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CONFLITTO DI INTERESSI NELL’ESERCIZIO DEL DIRITTO DI VOTO

L’esercizio del diritto di voto è a totale discrezione del socio, il quale deve esercitarlo senza arrecare danno al

patrimonio sociale. Se la maggioranza infatti è ispirata esclusivamente ad interessi extra sociali, danneggiando la

società, le deliberazioni sono annullabili.

Pensiamo al caso di un singolo azionista che, in una specifica delibera, ha un interesse personale contrastante con quello

della società: in questo caso si avrà conflitto di interessi. Se quindi la delibera risulterà approvata col suo voto

determinante, essa potrà essere annullata.

L’articolo 2373, riguardo i casi di conflitto di interesse, vieta ai soci amministratori di votare nelle deliberazioni

riguardanti la loro responsabilità; nel sistema dualistico, vieta ai soci componenti del consiglio di gestione di votare

nelle deliberazioni riguardanti la nomina, la revoca o la responsabilità dei consiglieri di sorveglianza.

SINDACATI DI VOTO

I sindacati di voto sono accordi (patti parasociali) con i quali alcuni soci si impegnano a concordare

preventivamente il modo in cui votare in assemblea. Possono avere carattere occasionale o permanente (a tempo

determinato o indeterminato).

Tali sindacati, se fatti tra gli azionisti di minoranza, consentono di tutelare meglio i propri comuni interessi; al

contrario, se sono fatti tra gli azionisti di maggioranza, permettono di cristallizzare il gruppo di controllo societario.

Per questo motivo, la riforma del 1998 ha tentato di regolamentare tale fenomeno poiché, se da un punto di vista

formale, nulla cambia nel procedimento assembleare, da un punto di vista sostanziale invece, le decisioni vengono prese

prima fuori che dentro l’assemblea, così da rischiare di alterare (anche in maniera pericolosa) l’affermarsi della reale

volontà sociale.

Tuttavia, da un punto di vista strettamente formale, niente impedisce al socio di decidere prima della seduta assembleare

il modo in cui voterà.

In merito quindi a tale riforma disciplinare, si prevede che nelle società non quotate i sindacati di voto non possono

avere una durata superiore a 5 anni; nelle società quotate invece la durata massima prevista è di 3 anni.

In entrambi i casi comunque, i sindacati sono rinnovabili.

Allo stesso tempo, a seconda della natura intrinseca della S.p.A., il sindacato di voto è soggetto ad un diverso

regime pubblicitario: nelle società non quotate, i sindacati devono essere comunicati alla società, dichiarandoli in

apertura di assemblea, e quindi essere messi a verbale ed iscritti nel Registro delle Imprese (l’omessa dichiarazione è

sanzionata con la sospensione del voto); nelle società quotate invece, devono essere comunicati alla Consob, pubblicati

sulla stampa quotidiana ed iscritti nel Registro delle Imprese (la violazione di tali obblighi comporta la nullità dei patti e

la sospensione del diritto di voto).

Inoltre, il sindacato di voto è produttivo di effetti solo fra le parti e non nei confronti della società: perciò il voto

dato in assemblea resta valido anche se espresso in violazione degli accordi di sindacato.

NULLITA’ E INVALIDITA’ DELLE DELIBERAZIONI

Una deliberazione assembleare può essere dichiarata nulla o invalida.

L’azione di nullità può essere proposta, da chiunque ne abbia interesse, solo nei casi di:

NULLITA’ 

• mancata convocazione dell’assemblea. Si precisa però che: 1) non si ha nullità nel caso di irregolarità

dell’avviso di convocazione (ovvero basterà inserire nell’avviso data e luogo dell’assemblea); 2) la nullità

non potrà essere dichiarata da chi ha dichiarato il suo assenso allo svolgersi dell’assemblea 56

57

• mancanza del verbale (ovvero il documento, redatto a posteriori, che attesta l’avvenuta riunione

dell’assemblea). Si precisa però che: 1) il verbale non si considera mancante “se contiene data e oggetto della

deliberazione, ed è sottoscritto dal presidente dell’assemblea o dal presidente del consiglio di amministrazione

(o del consiglio di sorveglianza)”; 2) la nullità per mancanza del verbale non potrà mai essere dichiarata se si

procede alla stesura del verbale stesso entro l’avviso dell’assemblea successiva.

• illiceità o impossibilità dell’oggetto della deliberazione.

Il termine entro cui si estingue (prescrive) l’azione di nullità è di 3 anni.

L’azione di invalidità può essere proposta solo da quei soggetti previsti dalla legge (vedi soci

INVALIDITA’ 

assenti, dissenzienti o astenuti, oppure amministratori o sindaci revisori) contro tutte quelle deliberazioni non in

conformità con l'atto costitutivo o con la legge.

La domanda di impugnazione deve essere presentata, anche congiuntamente, dai soci rappresentanti di almeno l' 1 per

mille del capitale sociale (per le società quotate) e il 5 % per le altre.

Possono determinare invalidità nella deliberazione:

• la partecipazione all’assemblea di persone non legittimate, sempre se tale partecipazione sia stata

determinante per il raggiungimento del quorum costitutivo;

• l’invalidità dei singoli voti o il loro errato conteggio, se determinanti per il raggiungimento del quorum

deliberativo;

• se l’incompletezza o l’inesattezza del verbale impedisce l'accertamento del contenuto, degli effetti e della

validità della deliberazione.

CAP. 17 : ORGANI DELLA S.P.A. – AMMINISTRAZIONE

SISTEMI DI AMMINISTRAZIONE

La riforma del 2003 ha previsto tre diversi sistemi di amministrazione:

1. sistema tradizionale = prevede la presenza di due organi di nomina assembleare, ovvero l’organo

amministrativo (che può essere un consiglio di amministrazione o un amministratore unico) e il collegio

sindacale. Il controllo contabile invece, in passato affidato anche questa al collegio sindacale, è tuttora compito

di un revisore contabile o di una società di revisione.

2. sistema dualistico = prevede la presenza di un consiglio di sorveglianza di nomina assembleare, e di un

consiglio di gestione nominato a sua volta dal consiglio di sorveglianza stesso. Il consiglio di sorveglianza ha

sia poteri che di solito competono all'assemblea (ad es. l’approvazione del bilancio, nomina e revoca dei

membri del consiglio di gestione) sia poteri propri del collegio sindacale (poteri di vigilanza, di informazione

nei confronti del consiglio di gestione e del revisore dei conti); il consiglio di gestione invece svolge le

funzioni tipiche del CdA nel modello tradizionale.

3. sistema monistico = nel quale l’amministrazione e il controllo sono esercitati rispettivamente dal CdA (di

nomina assembleare) assieme ad un comitato per il controllo di gestione costituito al suo interno. Tale comitato

svolge le funzioni del collegio sindacale (soppresso, per quanto riguarda questo sistema) ma allo stesso tempo

come detto svolge attività di amministrazione: è questo il punto debole del sistema, dove controllori e

controllati non possono essere le stesse persone.

Anche il sistema dualistico e monistico prevedono controlli contabili da parte di revisori esterni.

Tali sistemi devono essere esplicitamente adottati in sede di costituzione della società, o in seguito a modificazioni

statutarie: infatti, se nulla fosse specificato, la società si intende costituita sotto sistema tradizionale.

STRUTTURA E FUNZIONI DELL’ORGANO AMMINISTRATIVO

Nelle società non quotate, l’organo amministrativo può essere costituito da un amministratore unico o da una pluralità

di amministratori (CdA). 57

58

Nelle società quotate invece è imposta la presenza del CdA. Se lo statuto o l’assemblea lo consentono poi, il Consiglio

di Amministrazione può strutturarsi creando al suo interno organi delegati quali comitati esecutivi o amministratori

delegati (ma questo lo vedremo in seguito).

All’amministrazione di una società spetta la fase prettamente gestionale della società stessa, con lo scopo di

raggiungere l’oggetto sociale. Essa ha compiti di:

• deliberare su tutti gli argomenti attinenti alla gestione della società che non siano riservati dalla legge

all’assemblea (cd. potere gestorio);

• assumere la rappresentanza generale della società, compiendo autonomamente veri e propri atti giuridici mirati

alla realizzazione dell’oggetto sociale.

• dare impulso all’attività dell’assemblea: gli amministratori la convocano e ne fissano l’ordine del giorno;

• redigere scritture contabili e bilancio

• ridurre al minimo la nascita di situazioni dannose o disfunzionali per la società

Queste funzioni sono attribuite agli amministratori dalla legge, e non dall’assemblea (nonostante sia quest’ultima che li

nomina). Per questo, si pongono rispetto all’assemblea in una posizione di formale autonomia, dovendo anche vigilare

sul corretto svolgimento delle sedute assembleari.

NOMINA

• I primi amministratori sono nominati nell’atto costitutivo. In seguito, vengono nominati dall’assemblea

ordinaria. Nonostante questo però gli amministratori possono essere nominati anche: 1) dallo Stato o da

altri enti pubblici; 2) dall’assemblea dei sottoscrittori (nelle S.p.A. costituite per pubblica sottoscrizione –

vedi pag. 34 punto 3 stipulazione per pubblica sottoscrizione); 3) nomina per cooptazione (vedi pag. 58)

• Il numero degli amministratori è fissato nello statuto (il quale può fissare anche il numero minimo e

massimo).

• Nelle società quotate almeno un amministratore deve essere nominato dalla minoranza.

• Non possono essere amministratori l’interdetto, l’inabilitato, il fallito o chi è stato condannato ad una

pena che comporta l’interdizione dai pubblici uffici o l’incapacità a esercitare uffici direttivi.

• La nomina degli amministratori non può essere fatta per un periodo superiore a 3 esercizi; essi sono però

rieleggibili La loro nomina però può essere “cessata” prima se:

1. viene revocata da parte dell’assemblea

2. gli amministratori stessi presentano le loro dimissioni dall’incarico. Nello specifico: le dimissioni

hanno effetto immediato se rimane in carica la maggioranza degli amministratori; in caso contrario,

queste hanno effetto solo dal momento in cui si è ricostituita una nuova maggioranza amministrativa.

E’ ovvio che, nel caso un amministratore presenti le sue dimissioni, urga la necessità di nominarne

uno nuovo (nomina per cooptazione). Per farlo, viene in nostro soccorso l’art. 2386 c.c., ch

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
89 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/04 Diritto commerciale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher JTriggiani di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Commerciale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Marasà Giorgio.