Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
ENT DEL
Nell'ipotesi di sciopero in un impianto produttivo a ciclo continuo, la legittimità del rifiuto da parte del datore di lavoro delle prestazioni offerte dagli addetti a reparti diversi da quelli interessati dalla astensione presuppone, ai fini della liberazione dall'obbligo retributivo, l'inutilizzabilità di dette prestazioni nelle mansioni attribuite, in relazione al tipo e alla natura dell'organizzazione produttiva, che l'imprenditore non è tenuto a modificare con misure implicanti perdite economiche o spese ulteriori.
Fatto Sitzia ed altri dipendenti della Acciaierie Valbruna convenivano quest'ultima per avere, in occasione di uno sciopero, illegittimamente messo in libertà gli attori che intendevano prestare regolarmente la loro attività; chiedevano pertanto la retribuzione del turno obbligatoriamente saltato.
Il pretore accoglie la domanda che veniva confermata dal giudice in Appello così motivando:
- Il
rifiuto del datore è legittimo se questi abbia fatto il possibile per ricevere le prestazioni; l'impossibilità può essere ravvisata o quando le variazioni possono comportare danni per gli impianti o quando queste siano tanto onerose da rendere antieconomico l'utilizzo delle prestazioni; - Nel caso di specie l'impossibilità doveva escludersi in quanto non si era data prova della immodificabilità dell'impianto; - Inoltre dalle testimonianze risultava la possibilità della riconversione del laminatoio, non essendo stato invece provato che tale intervento avrebbe implicato spese maggiori; - Non risulta che la società abbia fatto quanto in suo potere per attuare una modifica dell'impianto al fine di ricevere le prestazioni; Propone ricorso per Cassazione la Valbruna. Osserva che: - Proprio richiamando il criterio fatto proprio dal giudice d'Appello si sarebbe dovuta ravvisare una situazione diimpossibilità in quanto la variazionedel ciclo produttivo sarebbe risultata antieconomica per la società(occorrevano almeno 8 ore di lavoro per la modifica degli impianti ed il lororipristino);
La corte territoriale non avrebbe seguito i principi elaborati dallagiurisprudenza in tema di impossibilità della prestazione: da un lato hacorrettamente ritenuto che « Il rifiuto del datore è legittimo se questi abbia fattoil possibile per ricevere le prestazioni…»; tuttavia occorre anche tenere contodel metodo di organizzazione del lavoro e dell’autonomia decisionaledell’imprenditore, che non è tenuto a predisporre misure implicanti perditeeconomiche o spese ulteriori al fine di utilizzare le prestazioni dei settori nonscioperanti.
La decisione della Corte territoriale appare censurabile sotto il profilo logico, manon solo. In premessa si ammette che «Il rifiuto del datore è legittimo se questi abbiafatto il possibile per ricevere le prestazioni…»; tuttavia occorre anche tenere contodel metodo di organizzazione del lavoro e dell’autonomia decisionaledell’imprenditore, che non è tenuto a predisporre misure implicanti perditeeconomiche o spese ulteriori al fine di utilizzare le prestazioni dei settori nonscioperanti.
Possibile per ricevere le prestazioni; l'impossibilità può essere ravvisata quando le variazioni possono comportare danni per gli impianti o quando queste siano tanto onerose da rendere antieconomico l'utilizzo delle prestazioni", ma la Corte si limita a riconoscere la possibilità di riconversione del laminatoio, senza tenere in alcun conto della testimonianza dalla quale risultava che antieconomici sarebbero stati i costi da sopportare per la riconversione del laminatoio. Quindi in relazione a detto difetto di indagine la sentenza impugnata non si sottrae a censura. Il giudice di merito avrebbe dovuto tenere conto dei presupposti del legittimo rifiuto avuto riguardo allo specifico contesto organizzativo, escludendosi però un onere per l'imprenditore di apportare modificazioni sostanziali che incidessero sulla tecnologia degli impianti. Ma detti presupposti non avrebbero mai potuto ravvisarsi se l'utilizzazione in questione
Avesse richiesto solo una variazione di modalità contingenti di programmazione. La sentenza va cassata e rinviata ad altro giudice di merito che si atterrà ai principi di diritto enunciati. S . 13533 2001ENT DEL
In tema di ' , il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell'onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l'adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell'eccezione
diinadempimento (risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipientesi limiterà ad allegare l'altrui inadempimento, ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell'obbligazione). Anche nel caso in cui sia dedotto non l'inadempimento dell'obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione e inesattezza dell'adempimento gravando ancora una volta sul debitore l'onere di dimostrare l'avvenuto, esatto adempimento.
Le SS.UU. della Corte hanno ulteriormente precisato che tale principio trova un limite nell'ipotesi di inadempimento delle obbligazioni negative, nel qual caso la prova dell'inadempimento stesso è sempre a carico del creditore, anche nel caso in cui agisca per l'adempimento e non per la risoluzione o il risarcimento.
Il Fatto: Il
proprietario di un albergo conveniva dinanzi al tribunale di Roma un centro culturale latino-americano per non avere adempiuto l'obbligazione di insonorizzare la parete divisoria tra il locale dell'associazione e l'albergo; in più veniva richiesto il pagamento di una penale. Il tribunale condannava il centro. La corte d'Appello cambia posizione affermando che il tribunale aveva errato nell'applicazione dei principi che regolano l'onere della prova, in quanto il tribunale aveva correttamente qualificato come "penale" la clausola dedotta dalle parti in contratto, ma ciò non esime il soggetto che la invoca dalla prova dell'inadempimento della controparte. L'albergatore propone ricorso per Cassazione. Oggetto del giudizio è la questione se sia il creditore agente a dover dimostrare l'inadempimento o se incomba sul convenuto l'onere di provare l'avvenuto adempimento. Al riguardo occorreesaminare due indirizzi che si sono fatti strada nella giurisprudenza della Cassazione. L'indirizzo maggioritario sostiene che il regime probatorio è diverso a seconda che l'attore agisca per l'adempimento, nel qual caso dovrà limitarsi ad allegare il titolo che costituisce la fonte del diritto vantato; o per la risoluzione per cui l'attore sarà tenuto ad allegare oltre al titolo, fonte del rapporto, anche il fatto che legittima la risoluzione, cioè l'inadempimento della controparte. L'indirizzo minoritario sottolinea come l'azione di adempimento, di risarcimento e di risoluzione hanno in comune il titolo ed il vincolo contrattuale di cui si deduce la violazione, sicché l'unica prova che può essere richiesta alla parte che propone l'azione è l'esistenza di quel titolo. Ciò si spiegherebbe in ragione del fatto che appare irrazionale, dinanzi ad una identica situazione probatoria,applicare una diversa disciplina dell'onere probatorio. D'altro canto, porre l'onere probatorio in capo al debitore è conforme al principio di riferibilità o vicinanza della prova, in virtù del quale l'onere viene ripartito tenuto conto, in concreto, della possibilità di provare i fatti che rientrano nelle rispettive sfere d'azione sia del creditore, sia del debitore. La Suprema Corte preferisce aderire all'indirizzo minoritario confermandone le argomentazioni ed aggiungendo che l'art. 2697 c.c. ha dettato una disciplina generale in tema di riparto dell'onere della prova, senza fare riferimento a specifici tipi di domande ed inoltre appare opportuno dettare un criterio di massima caratterizzato dal maggiore grado possibile di omogeneità. In altre parole, non ha senso attribuire al fatto dell'inadempimento una diversa rilevanza a seconda del tipo di azione che viene esercitata. Tale soluzione è
dettata anche da esigenze di ordine pratico, nel senso che è più agevole per il soggetto nella cui sfera d'azione si è verificato il fatto dell'inadempimento dar prova delle circostanze che lo hanno determinato.
Nel caso in cui il debitore convenuto si avvalga dell'eccezione di inadempimento ex art.1460 c.c., ovviamente l'onere della prova si inverte e sarà il creditore a dover dimostrare di avere adempiuto esattamente la propria prestazione.
Analoga disciplina si applica in caso di inesatto adempimento in quanto, argomenta la Corte, la diversa consistenza dell'inadempimento totale e dell'inadempimento inesatto, non può giustificare il diverso regime probatorio: in entrambi i casi il creditore deduce che il debitore non è stato fedele al contratto. Un'eccezione riguarda l'inadempimento delle obbligazioni negative ove la prova è sempre a carico del creditore, infatti
l'inadempimento di siffatte obbligazioni integra un fatto positivo che può essere agevolmente dimostrato dal creditore. Il ricorso è fondato. S . 1716 1979ENT DEL
Ha natura extracontrattuale la responsabilità del medico, dipendente da un ente ospedaliero, verso il paziente in conseguenza di un errore diagnostico o terapeutico da lui commesso. Pertanto il diritto al risarcimento del danno spettante al paziente nei confronti del medico si prescrive in 5 anni (art.2947, 1° c.).
La responsabilità extracontrattuale sorge quando il fatto costitutivo dal quale è generata non soltanto viene ad esistenza, ma anche e soprattutto si esteriorizza divenendo conoscibile; in particolare quando si esteriorizza e diviene conoscibile l'evento dannoso. È dal momento in cui questo diviene dannoso che comincia a decorrere il termine di prescrizione del diritto al risarcimento.
Fatto: La sig.ra Bisaro era stata sottoposta ad un intervento per
l'asportazione di un gonfiore tumefatto alla coscia, diagnosticato "melanoma". Tale diagnosi era stata confermata non solo