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La ditta è trasferibile soltanto insieme all’azienda, a differenza del marchio.

Per quanto concerne l’insegna, essa è il segno distintivo dei locali in cui si svolge l’attività

d’impresa che ha un certo valore per i locali aperti al pubblico: per questo segno vale la stessa

disciplina della ditta, poi ci sarebbe anche un’ultima tipologia di segni distintivi che oggi hanno

acquisito una maggiore rilevanza, ovvero i nomi a dominio, che sono anche un segno distintivo

capace di attirare il pubblico: vale la regola del preuso e la disciplina sulla tutela degli imprenditori

contro la concorrenza sleale. Le indicazioni geografiche identificano un luogo nei casi in cui

servano per designare un prodotto che è originario di quel luogo o le cui caratteristiche derivino

dalla provenienza di quel prodotto in quel luogo: questo diritto è legato solitamente a prodotti

alimentari e serve ad evitare che queste denominazioni possono essere utilizzate da imprenditori

per ingannare il pubblico circa le qualità di un prodotto. Anche il concetto di “Made in Italy” è

tutelato perché si possono applicare sanzioni penali come per quelle che si applicano a chi viola

un marchio altrui.

Il brevetto per invenzioni consiste nel riconoscimento di un diritto di monopolio temporaneo della

durata di 20 anni nel favore di chi abbia inventato un procedimento concorrendo al progresso

tecnologico della comunità. Questa protezione nasce per favorire lo sviluppo tecnologico e

l’investimento da parte delle imprese nella ricerca e sviluppo. Peraltro questa protezione vale per

20 anni, quindi è limitato nel tempo, perché ha fatto l’invenzione deve poi rendere pubbliche le

caratteristiche essenziali dell’invenzione: le imprese da un lato fanno molti investimenti in ricerca e

sviluppo e ciò fa sì che ci sia una certa serialità nelle invenzioni; perciò avendo un monopolio

dell’invenzione in 20 anni blocca lo sviluppo tecnologico e da un certo punto di vista diventa meno

giustificabile perché rischia di creare a favore del titolare del brevetto una rendita di posizione

perché è l’unico a poter usufruire del brevetto, bloccando il processo inventivo di altre persone.

Perciò avere una protezione di 20 anni potrebbe in alcuni casi determinare l’effetto opposto. Per

l’art. 45 del codice della proprietà industriale possono essere oggetto di brevetto le invenzioni

nuove che implicano un’attività inventiva e abbiano una utilità industriale; l’articolo contiene

indicazione di ciò che non è brevettabile (giochi matematici, tecniche di attività commerciale e

software), così come non sono brevettabili i processi e le diagnosi medici, mentre sono brevettabili

le sostanze e i prodotti che servono per attuare quei metodi della scienza medica (farmaci). In

merito a requisiti di legge che devono essere presenti affinché un’invenzione possa essere

brevettata, essi sono 4:

industrialità, attitudine dell’invenzione ad avere una applicazione industriale ed essere

- quindi utilizzata in qualunque genere di industria

liceità

- novità, ovvero l’invenzione non deve essere compresa nello stato della tecnica

- originalità, che si aggiunge al requisito della novità per dire che l’invenzione deve

- sostanzialmente rappresentare un progresso tecnico significativo, cioè prima di essere

brevettata, l’invenzione non risultava far parte dello stato della tecnica.

Se l’invenzione presenta questi requisiti, si può far domanda di brevetto. Il diritto a chiedere il

brevetto spetta all’inventore o al suo datore di lavoro perché solitamente le invenzioni vengono

fatte da dipendenti di imprese; il dipendente ha diritto ad un equo premio, quale l’importanza

dell’invenzione nonché alle mansioni che svolgeva quel determinato dipendente, così come

bisogna tenere conto del contributo che il l’inventore ha ottenuto dall’organizzazione aziendale: a

maggiori investimenti, corrisponde un minor premio. Questo a meno che nel contratto tra datore di

lavoro e dipendenti si è già stabilito quanto sia l’equo premio. La tutela non è comunque

grandissima, mentre più sviluppata è la tutela promossa da soggetti impegnati nella ricerca

scientifica. La domanda va fatta tenendo conto di una serie di rivendicazioni, poiché l’imprenditore

deve indicare in modo specifico ciò che intende formare l’oggetto della tutela brevettale; non

bisogna soltanto descrivere il prodotto, ma anche le funzioni a cui è adibita la funzione. Proprio

perché c’è questa rilevanza del profilo è possibile che si possa ottenere il brevetto relativo ad un

composto chimico che era già stato brevettato, ma si può ottenere un brevetto per lo stesso

composto per una diversa funzione a cui è adito. Chi rilascia i brevetti fa una ricerca su industrialità

e liceità, mentre non si faceva su originalità e verità, poiché si riteneva che dovessero essere fatte

unicamente su protesta successiva di qualcuno. Oggi la ricerca fa fatta anche sugli altri due

versanti.

Il diritto di brevetto consente al titolare di utilizzare l’invenzione in via esclusiva per 20 anni: questo

periodo non è rinnovabile e al termine l’invenzione viene messa a disposizione di tutti. Il brevetto

può anche essere oggetto di trasferimento, concedendo una licenza di brevetto ad un terzo: in

alcuni casi, la licenza non esclusiva diventa addirittura obbligatoria, ovvero 1) questa licenza serva

per una nuova invenzione che rappresenti un considerevole progresso tecnico 2) non utilizzo da

parte del titolare del brevetto per un triennio.

Le cause di estinzione di brevetto sono la rinuncia al brevetto, il non utilizzo per 2 anni dopo la

concessione di licenza, quando non si pagano i diritti per il mantenimento del brevetto e quando

non risulta vero. Se un imprenditore ritenesse id essere in grado di mantenere il segreto aziendale

su una certa invenzione, potrebbe anche non usufruire del brevetto, non dovendo concedere a tutti

l’invenzione dopo 20 anni (ad esempio formula della coca cola). Se l’invenzione diventa di dominio

pubblico, non è più brevettabile. Il codice della proprietà industriale detta delle disposizione per

proteggere le informazioni segrete, dicendo che costituiscono il know how che possono ricevere

una tutela a determinate condizioni: sono sotto il controllo di chi le detiene, o possono essere prive

dei requisiti di brevettabilità; ciononostante, possono essere tutelate nella misura in cui siano

segrete, nella misura in cui il mantenimento del segreto abbia un valore economico e ancora siano

sostanzialmente sottoposte da parte dell’imprenditore a misure atte a mantenerle segrete. Se

queste informazioni aziendali hanno valore economico, vengono tutelate come diritti di proprietà

industriale.

Concorrenza fra imprese:

Nell’impianto costituzionale ci sono tutta una serie di paletti che oggi pone ostacoli molto meno forti

alla libera iniziativa economica, grazie anche al fenomeno delle privatizzazioni delle imprese

pubbliche. Si può dire che il nemico delle libertà di iniziativa economica nasca al suo interno, ed è

in un certo modo la limitazione alla concorrenza, perché può succedere che gli imprenditori

finiscano per limitare loro stessi la concorrenza, infatti è una caratteristica degli imprenditori

cresciuti di creare situazioni di oligopolio che limitano l’accesso al mercato di altri soggetti. Perciò

la concorrenza che è il seme della libera iniziativa economica rischia di essere distrutta. Alla fine il

risultato dell’intervento legislativo non deve tutelare al limite la concorrenza, ma deve esserci

comunque una concorrenza sostenibile. L’obiettivo del legislatore è quello di apprestare degli

strumenti che evitino in linea generale situazioni di monopolio e oligopolio, ma il tutto mirando ad

una concorrenza sostenibile.

Tutta la disciplina della concorrenza nasce negli USA con lo Sherman act, dal quale si è formata la

legislazione europea: l’Europa è intervenuta per la prima volta nel 1957 e adesso la disciplina

antitrust è contenuta nello statuto fondativo dell’UE. In Italia l’ambito di applicazione della disciplina

antitrust, in vigore dal 1990, è di tipo residuale perché disciplina fenomeni concorrenziali

competenti esclusivamente al territorio italiano. La disciplina antitrust comunitaria e quella italiana

sono comunque molto simili; piuttosto, oggi alla luce della globalizzazione delle fattispecie poste in

essere da multinazionali hanno incidenza su più mercati e si crea un problema di competenza

riguardo alle diverse discipline, creando situazioni di difformità di regolamento. Per alcuni settori, ci

sono fonti particolari, ad esempio il settore dell’editoria che ha una disciplina apposita (legge

Gasparri) perché non si deve solo tenere conto della disciplina dell’impresa, ma va tutelato il

pluralismo dell’informazione. Le fattispecie anticoncorrenziali sono di tre tipi:

le intese restrittive della concorrenza

- le concentrazione restrittive della concorrenza (contenuta in un regolamento comunitario)

- gli abusi di posizione dominante

-

Come ci sono due tipologie di fonti, ci sono due tipi di autorità che verificano il mercato: in Italia c’è

l’AGCM, mentre a livello comunitario c’è la commissione dell’UE. Questi due soggetti hanno poteri

di indagine istruttori per verificare se c’è stata la fattispecie molto forti e possono agire sia d’ufficio

sia su segnalazione di qualche interessato. In più potrebbe verificarsi che l’autorità accerta della

sussistenza di un’operazione anticoncorrenziale e decida di imporre di assumere determinati

impegni di comportarsi in un certo modo. I provvedimenti che queste autorità pongono in essere

sono suscettibili di controllo giurisdizionale; se un soggetto viene sanzionato può impugnare il

provvedimento davanti al tribunale comunitario: questa possibilità lascia spazio a qualche critica

perché in questo modo facendo ricorso a giudici ordinari, questi non hanno la stessa competenza

degli esperti.

La definizione data di intesa restrittiva della concorrenza sono disciplinate dalla legge del ‘90 e

sono intese gli accordi o le pratiche concordate tra imprese o le deliberazioni fra determinati

organismi fra imprese e sono vietate nella misura in cui falsano il gioco della concorrenza

all’interno del mercato nazionale o una sua parte rilevante. A livello comunitario la definizione è

molto simile, ma cambia il mercato di riferimento e c’è quindi potenziale accord

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Publisher
A.A. 2013-2014
4 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/04 Diritto commerciale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher robybaggio93 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto commerciale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Bazzani Matteo.