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STRUTTURA
Il sistema di controllo interno ha una sua SPECIFICA ARTICOLAZIONE in termini di soggetti
che concorrono alla sua predisposizione, verifica e implementazione.
La responsabilità apicale del sistema di controllo interno compete al CdA, il quale:
e in particolare, avvalendosi dell’apporto fornito dal
Determina le linee di indirizzo,
il livello di “rischio accettabile”;
management,
Supervisiona e controlla il deployment operativo del sistema;
l’adeguatezza, l’efficacia e l’effettivo funzionamento
Valuta, con cadenza almeno annuale,
del sistema.
Per l’assolvimento di tali compiti, il CdA si avvale dell’assistenza e dell’attività istruttoria di un
apposito organismo consiliare, il comitato controllo e rischi.
È invece un amministratore incaricato dal CdA a definire gli strumenti e le modalità di
attuazione del sistema, in esecuzione degli indirizzi stabiliti dal CdA,.
Il controllo over financial reporteing compete invece al dirigente preposto alla redazione
dei documenti contabili societari, la cui nomina, per le società quotate, è obbligatoria.
Egli è tenuto a predisporre adeguate procedure amministrative e contabili per la
d’esercizio
formazione del bilancio e, se previsto, del bilancio consolidato, nonché di ogni
altra comunicazione di carattere finanziario. attestare l’adeguatezza e l’effettiva
Al dirigente preposto è altresì attribuito il compito di
applicazione di tali procedure mediante apposita dichiarazione scritta e, unitamente agli
organi amministrativi delegati, tramite apposita relazione allegata al bilancio.
Allo scopo di assicurare effettività al ruolo del dirigente preposto, la legge impone al CdA di
per l’esercizio dei compiti a lui
vigilare affinché lo stesso disponga di adeguati poteri e mezzi
attribuiti (es. obbligo di partecipare alle riunioni consiliari), i quali vengono individuati dalla
delibera di nomina, che potrà essere poi implementata attraverso un apposito regolamento interno
al fine di delineare il ruolo del dirigente preposto (determinante soprattutto quando la società si
trovi al vertice di un gruppo di società e sia tenuta alla relazione del bilancio consolidato).
A fronte delle rilevanti funzioni attribuitegli, la nuova normativa estende al dirigente preposto le
norme che regolando la responsabilità degli amministratori nei confronti della società e dei terzi.
Al dirigente preposto si estende altresì la responsabilità penale per il delitto di false
comunicazioni sociali e per altre fattispecie penali.
verificare l’efficienza del controllo interno
La funzione di e di suggerire i necessari interventi
di miglioramento è affidata al responsabile dell’internal audit: il Codice di Autodisciplina
l’attribuzione al
del 2011 raccomanda CdA del potere di nominare/revocare tale figura,
definendone la remunerazione e le risorse destinate all’espletamento del suo incarico (creando
“dipendenza” del responsabile dal CdA).
così però non poche perplessità circa la sostanziale
operato, al collegio sindacale, all’amministratore di sovrintendere alla
Egli riferisce, sul suo
funzionalità del sistema di controllo e, in ultima istanza, al CdA.
La funzione di internal audit è normalmente affidata a un soggetto interno, ma può essere
affidata anche a soggetti esterni alla società, purché dotati di adeguati requisiti di professionalità
e indipendenza, ai quali può essere attribuito anche il ruolo di preposto al controllo interno.
CONTROLLO DEI RISCHI
La Crisi ha mostrato il fallimento degli schemi di governo dei rischi, i quali miravano non
tanto alla prevenzione dei rischi, quanto alla loro gestione una volta verificatisi i loro effetti.
Gestione strategica e governo dei rischi erano poi, di fatto, interamente delegati a managers e
col rischio che questi si assumessero rischi “intollerabili” al solo fine
amministratori esecutivi,
di raggiungere gli obbiettivi previsti dagli schemi di incentivazione predisposti in loro favore.
In questo senso è centrale che il CdA assuma un ruolo determinante nel c.d. risk oversight,
ossia nella supervisione dei rischi aziendali e nella definizione della soglia di rischio accettabile
e che l’attività
(c.d. risk appetite), di risk management venga integrata nel processo di
nell’ambito dell’attività di
pianificazione strategica, il quale dovrebbe essere reso trasparente
rendicontazione agli investitori e al mercato. 43
RESPONSABILITÀ DELL’IMPRESA E MODELLI ORGANIZZATIVI
“responsabilità
231/2001
Il d.lgs. n. , relativo alla amministrativa delle persone giuridiche, delle
società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”, prevede a carico degli enti
sanzioni amministrative (di particolare afflittività), conseguenti a determinati tipi di reato e
irrogare con le garanze del procedimento penale (= con valenza sostanzialmente penale).
La RESPONSABILITÀ dell’ente sussiste solo nelle ipotesi in cui la condotta illecita sia stata
nell’interesse o a vantaggio dell’ente
posta in essere stesso.
l’ente è responsabile solo se il reato è stato compiuto:
Peraltro,
Da soggetti in posizione apicale, ossia dirigenti: persone che rivestono funzioni di
rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua autonoma unità
organizzativa e persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;
Da soggetti in posizione subordinata, ossia dipendenti: persone sottoposte alla
direzione o alla vigilanza dei soggetti in posizione apicale.
La responsabilità degli enti è una responsabilità autonoma e non solidale, che non
elimina ma si aggiunge a quella della persona fisica che ha realizzato materialmente il fatto.
Il coinvolgimento sul piano sanzionatorio mira ad indurre l’ente a comportamenti utili al fine di
prevenite il compimento delle fattispecie delittuose.
I C.D. REATI-PRESUPPOSTO
reati che determinano l’attribuibilità di una responsabilità amministrativa all’ente
I
sono chiamati “reati-presupposto”: commessi nell’interesse o a vantaggio
non tutti i reati
dell’ente fondano, infatti, la sua responsabilità.
Il d.lgs. 231/2001 ha adottato il principio tipico del diritto penale, il principio di legalità:
l’ente può essere ritenuto colpevole solo per un fatto costituente reato e può essere
sanzionato solo se previsto da una legge entrata in vigore prima della commissione del fatto.
L’elencazione contenuta nel d.lgs. 231/2001 è tassativa: l’ente non può essere
imputato per nessun altro reato diverso da quelli indicati dal legislatore.
Nel 2001 il decreto ha previsto solo 5 fattispecie delittuose:
Indebita percezione di erogazioni pubbliche
Truffa in danno dello Stato o di altro ente pubblico o per il perseguimento di erogazioni pubbliche
Frode informatica in danno dello Stato o di altro ente pubblico
Concussione
Corruzione della responsabilità amministrativa dell’ente ha
Tuttavia, il novero dei reati-presupposto
iniziato ad ampliarsi. Con vari interventi legislativi sono stati aggiunti:
Nel settembre 2001, i delitti di falsità in monete, carte pubbliche di credito e valori di bollo;
Nel 2002, i c.d. reati societari, come le false comunicazioni sociali, la formazione fittizia di
capitale, l’indebita restituzione dei conferimenti, l’illegale ripartizione di utili e/o riserve,
l’aggiotaggio, l’ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza e i
reati di abuso di mercato.
C’era un’assoluta preminenza di
reati di natura contabile-finanziaria.
Il quadro cambia nel 2007, quando per la prima volta vengono inclusi tra i reati-presupposto
anche alcuni a connotazione colposa: reati con finalità di terrorismo, reati di pratiche di
mutilazione, reati contro la personalità individuale (omicidio, lesioni gravi o gravissime),
ricettazione, riciclaggio e impiego di capitali illeciti.
Nel 2009, i reati contro l’industria e il commercio e in materia di violazione del diritto di autore
e dei segni di riconoscimento, i reati di criminalità organizzata e, soprattutto, il reato di
col rischio però di “aprire la porta” a tutti quei reati, non inclusi
associazione per delinquere,
nell’elencazione (che dovrebbe essere tassativa), che possono essere compiuti in
associazioni.
Nel 2012 sono poi stati introdotti i reati in materia ambientale e di inquinamento e la c.d.
corruzione tra privati. 44
L’ESONERO DA RESPONSABILITÀ dell’ente presuppone:
L’adozione ed efficace attuazione (prima della commissione del fatto), di modelli di
organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi
(di cui deve essere data prova);
L’affidamento del compito di vigilare sul funzionamento e sull’osservanza dei modelli,
(OdV) interno all’ente
nonché curare il loro aggiornamento a un organismo di vigilanza
dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo.
Che il reato sia stato commesso eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione
vi sia stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’OdV.
e di gestione, e non
composizione dell’OdV deve essere tale da garantire l’effettività della sua attività di vigilanza.
La
Se nelle società di piccole dimensioni è possibile un OdV a composizione monocratica, la
giurisprudenza ritiene che negli enti di medio/grandi dimensioni o di particolare complessità
sia più adeguata la forma collegiale.
La dottrina ha poi ritenuto che l’indipendenza richiesta all’OdV nel suo complesso
presupponga l’indipendenza dei suoi componenti, che per alcuni potrebbe essere
pregiudicata dall’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato. di tipo “ispettivo” e
I soggetti che lo compongono devono essere in possesso di competenze
“consulenziale”, e devono essere provvisti di adeguate conoscenze tecniche ed esperienza.
Giurisprudenza e dottrina, come per il collegio sindacale, richiedono altresì che per i
componenti dell’OdV siano previste cause di ineleggibilità connesse alla loro onorabilità.
Dopo un lungo dibattito dottrinale, il legislatore ha infine espressamente ammesso la
compiti dell’OdV al collegio sindacale.
possibilità di attribuire il ruolo e quindi i
MODELLI DI ORGANIZZAZIONE E DI GESTIONE
Il legislatore non prevede a carico dell’ent