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L’IMPRESA PUBBLICA:
Impresa organo: si ha una struttura che è deputata a svolgere attività d’impresa. Era il comune stesso: non esisteva
un distinto soggetto giuridico e tutto era imputato a quest’organo che faceva attività d’impresa.
Impresa ente: ente pubblico ed economico con propria soggettività.
Società a partecipazione pubblica: si giustificano sulla base che c’è una partecipazione pubblica.
PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE: una pratica commerciale è una qualsiasi condotta posta in essere da un
professionista in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori. la scorrettezza sta nella
contrarietà alla diligenza che il consumatore può attendersi dal professionista e nell’idoneità a falsare il comportamento
economico del consumatore medio. Si applica il Codice del consumo e non la disciplina a tutela della concorrenza.
Pratiche ingannevoli sono:
Idonee ad ingannare il consumatore medio in merito ad elementi essenziali dell’operazione commerciale (carattere
del prodotto, prezzo, qualifiche da professionista, diritti del consumatore) o in merito ai prodotti o segni distintivi del
concorrente.
Realizzate in violazione dei codici di comportamento che il professionista ha dichiarato di rispettare
Omissioni ingannevoli (il professionista tace o presenta in modo oscuro informazioni rilevanti)
Le pratiche agressive invece sono pratiche che mediante molestie e coercizioni (anche fisiche o morali) siano idonee a limitare
la libertà di scelta o il comportamento del consumatore medio.
L’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato è una Autorità amministrativa indipendente che svolge la sua
attività e prende decisioni in piena autonomia rispetto al potere esecutivo. È stata istituita con la legge n. 287 del 10 ottobre
1990, recante "Norme per la tutela della concorrenza e del mercato”.L’Autorità è organo collegiale e le sue decisioni vengono
assunte a maggioranza. Il Presidente e i componenti dell’Autorità sono nominati dai Presidenti di Camera e Senato e durano
in carica 7 anni, non rinnovabili) d’ufficio o su istanza di qualsiasi interessato: inibisce le pratiche illecite, adotta i provvedimenti
per eliminare gli effetti, commina sanzioni pecuniarie a carico del professionista e può sospendere provvisoriamente la pratica
commerciale.
Pubblicità ingannevole: la pubblicità deve essere veritiera, palese, chiaramente riconoscibile e corretta. È ingannevole e
vietata qualsiasi pubblicità che in qualunque modo induce in errore o può indurre in errore le persone alle quali è rivolta e che
sia suscettibile di pregiudicare il loro comportamento economico ovvero ledere un concorrente.
La pubblicità comparativa… La pubblicità comparativa è un metodo pubblicitario con il quale un'azienda promuove i propri
prodotti confrontandoli con quelli concorrenti. Può essere di tipo implicito quando si paragona un prodotto ad uno generico,
quindi senza menzionare direttamente il concorrente, oppure di tipo esplicito quando si menziona il nome di un particolare
competitor sul mercato, al fine di evidenziare agli occhi del consumatore la superiorità qualitativa del prodotto offerto. Affinchè
sia lecita: Deve essere non ingannevole
Confronta beni e servizi sostituibili (che soddisfano gli stessi bisogni o perseguono gli stessi obiettivi)
Confronta oggettivamente caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative
Non ingenera confusione con i concorrenti
Non causa discredito o denigrazione per i beni, servizi o segni distintivi di un concorrente
Non trae indebitamente vantaggi dalla notoretà del bene comparato
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Non presenta un bene o servizio come imitazione o contraffazione di altri beni o servizi con marchio o
denominazione depositati.
SEGNI DISTINTIVI... I segni distintivi, ai sensi della legge italiana, sono degli elementi che hanno funzione di identificare un
determinato imprenditore, un determinato luogo dove si esercita l'impresa, un determinato prodotto, per differenziarli agli occhi
del pubblico dei consumatori. I segni distintivi fondamentali sono la ditta, l'insegna e il marchio., questi sono un elemento
prescindibile affinchè vi sia concorrenza pulita. Vi è anche l’interesse del consumatore a non essere ingannato. I segni
distintivi sono:
La ditta: contraddistingue la persona dell’imprenditore nell’esercizio dell’attività d’impresa
1. L’insegna: contraddistingue i locali in cui viene esercitata l’impresa stessa
2. Il marchio: contraddistingue i prodotti e i servizi offerti dall’impresa
3.
Più una pluralità di segni atipici che trovano tutela nel nostro regolamento (domanio, stemma squadre ecc). I segni distintivi
trovano disciplina in principi comuni:
La libertà nella formazione dei propri segni distintivi: l’imprenditore con i propri segni distintivi può fare quello che
vuole. Salvo il rispetto di determinate regole volte ad evitare inganno e confusione (i.e. verità, novità, liceità e
capacità distintiva)
Diritto all’uso esclusivo: si tratta di un diritto relativo e strumentale alla realizzazione della funzione distintiva
rispetto ai concorrenti: il mio segno non ha valenza assoluta ma è strettamente legato all’esercizio che svolgo.
Trasferibilità: L’imprenditore può trasferire agli altri i propri segni distintivi, purché dalla circolazione non ne derivi un
inganno per il pubblico
La ditta: vi sono due limiti, cioè il rispetto dei seguenti principi:
La verità : nel caso di ditta originaria (cioè prescelta dall’imprenditore al momento della costituzione) è sufficiente cha
la ditta contenga almeno il cognome o la sigla dell’imprenditore (art 2563 cc), si ha verità storica invece nel caso di
ditta derivata (formata da un imprenditore e in seguito trasferita ad un altro insieme all’azienda).
La novità : la ditta non deve essere uguale o simile a quella usata da altro imprenditore, non deve creare confusione
per l’oggetto dell’impresa o per il luogo in cui è esercitata e non deve essere uguale o simile all’altrui marchio. La
sanzione prevista per la violazione del divieto consiste nell’obbligo di integrare o modificare la ditta con indicazioni
idonee a differenziarle (art 2564 e 22 cpi).
I requisiti sono:
La liceità : non deve essere contraria alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume
La capacità distintiva : non deve essere meramente generica o descrittiva dell’attività dell’azienda.
Il trasferimento della ditta è possibile solo insieme all’azienda o ad un suo ramo tramite atto tra vivi (necessario l’espresso
consenso dell’alienante) o mortis causa (automaticamente, salvo diversa disposizione testamentaria).
Art 2565 cc: La ditta non può essere trasferita separatamente dall'azienda.
Nel trasferimento dell'azienda per atto tra vivi la ditta non passa all'acquirente senza il consenso dell'alienante .
(1)
Nella successione nell'azienda per causa di morte la ditta si trasmette al successore, salvo diversa disposizione testamentaria.
l pari della ditta, anche l'insegna segue l'azienda nei suoi trasferimenti soltanto quando ciò sia espressamente convenuto tra
A
le parti.
L’insegna: contraddistingue i locali d’impresa o, secondo una più ampia concezione, l’intero complesso aziendale. Si
ritengono applicabili i principi base riconducibili dalla più analitica disciplina dei segni distintivi. Abbiamo:
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La novità : non deve essere uguale o simile a quella usata da altro imprenditore e non deve essere tale da creare
confusione per l’oggetto dell’impresa o per il luogo in cui questa è esercitata e non deve essere uguale all’altrui
marchio.
La liceità : non deve essere contraria alla legge all’ordine pubblico e al buon costume.
La capacità distintiva : non deve essere meramente generica o descrittiva.
Il marchio: è il segno distintivo dei prodotti e dei servizi di impresa ed è disciplinato dall’ordinamento nazionale comunitario e
internazionale:
Nazionale: si registra il marchio secondo la normativa e la tutela è limitata all’area nazionale
Comunitario: viene registrato a livello comunitario.
Internazionale: prevede la possibilità di registrare un marchio a livello internazionale (fascio di marchi nazionali)
individuando le singole nazioni. Sono i singoli uffici a riconoscere i singoli marchi nazionali.
Le tipologie variano in base alla natura dell’attività svolta dal titolare del marchio:
Marchio di fabbrica o di commercio:
Marchio di fabbrica è quello apposto sul prodotto dalla stessa impresa che lo ha fabbricato.
1. Marchio di commercio è quello apposto dal commerciante sulle merci che mette in vendita.
2.
Su uno stesso prodotto possono dunque coesistere più marchi (di fabbricazione e/o di commercio), ma NON è
consentito sopprimere il marchio del produttore o del commerciante da cui siano stati ricevuti i prodotti o le merci (cfr.
artt. 2572 c.c. e 20, co. 3, c.p.i.).
Marchio di servizio : Utilizzato da imprese che producono servizi (es. imprese di trasporto, di pubblicità, bancarie,
3. assicurative, di spettacolo, ecc.)
Forma tipica di utilizzo del marchio: pubblicitaria.
Marchio generale e marchio specifico:
4.
Marchio generale è quello utilizzato dall’imprenditore per contraddistinguere tutti i suoi prodotti e servizi.
Marchi speciali sono quelli utilizzati dall’imprenditore per differenziare i diversi prodotti della propria impresa o tipi
diversi dello stesso prodotto.
È possibile l’utilizzo contemporaneo di entrambi.
Marchio individuale: è il marchio d’impresa destinato ad essere utilizzato esclusivamente dall’imprenditore che lo
5. ha registrato
Marchio collettivo: Il titolare è un soggetto (ad esempio un consorzio fra imprenditori o un’associazione) che
6. svolge la funzione di garantire l’origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o servizi. Tale marchio,
quindi, non viene utilizzato direttamente dall’ente che lo registrato, ma è concesso in uso a produttori o
commercianti consociati, che a loro volta si impegnano a rispettare nella loro attività le norme statutarie fissate
dall’ente e a consentire i relativi controlli. Assolve ad una funzione di garanzia della qualità/provenienza del
prodotto.
Marchio denominativo: costituito solo da parole (in tal caso può coincidere con la ditta o c