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Società occulta:
Chi agisce lo fa rappresentando la società stessa di norma, con l’effetto che così le conseguenze
giuridiche di quegli atti vincolano la società, tanto è vero che è la società che viene iscritta nel
registro delle imprese; la spendita del nome sociale, secondo i principi generali del diritto privato
comporta l’imputazione giuridica all’ente in quanto tale. Queste regole caratterizzano tutta una
serie di norme che valgono per i vari tipi di società. Però, sostanzialmente, ci possiamo chiedere
se l’esternazione per cui la spendita del nome sia elemento non solo normale, ma anche che sia
un requisito essenziale per la sussistenza della società. Di società occulta si può parlare quando il
contratto, pur contenendo tutti gli elementi dell’art. 2247 non debba avvenire in nome della società:
così la società occulta è quella società con tutti gli elementi ma c’è un patto in base al quale gli atti
non vengono svolti in nome della società, che rimane occulta per volontà dei soci. I partecipanti a
questa società occulta attribuiscono ad uno di loro o ad un terzo l’attività dei beni strumentali,
somministrando i beni necessari per svolgere una determinata attività d’impresa. Tutti i soci si
impegnano a concordare le decisioni da assumere circa la conduzione dell’impresa e ancora si
accordano per suddividere gli utili e per sopportare le perdite derivanti da quell’attività. Gli obiettivi
che si perseguono attraverso questo espediente sono obiettivi poco lodevoli, ad esempio uno o più
soci non vogliono apparire perché non possono essere soci in base ad un accordo di non
concorrenza con un altro soggetto. Un patto di questo genere è invalido nella misura in cui i soci
non soltanto abbiano nei loro patti interni deciso di condividere il rischio di impresa, ma abbiano
anche deciso di condividere la gestione d’impresa. In questo caso il patto di occultamento è
invalido per l’art. 2552, che vale anche per l’associazione in partecipazione; da ciò si ricava che il
patto di occultamento che contempli il potere di decidere sulla gestione dell’impresa ai
compartecipanti è sicuramente invalida, perché il potere di decidere sulla gestione vale solo per il
soggetto a cui è imputata l’attività d’impresa. Quello che qui interessa non è tanto stabilire se il
patto di occultamento sia valido o meno, ma capire chi risponda dei debiti di un’impresa individuale
dietro la quale sia celata una società occulta. Oggi, in base alla disciplina generale, siccome vale il
principio della spendita del nome e vale il 1705 (mandato senza rappresentanza), il prestanome
che agisce in nome proprio anche per via di una società occulta risponde direttamente lui per gli
atti da lui posti in essere. Per l’art. 147 legge fallimentare, qualora fallisca un imprenditore
individuale e si scopra che questo è socio di una società occulta, fallisce la società occulta e tutti i
soci della società occulta: partendo da questa regola, si può affermare che ormai vige un criterio di
imputazione della responsabilità d’impresa fondata sul criterio sostanzialistico.
L’art. 147 non si può spingere troppo oltre, infatti se il prestanome non fallisce per i debiti contratti
da quell’imprenditore individuale risponde solo quell’imprenditore individuale. Se fallisce
l’imprenditore individuale, ma quell’imprenditore individuale prestanome in realtà non è socio di
una società occulta ma è un terzo, allora non fallisce la società occulta.
Un altro aspetto a cui abbiamo già fatto cenno è il fatto che la società è una struttura organizzativa:
il diritto delle società serve a disciplinare l’organizzazione attraverso cui la società opera.
La partecipazione dei soci alla gestione e all’esercizio delle attività può assumere diversi gradi: al
grado più alto c’è la diretta attribuzione ai soci del potere di amministrazione della società, potere
che consiste nel potere decisionale per l’attività produttiva della società. La massima forma di
attribuzione di poteri ai soci è l’attribuzione agli stessi del potere di amministrare. Questo è il
modello proprio delle società di persone in cui tutti i soci sono amministratori (snc). Nella società in
accomandita semplici gli accomandanti non hanno il potere di amministrazione; ad un grado
inferiore si pone la partecipazione dei soci alle società di capitali, poiché in esse, salvo l’eccezione
della sapa, i soci esercitano il proprio potere attraverso il voto in assemblea e attraverso questo
voto nominano gli amministratori. Naturalmente, nel contratto costitutivo dello statuto si può
derogare a queste regole entro certi limiti: ad esempio nelle società di persone determinati soci si
possono escludere dal potere di amministrazione, così come nelle società di capitali si può limitare
il potere dei soci escludendo ad esempio il diritto di voto per alcuni soci o escludendo il diritto di
nominare amministratori; in alcuni casi il diritto di partecipare alla amministrazione da parte dei soci
può essere compresso o eliminato.
Visti quali sono i poteri dei soci, si pone un altro problema, cioè come si fanno a dirimere i contrasti
tra i soci in merito alle decisioni da assumere? Occorre che si fissi un criterio per dirimere i
problemi fra i soci. Per le società di persone, si applica la regola dell’unanimità, ovvero nessun atto
viene compiuto senza il consenso di tutti i soci. La disciplina delle società di capitali si caratterizza
per l’applicazione della regola maggioritaria in base alla quale la posizione della maggioranza
assembleare prevale sempre sulla minoranza anche nelle decisioni di modifica dell’atto costitutivo.
Nelle spa la regola di maggioranza è inderogabile, mentre nelle società di persone per legge
alcune decisioni devono essere prese all’unanimità; nelle società di capitali la regola generale è la
regola di maggioranza: nelle spa non si può stabilire che le decisioni dell’assemblea devono
essere prese all’unanimità. Sono previste una serie di prerogative difensive a favore delle
minoranze che cambiano a seconda del tipo di società. Peraltro va detto che tutto il sistema del
diritto delle società, essendo la società un rapporto contrattuale tra soci, si applica il principio di
buona fede nei contratti non ammettendo abusi della maggioranza nei confronti della minoranza.
Per completare l’esame delle società in generale, analizziamo i tipi di società; i diversi tipi di
società offrono diversi modelli organizzativi per svolgere in comune l’attività sociale. Abbiamo visto
quali sono i tratti essenziali dei vari tipi; un primo aspetto da affrontare è quello del tema della
personalità giuridica e dell’autonomia patrimoniale che in modo più o meno forte caratterizzano i
diversi tipi di società. La personalità giuridica è stata riconosciuta alle sole società di capitali; le
società di capitali con personalità giuridica hanno anche autonomia patrimoniale perfetta salvo
eccezioni. Nelle società di persone non c’è personalità giuridica, si pone il problema se esse
possano avere soggettività giuridica; nelle società di persone c’è autonomia patrimoniale ma in
misura inferiore rispetto alle società di capitali.
Con la personalità giuridica e soprattutto l’autonomia patrimoniale minori sono le azioni che i
creditori personali del socio possono intentare nella società. Il secondo obiettivo è creare un
incentivo agli imprenditori perché assicurando la separazione tra patrimonio della società e dei soci
si da un motivo in più agli imprenditori. Questi due obiettivi sono perseguiti in modo diretto nelle
società di capitali e in quelle cooperative, dove viene riconosciuta la capacità giuridica; nelle
società di persone in realtà l’autonomia patrimoniale non è perfetta in quanto i creditori della
società, sia pure a determinate condizioni, possono anche far valere le proprie condizioni sul
patrimonio dei soci e i creditori dei soci possono anche esperire iniziative sul patrimonio della
società. I creditori personali dei soci non sono liberi di aggredire il patrimonio della società, ma
allora si pone il problema: se alla fine se le società di persone sono soggetti di diritto distinti dalle
persone dei soci? La tesi negativa parte da una serie di considerazioni: manca il riconoscimento
della capacità giuridica e i beni sono nella comproprietà dei soci; le obbligazioni assunte dalla
società sono obbligazioni dei soci; i soci sono coimprenditori, in realtà quella iniziativa
imprenditoriale è imputabile a vari soci e ogni socio è imprenditore. Ci sono due appigli: art. 2948 e
art. 147 della legge fallimentare.
Diritto commerciale 9/5
Si pone il problema della soggettività giuridica per le società di persone, legata alla minore
autonomia patrimoniale delle società di persone. Questa è una teoria non convincente in quanto ci
sono riferimenti normativi molto chiari, come l’art. 2266, che vale per tutte le società di persone,
che dice che la società acquista diritti e assume obblighi purché i soci che ne hanno la
rappresentanza agiscano per conto della società. Questa correttezza è confermata da altri dati
normativi, ad esempio l’art. 2659 che dice la trascrizione degli acquisti immobiliari avviene in nome
della società, anche quando essa è una società di persone. Se allora è corretto dire che le società
di persone sono soggette di diritto si ricavano una serie di conseguenze, cioè che tutti i beni facenti
parte del patrimonio sociale conferiti dai soci sono di proprietà della società; quando i soci sono
chiamati illimitatamente responsabili sono chiamati a rispondere, rispondono per un debito della
società e quindi la responsabilità dei debiti della società è una responsabilità a titolo di garanzia;
infine, se l’attività giuridica posta in essere in nome della società è imputabile alla società,
l’imprenditore è la società.
In merito alla scelta tra i vari tipi sociali, c’è una libertà di scelta sostanzialmente, con alcuni limiti: il
primo limite è legato al tipo di attività, ovvero il tipo società semplice non pu&ogr