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Anche un ente che per statuto o per legge non deve avere scopo di lucro può avere scopo di
impresa: enti cioè associazioni, fondazioni, comitati ma anche enti di natura pubblica che non
possono percepire uno scopo di lucro soggettivo; la qualificazione come attività di impresa non
esclude che quell’ente possa essere etichettato del concetto di “Imprenditore”. L’organizzazione
(attività economica organizzata al fine della produzione): si individuano da una parte elementi
personali dell’organizzazione cioè l’utilizzo di lavoratori dipendenti, dall’altra elementi organizzativi
oggettivi in senso materiale quali strumenti, macchinari, materie prime,.. Questi due elementi non
devono sussistere insieme. Lavoratore autonomo (disciplinato agli articoli 2222 e seguenti cc) : il
lavoratore autonomo non è imprenditore per la mancanza di un’attività organizzativa che sia
prevalente rispetto alla propria forza lavoro. Quanto alla distinzione tra imprenditore e
professionista intellettuale (art 2229 cc): il secondo è un lavoratore autonomo dove il tipo di opera
svolta è di carattere intellettuale. Si potrebbe avere un professionista intellettuale dove l’elemento
organizzativo è assimilabile al concetto di impresa (es. medico che fonda e gestisce una casa di
cura). Ci sono poi settori che danno la possibilità di costituire società tra professionisti : quando
questo non accade e rimane il singolo soggetto che svolge la propria professione, la legge tende a
far prevalere la peculiarità dell’opera realizzata, salvo quello che prevede la norma dell’art 2238 cc:
Il professionista diviene imprenditore, e dunque assume gli obblighi e le prerogative proprie dello
statuto dell’imprenditore se l’esercizio della professione costituisce elemento di un’attività
organizzata in forma di impresa. Ad esempio, la giurisprudenza ha ritenuto che il farmacista è
sempre
imprenditore perché l’attività organizzativa si ritene prevalente. La principale distinzione data dalla
legge riguarda: imprenditore agricolo e imprenditore commerciale. Visto che le attività agricole
sono specificate dalla legge, si potrebbe dire che tutto quello che non rientra in quel catalogo di
attività è imprenditore commerciale. L’imprenditore commerciale, rispetto all’imprenditore agricolo
ha come statuto proprio la disciplina della rappresentanza commerciale; per l’imprenditore
commerciale vale l’obbligo per le scritture contabili, obbligo di carattere civilistico. Solo
l’imprenditore commerciale è soggetto a fallimento. Per l’imprenditore agricolo il codice civile 2135
cc: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. Specifiche
norme riguardano la figura dell’imprenditore “ittico”. Attività connesse: date queste attività che la
legge frontalmente considera come attività agricole, vi sono attività agricole per connessione, che
può essere di tipo soggettivo o oggettivo. Soggettive Tizio che fa imprenditore agricolo svolge
anche altre attività in connessione a quella di imprenditore agricolo; oggettive: concernente attività
complementari all’attività agricola diretta, come commercializzazione e industrializzazione di
prodotti di tipo agricolo. La connessione agricola in senso oggettivo è basata sul criterio della
prevalenza. Assumono lo statuto di imprenditore agricolo le cooperative e i consorzi. Tutto il resto è
imprenditore commerciale: attività industriale, attività di produzione di beni e servizi, attività di
intermediazione nella circolazione die beni prodotti, attività di trasporto, attività bancarie e
assicurative, attività ausiliare. Art 2083 cc definisce il “piccolo imprenditore”: coltivatori diretti,
artigiani e piccoli commercianti nonché coloro che esercitano un’attività professionale organizzata
con il lavoro proprio e con i componenti della famiglia. Il piccolo imprenditore deve iscriversi nel
registro delle imprese ; per norme dell’azione comunitaria la distinzione tra piccolo imprenditore e
imprenditore si è arricchita ulteriormente con la previsione delle piccole medio-imprese, quando
non occupano più di 250 dipendenti e il fatturato non supera i 10 milioni; microimpresa 10
dipendenti, 2 milioni. Terza categoria oggetto di incentivo e di sostegno > essa è considerata alla
stregua di un consumatore, la mirto-impresa è inserita dal Codice del consumo tra quei soggetti
che hanno la tutela specifica prevista per i consumatori nelle pratiche commerciali. L’impresa
sociale è una realtà di impresa che presenta dei requisiti peculiari: - attività di produzione o di
scambio che ha ad oggetto beni o servizi di utilità sociale - deputata alla valorizzazione del
patrimonio culturale - l’attività di impresa deve essere esercitata in via stabile e principale: se
un’ente x svolge questa attività di impresa ma non è l’unica, perché abbia lo statuto di impresa
sociale deve fare in modo che la sua attività porti ad una percentuale di ricavi superiore al 70%
rispetto all’attività complessivamente svolta. L’impresa sociale non può avere uno scopo di lucro
soggettivo, non può distribuire utili dunque quello che costituisce il ricavato dell’attività svolta è
devoluto per realizzare lo scopo di carattere sociale, scopo che si ritrova in parte nella legge, in
parte nello statuto dell’ente. Lo statuto generale dell’imprenditore si compone del registro
dell’imprese e disciplina generale dell’azienda: si tratta di un mezzo di pubblicità delle vicende
concernenti l’impresa. Le categorie che l’ordinamento prevede circa la pubblicità
danno luogo a : - pubblicità dichiarativa: rende conoscibili determinati fatti; nel momento in cui una
norma di legge prevede che una data vicenda debba essere trascritta in un registro, quel fatto si
reputa legalmente conosciuto dai terzi. Il terzo non può dire di esser stato ignaro di quella vicenda.
Rende opponibile ai terzi gli atti e le vicende soggetti a pubblicità - pubblicità notizia: lo scopo è
quello di rendere legalmente conoscibili determinati fatti, ma quando la pubblicità si qualifica come
“Notizia” non deriva alcuna conseguenza sul piano dell’atto, ma è sanzioniate la condotta di
omissione, è di carattere obbligatorio ma non produce effetti sull’atto in quanto tale, non incide
sulle vicende relative al fatto che non è stato reso pubblico. - pubblicità costitutiva: se un
determinato atto non viene iscritto, la fattispecie non si produce (se un contratto è soggetto a
pubblicità costituiva, come società di capitali come srl o spa, l’atto costitutivo deve essere iscritto
nel registro delle imprese - pubblicità ad regularitatem: le società di persone devono ugualmente
essere iscritte nel registro delle imprese; la pubblicità è ai fini della regolarità perché se non
avviene viene iscritta come società irregolare. Il registro delle imprese si compone di una sezione
ordinaria dove sono iscritti gli imprenditori, società di persone, società di capitale e poi sezioni
speciali (v. imprenditore agricolo, …) 10.05 Art 1372 e seguenti: degli EFFETTI DEL CONTRATTO
La norma di esordio di questo settore afferma : Il contratto ha forza di legge tra le parti. Siamo
obbligati a rispettare l’oggetto del contratto in quanti ha forza di legge. Legge e contratto tuttavia
non possono essere posti sullo stesso piano: Il concetto di autonomia privata comporta un
rapporto continuo dialettico tra la nostra volontà e i limiti posti dalla legge, lo stesso contratto è
subordinato come efficacia vincolante al fatto che rispetto la legge: l’equiparazione tra legge e
contratto però non è possibile. Inoltre la legge vincola tutti, il contratto vincola i contraenti, per cui il
terzo tendenzialmente non è toccato dall’efficacia vincolante del contratto. Questa norma vuole
porre la premessa di tutto quello che segue, cioè la disciplina relativa al dissenso, al recesso, il
legislatore subito dopo disciplina le fattispecie che permettono di sottrarsi all’efficacia vincolante
del contratto. Se un contratto è validamente concluso, costituisce per i contraenti un vincolo
giuridico ed essendo tale il consenso è irretrattabile unilateralmente, cioè non il singolo contraente
da solo, se non a determinate condizioni, non può pentirsi. Irretrattabilità del consenso: una volta
concluso il contratto vincola le parti. 2^ comma: il contratto non può essere sciolto per mutuo
consenso o per cause ammesse dalla legge. La fusione delle due volontà non può unilateralmente
sciogliere il contratto. il primo istituto che l’ordinamento prevede come eccezione è dato dal
MUTUO DISSENSO: si tratta di un vero e proprio contratto. Mutuo dissenso significa che se tizio e
caio hanno concluso un contratto originario (di primo grado), solo se entrambi sono d’accordo
possono sciogliere quel contratto tramite un accordo di secondo grado, la cui funzione è di
risolvere (svolgere) il contratto. Esplicazione dell’art. 1321 a proposito della nozione di contratto,
l’accordo con cui uno o più parti costituiscono, modificano o ESTINGUONO un rapporto giuridico
patrimoniale. L’ordinamento accoglie il principio di libertà delle forme: tuttavia per il mutuo
dissenso viene in rilievo il PRINCIPIO DI SIMMETRIA DELLE FORME (analogo alla forma del
preliminare, che deve essere la stessa forma del definitivo, si determina per relationem): se va a
sciogliere modalità di risoluzione di un contratto formale, simmetria significa che anche il contratto
di secondo grado (o risolutorio o che modificano la norma) deve avere la forma del primo contratto.
(1350 i contratti che riguardano vicende reali immobiliari devono presentare la forma scritta). Con il
mutuo dissenso gli effetti vengono meno retroattivamente, quel diritto di proprietà passato
all’acquirente retroattivamente (retroagendo fino al momento di conclusione del contratto) torna
all’alienante. Più complessa è la questione del RECESSO: si tratta di qualcosa di contrario all’art.
1372 cc. Il singolo contraente non può decidere di recedere. Il recesso deve essere visto come
qualcosa di “eccezionale”: o la legge prevede la facoltà di recesso oppure deve essere previsto dal
contratto stesso con apposita clausola (il contratto di primo grado deve contenere una clausola che
dà o a entrambi o ad uno o all’altro contraente la facoltà di recedere a talune condiz