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E LA TESI DI VIOLANTE

Quando c'era da frenare le richieste risarcitorie l'ingiustizia era legata alla condotta ingiusta il che significa parlare esclusivamente di antigiuridicità, di atto illecito, escludendo gli atti leciti dannosi.

Oggi l'art. 2043 viene applicato in tutti i casi in cui vi sia una lesione di interesse giuridicamente rilevante per il quale si intende, da un punto di vista tecnico-giuridico della dottrina e della giurisprudenza, la lesione di un interesse del bene della vita.

Una lesione di un interesse che consiste nell'inosservanza di un certo formalismo non rappresenta un interesse del bene della vita, in sostanza la violazione di una norma dovuta ad un atto amministrativo viziato non comporta un aspetto risarcitorio ai sensi dell'art. 2043.

13tÑÑâÇà| w| Z|ÉätÇÇ| ZxÇà|ÄxSotto questo profilo oggi è notevolmente ampliato il criterio di imputazione della

colpa dell'art.2043, proteso ad allargare le possibilità di risarcimento e parallelamente hanno subito un'interpretazione diversa le norme dall'art. 2049 all'art. 2054. In questa fase l'espressione ingiustizia dell'art. 2043 non è più riferita alla condotta, ma al danno. Questo significa che compete il risarcimento del danno tutte le volte in cui ci fosse un danno ingiusto, accompagnato sempre dal criterio di imputazione della colpa, legato non necessariamente ad un atto illecito, ma anche ad un atto lecito dannoso. Gli interpreti in questa evoluzione utilizzano tutti gli elementi per favorire il risarcimento del danno tutelando più le vittime piuttosto che le imprese. L'evoluzione interpretativa degli artt. 2049 e ss. porta oggi a considerarle norme di responsabilità oggettiva. Oggi nessuno continua a sostenere che si tratta di fattispecie di responsabilità basate su una presunzione di colpa, come avveniva per.

Il passato quando si finiva per limitare o spostare semplicemente l'onere probatorio dalla vittima al danneggiante, cioè avendosi una presunzione semplice che ammetteva la prova contraria, si consentiva al danneggiante o all'imprenditore di superare facilmente l'ostacolo della presunzione.

Da un certo momento in poi c'è stata un'interpretazione di queste norme come fattispecie di responsabilità oggettiva. Questo tipo di responsabilità è individuata non solo nelle norme del codice civile, ma anche in leggi speciali come quella sul nucleare, la normativa sui danneggiamenti dagli aeromobili, le leggi contro gli infortuni, minerarie, eccetera.

I criteri di imputazione di queste norme sono differenti: abbiamo quello dell'appartenenza all'impresa (art. 2049), della custodia di cose e degli animali (artt. 2051 e 2052), delle attività pericolose (art. 2050), della rovina degli edifici o dell'omessa manutenzione (art. 2053).

dellacircolazione stradale (art. 2054).Da questo momento si inizia a parlare di un doppio binario:la responsabilità per colpa per tutte le fattispecie riconducibili all’art. 2043, la responsabilità oggettiva per tutte le fattispecie contemplate dall’art. 2049 e seguenti.

La dottrina tenta anche di dare un’interpretazione unitaria della responsabilità oggettiva, le cui norme hanno ciascuno un criterio di imputazione diverso dall’altro.

Inizialmente qualcuno aveva individuato una unitaria basando queste fattispecie di ratio responsabilità sulla pura causalità, ma questa impostazione non ebbe seguito perché significava individuare all’infinito le cause del sinistro e magari alla fine si addossava la colpa alla vittima.

In un’epoca in cui l’approccio interpretativo ed evolutivo era ancora all’inizi, nel 1964/1965 Trimarchi fu il primo autore della dottrina che cercò di individuare

l'unitarietà di queste norme nella responsabilità per il rischio di impresa o meglio per rischio consentito, in quanto le attività imprenditoriali passano sempre attraverso un'autorizzazione amministrativa, quindi si prospettava che queste norme si potessero riassumere unitariamente nel principio della responsabilità per il rischio di impresa, ritenendo giusto che vengano addossati all'imprenditore i costi di un eventuale danno provocato dalle sue attività lucrative. In realtà questa impostazione data dal Trimarchi trovava il limite che queste fattispecie normative non fossero riferite solo all'attività imprenditoriale o all'attività economica organizzata, ma potevano anche riferirsi ad attività normali: nelle fattispecie degli artt. 2051 e 2052, sulla custodia di cose e animali, non è ravvisabile un'attività imprenditoriale. Ad esempio il soggetto che porta a passeggio un cane che.

morde un altro non è certamente un'ipotesi di rischio di impresa perché nulla lo lega all'attività imprenditoriale.

Da un punto di vista tecnico-giuridico, sebbene interessante la tesi di Trimarchi però non sembrò avere una sincronia con tutte le fattispecie individuate dall'art. 2049 all'art. 2054.

Ci fu poi il tentativo di un altro autore, il Comporti, il quale ritenne che la matrice comune di queste fattispecie di responsabilità potesse essere individuata nel principio dell'esposizione al pericolo, partendo dall'art. 2050 che prende in considerazione il danno derivante dall'attività pericolosa.

Ma anche qui non è stato riconosciuto questo fondamento unitario, perché le attività contemplate dagli artt. 2049 - 2051 - 2052 - 2053 - 2054 non sono attività pericolose, ma condivise anche se14tÑÑâÇà| w| Z|ÉätÇÇ|

ZxÇà|Äxpotenzialmente possono arrecare danni, ma questo dipende dal fatto che l'impresa o comunque il soggetto danneggiante non ha ritenuto di adottare le c.d. misure di idonee ad evitare il deterrenedanno, ma di per sé non sono attività pericolose. Anzi ci fu una critica abbastanza incisiva che paradossalmente affermava che anche l'art. 2050 sulla responsabilità per le attività pericolose, forse non è oggettiva, ma per colpa, perché l'imprenditore sa che l'attività è pericolosa e quindi la colpa è nella stessa attività. In re ipsa, in sintesi Trimarchi cercava di individuare una unitaria nel rischio d'impresa, mentre ratioComporti cercava di trovarla nell'attività pericolosa. 12, intorno al 1970 che Vi fu poi il tentativo di un altro esponente autorevole della dottrina, Rodotà cercò di ridurre ad unità la responsabilità per colpa dell'art.

2043 con le altre. Il tentativo di Rodotà fu quello di rifiutare il doppio binario della responsabilità (per colpa e oggettiva), ma di vedere un sistema di responsabilità unitario fondato sul danno ingiusto. Rodotà sosteneva che si potesse individuare una matrice comune a tutte le responsabilità nell'ingiustizia del danno data dalla violazione del principio di solidarietà sociale, ritenendo che tutte le volte in cui ci fosse stata la violazione di questo principio vi era un danno ingiusto. Per Rodotà nel rapporto intersoggettivo che esiste in una collettività ciascuno deve avere la misura del proprio comportamento che deve essere tale da evitare di invadere la sfera giuridica altrui, per cui là dove questa solidarietà sociale finisca per essere violata vi è un danno ingiusto. L'interpretazione è interessante, però la matrice comune non può individuarsi nell'ingiustizia del danno,

perché il danno ingiusto è citato nell'art. 2043 mentre nelle altre fattispecie normative, dall'art. 2049 in poi il legame all'ingiustizia del danno non appare nella lettera e neanche nella ratio. Ma anche volendo condividere questa matrice comune, ritenere che l'ingiustizia del danno si traduca nel giudizio del giudice per la violazione della solidarietà sociale significherebbe attribuire illimitatamente, e forse arbitrariamente, alla discrezionalità del giudice l'individuazione del danno ingiusto e quindi accordare il risarcimento, quando in una fattispecie simile un altro giudice avrebbe potuto discrezionalmente ritenere di escludere l'ingiustizia del danno. Cioè parlare di violazione del principio di solidarietà, significa rimettersi all'ampia, libera, ma anche arbitraria discrezionalità del giudice che nel caso concreto deve decidere se il danno è ingiusto o no per stabilirne ilrisarcimento. Quindi non appariva un criterio oggettivo che potesse far applicare la fattispecie normativa ad un fatto concreto produttivo di danno. La tesi di Violante Alla luce di quanto abbiamo detto e nei tentativi della dottrina che abbiamo esaminato, indubbiamente non si può parlare degli artt. 2049 e ss. come fattispecie di responsabilità eccezionale rispetto al criterio di imputazione della colpa. Secondo Violante nel nostro sistema abbiamo una serie di fattispecie di responsabilità che scattano in relazione al criterio di imputazione che ciascuna di queste enuncia: il criterio di imputazione della colpa in relazione all'art. 2043; il criterio di imputazione all'impresa e dell'appartenenza all'impresa in relazione all'art. 2049; il criterio di imputazione dell'attività pericolosa in relazione all'art. 2050; il criterio di imputazione della custodia di cose e animali agli artt. 2051-2052; il criterio per la rovina.degli edifici dell'art. 2053; il criterio per la circolazione dei veicoli in relazione al 2054. Tutte le volte in cui si individua una responsabilità riconducendo la fattispecie a questi criteri, invocheremo queste norme, alcune delle quali prevedono la possibilità di provare il contrario. Con il consolidamento dello sviluppo delle imprese, comincia ad affermarsi il concetto di responsabilità oggettiva e si profila un sistema di responsabilità a doppio binario: la responsabilità per colpa art. 2043; ex le fattispecie di responsabilità disciplinate dal 2049 al 2054 del codice civile oltre che da leggi speciali, anche di derivazione comunitaria. 12 È stato per molti anni l'autorità garante della privacy. 15tÑÑâÇà| w| Z|ÉätÇÇ| ZxÇà|Äx Le due concezioni non sono totalmente condivisibili perché vi sono fattispecie di responsabilità,dal 2049 al 2054, che non possono dirsi tutte fondate sul rischio d'impresa, pensate alla responsabilità per custodia di animali e di cose, e non tutte le fattispecie
Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
49 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sara F di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto civile e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Violante Andrea.