attiene direttamente al piano negoziale e si traduce nella possibilità di
attivare davanti all’autorità giudiziaria un’azione finalizzata ad ottenere una parziale rettifica del
regolamento contrattuale. 26
Nel caso di rapporti verticali tra imprese vi sono svariate norme che difendono le imprese in
situazione di svantaggio:
- La black list delle clausole che possono caratterizzare i contratti di fornitura
- Le norme riguardanti i contratti di affiliazione commerciale
- Le norme concernenti le operazioni di subfornitura
Possiamo anche individuare dei principi generali, di tutela dell’impresa debole. Essi garantiscono il
livello minimo di protezione dell’impresa che versa non in una situazione di mera debolezza
cognitiva, ma di dipendenza economica. Ciò si verifica quando sul mercato non esistano
alternative soddisfacenti alla contrattazione con l’impresa in questione.
In questa situazione sono nulle tutte le clausole eccessivamente gravose per una delle parti e in
particolare:
- Le clausole che prevedano soltanto per la parte in posizione dominante di recedere dal
contratto senza preavviso e senza costi aggiuntivi
- Le clausole che riconoscano alla parte dominante di modificare unilateralmente le
condizionji contrattuali
- Quelle che escludano, in pregiudizio per l’impresa in soggezione, il diritto ad una durata
minima del rapporto.
Questa figura di contratto viene chiamata “terzo contratto”. Vi sono svariati rimedi alla posizione di
svantaggio nella quale un’impresa versa. Vi è la possibilità di un intervento del giudice che può
condurre una declaratoria di nullità nelle clausole gravose, e ad altre figure inibitorie.
I recenti interventi normativi vogliono perseguire l’obiettivo della protezione anche in mancanza di
vere e proprie asimmetrie di posizioni.
Ad esempio per la cessione di prodotti agricoli e agroalimentari, pur in assenza di una posizione
dominante, sono vietate alcune clausole. la vigilanza su ciò è demandata all’AGCM.
MERCATO GLOBALE E LEX MERCATORIA
Per quanto riguarda il mercato internazionale c’è una tendenza delle imprese a scrivere contratti
molto dettagliati, per ovviare ad eventuali lacune nella disciplina di questo o di quello stato.
Esistono alcuni modelli contrattuali diffusi ed assunti al rango di norme uniformi, spesso iniziative
di organizzazioni private.
CAPITOLO III – IL FINANZIAMENTO
Sez.1 – operazioni di finanziamento
L’impresa non dispone, spesso, di tutte le risorse necessarie allo svolgimento della propria attività.
Per questo motivo essa deve assumere tali risorse attraverso il finanziamento. Nelle operazioni di
finanziamento alla prestazione di valore del finanziatore non corrisponde alcuna controprestazione
attuale del finanziato, il quale, di regola, è tenuto alla restituzione in un tempo successivo di una
quantità di valore commisurato, anche se non necessariamente equivalente, a quello della
prestazione ottenuta. L’elemento necessario è la unilateralità, nel senso cronologico, avente ad
oggetto una determinata quantità di valore. Il tipico strumento di finanziamento è il denaro, ma
esistono anche altre forme: un esempio è il leasing, purchè a venire in considerazione,
nell’intenzione delle parti, sia solo il valore dei beni.
Il finanziamento prende avvio dalla sua esecuzione e potrebbe addirittura esaurirsi a quest’ultima,
nel caso di finanziamenti a fondo perduto. La forma più tipica di finanziamento prevede tuttavia la
restituzione del valore. Nel finanziamento oneroso, poi, la restituzione ha ad oggetto un valore
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superiore di quello iniziale. Ciò perché il valore iniziale è stato aumentato di una quota interessi,
che rappresenta la remunerazione del finanziatore.
Il finanziamento si distingue dallo scambio, il quale ha ad oggetto due entità tra loro diverse ma
parimenti attuali, in relazione alle quali ciascuna controparte assume un ruolo uguale e contrario
all’altra. Il finanziamento si instaura invece tra due controparti che ricoprono una posizione
economicamente diversa: il finanziatore può privarsi di disponibilità liquide, mentre il finanziato ha
bisogno di quel valore per la sua attività.
Il finanziatore (non a fondo perduto) si presenta come creditore, il finanziato come debitore.
Il motivo per cui il finanziamento è oggetto di una disciplina diversa da quella dello scambio sta
essenzialmente nel fatto che nello scambio sono le controparti a decidere il prezzo, possono
contrattare o comunque scegliere nel mercato. Nelle operazioni di finanziamento il “prezzo” non è
invece lasciato alla loro discrezionalità. La legge fissa infatti dei limiti all’ammontare degli interessi i
quali, se oltrepassati, comportano sanzioni civili, come la nullità della pattuizione e penali, secondo
le leggi in materia di usura.
Non sempre la quantità di valore che il finanziato è tenuto a corrispondere al finanziatore è
predeterminata. La determinazione dell’importo da restituire può essere ancorato ad alcuni indici,
oppure essere vero e proprio capitale di rischio, come nel caso di conferimenti dei soci in una
società. Non si tratta di un fenomeno esclusivo dell’impresa societaria, si pensi ad esempio
all’associazione in partecipazione.
I finanziatori dell’impresa, sia soci che creditori, corrono comunque un rischio, in termini tanto più
intensi quanto più lunga è la durata del finanziamento.
Nelle società vi è la distinzione tra capitale altrui e capitale proprio: il primo indica il finanziamento
dai terzi concesso alla società, il secondo il capitale di rischio concesso dai soci.
Il finanziamento societario si distingue dalle altre tipologie di finanziamento per il fatto che ai soci,
quali conferenti di capitale di rischio, spetta l’intero valore netto della società, cioè la parte che
eccede l’ammontare delle pretese vantate dai finanziatori.
Caratteri peculiari assume il finanziamento dell’impresa in forma di società azionaria, essa può
infatti raccogliere capitale di rischio tramite emissione di azioni e capitale di debito tramite
obbligazioni. Ciò può avvenire in deroga al generale divieto, fatto ai soggeti diversi dalle banche, di
acquisire presso il pubblico fondi con obbligo di rimborso. Analoga deroga è concessa alle Srl, alle
quali però è concessa solo l’emissione di obbligazioni, collocabili solo tra investitori di professione
soggetti a vigilanza prudenziale.
La raccolta del capitale di rischio o di credito può essere effettuata direttamente tra i risparmiatori ,
tramite il meccanismo dell’offerta al pubblico. La legge (T.U.F.) ha il fine di mettere il risparmiatore
in condizione di consapevolezza e impone degli obblighi informativi. Questi sono la pubblicazione
preventiva di un prospetto informativo d’offerta contenente tutte le condizioni e una nota di sintesi
recante i rischi dell’operazione. Il prospetto, per poter essere pubblicato, necessita l’approvazione
della Consob.
IL FINANZIAMENTO BANCARIO
Le imprese bancarie sono specializzate nella concessione di finanziamenti, destinati in primo luogo
ad altre imprese. Esiste anche il c.d. finanziamento “parabancario” erogato da enti diversi dalle
banche. 28
Attraverso i contratti bancari, di garanzia, finanziamento e parabancari le imprese ottengono la
prestazione di servizi bancari, la regolazione continua delle reciproche partite di dare-avere,
l’erogazione di denaro destinata ad altro scopo.
I contratti in questione presentano notevoli differenze ma condividono alcuni importanti profili di
disciplina, soprattutto riguardanti la pubblicità e la trasparenza delle condizioni, il loro contenuto e i
doveri informativi.
In particolare si segnalano le regole riguardanti:
- La trasparenza: tale disciplina si compone di norme che agiscono da contrappeso al potere
contrattuale della banca. Si prescrive in particolare di rendere noti in modo chiaro i dati
salienti delle condizioni praticate dalla banca, le quali poi devono essere specificatamente
indicate nei contratti. Essi devono essere necessariamente redatti in forma scritta, a pena
di nullità, e una copia degli stessi deve essere rilasciata al cliente
- Ius variandi: la banca, per modificare unilateralmente le condizioni contrattuali deve avere
un giustificato motivo e avere l’approvazione del cliente per la modifica della clausola.
LE OPERAZIONI BANCARIE IN CONTO CORRENTE
A norma dell’art.1852 il deposito bancario, l’apertura di credito e altre operazioni bancarie possono
essere regolate in conto corrente. Il correntista può disporre, in qualsiasi momento, delle somme
risultanti a suo credito, salva l’osservanza del termine di preavviso eventualmente stabilito nel
contratto e senza bisogno di attendere la chiusura del conto. Il conto corrente bancario differisce
dal cc ordinario, nel quale le somme sono disponibili solo dalla chiusura del conto. Per tutte le
operazioni compiute nel contratto di conto corrente la banca è tenuta ad eseguirle seconde le
regole del mandato.
Il contratto di conto corrente bancario è atipico e misto, su cui si innestano gli altri contratti di
credito e servizi bancari. L’apertura del conto è di norma accompagnata dalla c.d. convenzione di
assegno, che si avvia con il deposito dello specimen di firma.
In base alla disciplina generale dei contratti bancari, deve essere indicato nel contratto il tasso
degli interessi sia attivi che passivi. La legge impone anche che sia assicurata la stessa periodicità
nel conteggio di entrambi gli interessi affidando al CICR il compito di stabilire i criteri di calcolo
degli interessi sugli interessi (c.d. anatocismo).
Il correntista deve ricevere, attraverso l’invio del c.d. estratto conto, informazioni sui saldi del conto
e le operazioni svolte nel periodo trascorso. In mancanza di opposizione scritta entro 60 giorni gli
estratti conto e le altre comunicazioni si intendono approvati.
Nel contratto di cc a tempo indeterminato, ognuna delle parti può recedere dandone preavviso nel
termine d’uso o, in mancanza, in quello di quindici giorni. Nella prassi, le condizioni generali di
contratto prevedono termini bravissimi (1 o 2 giorni).
I CONTRATTI DI CREDITO
A) Apertura di credito
L’apertura di credito è il contratto mediante il quale la banca, ricevendo in contropartita gli
interessi pattuiti, si obbliga a tenere a disposizione del cliente una data somma di denaro
per un periodo di tempo determinato o indeterminato. L’apertura di credito in conto corrente
ha carattere rotativo. Qualora la banca non richieda al correntista delle garanzie, il credito
si dice allo scoperto, in caso contrario è garantito. Nell’apertura di credito garantita le
garanzie possono diminuire nel tempo. In questo caso la banca può diminuire l’ammontare
del fido oppure recedere dal contratto.
Nel caso di apertura di credito a tempo determinato, la banca può esercitare il diritto di
recesso soltanto per giusta causa, mentre in quella a tempo indeterminato ogni contraente
può recedere anche ad nutum, dando preavviso stabilito da contratto o, in assenza, di 15
giorni. 29
B) L’anticipazione bancaria
La banca eroga una somma di denaro a fronte della costituzione di una garanzia di merci o
titoli in pegno. Il pegno di merci o titoli può essere regolare o irregolare. Nel primo caso la
banca consegna al debitore un documento atto ad individuare i beni dati, che essa dovrà
corrispondergli. Nel secondo la banca si obbliga soltanto a restituire, all’epoca del rimborso,
merci o titoli dello stesso genere. L’anticipazione può essere stipulata a scadenza fissa, con
possibilità di utilizzop della somma in un'unica soluzione, ma è più frequente in cc.
Nell’anticipazione cd propria la banca deve restituire i beni al cliente alla restituzione del
denaro, ma egli può ritirare anche una parte delle merci o titoli restituendo la somma
proporzionale.
C) Lo sconto bancario
È un’operazione mediante la quale la banca anticipa al cliente (scontatario) l’ammontare di
un credito che egli vanta nei confronti di terzi, previa deduzione di un interesse (lo sconto).
Detto credito viene ceduto pro solvendo alla banca finanziatrice. Qualora il credito scontato
sia rappresentato da una cambiale o un assegno, la cessione del credito alla banca
avviene tramite girata del titolo cambiario e lo scontatario diventa perciò obbligato di
regresso.
D) Finanziamenti speciali
- Il mutuo fondiario è il mutuo concesso dalla banca che ha, come garanzia, un’ipoteca di
primo grado su immobili. La banca d’Italia stabilisce l’ammontare massimo dei
finanziamenti, in rapporto al valore dell’immobile o al costo delle opere da eseguire sullo
stesso. Il TUB detta una disciplina di particolare favore per le banche. Prevede infatti:
l’irrevocabilità della garanzia ipotecaria trascorsi solo 0 giorni dalla iscrizione, l’esenzione
da revocatoria dei pagamenti effettuati dalla banca, la possibilità di iniziare e proseguire
l’azione esecutiva sui beni ipotecati anche dopo il fallimento del debtore.
- I crediti speciali sono quei crediti che o sono riservati a particolari categorie di imprese
(agrarie, artigiane) o finalizzati a consentire all’impresa l’approvvigionamento di merci,
materie prime, scorte, ecc. Sono legati ad un preciso vincolo di scopo e garantiti dal
privilegio speciale sui beni strumentali, risultante da atto scritto e soggetto a trascrizione nel
registro. Tale modello corrisponde al mutuo consensuale di scopo
- L’operazione di finanziamento agevolato si ha quando l’impresa ha a disposizione
agevolazioni pubbliche per un determinato scopo, in conto capitale o in conto interessi.
Vi sono 2 fasi: nella prima si verifica che l’impresa rientri nel programma, nella seconda si
stipula il contratto tra la banca e il mutuatario. Le somme devono essere effettivamente
destinate allo scopo per cui sono state concesse.
I CONTRATTI DI GARANZIA A FAVORE DELLA BANCA
La banca esige di norma dall’impresa delle garanzie personali o reali diverse da quelle dei
modelli civilistici di base. Nel 2002 il legislatore ha introdotto la figura del contratto di
garanzia finanziaria, che regola alcui tipi di rapporti già utilizzati nella prassi bancaria.
a) La fideiussione omnibus è una garanzia personale prestata da un soggetto terzo, di
norma collegato al cliente finanziato (parente, socio, ecc) che si connota per la sua
portata generale, avendo oggetto determinabile, sebbene indeterminato al momento
della stipula del contratto. Il fudeiussore resta coobbligato verso la banca in caso di
inadempimento di qualsiasi obbligazione, anche futura. Il contratto deve però stabilire
l’importo massimo garantito. Molto diffusa è la clausola “a prima richiesta e senza
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eccezioni”, grazie alla quale il garante è tenuto a pagare, a semplice richiesta scritta
dalla banca, quanto dovuto dal cliente. Le eccezioni attinenti all’invalidità
dell’obbligazione principale possono essere fatte valere dal fideiussore al fine di
ottenere la ripetizione del pagamento.
b) I contratti di garanzia finanziaria sono i contratti di pegni, di cessione del credito o di
trasferimento di attività finanziarie con funzione di garanzia e qualsiasi altro contratto di
garanzia reale avente ad oggetto attività finanziarie. È un modello generico di contratto,
dedicato al finanziamento delle attività d’impresa.
- Il pegno omnibus può avere ad oggetto anche beni o merci anziché strumenti finanziari,
con cui la banca mira a garantirsi per qualsiasi obbligazione, anche futura, che possa
sorgere in capo al cliente.
- Il pegno irregolare si ha invece quando la banca acquisisce la proprietà e la disponibilità del
denaro oo dei titoli dati in garanzia dal debitore o dal terzo), obbligandosi a restituire
l’equivalente alla scadenza dell’obbligazione. Sono valide le clausole di close-out, che
autorizzano la banca, al verificarsi di eventi di procedure concorsuali, a iquidare
anticipatamente le procedure reciproche e ad operare la compensazione.
- Il pegno rotativo si ha quando è presente la clausola di sostituzione, cioè quando al
debitore o al terzo viene data la possibilità di sostituire in tutto o in parte i beni oggetto di
garanzia, nel limite del valore di quest’ultima. La clausola di integrazione, quando presente,
obbliga il datore del pegno a prestare o integrare la garanzia già prestata con effetto
retroattivo, ai fini della sua opponibilità ai terzi.
c) La lettera di patronage è una dichiarazione rilasciata a una banca o a un finanziatore da
un soggetto interessato, allo scopo di favorire la concessione o il mantenimento di una
linea di credito ad un’azienda collegata o controllata, assumendo il “patrocinio”
dell’operazione. Lo scopo è solamente quello di rafforzare nel creditore la convinzione
che il patrocinato farà fronte al proprio impegno, non è una vera garanzia.
LE GARANZIE DELLA BANCA A FAVORE DELL’IMPRESA
La banca può assumere la posizione di garante nei confronti dell’impresa con i c.d. crediti di firma.
a) Nel contratto autonomo di garanzia la banca si costituisce garante di un’impresa verso un
terzo. L’obbligazione assunta dalla banca è del tutto svincolata dall’esistenza, validità e
coercibilità del rapporto garantito. Essa garantisce al creditore-beneficiario l’adempimento
del debitore, assicurandone la soddisfazione dell’interesse economico. Se il beneficiario
della garanzia la escute indebitamente, l’azione di rivalsa della banca nei confronti del
cliente e la conseguente azione di ripetizione dell’indebito valgono a scongiurare, se pure in
astratto, spostamenti definitivi di ricchezza “in assenza di causa”.
b) L’accettazione bancaria si ha quando si utilizzi una cambiale tratta, di importo elevato, per
operazioni di raccolta (indiretta) del risparmio. Questa operazione serve a garantire il
cliente a fronte di un prestito contratto con una società finanziaria, di un’importo pari al
valore della cambiale detratti gli interessi. Le cambiali tratte sono accettate dalla banca e
girate alla società, con la clausola “senza garanzia”. Il rapporto con la società finanziaria
consiste in un finanziamento all’impresa, garantito dalla cambiale tratta. L’accettazione
assume rilevanza quando va in mano alla società finanziaria, perché in virtù dell’astrattezza
e autonomia del titolo cambiario non può essere eccepita la mancanza o invalidità del
rapporto fondamentale.
c) Il credito documentario è una forma di pagamento a mezzo banca, particolarmente diffusa
nel commercio internazionale. Il compratore della merce (ordinante) dà incarico ad una
banca (emittente) di pagarne il prezzo al venditore (beneficiario), ovvero di accettare o
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negoziare cambiali tratte da lui emesse, a fronte della consegna di documenti (titoli
rappresentativi, fatture, ecc.).
Il credito documentario può essere revocabile o irrevocabile. Nella prima ipotesi la banca
emittente si limita ad avvisare il venditore/beneficiario del credito aperto in suo favore
senza assumere però alcuna obbligazione nei suoi confronti. Nella seconda ipotesi la
banca emittente si obbliga verso il beneficiario, emettendo in suo favore una lettera di
credito, obbligandosi a pagare l’importo o accettando le cambiali tratte da questi emesse, a
fronte della consegna dei documenti indicati nella lettera.
I CONTRATTI DI FINANZIAMENTO PARABANCARI
Esistono anche intermediari finanziari che non sono banche. Vi sono svariate tipologie di
finanziamento che sono ottenibili da questi ultimi:
a) Il leasing, che si divide in leasing operativo, finanziario e lease back.
b) La cessione dei crediti di impresa, che consente di gestire e mobilizzare i numerosi crediti
commerciali che un’impresa vanta nei confronti di terzi. La cessione dei crediti futuri è
ammissibile purché vi sia la specificazione dei debitori ceduti e si tratti di crediti derivanti da
contratti che verranno stipulati entro due anni dalla cessione.
c) Il factoring assolve la duplice funzione di gestione e incasso dei crediti e quella di
finanziamento. La società interessata (fornitrice) cede ad una banca o ad altro
intermediario dei crediti in massa già sorti ma non ancora esigibili. Il factor si impegna a
dare al cedente una somma pari all’importo dei crediti ceduti meno la propria
remunerazione, al momento dell’incasso dei crediti dal debitore. Il factor può anche
svolgere una funzione di anticipazione.
d) Il forfaiting è un contratto con cui un’impresa finanziaria specializzata (forfaiter) acquista da
un’impresa crediti cartolari a esigibilità differita, nella forma dello sconto pro soluto,
assumendosi tutti i rischi di insolvenza commerciale e valutaria, anticipandogliene l’importo
pattuito. Gli strumenti preferiti per operazioni di forfaiting sono strumenti cambiari avallati o
comunque garantiti da banche, ma non è esclusa la possibilità di concedere forfaiting
anche in assenza di garanzie bancarie.
GLI ALTRI CONTRATTI E OPERAZIONI DI FINANZIAMENTO
1. La carolarizzazione:
Lo smobilizzo dei crediti di impresa può verificarsi anche in forme più complesse, che ne
comportano la cessione onerosa in blocco a favore di un’altra società e il contestuale ricorso al
mercato finanziario per il reperimento dei capitali necessari. Ciò avviene tramite una società (SPV),
che normalmente coincide con l’emittente titoli di varia natura (ABS) da collocarsi fra il pubblico o
presso investitori professionali. Si allude alla cartolarizzazione dei crediti, che è stata utilizzata,
soprattutto dalle banche e dagli enti pubblici, per smobilizzare in massa crediti in sofferenza.
L’operazione consiste nella cessione onerosa di crediti pecuniari, sia esistenti sia futuri,
individuabili in blocco, da parte di un’impresa (c.d. originator) in favore di una società veicolo (spv)
che finanzia l’acquisto del portafoglio crediti dell’impresa mediante l’emissione di titoli di varia
natura (abs). I crediti acquistati costituiscono un patrimonio separato rispetto a quello della società
per la cartolarizzazione.
I portatori dei titoli trovano nei flussi finanziari derivanti dal realizzo dei crediti ceduti la fonte di
rimborso e l’unica garanzia.
2. Il project financing
È un’operazione economico-finanziaria complessa, che serve a reperire finanziamenti che trovino
la loro fonte di copertura e remunerazione nei risultati dell’attività. Uno o più promotori (sponsor)
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sottopongono ai finanziatori un progetto imprenditoriale consistente nella realizzazione di un’opera
o di un impianto idoneo a generare flussi finanziari sufficientemente certi e costanti. Una volta
ottenuta dai finanziatori l’approvazione del progetto, i promotori costituiscono una società veicolo
(project company) in favore della quale è concesso ed erogato il finanziamento, che ha caratteri di
un “mutuo di scopo”.
Il finanziamento è rilasciato con garanzie tipiche ed atipiche (c.d. security package) rilasciate
secondo i casi dai promotori e dalla stessa società veicolo. Ne deriva, nella prospettiva dei
promotori, un isolamento del rischio connesso al nuovo progetto imprenditoriale avviato, mentre
dal punto di vista dei finanziatori la disponibilità di una garanzia modulabile ed efficace di rimborso
del finanziamento.
L’operazione di project financing, che presenta una strutturazione variabile, risulta dal
collegamento di una pluralità di contratti (mutuo, pegno, garanzie atipiche, accordi parasociali ecc).
3. Il contratto di swap
È una tipologia di contratto che appartiene alla categoria degli strumenti derivati e consiste nello
scambio (swap) tra due controparti di uno o più flussi di pagamento, anche periodici, dei quali si
pattuisce normalmente la liquidazione “per differenza”, cioè operando la compensazione a una
certa data delle obbligazioni contrapposte. Si tratta di un contratto nominato dal TUF, ma
legalmente atipico.
Serva innanzitutto a proteggere gli operatori dal rischio di eccessive fluttuazioni di mercato dei
tassi di interesse, dei cambi, del prezzo delle merci ecc… ma si presta ad essere utilizzato anche
per finalità di speculazione o arbitraggio (che consiste nell’acquistare un bene su un mercato
rivendendolo poi in un altro mercato al fine di ottenere un profitto sfruttando le differenze di
prezzo). Nel contratto vengono fissate le date in cui i pagamenti saranno effettuati e il modo in cui
verranno calcolati i corrispettivi dovuti.
È possibile distinguere diversi tipi di contratti swap, in ragione dell’origine e della natura dei flussi
finanziari “scambiati”: swap di interessi, swap di valute, swap di commodities, swap di protezione
dal fallimento di un’impresa.
Sez.2 – titoli di credito
(storia sul libro p.208)
Il libro IV del cc annovera i titoli di credito fra le fonti delle obbligazioni e ne detta una disciplina
comune: essa è chiamata disciplina cartolare. Per definire la nozione di titolo di credito occorre
difinire quindi la fattispecie cartolare. Prima di soffermarsi sulla definizione illustriamo il contenuto
di tale disciplina unitaria.
LA DISCIPLINA DEL TITOLO DI CREDITO
L’art.1992 disciplina le condizioni in presenza delle quali può darsi attuazione alla prestazione
menzionata nel titolo, stabilendo i presupposti necessari e sufficienti per richiederla e quelli in virtù
dei quali si produce un effetto liberatorio del debitore. Il possessore di un titolo di credito ha diritto
alla prestazione in esso indicata verso presentazione del titolo, purchè sia legittimato nelle forme
prescritte dalla legge. Il possesso del documento è necessario, come la sua esibizione al debitore.
Possono essere richiesti al possessore del titolo ulteriori indici. Il debitore che, non versando in
dolo o in colpa grave, adempie alle proprie obbligazioni al possessore, è liberato anche se questi
non è il titolare del diritto. Il possessore ad legitimationem è quindi esonerato dal provare di aver
acquistato il titolo in buona fede. La legittimazione è sufficiente a pretendere e ottenere la
prestazione dovuta, ma è anche necessaria: non si può pretenderla senza esibire il titolo.
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Poiché il possesso del titolo è condizione necessaria per l’esercizio del diritto in esso menzionato,
il suo adempimento presuppone la presentazione del titolo al debitore. Esiste un meccanismo che
sottrae al titolo il suo valore cartolare: distrutto, sottratto o smarrito il titolo, il titolare non è più
legittimato. Per questo motivo è previsto che:
- Con riguardo a titoli al portatore: il possessore cha abbia subito la distruzione del titolo e
che la provi possa ottenere dall’emittente il rilascio di un duplicato del titolo
- Con riguardo ai titoli all’ordine e nominativi si applica una procedura giudiziaria chiamata
ammortamento, che consente all’ex possessore del titolo distrutto, sottratto o smarrito di
rendere inefficace il titolo originario eventualmente ancora esistente.
Chi acquista in buona fede il possesso del titolo secondo le norme che ne disciplinano la
circolazione non è soggetto a rivendicazione: ne acquisisce la titolarità. Solo nell’art. 1153 si fa
espressa menzione del presupposto per cui l’impossessamento sia avvenuto in base a un titolo
astrattamente idoneo al trasferimento della proprietà. L’art. 1994 detta invece un sistema di
acquisto del titolo analogo a quello proprio dei beni mobili e pone il terzo acquirente al riparo dai
rischi e dalle incertezze discendenti da eventuale mancanza di titolarità in capo al suo trasferente.
I titoli di credito presentano il carattere della letteralità, vale a dire che il titolo contiene tutto e solo il
diritto in esso menzionato. Esso ha anche carattere autonomo, il che significa che autonoma, non
derivata, è la posizione di ogni possessore del titolo di credito rispetto a quella dei precedenti
possessori.
Esistono però delle eccezioni cartolari, nominate nell’art. 1993. È elencato un catalogo tassativo
delle eccezioni cartolari, che possono essere opposte al possessore del titolo in quanto tale,
chiunque esso sia.
Sono le eccezioni c.d. assolute o reali:
- Eccezioni per difetto di forma: valgono solo per i titoli formali, cioè quelli che devono
contenere elementi prescritti dalla legge (es: titoli cambiari)
- Eccezioni fondate sul contesto letterale del titolo: eccezioni che trovano fondamento in dati
rilevabili dalla lettura del documento e, quindi, che derivano da un divario di pretesa del
creditore e risultanze attuali del titolo o da un divario tra pretesa del creditore e risultanze
originarie del documento.
- Eccezioni di falsità di firma
- Eccezioni di difetto di capacità (incapacità legale e incapacità naturale)
- Eccezioni di difetto di rappresentanza
- Eccezioni di mancanza di condizioni necessarie per l’esercizio dell’azione
Le eccezioni fondate sul contesto letterale del titolo e quelle di difetto di forma sono opponibili da
qualsiasi debitore cartolare.
Le altre possono essere fatte valere solo da specifici debitori cartolari.
Esistono poi delle eccdezioni personali, che possono essere opposte soltanto ad alcuni creditori.
Sono eccezioni personali:
- Le eccezioni relative al rapporto fondamentale, che possono essere opposte solo al primo
prenditore del titolo
- Le eccezioni derivanti da rapporti personali diversi dal rapporto fondamentale, opponibili
solo a chi è parte di tale altro rapporto
- Le eccezioni di difetto di titolarietà, che sono opponibili soltanto al legittimato non titolare
Le prime due eccezioni, quelle personali relative a rapporti personali, possono essere opposte
anche a coloro i quali abbiano agito intenzionalmente a danno del debitore nell’acquisire il titolo,
con l’intento di danneggiare il debitore privandolo delle eccezioni che avrebbe potuto opporre al
precedente possessore del titolo. 34
LA FATTISPECIE DEL TITOLO DI CREDITO
Si considerano titoli di credito quei documenti creati in funzione della mobilitazione della richhezza
attraverso il ricorso al mercato, oppure quei documenti rispondenti al bisogni di mobilizzazione
della ricchezza altrimenti immobilizzata o assente.
Nella sua impostazione normativa, la definizione di titolo di credito si scompone in 2 questioni:
quali sono nello specifico le norme cui il titolo deve essere assoggettato per essere considerato
titolo di credito e dove risiede la causa efficiente per un titolo per essere definito documento
cartolare.
Le disposizioni generali del cc non si applicano ai documenti che servono solo a identificare
l’avente diritto della prestazione o a consentire il trasferimento del diritto senza l’osservanza delle
forme proprie della cessione (è il caso dei documenti di legittimazione, i quali non sono destinati a
circolare); esse non si applicano neanche ai c.d. titoli impropri, i quali sì circolano, ma non agli
effetti cartolari.
TITOLI DEMATERIALIZZATI
La disciplina, in riferimento alla fattispecie cartolare, presupponeva in passato l’esistenza di una
chartula, cioè un documento fisico, il quale rappresenta e incorpora il diritto. Oggi esistono due
forme di dematerializzazione del titolo.
- La dematerializzazione della circolazione cartolare, nel caso in cui si continua ad avere a
che fare con titoli rappresentati da documenti ma che sono depositati presso un apposito
soggetto che ne cura la gestione della circolazione in forma accentrata attraverso apposite
scritture contabili, il che consente di eliminare la circolazione materiale dei titoli che si
vogliono trasferire.
- Successivamente, si è stabilito che gli strumenti finanziari negoziati o destinati alla
negoziazione in mercati regolamentati o comunque diffusi tra il pubblico in misura rilevante
dovessero essere dematerializzati, nel senso che non potessero (più) essere rappresentati
da titoli, pur richiamandosi per loro le regole relative ai titoli di credito in tema di
legittimazione, acquisto del diritto, eccezioni opponibili, vincoli sui titoli.
Attualmente il TUF prevede due regimi: quello della gestione accentrata in regime di
dematerializzazione e quello della gestione accentrata di strumenti finanziari rappresentati da
titoli.
DIVERSE CLASSIFICAZIONI DEI TITOLI DI CREDITO
Possiamo operare diverse classificazioni dei titoli di credito:
a) In base alla fonte della disciplina
b) In base alla “legge di circolazione”
c) In base al contenuto della situazione giuridica rappresentata dal titolo
a) Classificazione in base alla fonte della disciplina:
possiamo distinguere tra titoli legalmente tipici, che sono quelli specificatamente disciplinati
da norme di legge o norme di regolamento, sono titoli (solo ) socialmente tipi quelli che,
seppur ignoti a norme dell’ordinamento positivo, siano conosciuti nella pratica degli affari e
magari anche nella comune coscienza giuridica, sono titoli atipici quelli creati e introdotti sul
mercato ma privi di riconoscimento da parte dei pratici e dei teorici.
b) La classificazione dei titoli per legge di circolazione li distingue invece in titoli al portatore,
all’ordine e nominali
1) Titoli al portatore: sono quelli che recano la clausola “al portatore”, una formula
equivalente o nessuna formula e, al contempo, nessun nome di intestatario. La
presenza di un nome di fianco alla formula non muta la natura “al portatore” dei titoli. Il
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trasferimento di tale tipologia di titoli si attua con la semplice consegna del titolo e il
mero possesso di esso e la sua presentazione al debitore legittima il soggetto a
ricevere la prestazione.
2) Titoli all’ordine: sono quelli che recano la intestazione del beneficiario sul titolo (e sono
privi di clausola “al portatore” o equivalente). Il loro trasferimento si attua con la
consegna del titolo accompagnata dall’apposizione sul titolo di una girata e il
possessore del titolo all’ordine si legittima all’esercizio del diritto ove risulti essere
l’ultimo giratario di una serie continua di girate. La girata è la dichiarazione scritta e
sottoscritta sul titolo, con la quale il suo possessore (girante) ordina al debitore
cartolare di adempiere la prestazione nei confronti di altro soggetto (giratario). Se il
titolo è girato in bianco, il possessore può trasferirlo senza girata, ma semplicemente
consegnandolo. “Serie continua” significa che il nome di ogni girante corrisponde a
quello del giratario nella girata precedente.
3) Titoli nominativi: sono quelli che si caratterizzano per essere intestati a una persona
determinata e tale indicazione del beneficiario non deve risultare solo dal titolo ma
anche da un apposito registro tenuto dall’emittente. Ne consegue che il trasferimento
del diritto da parte del beneficiario presuppone la collaborazione dell’emittente. la
duplice intestazione del titolo a un nuovo nome può avvenire in più modi:
- il primo di essi è il transfert, che consiste nella annotazione del nome dell’acquirente sul
titolo ovvero il rilascio di un nuovo titolo intestato al suo nome. Per la corrispondente
annotazione nel registro dell’emittente è necessario farne domanda a quest’ultimo.
- Il trasferimento mediante girata prevede invece che la domanda all’emittente possa essere
avanzata anche da colui al quale sia stato girato il titolo. In questo caso deve trattarsi di
girata datata, con indicazione del giratario e con sottoscrizione autenticata dal notaio.
c) In base al contenuto si possono invece distinguere:
- Titoli individuali e titoli di massa: i primi sono quelli per i quali alla emissione di ciascuno
corrisponde una specifica operazione, i secondi sono emessi in relazione ad una singola
operazione, che dell’emissione rappresenta una causa unitaria
- Titoli astratti e titoli causali: i primi rappresentano il diritto a ottenere il diritto a una certa
prestazione a prescindere dalla causa e dal rapporto giuridico sottostante, che li ha fatti
nascere, mentre i secondi richiamano un rapporto causale tipico.
- Titoli a letteralità completa e incompleta: i primi non richiamano nessun altro documento e
nella loro lettera si compendiano di tutti gli elementi necessari e sufficienti ad individuare il
diritto rappresentato dal titolo. I secondi, invece, operano un rinvio a elementi tipici
contenuti in altri documenti, che concorrono a determinare il diritto contenuto nel titolo.
- Titoli di credito in senso stretto, rappresentativi di merci e di partecipazione:
i titoli di credito in senso stretto rappresentano esclusivamente un diritto di credito, per lo
più su una somma di denaro e molto raramente su una quantità fungibile.
I titoli rappresentativi di merci attribuiscono al loro possessore il diritto alla consegna delle
merci che sono in esso specificate, il possesso delle stesse e il potere di disporne. Si
distinguono qui i titoli di trasporto, che rappresentano lo strumento per la mobilizzazione
delle merci viaggianti, e i titoli di deposito che rappresentano lo strumento per la
mobilizzazione di merci depositate nei magazzini e destinate a circolare senza alcuna loro
fisica movimentazione. Sono tipici titoli di deposito la nota di pegno e la fede di deposito
emesse dai magazzini generali.
- Titoli di partecipazione: sono, nel nostro ordinamento, le azioni, obbligazioni, strumenti
finanziari. Rappresentano il complesso di situazioni giuridiche che a tale posizione
ineriscono e che dallo svolgimento del rapporto partecipativo discendono.
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I TITOLI CAMBIARI
Tra i titoli di credito quelli cambiari sono quelli che godono della disciplina più analitica. Le cambiali
sono strumenti di credito in senso stretto, nel senso che contengono l’ordine o la promessa di
pagare una certa somma di denaro in un momento futuro, consentendo al prenditore del titolo di
liquidare immediatamente il credito trasferendo il titolo. Gli assegni sono, invece, strumenti di
pagamento, stante il divieto di trarli o emetterli in assenza di corrispondente provvista.
Tanto le cambiali quanto gli assegni possono assumere due diverse strutture: quella di ordine di
pagamento (cambiale tratta o assegno bancario) e quella di promessa di pagamento (vaglia o
pagherò cambiario e assegno circolare).
Gli ordini di pagamento hanno una struttura trilaterale, per cui un soggetto (traente) ordina ad un
altro soggetto (trattario) di pagare il prenditore o i successivi portatori del titolo.
Le promesse di pagamento sono invece caratterizzate invece da un rapporto bilaterale, dal
momento che è lo stesso emittente che promette al prenditore un fatto proprio.
I titoli cambiari devono essere titoli formali e poter essere idonei a rappresentare una pluralità di
obbligazioni.
Essendo titoli dal carattere formale la legge prevede una serie di indicazioni che tali titoli debbono
necessariamente contenere al momento della presentazione per il pagamento. Il titolo cambiario
può essere emesso con uno o più elementi lasciati “in bianco”, destinati ad essere riempiti
successivamente, secondo accordi di riempimento. Se però essi non vengono rispettati, non è
un’eccezione opponibile a chi abbia acquistato in buona fede il titolo abusivamente completato.
Dal titolo in bianco si distingue il titolo incompleto, entrato in circolazione privo di uno o più
elementi necessari, contro la volontà del suo sottoscrittore.
Le obbligazioni contenute nei titoli cambiari si possono dividere in obbligazioni dirette e
obbligazioni di regresso:
- Obbligazioni dirette: sono le obbligazioni del trattario accettante, dell’emittente e dei loro
avallanti. Nei confronti degli obbligati diretti l’azione non è subordinata ad alcuna formalità e
non è soggetta a termine di decadenza.
- Obbligazioni di regresso: sono tutte le altre obbligazioni, cioè quelle del traente, dei giranti,
dei loro avallanti e dell’accettante per intervento. Nei confronti degli obbligati di regresso,
l’esperimento dell’azione cambiaria presuppone il verificarsi di certe condizioni che devono
essere constatate per il tramite un atto autentico, il protesto, entro un brevissimo termine di
decadenza. L’onere del protesto può essere eliminato con apposita clausola (“senza
protesto”)apposta sul titolo e sottoscritta dal traente, girante o avallante.
- Se vi è pluralità di obbligati cambiari, il possessore del titolo può rivolgersi liberamente a
qualsiasi coobbligato, a condizione che abbia conservato il regresso avendo soddisfatto
l’onere del protesto.
Qualche cenno meritano alcune specie particolari di obbligazioni cambiarie.
- L’accettazione è la dichiarazione con la quale il trattario si obbliga al pagamento dei titoli a
scadenza. Essa è una dichiarazione sul titolo cambiario, risultante dalle parole “accettato” o
“visto” o equivalenti, e dalla sottoscrizione del trattario. La sola sottoscrizione del trattario
vale comunque come accettazione se apposta sul fronte del titolo. L’accettazione non
tollera condizioni, ma può essere limitata ad una parte della somma. È previsto che un
soggetto diverso da quello chiamato ad accettare o pagare possa intervenire per accettare
o pagare:l’accettazione per intervento è fonte di una obbligazione cambiaria dello stesso
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tipo di quella in favore del soggetto per il quale è prestata; in mancanza di indicazione,
essa si intende data per il traente.
- La girata della cambiale o dell’assegno è la dichiarazione cambiaria con la quale il suo
attuale possessore (girante) ordina al debitore cartolare di adempiere nei confronti di un
altro soggetto giratario). La girata non può essere parziale, a pena di nullità, né può essere
condizionata (nullità delle condizioni). Anche la girata cambiaria può essere in pieno o in
bianco. Il girante può escludere la propria obbligazione di regresso apponendo una
clausola (senza garanzia, senza regresso, senza responsabilità).
- L’avallo è l’obbligazione cambiaria di garanzia. Esso consiste in una obbligazione cambiaria
con la quale si garantisce un’altra obbligazione cambiaria. Essa deve essere apposta sul
titolo e risultare dalla formula “per avallo”, “per garanzia” o altra equivalente e dalla
sottoscrizione dell’avallante. La semplice sottoscrizione di un soggetto diverso
dall’emittente vale come avallo se apposta sulla parte frontale del titolo. L’avallante si
obbliga nello stesso modo per colui a favore del quale l’avallo è prestato. L’obbligazione
dell’avallante rimane valida ancorchè l’obbligazione garantita sia nulla, salvo che la nullità
dell’obbligazione garantita risulti da un suo vizio di forma.
- I titoli cambiari, se in regola sin dalla emissione con le disposizioni sulla imposta di bollo,
hanno la qualità di titoli esecutivi e quindi consentono di iniziare la procedura esecutiva sul
patrimonio dell’obbligato cambiario senza doversi preventivamente munire di un
provvedimento giudiziale di condanna.
- Tratti peculiari presenta la cambiale finanziaria, la cui caratteristica principale consiste
nell’essere emessa in serie. Il che vale a dire configurarla non come titolo individuale, ma
come vero e proprio titolo di massa. Si tratta di una particolare tipologia di vaglia cambiario,
con valore nominale unitario non iferiore a cinquantamila euro, scadenza non inferiore a tre
e non superiore a dodici mesi. Le eventuali girate sono sempre senza garanzia.
CAPITOLO IV – LA STRUTTURA
Sez.1 – organizzazione
Il nostro ordinamento dedica anche una disciplina volta a regolare la struttura interna dell’impresa.
Viene regolata l’organizzazione dei fattori produttivi: lavoro e capitale. Per quanto riguarda il
lavoro, le regole contrattuali in merito ad esso sono regolate dal diritto del lavoro. Il diritto
commerciale e quello delle imprese si occupano della disciplina dei poteri ed esecutuvu nell’ambito
dell’impresa e delle sue interazioni con il mercato.
L’impresa è organizzata in forma gerarchica, ed è fondata sul coordinamento di più persone.
Nell’impresa individuale l’imprenditore è il capo dell’impresa. Nelle altre forme organizzativeil
potere di indirizzo è invece conferito ad altri soggetti, gli amministratori.
È possibile demandare, però, tali poteri sia ad ausiliari interni (dirigent, quadri, impiegati, operai),
dipendenti cioè dell’azienda, sia ad ausiliari esterni, i quali sono estranei all’azienda. Non solo
persone fisiche ma anche imprese ausiliarie.
La collaborazione prestata all’impresa dagli ausiliari può essere di carattere tecnico o giuridico. Il
più delle volte vi è interdipendenza tra le due forme di collaborazione.
LA RAPPRESENTANZA COMMERCIALE
Il cc, ai fini dell’attribuzione del potere i rappresentanza, richiede il conferimento di una procura e fa
gravare sul terzo l’onere di accertare esistenza e limiti di tale potere. La rappresentanza
commerciale è nata per ovviare agli evidenti limiti di tale disciplina. Essa privilegia le esigenze di
sicurezza, riducendo i rischi e gli oneri del terzo che contratta con il rappresentante, con ciò
favorendo indirettamente anche la stessa attività di impresa. Sono previste dal cc la figura
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dell’institore, dei procuratori e dei commessi. Tale disciplina si applica alle imprese commerciali,
ma è estesa anche a quelle agricole e, nulla lo vieta, anche alle piccole imprese.
1. L’INSTITORE è l’ausiliario preposto dal titolare all’esercizio dell’impresa, di una sede
secondaria o di un ramo particolare di essa. È la qualifica riconosciuta al direttore generale,
o al dirigente capo della stessa impresa o di un ramo di essa. Non può essere considerato
tale il soggetto a cui sono attribuiti poteri circoscritti ad un settore (direttore del personale,
responsabile acquisti…). È possibile che nella medesima impresa sia stabilito tra più
institori un rapporto gerarchico. Si tratta, solitamente, di un lavoratore subordinato, ma nulla
vieta che possa essere un lavoratore autonomo, esperto di organizzazione aziendale.
Il potere di gestione dell’institore comprende il compimento di ogni atto pertinente
all’esercizio dell’impresa o di un suo ramo particolare. Gli è invece preclusa l’alienazione
dell’azienda, oltre che l’alienazione o l’ipoteca di beni immobili, salvo che il commercio
immobiliare sia l’attività tipica dell’azienda.
Il conferimento dell’incarico institorio fa nascere in capo al soggetto il potere di
rappresentanza in relazione a tutti gli atti rientranti nelle mansioni a lui affidate, senza che
sia necessaria un’apposita procura. La procura risulta invece necessaria al fine di ampliare
o limitare il potere di rappresentanza dell’institore; limitazioni, modifiche e revoca dei poteri
dell’institore devono essere iscritte nel registro delle imprese, pena l’inopponibilità di esse
ai terzi.
L’institore per compiere gli atti necessari all’attività di impresa deve spendere il nome
dell’imprenditore. In assenza di spendita del nome gli effetti dell’atto si producono a carico
dell’institore, che pertanto risulta personalmente obbligato nei confronti del terzo. Qualora,
però, l’atto sia pertinente all’esercizio dell’impresa, alla responsabilità dell’institore si
aggiunge quella dell’imprenditore, nonostante il suo nome non sia stato speso.
All’institore è attribuita anche la rappresentanza processuale dell’impresa attiva e passiva
per tutte le obbligazioni discendenti da atti compiuti nell’esercizio dell’impresa, del ramo di
essa o della sede secondaria.
Gravano sull’institore gli obblighi, come sull’imprenditore, di iscrivere la sua posizione nel
registro delle imprese. L’institore deve ritenersi in ogni caso soggetto all’obbligo di non
concorrenza.
2. I PROCURATORI
I procuratori sono quegli ausiliari con funzioni direttive, che hanno cioè il potere di compiere
gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa, pur non essendo preposti a essa. Ad essi è
riconosciuto un potere di gestione stabile, ma limitato agli atti inerenti ai compiti affidati. I
procuratori si distinguono dall’institore, che ha un potere di gestione più ampio e da coloro
che rappresentano l’imprenditore in virtù di una procura per singoli atti.
3. I COMMESSI
I commessi sono ausiliari cui sono affidate mansioni esecutive che comportano rapporti con
il pubblico. Non è necessario uno specifico atto di conferimento dei poteri di
rappresentanza, che costituiscono il riflesso della posizione attribuita.
Ai commessi sono attribuiti i poteri necessari per compiere le operazioni di cui sono
incaricati. È escluso che possano esigere il prezzo delle merci delle quali non facciano
consegna, e che possano concedere sconti o dilazioni che non siano d’uso. Possono
chiedere il prezzo delle merci dagli stessi vendute, purché non sussista una cassa speciale,
mentre fuori dai locali dell’impresa possono chiedere il pagamento del prezzo solo con
apposita quietanza firmata dall’imprenditore. L’imprenditore può limitare o ampliare i poteri
del commesso in base alle mansioni affidategli.
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L’ORGANIZZAZIONE DELL’IMPRESA SOCIETARIA: L’AMMINISTRAZIONE
Nelle forme più complesse di organizzazione di impresa assume rilevanza la figura che ha il potere
di indirizzo delle attività economiche e con quali modalità lo esercita. Nelle forme societarie il
potere gestorio è riconosciuto agli amministratori. La legge non regola soltanto le decisioni degli
amministratori, ma anche quelle dei soci, ai quali spettano una pluralità di competenze e la scelta
del tipo di organizzazione, o la sua modificazione.
1. L’amministrazione della società di persone
Nei modelli societari a struttura personalistica (ss, snc, sas), il potere di amministrazione è
riconosciuto in linea di principio a tutti i soci illimitatamente responsabili: titolari del potere in
esame saranno pertanto una pluralità di soggetti, anche se non è esclusa la possibilità di un
unico amministratore, come sarebbe il caso di una sas con un solo accomandatario.
La legge prevede che i soci scelgano la modalità di decisione degli amministratori. Nella
amministrazione disgiuntiva, a ciascun socio illimitatamente responsabile spetta il potere di
prendere decisioni in riguardo all’amministrazione. Gli altri potranno poi opporsi, a condizione
che il relativo atto non sia ancora compiuto.
Nella amministrazione congiuntiva, invece, occorre, per prendere una decisione, il consenso di
tutti gli amministratori, o di due o più di essi. Altre decisioni, secondo la legge, vanno prese a
maggioranza. In mancanza di altre specificazioni nel contratto sociale, la maggioranza si
calcola a seconda della parte di utile spettante a ciascun socio amministratore.
2. L’amministrazione nelle società di capitali.
Nelle società di capitali l’amministrazione è la funzione di un apposito organo. Anche se con un
diverso grado tra spa e srl, assume rilievo l’organo dotato di capacità amministrativa, e non la
persona che in un dato momento ne sia dotata.
- Nelle spa il sistema tradizionale opta per una netta separazione gestoria dalle decisioni che
attengono ai soci. La primi attiene in via esclusiva agli amministratori, mentre le seconde
spettano all’assemblea dei soci, la quale riconduce a chi assume il rischio di impresa di
nominare gli amministratori e sostituirli e l’approvazione del bilancio.
Invece del modello tradizionale i soci possono adottare due sistemi alternativi. Nel sistema
dualistico la gestione è affidata al consiglio di gestione, nominato dal consiglio di
sorveglianza, a sua volta nominato dall’assemblea dei soci. Nel sistema monistico invece
l’amministrazione spetta al consiglio di amministrazione, nominato dall’assemblea dei soci
al cui interno si costituisce un comitato per il controllo della gestione, senza dar luogo ad
altri organi.
Nell’ambito dell’organo amministrativo trova applicazione il generale principio di
maggioranza, la finalità del quale è di agevolare la decisione. La regola della maggioranza
è definita secondo diverse varianti organizzative. L’esigenza di riunire più persone affinchè
valutino una questione di comune interesse implica che si provveda a una convocazione
degli avent diritto al voto indicando luogo, giorno e ora dell’incontro e i temi da trattare. Il
procedimento deliberatorio richiede inoltre la presenza di un numero di votanti sufficiente a
dare coerenza al principio di maggioranza, prima per consentire la discussione (quorum
costitutivo), poi per la votazione (deliberativo).
- Nelle srl la struttura corporativa è prevista dal regime legale, ma derogabile dai soci. Essi
possono infatti scegliere un’organizzazione per persone, secondo il modello congiuntivo o
disgiuntivo di cui si è parlato. La srl si caratterizza infatti per la preminente rilevanza della
figura dei soci. 40
L’ORGANIZZAZIONE DELL’IMPRESA SOCIETARIA: IL CONTROLLO
Il controllo è una funzione di secondo grado rispetto all’amministrazione, in quanto presuppone un
atto a cui indirizzare un giudizio di conformità o difformità e prevedere eventuali comportamenti
illeciti. La funzione di controllo richiede che i flussi informativi siano coordinati all’interno
dell’organizzazione. I flussi informativi devono circolare secondo regole procedurali standardizzate.
Il controllo efficiente è rappresentato da un sistema organizzato da procedure di raccolta delle
informazioni e volto ad indirizzarle a diversi livello di competenza.
Nell’impresa individuale il controllo si risolve nell’accortezza dell’imprenditore.
Nelle società azionarie vi è una tendenziale separatezza del controllo della gestione, affidato agli
amministratori, e il controllo sulla gestione, affidato ad un apposito ufficio. La legge affida compiti di
controllo non solo a organi della società, ma anche a soggetti ad essa esterni (cd controllo
esterno). Per le società quotate ed altri enti di interesse pubblico, il controllo deve essere
sottoposto anche alle autorità di vigilanza (controllo pubblico).
Nella Spa il controllo è affidato ad organi diversi a seconda del modello prescelto:
- Nel sistema tradizionale esso è affidato al collegio sindacale, nominato dall’assemblea dei
soci.
- Nel sistema dualistico è invece affidato a un consiglio di sorveglianza, anch’esso nominato
dall’assemblea dei soci, ma dotato di ulteriori poteri, come la nomina e la revoca degli
amministratori, l’esercizio di azione di responsabilità nei loro confronti e l’approvazione del
bilancio.
- Nel sistema monistico i compiti di vigilanza sono svolti dal comitato per il controllo sulla
gestione, costituito all’interno del consiglio di amministrazione e composto da
amministratori non esecutivi e indipendenti.
La funzione di controllo nelle Srl è disciplinata a seconda delle dimensioni dell’impresa. Fino a
quando non si verificano le condizioni previste dal cc i soci non sono tenuti ad affidare alcuna
funzione di controllo ad organi sociali o a soggetti esterni. In ambito alle funzioni di controllo
assume particolare rilevanza la revisione legale dei conti dell’impresa. Essa, chiamata anche
controllo contabile, costituisce tendenzialmente un controllo esterno. Tale configurazione è imposta
agli enti di interesse pubblico, alle spa che adottano un sistema di amministrazione e controllo
diverso da quello tradizionale e alle società tenute alla redazione del bilancio consolidato, mentre
negli altri casi la società può affidare anche la revisione legale dei conti all’organo di controllo
interno (collegio sindacale o sindaco unico).
Tra i controlli esterni merita di essere ricordato quello, circoscritto alle sole società azionarie,
affidato al tribunale. La legge consente agli organi di controllo, ai soci che rappresentino una
determinata quota di capitale (più ridotta per le società quotate), il potere di denunziare i fati che
facciano fondatamente sospettare da parte degli amministratori il compimento di gravi irregolarità
denunciate.
I poteri del tribunale che riceve la denuncia sono particolarmente penetranti: il tribunale può, infatti,
ordinare l’ispezione dell’amministrazione e adottare eventuali provvedimenti idonei a rimuovere le
irregolarità. Nei casi più gravi il tribunale può addirittura revocare gli amministratori e promuovere
lo scioglimento della società o l’apertura di una procedura concorsuale.
L’ESTERNALIZZAZIONE DELLE FUNZIONI E LA RETE DISTRIBUTIVA
L’impresa si avvale spesso di soggetti esterni all’organizzazione imprenditoriale (ausiliari esterni),
specializzati nello svolgimento di specifiche funzioni, ai quali viene conferito l’incarico di
promuovere affari o concludere contratti. La provvigione è commisurata al volume di affari, di modo
che l’impresa “paga solo quando vende”. Questi collaboratori, pur assumendo in proprio il rischio
dell’attività, ricoprono un ruolo che sebben autonomo sul piano giuridico, risulta subordinato presso
41
il profilo economico. Si parla in questo caso di parasubordinazione, forma di collaborazione che ha
un’utilità prevalentemente descrittiva, non essendo possibile configurare un’autonoma categoria.
L’affidamento di funzioni a terzi può avvenire secondo un’articolata tipologia di rapporti. In primo
luogo può avvenire secondo modi che traggono origine dall’archetipo del mandato, come la
commissione e la spedizione in cui, secondo lo schema della rappresentanza indiretta, viene
affidato ad altre imprese il compito di compiere acquisti o vendite e concludere contratti di
trasporto. Dall’archetipo del mandato deriva anche il contratto di agenzia.
a) La commissione. È un mandato a vendere o acquistare beni per conto del committente e
in nome del commissionario. È frequente che il commissionario sia legato al committente in
modo stabile e continuativo, come avviene, ad es., nel caso dei commissionari di
autoveicoli. Mentre il commissionario vende merce che resta del committente fino a che
non è stata venduta, il concessionario di vendita compra i beni dal concedente e poi li
rivende. Al commissionario spetta un compenso denominato provvigione, la cui misura, se
non è stabilita dagli usi, è fissata dal giudice secondo equità. È possibile che il
commissionario assuma nei confronti del mandante il rischio dell’esecuzione dell’affare e in
particolare dell’adempimento delle obbligazioni del terzo.
b) La spedizione. È il contratto con cui lo spedizioniere assume l’obbligo di concludere, in
nome proprio e per conto del mandante, un contratto di trasporto e di compiere le
operazioni accessorie quali la presa e la resa della merce a domicilio, la custodia,
l’imballaggio, le operazioni doganali ecc. la distinzione tra trasporto e spedizione sta nel
fatto che mentre il vettore esegue il trasporto e ne assume i rischi, lo spedizioniere si
obbliga a stipulare un contratto di trasporto per conto del mandante. Nulla vieta che lo
spedizioniere possa assumere con mezzi propri o altrui l’esecuzione del trasporto, nel qual
caso sarà applicata la disciplina del contratto di trasporto. Lo spedizioniere deve agire
nell’interesse del mandante e, salvo ordini o usi contrari, non ha l’obbligo di provvedere
all’assicurazione delle cose spedite. Allo spedizioniere è dovuto un compenso che, in
mancanza di convenzione, è determinato secondo le tariffe professionali o gli usi del luogo
dove avviene la spedizione.
c) L’agenzia. Con il contratto di agenzia l’agente si obbliga verso retribuzione a promuovere
stabilmente e con riferimento a una determinata zona la conclusione di contratti. In
mancanza di diversa pattuizione, il contratto tra l’agente e il concedente è di carattere
esclusivo. Obbligo principale dell’agente è la promozione di contratti in una determinata
zona, ma egli è altresì tenuto ad agire in buona fede e ad attenersi alle istruzioni ricevute. È
inoltre tenuto ad informare il preponente sulle condizioni del mercato della zona assegnata.
Il preponente è obbligato al pagamento della provvigione, che costituisce il compenso per
l’attività dell’agente. Il diritto a percepire la provvigione sorge al momento della conclusione
del contratto, ma diventa esigibile solo quando il preponente ha dato esecuzione al
contratto o avrebbe comunque potuto eseguirlo.
Non è possibile inserire nel contratto una clausola in forza della quale l’agente assume su
di sé la garanzia anche solo parziale per l’adempimento del terzo (cd star del credere). È
tuttavia consentito alle parti di prevedere per specifici affari la concessione di una garanzia
da parte dell’agente, purchè sia contemplato un corrispettivo e l’obbligo a cui l’agente
presta garanzia non sia più elevato della sua provvigione. All’agente può essere conferito il
potere di concludere egli stesso i contratti in nome e per conto dell’impresa, nonché la
facoltà di riscuotere i propri crediti. Alla cessazione del rapporto di agenzia, il preponente è
tenuto a corrispondere un’indennità, a condizione che: 1. L’agente abbia procurato nuovi
clienti e il preponente abbia sviluppato il suo volume di affari. 2. Il pagamento dell’indennità
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appaia equo secondo le circostanze del caso e delle provvigioni che l’agente perde e che
risultino dagli affari con i clienti.
d) La mediazione. Il mediatore è colui che mette in relazione due o più parti per la
conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di
collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza. Elemento centrale della fattispecie è
pertanto la creazione di un collegamento tra le parti e la prestazione di tutte quelle attività
che possono agevolare la conclusione dell’affare. Per l’applicazione della mediazione non è
necessario il conferimento di un incarico al mediatore, ma è sufficiente la prestazione
dell’attività di intermediazione, purchè non rifiutata. È pertanto controverso se la
mediazione abbia o meno natura di contratto.
Il mediatore è tenuto a informare le parti delle circostanze a lui note relative alla valutazione
e alla sicurezza dell’affare, che possono influire sulla conclusione, nonché a non prestare la
propria attività a favore di persona notoriamente insolvente o di cui si conosce lo stato di
capacità. In seguito alla conclusione dell’affare, il mediatore ha il diritto ad una provvigione
da ciascuna delle parti, senza che sia necessario attendere la regolare esecuzione dello
stesso.
Sez.2 – azienda
LA NOZIONE DI AZIENDA
L’impresa è l’attività economica svolta dall’imprenditore, mentre l’azienda è il complesso di
beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa. Essa è concepita come
complesso di beni e non come bene aggiuntivo. I beni aziendali, quelli che compongono
l’azienda, sono oggetto di continui mutamenti: vengono sostituiti quando obsoleti, alienati,
ecc.
I rapporti contrattuali sorti nell’esercizio dell’impresa, e le posizioni di credito e di debito che
ne derivano, possono assumere un rilievo essenziale per la proficua continuazione
dell’attività e possono concorrere a determinare il valore di un complesso aziendale.
Nel settore della produzione di servizi non è raro imbattersi in attività svolte sulla sola base
di relazioni di natura contrattuale con collaboratori, fornitori e clienti: in apparente assenza
di beni aziendali ovvero in presenza di beni del tutto trascurabili. Non si applicano in questo
caso le disposizioni in fatto di beni aziendali.
Del resto, azienda e impresa possono presentarsi dissociate anche nel senso opposto: che
cioè esista anche azienda senza impresa. È il caso di situazioni oggettive(revoca di
un’autorizzazione allo svolgimento dell’attività) o soggettive (decisione dell’imprenditore di
sospendere l’attività).
Il coordinamento funzionale dei vari beni aziendali, pur essendo frutto della guida
dell’imprenditore, si traduce in un nesso oggettivo, denominato organizzazione, che
permane anche quando l’attività non dovesse essere più svolta, sino a che il complesso
aziendale non venga disgregato.
Tale nesso organizzativo attribuisce a un insieme di beni eterogenei la qualità di strumento
per l’esercizio dell’impresa, sopravvive alla vicende che riguardano il soggetto che esercita
l’attività e giustifica il maggior valore dell’azienda rispetto alla somma del valore dei singoli
cespiti che la compongono, plusvalore quantificabile sul piano economico in base agli utili
che l’impresa con quell’azienda ha in passato prodotto e presumibilmente produrrà in
futuro: tale attitudine dell’azienda ad attrarre clientela e a produrre utili si denomina
avviamento. Il valore dell’avviamento è non di rado maggiore di quello dell’insieme
mutevole di beni aziendali. 43
Talora i beni aziendali sono suscettibili di essere suddivisi in gruppi, caratterizzati da una
forma di coordinamento all’interno del singolo gruppo in vista di un fine ad esso pertinente,
a cui si affianca il coordinamento interno dei diversi gruppi in vista dell’esercizio
dell’impresa complessivamente considerata. Simili gruppi vengono denominati rami
aziendali e si contraddistinguono per il risultato di dar luogo a singole unità produttive
strumentali all’esercizio su base territoriale dell’attività di impresa. Il loro trasferimento, a
differenza del trasferimento di singoli beni aziendali non coordinati in un ramo, soggiace la
stessa disciplina del trasferimento dell’intera azienda.
I MODI DI APPARTENENZA DELL’AZIENDA
Per imprimere ad ogni bene aziendale la destinazione economica che gli consente di far
parte dell’azienda, l’imprenditore deve vantare dei diritti giuridici nei suoi confronti. Tale è il
diritto di proprietà, ma anche la titolarità di diritti reali parziari, come superficie, usufrutto,
servitù, o personali di godimento. (Si pensi ad una serie di autorimesse, ad uso di fornitori e
dipendenti, con cui si dispone di un diritto di superficie, l’ausilio di attrezzature ottenute
mediante leasing finanziario, ecc.)
Quando perciò si descrive la relazione o modo di appartenenza dell’azienda in termini di
proprietà, si utilizza un’espressione sintetica di comodo uso, usata dal legislatore, ma fonte
di possibili equivoci. Ciò che la proprietà dell’azienda denota, rispetto alla semplice titolarità
dei diritti sui singoli beni aziendali, è da ravvisare nella signoria dei legami organizzativi tra i
differenti beni aziendali e dei tempi e modi del loro asservimento all’esercizio dell’impresa.
È da ricostruire anche il fenomeno della comunione di azienda, quale signoria piena (nel
senso precisato), sebbene condivisa tra più soggetti, del complesso organizzato e delle sue
sorti. Si tratta di solito di una situazione che capita alla morte dell’imprenditore persona
fisica con successione, nel caso egli abbia una pluralità di eredi.
Nel caso di usufrutto e affitto di azienda al titolare dei diritti spetta, con alcuni limiti, la
facoltà, ma anche il dovere, di gestire l’azienda, coordinando i beni mutevoli che la
compongono per il perseguimento dell’attività a cui essa risulta destinata. Ciò
indipendentemente dal soggetto cui spetti la proprietà dei singoli beni aziendali.
È certamente possibile la costituzione di diritti reali di garanzia su singoli beni aziendali a
seconda della loro natura, ma si può anche costituire pegno sull’intera azienda o su di un
suo ramo, ad eccezione dei beni immobili e mobili registrati che ne facessero parte, sui
quali si potrebbe costituire un’ipoteca.
Per quanto riguarda la natura giuridica dell’azienda non c’è spazio per le teorie cd unitarie,
ma piuttosto prevale la valutazione di tipo atomistico, secondo la quale l’azienda è formata
da beni diversi, che concorrono tutti ad un’unica destinazione economica. L’azienda non
può essere considerata un’universalità di beni mobili, ma si possono trovare al suo interno
più universalità di beni.
CIRCOLAZIONE E CONFLITTI DI APPARTENENZA
Il trasferimento della proprietà o il godimento dell’azienda può essere oggetto di contratti.
Molto diffusi sono i contratti di vendita, con o senza riserva di proprietà, i contratti di
donazione, di affitto di aziende o rami aziendali. Di più recente costituzione sono i patti di
famiglia, finalizzati alla trasmissione dell’azienda in favore di uno o più discendenti
44
dell’imprenditore , con modalità tali da impedire future pretese su di essa da parte dei
legittimari. Assai frequente è il conferimento di un’azienda in una società, al momento della
costituzione o in sede di aumento del capitale sociale.
Meno frequente è l’assegnazione dell’azienda da parte della società ad uno dei soci, o al
socio unico, al termine della sua liquidazione.
Il trasferimento può altresì verificarsi per successione a causa di morte a favore dell’erede,
legittimo o testamentario.
Oggetto dei più vari contratti può essere anche il trasferimento della proprietà o il
godimento di singoli beni aziendali. La fisiologica mutevolezza dei beni rende possibile
l’alienazione del singolo bene con il proseguire della vita dell’azienda.
È necessario tenere ben distinti:
- Il trasferimento dell’azienda o di un ramo di essa: in questo caso alla disciplina tipica
dell’atto giuridico che realizza il trasferimento e a quella connessa alla tipologia dei diritti e
dei beni trasferiti, si aggiunge quella contenuta negli artt. 2556ss. E ogni altra norma il cui
presupposto sia la cessione di un ramo d’azienda o dell’intera azienda
- Il trasferimento di singoli beni che complessivamente considerati costituiscono l’impresa. In
questo caso la disciplina si esaurisce in quella dei normali contratti.
Nel caso in cui oggetto del trasferimento sia l’azienda nel suo insieme o un ramo di essa vengono
tutelati alcuni interessi particolari: l’interesse di tutti i terzi all’informazione su un rilevante “fatto”
della vita dell’impresa, idoneo a incidere sul suo andamento; l’interesse dell’alienante a realizzare
integralmente il valore dell’azienda e quello dell’acquirente a salvaguardarne il valore e la sua
attitudine a produrre reddito.
Quanto alla forma del contratto traslativo vige una triplice regola:
- Ai fini della validità del contratto è necessaria la stessa forma a tal fine richiesta in
dipendenza vuoi della natura dei singoli beni inclusi nell’azienda, vuoi della natura del
contratto con cui l’azienda viene trasferita.
- Ai fini della prova relativa alla conclusione e al contenuto del contratto, in ipotesi di lite tra le
parti, si esige la forma scritta, escludendo la prova per testimoni
- Al fine dell’iscrizione nel registro delle imprese, si esige una particolare forma scritta, l’atto
pubblico o la scrittura privata autenticata, affinché il notaio ne curi il deposito entro 30
giorni presso l’ufficio competente.
I contratti che comportano il trasferimento di aziende sono infatti soggetti a pubblicità legale
mediante a iscrizione nel registro delle imprese. Il luogo (sezione ordinaria o speciale) e l’efficacia
dell’iscrizione (dichiarativa o notizia) dipendono alle regole applicabili in base alla natura
commerciale o agricola e alle dimensioni piccole o non piccole dell’impresa trasferita.
Non può invece essere riconosciuto alla pubblicità presso il registro delle imprese il ruolo di criterio
per la soluzione di conflitti tra più acquirenti della stessa azienda.
Vigono le regole della trascrizione per quanto riguarda gli immobili e i mobili registrati, mentre la
regola “possesso vale titolo” per i non registrati. È chiaro, quindi, che una tale situazione può
portare ad una disgregazione del patrimonio aziendale.
CIRCOLAZIONE E RAPPORTI CON TERZI
Il rapporto tra acquirente e debitori aziendali viene regolamentato avendo riguardo di un duplice
interesse: in primo luogo si dà riguardo all’interesse dell’acquirente a far valere i crediti aziendali di
cui è titolare senza dover procedere alla notifica ad ogni singolo debitore aziendale. In secondo
45
luogo di dà rilievo all’interesse del debitore aziendale ceduto a vedersi liberato dal proprio obbligo
qualora, nonostante l’avvenuta iscrizione, abbia pagato in buona fede nei confronti dell’alienante.
Notevole protezione viene concessa ai creditori aziendali, vale a dire coloro che sono divenuti
creditori dell’alienante per effetto della gestione dell’impresa ceduta. Essi mantengono invariata la
loro pretesa nei confronti dell’alienante, per altro verso godono anche della responsabilità
dell’acquirente, se l’impresa ceduta è di carattere commerciale e detti crediti risultano
obbligatoriamente dei libri contabili. Il creditore aziendale ha potere discrezionale sul soggetto da
cui esigere il pagamento del credito.
Per quanto riguarda i rapporti tra alienante e acquirente, da un lato, e terzi debitori-creditori di
prestazioni contrattuali non ancora avvenute, dall’altro lato, si applica una disciplina particolare.
L’obbligazione derivante dal contratto non deve però essere stata eseguita da nessuna delle parti
(se no si applicherebbe una delle due discipline di cui sopra). La controparte dell’alienante, in
questi casi, subisce un mutamento del soggetto debitore-creditore.
Tale successione del rapporto non si verifica quando il contratto abbia ad oggetto una prestazione
personale in cui assuma rilievo la persona dell’imprenditore. In secondo luogo, al terzo spetta il
diritto di recesso per giusta causa entro tre mesi dalla notizia del trasferimento. Questo può
avvenire qualora si venga a conoscenza di fatti che facciano presumere che il nuovo imprenditore
non sarà in grado di far fronte agli impegni derivanti dal contratto.
Nel contratto di consorzio l’acquirente subentra nel contratto, ma per giusta causa gli altri
consorziati possono deliberarne, entro un mese dalla notizia del trasferimento, l’esclusione dal
consorzio.
Regole speciali sono dettate anche in merito al rapporto contrattuale con i lavoratori dipendenti:
- In primo luogo il rapporto con i dipendenti segue le sorti dell’azienda, quindi il rapporto di
lavoro continua con l’acquirente in modo immutato, senza che nel contratto di trasferimento
d’azienda possa stabilirsi diversamente.
- L’alienante e l’acquirente dell’azienda sono entrambi sempre solidalmente obbligati al
pagamento dei debiti da lavoro maturati dai dipendenti al tempo del trasferimento,
ancorchè l’azienda non sia commerciale e i debiti non risultino dai libri contabili obbligatori.
Le medesime regole finora illustrate valgono anche nel caso di usufrutto o affitto di azienda, fatto
salvo per la norma dettata in tema di responsabilità dell’acquirente per i debiti aziendali risultanti
dalle scritture contabili obbligatorie. La mancanza di un’estensione espressa di questa norma
all’usufrutto e all’affitto induce a negare la possibilità dell’estensione della responsabilità
dell’acquirente.
CIRCOLAZIONE E RAPPORTI TRA LE PARTI
Alienante e acquirente dell’azienda possono liberamente regolare i propri interessi nel loro
rapporto interno entro i pochi limiti derivanti dalla legge (successione obbligatoria dei rapporti coi
dipendenti, incedibilità dei contratti personali dell’alienante). Essi possono scegliere di porre ad
oggetto l’intero patrimonio aziendale ovvero di escludere il trasferimento di uno o più beni o ancora
selezionarne un ramo.
Altrettanto vale per i rapporti contrattuali, di credito o di debito.
Per i contratti in corso di esecuzione pertinenti al complesso trasferito si verifica una successione
ex lege, che non richiede un previo accordo tra alienante e acquirente, ma che con apposito patto
può essere esclusa totalmente o parzialmente. 46
Per i crediti e debiti aziendali, se non vi è espressa pattuizione in merito, si deve ritenere che il
trasferimento dell’azienda non li ricomprenda, dal momento che essi non sono beni.
Con riferimento alla ditta e al marchio:
- La prima norma afferma che il trasferimento contrattuale è subordinato al consenso
dell’alienante, il quale pur non potendosi presumere, può non essere espresso, bensì
ricavabile da diverse pattuizioni o da comportamenti delle parti
- La seconda norma ricollega al silenzio la presunzione che il trasferimento di azienda
comporti anche il trasferimento all’acquirente del diritto all’uso esclusivo del marchio, fatta
eccezione del caso in cui il marchio coincida con la ditta originaria, occorrendo in tal caso il
consenso dell’alienante in coerenza con la regola precedente.
Il divieto di non concorrenza si intende violato in tutti i casi in cui l’effetto della sviamento di
clientela sia causato dall’alienante in maniera diretta o indiretta, ad esempio se l’alienante
assumesse compiti di gestione o la posizione di socio di controllo o di riferimento in una società
concorrente ovvero tentasse di eludere il divieto servendosi di propri mandatari o di altri soggetti
interposti.
Per quanto riguarda invece l’usufrutto e l’affitto di azienda l’unica differenza sta nella temporaneità
del trasferimento in capo all’usufruttuario e all’affittuario, poiché questa è destinata a pervenire o a
ritornare in capo al proprietario con l’estinzione del contratto di godimento. L’affittuario e
l’usufruttuario per questo motivo deve:
- Esercitare l’attività aziendale adoperando la ditta sotto la quale l’attività già veniva svolta
- Non modificare la destinazione dell’azienda
- Mantenere lo stato di efficienza dell’organizzazione e degli impianti e assicurare la continua
presenza di una quantità di scorte adeguata
- Inventariare i beni aziendali all’inizio e al termine della gestione, con la conseguenza che le
eventuali differenze danno luogo a un obbligo pecuniario di corrispondente importo tra le
parti.
Sez.3 – contabilità
CONTABILITA’ DELL’IMPRESA E SCRITTURE CONTABILI
La contabilità è formata da un insieme di documentazione dell’evoluzione dell’iniziativa nel suo
complesso e delle singole operazioni in cui essa si concretizza. La contabilità svolge
essenzialmente la funzione di strumento di controllo, e prima ancora di conoscenza, che può
anche diventare oggetto di uno specifico controllo, il controllo contabile, la configurazione e il
funzionamento del quale sono a loro volta oggetto di controllo.
La contabilità mira ad individuare i risultati dell’impresa, rilevando solo i fatti di gestione. La loro
documentazione vuole indicare in particolare i ricavi e i costi derivanti dalla gestione dell’impresa e,
quindi, il risultato della gestione.
Occorre specificare inoltre il valore degli elementi attivi e degli elementi passivi.
L’esigenza di rilevare e documentare i risultati della gestione e la redditività corrisponde ad un fine
informativo, funzionale alla conoscenza dell’esito della gestione. Le scritture contabili
rappresentano anche un metodo di analisi ex post dei risultati d’impresa, ad esempio in caso di
crisi della stessa, rappresentano uno specifico valore probatorio e alla violazione della disciplina in
47
merito vengono accompagnate pesanti sanzioni penali accompagnate dal reato di bancarotta
semplice. Per questo motivo sono obbligatorie per tutte le imprese commerciali non piccole.
Il libro giornale è diretto alla rilevazione e alla documentazione della gestione. In esso devono
essere registrate soltanto le operazioni di gestione. La funzione di individuare la dimensione della
garanzia patrimoniale dell’impresa è invece svolta dall’inventario, nel quale deve essere indicato il
valore delle attività e passività dell’impresa e, in una sezione separata, debiti e crediti
dell’imprenditore. L’inventario “si chiude” con la redazione del bilancio e del conto dei profitti e delle
perdite, documenti analoghi da quelli disciplinati in materia di società: lo stato patrimoniale e il
conto economico.
Una regolamentazione assai dettagliata è prevista, per tali documenti, per le società di capitali, il
cui bilancio di esercizio è destinato a essere pubblicato, svolgendo un fine informativo anche nei
confronti di terzi.
Per le imprese non societarie e per le società di persone le legge si astiene dall’imporre schemi
prefissati e lascia alle imprese l’individuazione di una modalità per una ordinata contabilità.
LA CONTABILITA’ DELL’IMPRESA ORGANIZZATA IN FORMA SOCIETARIA
(norme sul bilancio studiate in metodologie)
TENUTA, CONSERVAZIONE E VALORE PROBATORIO DELLE SCRITTURE CONTABILI
La legge richiede a tutte le imprese di osservare determinate modalità ai fini sia della tenuta della
contabilità che della sua conservazione. La legge impone che tutte le scritture contabili siano
tenute secondo le norme di una ordinata contabilità vietando buchi, interlinee e trasporti in
margine. In caso di cancellazione, le parole o le cifre cancellate devono essere comunque leggibili.
Si prevede inoltre che tutte le pagine siano preventivamente numerate e che ove la bollatura o la
vidimazione siano obbligatorie, che siano vidimate. Anche dove non sono obbligatorie possono
essere bollate, tranne il libro giornale e il libro degli inventari.
La conservazione è obbligatoria per dieci anni a partire dall’ultima registrazione. Ci si può avvalere
anche di supporti ad immagini, a patto che gli strumenti necessari siano forniti, in qualsiasi
momento, dall’utilizzatore.
La contabilità può anche essere tenuta con supporti informatici, a condizione che le registrazioni
siano in ogni momento accessibili.
Le scritture contabili regolarmente tenute hanno efficacia probatoria riconosciuta dall’ordinamento.
Fanno prova in via di principio CONTRO chi le ha tenute.
Inoltre, chi le ha tenute, può tramite esse provare un fatto a sé favorevole, a patto che:
- Siano state regolarmente tenute
- Iil giudizio in questione riguardi una controversia tra imprese.
La legge prevede inoltre specifiche regole volte a disciplinare l’utilizzazione in giudizio delle
scritture contabili, a partire dal principio di inscindibilità del loro contenuto il quale impone di tenere
conto del loro contenuto complessivo.
Si prevedono due diverse modalità di utilizzazione in giudizio: la comunicazione integrale e
l’esibizione. 48
- La comunicazione ha ad oggetto l’intera contabilità di impresa: tale mezzo di prova è in
contrasto con l’esigenza della riservatezza (tranne per quanto riguarda le società di
capitali).
La legge consente al giudice di ordinarla soltanto in caso di scioglimento della società, di
comunione di beni e di successione a causa di morte.
L’esibizione che il giudice può ordinare in ogni caso, anche d’ufficio, ha invece ad oggetto a
seconda dei casi i libri contabili o singole scritture o documenti contabili relativi all’impresa.
Sez.4 – pubblicità legale
IL REGISTRO DELLE IMPRESE: FUNZIONI E FONTI NORMATIVE
Il mondo delle imprese richiede informazioni. È necessario che sia verificata la attendibilità dei dati,
dei fatti e atti resi pubblici, poiché su tali informazioni si crea un ragionevole affidamento che
sarebbe tradito da notizie false o inesatte.
Il registro delle imprese regolato dall’ordinamento italiano trova corrispondenza in registri analoghi
nei vari stati europei. Ad oggi non esiste però un registro europeo delle imprese, ma solo un
network formato dai vari registri nazionali. Soltanto in tema di società di capitali la disciplina è stata
peraltro armonizzata.
L’art. 2118 proclama l’istituzione del registro delle imprese, affidandone la tenuta ad apposito
ufficio sotto la vigilanza del giudice delegato dal presidente del tribunale. Solo nel 1993 e nel 1995
con appositi decreti ne è stata data attuazione a tale registro, la cui tenuta è stata affidata alle
camere di commercio.
L’EFFICACIA DELLA PUBBLICITA’ LEGALE
a) Pubblicità notizia. È il fine minimo di ogni sistema pubblicitario. Si parla di pubblicità notizia
quando il fine del meccanismo pubblicitario si esaurisce nella messa a disposizione
dell’informazione e nella sua relativa conoscibilità generale, cosicchè ogni interessato
diligente possa accedervi. L’utilità della pubblicità notizia è quindi quella di censimento delle
imprese oltre che di rendere conoscibili determinate notizie.
b) Pubblicità dichiarativa. L’efficacia ordinaria della pubblicità attuata con l’iscrizione nel
registro delle imprese supera la mera conoscibilità del fatto pubblicato e consiste in una
forma di conoscenza legale di quanto è oggetto di iscrizione: la si denomina pubblicità
dichiarativa. L’effetto dichiarativo concerne tutte le iscrizioni per le quali specifiche
disposizioni di legge non stabiliscano altrimenti, è prodotto da 1. Tutte le iscrizioni nella
sezione ordinaria a eccezione di quelle a cui venga ricollegata un’efficacia costitutiva o
normativa. 2.tutte le iscrizione concernenti l’impresa agricola quantunque effettuate in una
sezione speciale.
L’efficacia dichiarativa presenta un duplice profilo. Il profilo positivo riguarda gli effetti
dell’iscrizione avvenuta e giova all’imprenditore nei suoi rapporti con i terzi. L’ignoranza di
quanto è stato oggetto di iscrizione è giuridicamente irrilevante. Se l’imprenditore o altro
soggetto può invocare una pretesa o ottenere un beneficio soltanto nei confronti di chi sia a
conoscenza di un determinato fatto di cui si prescrive l’iscrizione, una volta effettuata
l’iscrizione il terzo non può opporvi la propria ignoranza, ancorchè non colpevole del fatto.
Ciò comporta che i terzi hanno l’onere di monitorare le risultanze del registro delle imprese.
Il profilo negativo riguarda gli effetti dell’iscrizione mancata e avvantaggia i terzi nel loro
rapporto con l’imprenditore. Se la legge prescrive l’iscrizione di un fatto e questa non viene
realizzata, in via di principio l’imprenditore obbligato non può invocare una pretesa o
ottenere un beneficio che la legge condizioni alla altrui conoscibilità di quel fatto. La pretesa
49
o il beneficio sono in tal caso invocabili soltanto nei confronti di chi si dimostri essere nella
effettiva conoscenza del fatto non pubblicizzato. Non vi è nulla che affermi la prevalenza
degli effetti di un atto iscritto rispetto a quelli di un atto non iscritto o iscritto posteriormente.
c) Talora l’iscrizione nella sezione ordinaria è richiesta per la produzione degli effetti giuridici
tipicamente ricollegati dalla legge a un determinato fatto o atto. In questi casi alla pubblicità
si riconosce una forma costitutiva. Ciò accade, per esempio, per l’acquisizione della
capacità giuridica da parte di società di capitali e cooperative. È anche possibile che
l’esecuzione della pubblicità condizioni la produzione di una sola parte degli effetti tipici di
un atto (efficacia costitutiva parziale).
d) Pubblicità sanante. In alcune ipotesi di pubblicità costitutiva, l’iscrizione nel registro delle
imprese assume un ulteriore valore, cd sanante. Essa consolida infatti gli effetti giuridici
contestualmente prodotti, impedendo di far valere l’invalidità dell’atto soggetto a iscrizione.
La tutela dei soggetti pregiudicati dall’atto invalido è pertanto affidata a rimedi di tipo
risarcitorio.
e) Pubblicità normativa. Si verifica nei casi in cui l’effettuazione della pubblicità determina
l’applicazione di una disciplina giuridica sotto vari aspetti diversa da quella applicabile in
caso di mancata realizzazione della pubblicità.
I PRINCIPI FONDAMENTALI DEL REGISTRO DELLE IMPRESE
Il registro delle imprese ha natura unitaria, benchè i relativi uffici siano dislocati su tutto il territorio
nazionale, su base provinciale, presso le camere di commercio, e benchè esso sia ripartito in una
sezione ordinaria e più sezioni speciali.
Il registro è tenuto con modalità informatiche, non cartacee. La pubblicità viene richiesta agli
obbligati mediante l’invio telematico di documenti in formato elettronico. Viene eseguita mediante
inserimento di dati rilevanti in un apposito archivio informatico.
Ogni sistema pubblicitario deve tutelare l’affidamento sulla corrispondenza al vero dei dati, sulla
provenienza delle dichiarazioni e sulla validità degli atti giuridici. Le informazioni contenute sono
tipiche, ciò al fine di consentire agli interessati di trovarle agevolmente.
Nel contempo, quando la legge prevede il ricorso alla pubblicità da parte di un imprenditore o chi lo
rappresenta, questa è obbligatoria. Oltre a rappresentare il contenuto di un obbligo, di frequente
l’esecuzione della pubblicità rappresenta un onere per chi vi ricorre: per potersi avvalere dell’altrui
conoscenza legale o degli effetti la cui produzione dipenda da pubblicità costitutiva.
LA STRUTTURA E IL PROCEDIMENTO
La pubblicità nel registro delle imprese viene effettuata su base soggettiva, nel senso che le
informazioni sono reperibili in relazione al soggetto cui si riferiscono. La prima iscrizione attiene
all’iscrizione del soggetto, dati anagrafici, ditta, oggetto, ecc. per le società i dati oggetto della
prima iscrizione comprendono nome, ragione sociale, dati identificatici dei soci e delle rispettive
partecipazioni, informazioni sui componenti e sulla durata degli organi ecc.
Sono di regola oggetto di pubblicità anche le successive modifiche delle informazioni date in sede
di prima iscrizione.
Oggi gli “imprenditori soggetti a registrazione”, che vanno iscritti nella sezione ordinaria sono le
società di forma commerciale, i consorzi tra imprenditori con attività esterna, gli enti pubblici che
hanno come oggetto esclusivo o principale una attività commerciale, le società straniere che
aprono una sede secondaria in Italia o che qui esercitano l’attività principale e i geie con sede in
Italia. 50
Nelle sezioni speciali invece vanno iscritti gli imprenditori agricoli non costituiti in forma di società
commerciale, i piccoli imprenditori, le ss, le società tra avvocati, le imprese sociali e le società tra
professionisti.
La domanda redatta con la corretta compilazione deve essere corredata dalla documentazione
richiesta e va presentata entro il termine stabilito dalla legge: il termine ordinariamente previsto
dalla prima iscrizione è di 30 giorni dall’inizio dell’attività.
L’iscrizione viene effettuata nei successivi 10 giorni, 5 se inviata in via informatica e, se viene
rifiutata con giustificato motivo dall’ufficio, il soggetto può fare ricorso nel termine di 8 giorni dalla
notificazione del rifiuto.
All’ufficio spetta un controllo di regolarità formale della documentazione presentata, cioè di verifica
che la domanda sia compilata in modo corretto, e che la documentazione allegata sia quella
richiesta. Non spetta all’ufficio alcun controllo sostanziale, che è di norma demandato al notaio, il
quale certifica la conformità di legge dell’atto.
CAPITOLO V – LA CRISI
CRISI DELL’IMPRESA E PROCEDURE CONCORSUALI
L’esercizio dell’impresa dipende anche da molteplici fattori esterni. Questi, o la condotta
imprenditoriale e amministrativa, possono causare delle situazioni in cui l’impresa diventi
insolvente, cioè non sia in grado di far fronte regolarmente ai propri debiti.
La disciplina della crisi dell’impresa si compone di una serie di procedure concorsuali, che sono
finalizzate a una sistemazione complessiva delle pretese dei creditori che sono in concorso tra
loro. Tali procedure sono: 1.il fallimento 2.il concordato preventivo 3.la liquidazione coatta
amministrativa 4.l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese 5.l’amministrazione
straordinaria delle imprese di (ancor più) grandi dimensioni.
La disciplina delle prime due misure sopra indicate è contenuta nella legge fallimentare del 1942,
oggetto di riforma nel 2005, che si apre con il fallimento e prosegue con il concordato preventivo,
disciplina gli accordi di ristrutturazione dei debiti e contempla alcune disposizioni sulla liquidazione
coatta amministrativa. Quest’ultima è invece disciplinata da più leggi speciali in merito.
Il presupposto oggettivo del fallimento e dell’amministrazione straordinaria è rappresentato dallo
stato di insolvenza dell’impresa. Si può essere insolventi senza essere inadempienti e viceversa.
Accanto ai singoli crediti assume rilevanza preminente la collettività dei creditori, così come,
accanto ai singoli rapporti finanziari, viene in considerazione il complessivo finanziamento.
Il legislatore ha previsto di anticipare il possibile intervento della procedura di concordato
preventivo e dell’omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti, che possono trovare
applicazione sin da quando si ravvisi uno stato di crisi, ancorchè non vi sia insolvenza.
La disciplina del fallimento e del concordato preventivo si applica a tutte le imprese commerciali,
fatta eccezione per le imprese pubbliche e per quelle che non superino determinate soglie
dimensionali. Sono dunque escluse le imprese agricole e le imprese di minori dimensioni.
L’esclusione richiede che:
- L’attivo patrimoniale annuo non sia mediamente superiore a euro trecentomila nei tre
esercizi la data di deposito della istanza di fallimento
51
- I ricavi lordi annui non siano mediamente superiori a euro duecentomila nei tre esercizi
antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento
- I debiti, ancora non scaduti, non siano superiori a euro cinquecentomila
Per le imprese commerciali che superino 200 lavoratori subordinati e debiti per un ammontare non
inferiore ai due terzi dell’attivo e dei ricavi dell’ultimo esercizio, la legge esclude l’applicazione
immediata del fallimento. Il luogo di esso, una volta dichiarato lo stato di insolvenza, prende avvio
una fase interlocutoria, volta a verificare se l’impresa presenti concrete prospettive di recupero
dell’equilibrio economico. In tal caso si apre la procedura di amministrazione straordinaria delle
grandi imprese insolventi, mentre, in assenza di teli prospettive si apre la procedura del fallimento.
Le imprese che abbiano (singolarmente o come gruppo) cinquecento dipendenti e un
indebitamento non inferiore a trecento milioni di euro, possono invece richiedere l’ammissione
immediata, non preceduta da fase interlocutoria, all’ulteriore e distinta procedura di
amministrazione straordinaria delle imprese insolventi di rilevanti dimensioni.
Le procedure amministrative sono volte a risanare l’equilibri patrimoniale dell’impresa, mentre
quelle giurisdizionali sono volte alla soddisfazione dei creditori.
Alla procedura di liquidazione coatta amministrativa sono invece assoggettate peculiari categorie
di imprese, individuate per la tipologia dell’attività svolta, essenzialmente nei cd mercati
regolamentati.
Le soluzioni concordate della crisi sono invece il concordato preventivo e gli accordi di
ristrutturazione dei debiti, disciplinati nel titolo terzo della legge fallimentare, entrambi caratterizzati
dalla connotazione concordata della soluzione della crisi e dalla identità del presupposto
oggettivo., rappresentato in entrambe le ipotesi, dallo “stato di crisi”.
IL FALLIMENTO: CARATTERI GENERALI E APERTURA DELLA PROCEDURA
Il fallimento riveste una indiscussa centralità nella disciplina delle procedure concorsuali, oltre a
costituire la disciplina generale dell’insolvenza delle imprese commerciali che non raggiungano le
dimensioni presupposte dall’amministrazione straordinaria. Esso offre infatti alcune norme
estendibili alle altre procedure concorsuali.
Il fallimento si caratterizza come una procedura essenzialmente liquidativa, volta cioè a soddisfare
le pretese dei creditori, a seguito della distribuzione del denaro risultante dalla liquidazione. Ciò
non esclude però che la soddisfazione dei creditori possa avvenire anche in sede di esecuzione di
un accordo, concluso con i creditori, che assume il nome di concordato preventivo.
Organi del fallimento sono il cd tribunale fallimentare, il quale oltre ad essere investito dell’intera
procedura, è competente a conoscere tutte le cause del fallimento; il giudice delegato e il comitato
dei creditori, che svolgono funzioni di vigilanza e controllo e il curatore, al quale sono affidate
funzioni esecutive.
La procedura di fallimento si apre in via autonoma, a seguito della sua dichiarazione a opera del
tribunale del luogo in cui è situata la sede principale dell’impresa, che vi provvede con sentenza. Il
tribunale può dichiarare fallimento solo su istanza di parte, e successivamente al ricorso di uno o
più creditori, che rappresenta l’ipotesi di gran lunga prevalente, oltre che sistematicamente
centrale, ma anche del debitore, il quale è anzi obbligato a chiedere il proprio fallimento, su
52
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