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DIRITTO DI RECESSO:
È vero che il terzo contraente può recedere dal contratto e sciogliersi dal vincolo contrattuale con l’acquirente. Però il recesso potrà essere validamente esercitato solo se sussiste una GIUSTA CAUSA e gli spetterà quindi provare che l’acquirente dell’azienda si trova in una situazione oggettiva tale da non dare affidamento sulla regolare esecuzione del contratto. In caso di recesso il contratto si ESTINGUE definitivamente ed il terzo contraente può chiedere il risarcimento dei danni all’alienante dando la prova che questi non ha scelto con cautela l’acquirente.
Si favorisce quindi la circolazione di taluni rapporti contrattuali quali: contratto di lavoro subordinato (art. 2112), di consorzio (art. 2610), di edizione (art. 132 legge 22/4/1941, n°633), di locazione di immobili per l’esercizio di attività industriale, commerciale o artigiana.
I CONTRATTI PERSONALI:
Per il trasferimento di...
tali contratti occorre una ESPRESSA PATTUIZIONE CONTRATTUALE tra alienante ed acquirente, più il consenso del contraente ceduto. I crediti e i debiti aziendali (art. 2559 e 2560):
Se l'imprenditore ha già adempiuto le obbligazioni a suo carico, residuerà un credito a suo favore nei confronti del terzo (es. ha venduto merci con pagamento differito). Viceversa residuerà un debito dell'imprenditore qualora il terzo contraente abbia integralmente eseguito le proprie prestazioni (es. l'imprenditore ha acquistato materie prime ma non ha ancora pagato).
CREDITI:
Per le imprese soggette a registrazione con effetti di pubblicità legale vale la sola ISCRIZIONE DEL TRASFERIMENTO DELL'AZIENDA NEL REGISTRO DELLE IMPRESE.
Da tale momento la (eventuale) cessione dei crediti relativi all'azienda ceduta ha effetto nei confronti dei terzi, anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione. Tuttavia, "il debitore ceduto è
libero se paga in buona fede all'alienante". Negli altri casi si applica la disciplina generale della cessione dei crediti.
DEBITI:
Vale il principio generale per cui non è ammesso il mutamento del debitore senza il consenso del creditore: l'alienante non è liberato da tali debiti se non risulta che i creditori vi hanno acconsentito.
Invece per le sole aziende commerciali "risponde dei debiti anche l'acquirente dell'azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori". Perciò, anche se manca un patto di accollo, l'acquirente di un'azienda commerciale risponde in solido con l'alienante nei confronti dei creditori che non abbiano consentito alla liberazione di quest'ultimo.
DEBITI DI LAVORO:
L'acquirente dell'azienda risponde in solido con l'alienante anche se non risultano dalle scritture contabili; ed oggi anche se l'acquirente non ne ha avuto conoscenza all'atto
del trasferimento (nuovo art. 2112), (anche per aziende o ramo d'azienda non commerciale). Non essendo disposto nulla altro, prevale comunque negli orientamenti più recenti la tesi che crediti e debiti non passino automaticamente in testa all'acquirente, ma sia a tal fine necessaria un'espressa pattuizione. Usufrutto e affitto dell'azienda:- L'azienda può formare oggetto di un diritto reale o personale di godimento. Può essere costituita in usufrutto o può essere concessa in affitto.
Comporta il riconoscimento in testa all'usufruttuario di particolari POTERI-DOVERI (art. 2561):
- Deve esercitare l'azienda sotto la ditta che la contraddistingue;
- Deve condurre l'azienda senza modificarne la destinazione ed in modo da conservare l'efficienza dell'organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte.
La violazione di tali obblighi o la cessazione arbitraria della gestione
dell'azienda determinano la cessazione dell'usufrutto per abuso dell'usufruttuario. L'usufruttuario non solo può godere dei beni aziendali, ma ha anche il POTERE DI DISPORNE nei limiti segnati dalle esigenze della gestione. Al termine dell'usufrutto l'azienda perciò risulterà composta in tutto o in parte da beni diversi da quelli originari. È pertanto previsto che venga redatto un INVENTARIO all'inizio ed alla fine dell'usufrutto e che la differenza fra le due consistenze venga regolata in denaro, sulla base dei valori correnti al termine dell'usufrutto. AFFITTO: L'affitto di azienda è contratto diverso dalla locazione di un immobile destinato all'esercizio di attività d'impresa: nel primo caso, oggetto del contratto è un complesso di beni organizzati, eventualmente comprensivo dell'immobile; nel secondo caso, il contratto ha per oggetto il locale in quanto tale.disciplina prevista per l'usufrutto si applica anche all'affitto (art. 2562). Usufrutto ed affitto d'azienda sono regolati dalle norme in tema di vendita. Si applicano ad entrambi il divieto di concorrenza e la disciplina della successione nei contratti aziendali. Il nuovo proprietario ed il locatore sono perciò tenuti a non iniziare una nuova impresa idonea a sviare la clientela per la durata dell'usufrutto e dell'affitto. Si applica invece solo all'usufrutto la disciplina dei crediti aziendali. Dei debiti aziendali anteriori alla costituzione dell'usufrutto o dell'affitto risponderanno esclusivamente il nuovo proprietario o il locatore, salvo che i debiti di lavoro espressamente accollati anche al titolare del diritto di godimento. CAP. 6: I SEGNI DISTINTIVI Il sistema dei segni distintivi: La DITTA, l'INSEGNA ed il MARCHIO sono i tre principali segni distintivi dell'imprenditore: La DITTA contraddistingue la personadell'imprenditore nell'esercizio dell'attività A. d'impresa (c.d. nome commerciale);
L'INSEGNA individua i locali in cui l'attività d'impresa è esercitata;
B. Il MARCHIO individua e distingue i beni o i servizi prodotti.
C.I segni distintivi favoriscono la formazione ed il mantenimento della clientela in quanto consentono ai consumatori di distinguere fra i vari operatori economici e di effettuare scelte consapevoli: sono dei "collettori di clientela".
PRINCIPI COMUNI:
L'imprenditore gode di ampia libertà nella formazione dei propri segni distintivi. È però a. tenuto però a rispettare determinate regole, volte ad evitare inganno e confusione sul mercato: verità, novità e capacità distintiva;
L'imprenditore ha diritto all'uso esclusivo dei propri segni distintivi. Si tratta però di un b. diritto non assoluto ma RELATIVO e STRUMENTALE, alla realizzazione
della funzione distintiva rispetto agli imprenditori concorrenti. Il titolare di un segno distintivo non può perciò impedire che altri adottino il medesimo segno distintivo quando, per la diversità delle attività d'impresa o per la diversità dei mercati serviti, non vi è pericolo di confusione e di sviamento della clientela.
L'imprenditore può trasferire ad altri i propri segni distintivi.
Da tutto ciò emerge che i tre segni distintivi tipici dell'imprenditore sono sì tutelati sul piano patrimoniale, ma in modo non pieno ed assoluto ed infatti il carattere relativo e funzionale della tutela rende controverso se i segni distintivi possono essere inquadrati o meno nella categoria dei beni immateriali e, quindi, se si possa parlare di un vero e proprio diritto di proprietà su un bene immateriale. (Il CAMPOBASSO è per il concetto di proprietà limitata e funzionale).
P.S. Esistono segni distintivi
ATIPICI: i segni distintivi non costituiscono un n° chiuso el’imprenditore può avvalersi di altri simboli di identificazione sul mercato.
A. LA DITTA:
- Formazione della ditta e contenuto del diritto sulla ditta:
La DITTA è il nome commerciale dell’imprenditore, lo individua come soggetto di diritto nell’attività d’impresa. Ed è segno distintivo NECESSARIO in quanto in mancanza di diversa scelta essa coincide con il nome civile dell’imprenditore.
Non è però necessario che la ditta corrisponda al nome civile: essa può essere liberamente prescelta dall’imprenditore (art. 2563 c.c.). la scelta dell’imprenditore incontra però due limiti rappresentati dal rispetto dei principi di VERITA’ e NOVITA’:
- VERITA’: assume un contenuto diverso a seconda che si tratti di DITTA ORIGINARIA o DITTA DERIVATA.
La DITTA ORIGINARIA è quella formata dall’imprenditore che la utilizza.
Essa deve contenere almeno il cognome o la sigla dell'imprenditore. Tanto è necessario e sufficiente perché sia soddisfatto il requisito della verità, restando poi l'imprenditore libero di completare come vuole la propria ditta;
La DITTA DERIVATA è quella formata da un dato imprenditore e poi trasferita ad un altro imprenditore insieme all'azienda. L'art. 2563 nel porre il principio della verità della ditta fa salvo quanto è disposto nell'art. 2565 (trasferimento della ditta): non impongono a chi utilizzi una ditta derivata di integrarla col proprio COGNOME o SIGLA.
NOVITÀ: (Art. 2564 c.c.). La ditta non deve essere uguale o simile a quella usata da altro imprenditore e tale da creare confusione per l'oggetto dell'impresa o per il luogo in cui questa è esercitata. Chi ha adottato per primo una data ditta ha perciò diritto all'uso esclusivo della stessa, e tale diritto è acquisito.
per il solo fatto dell'uso della ditta. Chi successivamente adotti ditta uguale o simile può essere costretto ad integrare o modificare con indicazioni idonee a differenziarla, e ciò quand'anche la ditta utilizzata corrisponde al nome civile dell'imprenditore (c.d. DITTA PATRONICA).
Per le IMPRESE COMMERCIALI trova applicazione il criterio della priorità dell'iscrizione nel registro delle imprese. La recente attuazione del registro delle imprese rende applicabile il 2° comma dell'art. 2564 in base al quale "per le imprese commerciali l'obbligo dell'integrazione e modificazione spetta a chi ha iscritto la propria ditta nel registro delle imprese in epoca posteriore".
Il diritto all'uso esclusivo è quindi DIRITTO RELATIVO perché è possibile l'anonimia fra ditte che non creano confusione sul mercato, non potendosi imporre la differenziazione a chi produce beni e servizi destinati a
soddisfare bisogni diversi dei consumatori,