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PROCEDURE CONCORSUALI
PROFILI SOSTANZIALI, NON PROCESSUALI
Si tratta di una disciplina recente, anche se le norme sono inserite nel decreto n.267,
16 marzo 1942; di quest’ultimo però ne è rimasto ben poco, poiché modificato
radicalmente tra il 2005 e il 2006. Si tratta di modifiche che il legislatore ha voluto
inserire nel corpo della vecchia legge fallimentare.
Dopo il 2006 vi sono stati quasi ogni anno una serie di interventi modificativi; è infatti
una disciplina in continua modificazione, le cui lacune sono, però, messe in evidenza
della crisi.
Cambiata è anche la filosofia: la vecchia legge fallimentare era legata ad una
convenzione per così dire “punitiva” del fallimento; filosofia secondo là quale l'impresa
insolvente deve essere cioè espunta dal mercato, poiché per il mercato è un fattore di
carenza. Dava inoltre un ruolo fondamentale attribuito alla autorità giudiziaria a cui
spetta governare il procedimento che porta all’eliminazione dell'impresa insolvente.
Nel frattempo però è cambiato il modo di vedere la crisi di impresa:
- In primo luogo perché è in se un fenomeno naturale, non strano, e deve essere
governato in modo tale da trarne il minor effetto negativo impossibile; l'eliminazione
dell'impresa comporta (1) la disgregazione dell'organismo produttivo (cioè una
dispersione della ricchezza), (2) problema di salvaguardia dei livelli di occupazione,
(3) la concezione dell’insolvenza di qualcosa che collegata a comportamenti
illegittimi o gravosi, ma in realtà è un qualcosa di naturale.
Tutti questi sono fattori che hanno determinato il cambiamento di filosofia.
- Oggi il fallimento ha un ruolo residuale; ruolo fondamentale è assegnato ad altre
procedure il cui intento è quello di superare la crisi tramite accordi tra debitore e
creditore, per salvaguardare l'integrità dell'organismo produttivo e i livelli
occupazionali.
La disciplina prevede ora una minore presenza dell'attività giudiziaria e cerca di
favorire la possibilità di mantenere l'integrità dell'organismo produttivo, attraverso la
cessione di blocco. Si lascia anche qui spazio rilevante ad un possibile accordo tra
imprenditore fallito e i suoi creditori.
Procedura fallimentare: procedura residuale, alla quale si ricorre quando non è
possibile ricorrere alle altre
Quali sono i soggetti che in caso di insolvenza sono soggetti alla disciplina della
legge fallimentare?
Il presupposto soggettivo è che l'imprenditore sia un imprenditore commerciale
(gli agricoli non sono soggetti); inoltre deve essere un imprenditore non piccolo,
perché si ritiene che non sia opportuno ricorrere ad una procedura complessa e
costosa per un insolvenza di piccole dimensioni.
Come viene individuato il soggetto? Tramite tre parametri di cui occorre il possesso
congiunto
1. Non devono avere avuto nei tre esercizi precedenti un attivo patrimoniale di un
ammontare superiore a 300mila €
2. No ricavi superiori a 200mila€
3. No debiti superiori a 500mila€
Criteri che nel tempo possono essere modificati aggiornandoli alle variazioni ISTAT dei
prezzi al consumo (cioè variazioni del valore della moneta)
Ci sono però imprenditori sottratti alla disciplina fallimentare, per i quali si applica la
liquidazione coatta amministrativa, e sono:
a. Banche e assicurazioni
b. enti pubblici
c. Enti economici
Questa procedura Si svolge sotto il controllo dell'autorità amministrativa e non giudiziaria.
Si ha una diversa procedura perché questi enti coinvolgono rilevanti interessi pubblici.
C'è poi una categoria di imprenditori a cui si può applicare sia il fallimento che la
liquidazione coatta amministrativa.
Prevale quella che viene dichiarata per prima (regola della prevenzione: quella che
interviene per prima è quella che trova applicazione). Sono le società cooperative, che
sono soggette a vigilanza pubblica.
Presupposto oggettivo per l'apertura della procedura fallimentare è:
lo Stato di insolvenza (art 5 l. Fallimentare), cioè l’ incapacità da parte dell'imprenditore di
soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.
Non coincide necessariamente con l'inadempimento; il fatto che vi sia inadempimento non
Sempre significa che vi sia insolvenza.
Non presuppone inoltre che vi siamo passività che superano le attività; perché non è detto
che le attività siano attività liquidabili (la liquidabilità è voce importante del bilancio, perché
permette di capire la capacità di far fronte ai debiti).
Ci sono altre manifestazioni dello stato insolvenza diverse dall’inadempimento, come la
chiusura dei locali, la fuga o la latitanza dell'imprenditore (la competenza in questi casi
spetterà al PM).
Non si tratta semplicemente di un mancata inadempimento, ma è un inadempimento
effettuato con mezzi anormali (es. la datio insolutum).
Come si può arrivare alla dichiarazione di fallimento? E a chi spetta l'iniziativa?
L'iniziativa spetta:
- Al debitore (imprenditore) stesso
- Ad uno o più creditori
- Al PM
Qui vi è un'importante differenza rispetto alla disciplina precedente, la quale prevedeva
anche (una quarta ipotesi) il fallimento d'ufficio.
Nel proporre il fallimenti si deve dimostrare l'insolvenza. L'ipotesi più frequente è quella in
cui è chiesta del creditore, che deve però dimostrare l’insolvenza non solo per il suo
credito, ma in generale.
Quando lo fa il debitore stesso si parla di fallimento in proprio: qualora il ritardo nella
dichiarazione di fallimento possa arrecare danno ai creditori, è obbligo dell'imprenditore
chiedere il fallimento. Conseguenza di questo mancato fallimento costituisce reato di
banca rotta.
Il PM è il protagonista dell'iniziativa del procedimento penale, ma ha anche una serie di
compiti anche nell'ambito del processo civile, tra cui la promozione di fallimento; la legge
individua i casi in cui può assumere l'iniziativa (art.7 l. Fallimentare):
- Nel corso di un procedimento penale, Quando l’insolvenza viene rilevata sulla base
di fatti che sono la fuga, irripetibilità e latitanza dell'imprenditore, chiusura dei locali
dell'impresa, trafugamento o distrazione fraudolenta dell'attivo.
- Quando il PM riceve una rilevazione dal giudice civile che abbia rilevato
un’insolvenza in un procedimento civile
l'istanza di fallimento viene presentata al tribunale in cui l'impresa ha la sua sede
principale. Normalmente si tratta del luogo in cui l'impresa ha anche la sede legale (cioè
luogo in cui è iscritta nel registro delle imprese). Ma deve essere la sede principale,
effettiva, cioè qual in cui ha sede l'amministrazione.
Il trasferimento della sede avvenuta un anno prima della presentazione dell’istanza del
fallimento non è rilevante: quella da tenersi in considerazione è quella precedente,
affinché l'imprenditore non possa sciogliersi in tribunale in cui esser dichiarato fallito.
Una volta presentata istanza di fallimento si apre un’istruttoria per verificare la presenza
dei presupposti per la dichiarazione di fallimento (cioè presupposto soggettivo e
oggettivo). Si deve dare la possibilità al debitore di difendersi nel procedimento; se questo
non è sentito, la dichiarazione sarà inefficace. Spesso l’istanza di fallimento ha ruolo
strumentale, cioè il creditore la pone al fine di creare pressione sull’imprenditore (sono
quindi spesso non fondate). Se si accerta nell'ambito dell’inquisitoria che manchino i
presupposti soggettivi o oggettivi, l'imprenditore è esentato dal fallimento.
Spesso imprenditori che possono essere esentati, non lo provano e vengono comunque
dichiarato falliti (perché spetta a loro l’onere di tale prova) = stranezza, perché la legge
dovrebbe dare la possibilità di verificare d'ufficio questi requisiti.
Il procedimento si conclude o
- Rigetto istanza: quando il tribunale accerta che non vi sono i presupposti; viene
emesso un decreto di rigetto, reclamabile entro 30 giorni presso la corte d'Appello
competente da parte del creatori re che ha promosso l’istanza
- Dichiarazione di fallimento: con sentenza dichiarativa, che può essere impugnata
dal debitore fallito e da chiunque vi abbia interesse entro 30 giorni presso la corte
d'Appello ed è possibile anche il ricorso in cassazione entro 30 giorni dal
provvedimento d'appello. Cosa particola è che l impugnazione non sospende
l'esecuzione della procedura fallimentare; conseguenza: se successivamente si
accoglie l'impugnazione revocando il fallimento, gli effetti nel frattempo della
procedura si mantengono.
Imprenditore cessato e defunto
Anche l'imprenditore che ha cessato dalla sua attività può essere dichiarato fallito entro
un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese se l’insolvenza si e manifesta
anteriormente alla cancellazione o nell'anno successivo. Questo perché chiunque per
non fallire, si cancellerebbe dal registro delle imprese. Tuttavia la cancellazione ha
un’importanza considerevole, perché fissa comunque un termine.
Vi è una deroga: per le imprese individuali o nel caso di cancellazione d'ufficio di
imprese collettive è fatta salva la possibilità per il creditore o il PM che fa istanza di
fallimento dimostrare il momento di effettiva cancellazione (si dilata cioè il termine per
la dichiarazione di fallimento)
Questa disciplina trova applicazione anche nel caso dell'imprenditore defunto
(=persona fisica: imprenditore individuale o sciocco illimitatamente irresponsabil), nel
senso che può essere dichiarato fallito entro l'anno dalla morte sempre qualora
l’insolvenza sia anteriore alla morte o si sia manifestata nell'anno successivo
Contenuto sentenza di dichiarazione di fallimento
Oltre a dichiarare il fallimento contiene una serie di disposizioni importanti, perché
nomina il giudice delegato, il curatore fallimentare, ordina il deposito delle scritture e
dei bilanci, stabilisce il giorno, l'ora e l’adunanza dei creditori (adunanza nel corso della
quale viene formato lo stato passivo, cioè vengono accertati i crediti di coloro che
possono partecipare alla procedura fallimentare), assegna un termine entro il quale
possono fare valere i loro diritti color che vantano diritti reali o personali su cose in
possesso del fallito.
Primo effetto di questo provvedimento è quello di istituire gli orga