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DELL’ANTIGIURIDICITA’
Circostanze o situazioni tassativamente previste che escludono o limitano la responsabilità
dell’autore del fatto lesivo, prime fra tute:
- Legittima difesa (2044 e 52 c.p.): “Non è punibile (né responsabile) chi ha commesso il
fatto (oggettivamente ingiusto) per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un
diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa
sia proporzionata all’offesa”; è causa di esonero dalla responsabilità, che funge oltre che
funzione risarcitoria e riparatoria, quella di prevenzione dell’illecito. La legittima difesa
giustifica l’azione dannosa nei confronti dell’aggressore e a seconda del caso anche nei
confronti dei terzi che potrebbero da questa azione essere danneggiati, configurandosi in
questo ultimo caso come stato di necessità.
Caratteri/requisiti della legittima difesa sono: pericolo di aggressione di un diritto proprio o
altrui; offesa ingiusta, che si definisce tale se lede un interesse personale o patrimoniale
(la concorrenza sleale potrebbe rientrare nella legittima difesa qualora necessaria a
difendersi da un comportamento ugualmente scorretto); proporzionalità tra difesa e offesa
(tra diritto in pericolo e difeso e diritto leso), qualora l’atto di legittima difesa ecceda
l’attività necessaria per paralizzare l’aggressione altrui, si parla di eccesso colposo di
legittima difesa, che può portare ad un concorso di colpa con l’aggressore ed eventuale
riduzione del risarcimento.
- Stato di necessità (2045): “Quando chi ha compiuto il fatto dannoso è stato costretto dalla
necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona e il
pericolo non è stato volontariamente causato né era altrimenti evitabile, al danneggiato è
dovuta un’indennità, la cui misura è rimessa all’equo apprezzamento dl giudice”; circa la
qualificazione del fatto dannoso, alcuni lo inquadrano negli atti leciti dannosi, altri tra le
ipotesi di responsabilità per fatto proprio, mentre lo stato di necessità funge allora da
causa parzialmente esoneratrice della responsabilità.
Presupposti sono una condotta volontaria dell’autore del fatto dannoso, contraria a norme
di legge, alla comune prudenza, diligenza o tecniche; effettiva sussistenza del pericolo,
quale ragionevole probabilità che si verifichi l’evento dannoso; rapporto di proporzionalità
fra fatto dannoso e pericolo che si vuole evitare; il danno (e non il pericolo) deve essere
inevitabile, cioè non deve esistere altra via per sfuggirvi. La determinazione dell’indennità
non segue criteri rigidi e predeterminati, ma si basa su una pluralità di fattori quali la
gravità del danno, il pericolo, le condizioni economiche delle parti e tende, nei limiti del
possibile, a riprestare le potenzialità del soggetto leso.
- Consenso dell’avente diritto (50 c.p.): il soggetto autorizza un fatto lesivo del proprio
diritto (es. intervento chirurgico).
- Incapacità di intendere e di volere (2046): è esclusa la responsabilità di chi commettendo
il fatto dannoso fosse in quel momento incapace di intendere e di volere (inidoneità
psichica della persona, che non è in grado di comprendere la rilevanza sociale negativa
degli atti che compie), salvo che l’incapacità derivi da sua colpa.
- Caso fortuito (evento assolutamente imprevedibile) e forza maggiore (evento di una forza
tale per il quale è oggettivamente impossibile resistervi): come l’incapacità naturale, sono
esonero della responsabilità di cui al 2043 solo se non di causa imputabile all’agente.
DISTRIBUZIONE DELL’ONERE DELLA PROVA
Ai sensi del 2697, l’onore probatorio del fatto illecito altrui, incombe su chi intende agire per la
riparazione del pregiudizio subito, il quale deve dimostrare non il comportamento lesivo del
responsabile e la sua difformità rispetto alla legge, ma la connessione dell’evento con l’attività o
la situazione prevista dalla legge, nonché la posizione della persona indicata dalla legge come
responsabile. A tale regola l’ordinamento e la giurisprudenza pongono alcune eccezioni: qualora
l’agente del fatto dannoso sostenga di non essere imputabile per incapacità naturale, è onere
suo provarla; in alcune fattispecie tassative, il nesso di causalità fra fatto lesivo e
comportamento di certe persone in virtù della loro posizione è presunto (sorvegliare la
incapacità, genitore, custode), sì che l’onere probatorio è meno gravoso se non assente per il
danneggiato; il danno derivante da attività di dipendenti o da attività pericolose escludono
l’onere probatorio del leso, in quanto la legge adotta delle presunzioni di colpa, cioè che il
comportamento dei responsabili sia colposo, in quanto è probabile che non sia stato idoneo ad
evitare l’evento lesivo, come è doveroso. A questo ultimo riguardo la legge stabilisce prove
liberatorio per il danneggiante spesso abbastanza gravose, quali dimostrare di non aver potuto
impedire il fatto, aver fatto tutto il possibile per impedire il danno o che l’evento dannoso è
imputabile al caso fortuito.
PRINCIPIO DELLA COLPA
Ultimamente è stato criticato il principio in base al quale la responsabilità della persona si fonda
necessariamente su un suo comportamento (sulla colpa in particolare), dal momento che la
legge prescrive la responsabilità anche per colpa lievissima; da ciò deriva che non può essere la
colpa il fondamento della responsabilità civile, in quanto il danneggiante non potrà mai dire di
aver preso tutte le precauzione possibili affinché il fatto non si producesse. A questa tesi si
aggiunge il fatto che ad oggi buona parte dei danni e quindi dei diritti lesi sono anonimi, cioè in
cui è difficile se non impossibile trovare chi, nell’interno di una certa organizzazione (es.
produttiva), sia l’autore del fatto lesivo, sì che in tal caso non si riuscirebbe quasi mai ad
assicurare la riparazione del danno cagionato e la tutela sarebbe un fenomeno residuale:
l’obiettivo da garantire è il trasferimento (con successiva riparazione) del danno dal danneggiato
a persona diversa, non necessariamente l’autore. In ultimo si deve riflettere sull’esistenza di una
pluralità di criteri di imputazione del fatto dannoso che non si basano sulla colpa di colui che
sarà definito responsabile. La risposta è nella c.d. presunzione di responsabilità, in cui la colpa
gioco un ruolo marginale, mentre è la posizione che una persona ricopre a determinare la
imputabilità del fatto lesivo (es. il custode della cosa che risponde dei danni sulla stessa, ecc.).
Nella prospettiva di cui sopra, è chiaro che se l’imputazione della responsabilità non deriva da
colpa, la responsabilità civile non può avere una funzione sanzionatoria (il custode che per colpa
lieve diviene responsabile, non può essere “sanzionato”), ma riparatoria, cioè restitutoria della
situazione lesa, permettendo il trasferimento del danno subito dal danneggiato su altri.
L’elemento della colpa, quale contrarietà ad un modello di comportamento idonea ad evitare
eventi lesivi del diritto altrui, è garanzia della persona, in quanto consente di conoscere
preventivamente quali eventi possono essere imputati a chi agisce, assicurando una libera
scelta dei propri comportamenti.
RESPONSABILITA’ c.d. SPECIALI
Nel prevedere casi speciali di responsabilità il legislatore si è spesso discostato dalla disciplina
generale dell'art. 2043, prevedendo, casi di responsabilità oggettiva dove si prescinde dalla
indagine sulla colpevolezza, come nel caso dell'art. 2049 c.c. sulla responsabilità dei padroni e
dei committenti.
Dove c'è responsabilità oggettiva si assiste ad una inversione dell'onere della prova rispetto ai
casi generali dell'art. 2043 c.c. In altre parole sarà il danneggiante dover dimostrare di non avere
colpa nella causa del danno, e non il danneggiato:
1. Responsabilità per danno cagionato dall’incapace (2047): quando il danno è arrecato da
persona incapace di intere o di volere (indipendentemente dall’età), l’obbligo del risarcimento
è posto dalla legge a carico delle persone che sono tenute alla sua sorveglianza, le quali si
presumono, salvo prova contraria, non abbiamo fatto quanto era necessario per impedire il
prodursi del fatto dannoso.
2. Responsabilità dei genitori, tutori, precettori, maestri d’arte (2048): per il fatto illecito dei
minori di età non emancipati, ma capaci di intendere e di volere, sono responsabili i genitori
o il tutore con essi coabitanti, i quali, fino a prova contraria, si presume non abbiano fatto
quanto necessario per impedire il fatto.
3. Responsabilità dei padroni e dei committenti (2049): i preponenti sono responsabili per i
fatti illeciti compiuti dai loro preposti nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti.
4. Responsabilità per l’esercizio di attività pericolosa (2050): chi svolge un’attività
pericolosa per sua natura o pericolosa per la natura dei mezzi operati deve risarcire il danno
causato, salvo provi di aver adottato tutte le misure idonee a prevenire il danno.
5. Responsabilità per danno cagionato da cose in custodia (2051): chi ha una o più cose in
custodia è responsabile dei danni da queste cagionati (per un connaturale dinamismo o per
la intrinseca natura), salvo che provi il caso fortuito. Se il danno è stato provocato non dalla
cosa ma con la cosa, quindi fatto umano, anche omissivo, si applica il 2043.
6. Responsabilità per danno cagionato da animali (2052): il proprietario di un animale o chi
se ne serve per il tempo in cui l’ha in uso, risponde dei danni cagionati dall’animale, anche
se fuggito o smarrito, salvo che provi il caso fortuito; la norma relativa alla tipica società ad
economia agricola assume sempre più un ruolo marginale, salvo per le attività di
commercializzazione e la detenzione di esemplari vivi d mammiferi e rettili pericolosi per la
salute e l’incolumità pubblica.
7. Responsabilità per rovina di edificio (2053): il proprietario di un edificio o altra costruzione
risponde dei danni cagionati dalla loro rovina, salvo che provi che questa non sia dovuta a
difetto di manutenzione o vizio di costruzione; è particolare ipotesi di danno di cose in
custodia. Risponde il custode dell’edificio qualora quest