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UNITARIA E PLURIMA
Le obbligazioni a struttura unitaria sono caratterizzate da un’unica obbligazione di
cui sono titolari più soggetti, infatti sono dette ad INTERESSE COMUNE. Essendo
in queste ipotesi l’obbligazione unica, l’adempimento di uno solo dei condebitori
realizza non solo il diritto di credito ma anche l’obbligo, non lasciando più alcun
debito.
Le obbligazioni a struttura plurima, sono più obbligazioni diverse tra loro che fanno
riferimento a più titolari, accumunate solo dall’oggetto. In queste ipotesi tutti gli
obbligati sono tenuti alla medesima prestazione e il creditore può chiedere ad ognuno
quindi l’adempimento
di loro l’adempimento per l’intero; di uno libera gli altri, sono
dette infatti a INTERESSE UNISOGGETTIVO.
La dottrina tradizionale dichiara la compatibilità di entrambe le figura con la
surrogazione.
Grasso è di avviso contrario perché ritiene che in entrambi i casi ci sia estinzione
dell’obbligo. Per spiegarsi riprende l’inciso “uno libera gli altri”,
Condebitori estingua l’intero obbligo non lasciando spazio ad una eventuale
surrogazione. La dottrina contrastante invece stabilisce che l’adempimento di uno
libera gli altri ma solo nei RAPPORTI INTERNI non in quelli esterni con il creditore,
e per questo sarà possibile surrogarsi.
A questa impostazione Grasso risponde riprendendo la teoria di Cicala per il quale
l’obbligazione è UNICA, mai divisibile in un versante esterno ed interno. Poi sposta
l’attenzione su un altro tipo di caratteristica delle obbligazioni solidali: tutti sono
tenuti alla medesima prestazione; quindi in questo caso chiunque adempia soddisfa il
creditore che ha interesse ad ottenere la prestazione e quindi non residua alcun
obbligo.
Infine si può concludere che sia alle obbligazioni a struttura plurima, sia a quelle a
struttura unitaria, non è applicabile la surrogazione ex art. 1203 c.c.
5. L’INCOMPATIBILITA’ TRA LO SCHEMA DELLA
SURROGAZIONE E QUELLO DELLA SOLIDARIETA’ NON E’
DISATTESA DALLA NORMA DELL’ART. 1949 c.c
L’art. 1494 c.c. stabilisce che “il fideiussore che ha pagato il debito è surrogato nei
diritti che il creditore aveva con il debitore”; a sua volta l’art. 1944 comma 1 c.c.
stabilisce che “il fideiussore è obbligato in solido col debitore principale al
pagamento del debito”. Da ciò si deduce che il nostro ordinamento prevede una
fattispecie in cui il pagamento solidale è compatibile con la surrogazione.
In realtà l’affermazione è contestabile perché se si prosegue nella lettura dell’art.
1944 c.c. si configura un tipo di fideiussione diversa; infatti il comma2 dell’art.
stabilisce che “le parti possono convenire che il fideiussore non sia tenuto a pagare
prima dell’escussione del debitore principale, e nel caso in cui il fideiussore non sia
convenuto dal creditore e intenda avvalersi del BENEFICIO DELL’ESCUSSIONE
dovrà indicare i beni del debitore principale da escutere”.
Si tratta della cd fideiussione con beneficio dell’escussione, che conferisce a colui
che se ne avvale il diritto di eseguire solo la parte di prestazione che residua dopo
l’esecuzione forzata sui beni del debitore principale.
Da quanto detto appare evidente che l’istituto del BENEFICIUM EXCUSSIONIS
non sia compatibile con la solidarietà, in quanto colui che si avvale di questo
beneficio non sarà mai un debitore solidale perché non sarà mai tenuto all’esecuzione
della stessa prestazione a cui è tenuto il debitore principale.
Tuttavia può verificarsi l’ipotesi di un’escussione infruttuosa, e quindi il fideiussore è
tenuto a pagare la stessa prestazione del debitore principale; tale identità però ha
carattere eccezionale e non sarà mai una coincidenza giuridica.
Inoltre il beneficium excussionis disattende anche un’altra caratteristica propria della
solidarietà: la libera electio del debitore. In caso di obbligazione solidale passiva
infatti il creditore ha la possibilità di scegliere a quale debitore chiedere l’esecuzione
della prestazione per l’intero, mentre nel caso del beneficium excussionis questa
possibilità è esclusa.
Di conseguenza l’art. 1949 c.c. attribuendo la facoltà di surrogarsi al fideiussore non
solidale, disattende la tesi secondo cui la surrogazione legale sia incompatibile con il
pagamento che proviene dal condebitore solidale.
6.SUPERAMENTO DELLE CRITICHE OPPOSTE ALLA TESI
PRECEDENTEMENTE SOSTENUTA
Parte della dottrina ritiene che sia illogico limitare l’applicazione dell’art. 1494 c.c.
che consente al fideiussore di surrogarsi ai soli casi del comma 1 dell’art. 1944 c.c.
(quando è obbligato in solido col debitore principale al pagamento). Questo perché il
fideiussore non solidale, essendo tenuto ad eseguire una prestazione
quantitativamente inferiore rispetto a quella del fideiussore solidale, si trova in una
posizione privilegiata. In realtà a differenza tra il regresso e la surrogazione è
soprattutto una differenza di carattere qualitativo, cioè di maggiore o minore intensità
del vincolo. A tal proposito la posizione del fideiussore col beneficio dell’escussione
è la più forte, ed è a questa che l’ordinamento fa corrispondere la tutela migliore.
7.REALE AMBITO DI APPLICAZIONE DELL’ART. 1203
Quindi in conclusione, con l’art. 1203 c.c. l’ordinamento ha preso in considerazione
la situazione in cui viene a trovarsi un soggetto il quale, pur non essendo debitore in
senso tecnico, è comunque costretto a sopportare il peso economico del debito altrui
invece di sopportare nel suo patrimonio le conseguenze dell’inadempimento.
Ad esempio si può prendere in considerazione l’istituto della promessa del fatto del
terzo, cioè quando il terzo si assume l’obbligo di eseguire la prestazione di
un’obbligazione sorta tra due soggetti a lui estranei. In caso di inadempimento del
terzo il promittente esegue l’obbligazione garantita, invece di risarcire i danni, al
promissario potendo però surrogarsi al posto del creditore.
Quando ‘indennità o il risarcimento, in caso di inadempimento del terzo, è già
il debito grava già in capo al terzo); in tal caso il promittente può
prestabilita (cioè
avere interesse a pagare il valore del debito, perché superiore a quanto pagato, e
surrogarsi.
ASSUNZIONE CUMULATIVA DEL DEBITO E
“BENEFICIUM ORDINIS” ART. 1268 c.c.
1. IMPOSTAZIONE DEL PROBLEMA
L’art. 1268 c.c. stabilisce che “il creditore che ha accettato l’obbligazione del terzo,
non può rivolgersi al delegante (debitore originario) se prima non ha richiesto al
delegato (preventiva richiesta) l’adempimento: il BENEFICIUM ORDINIS.
Si stabilisce così la sussidiarietà della responsabilità del debitore originario
nell’assunzione cumulativa del debito. Di conseguenza la ratio dell’art. 1268 c.c. è
quella di dare rilevanza esterna al fatto che, nei rapporti interni, si ha il trasferimento
del peso economico del debito in capo al nuovo debitore. Quindi, in conseguenza di
ciò, attraverso l’esplicarsi all’esterno (verso il creditore) del rapporto interno, il
creditore dovrebbe chiedere l’adempimento al soggetto su cui grava nei rapporti
interni il peso del debito.
2. LA RATIO DELL’ART. 1268
Occorre a questo punto spiegare la ratio del comma 2 dell’art. 1268 formulato in
riferimento alla delegazione cumulativa. Sappiamo che il creditore delegatario
partecipa alla causa della delegazione, questo perché il contratto di assunzione
delegatoria trova la sua causa nello iussum delegatorio il quale viene comunicato al
delegatario (che partecipa alla causa della delegazione).
La sostituzione gestoria quindi non resta interna, ma viene comunicata all’esterno al
delegatario; quest’ultimo a sua volta dovrà accettare che il delegato agisca come
mandatario.
Sarebbe dunque strano se il delegatario, dopo aver accettato il delegato come
mandatario, chiedesse il pagamento in primis a colui che deve essere sostituito. Il
delegatario ha infatti con l’accettazione dimostrato di rispettare la programmazione
gestoria, e dunque l’art. 1268 c.c. garantisce che il delegatario chieda il pagamento
prima al mandatario e poi al mandante.
Dunque la ratio dell’art. 1268 c.c. risponde ad una logica propria della delegazione e
non dell’espromissione e dell’accollo perché:
-nell’espromissione è probabile che alla base dell’istituto ci sia un mandato, ciò che
conta e che esso non sia elevato al elemento causale dell’espromissione. Infatti
nell’espromissione la programmazione gestoria non è mai comunicata al creditore
che non partecipa alla causa dell’assunzione.
-nell’accollo il creditore non è estraneo alle ragioni interne per le quali l’accollante si
è assunto il debito verso l’accollato, quindi l’accollatario è sempre partecipe alla
causa di assunzione, anche perché l’accollante può opporre le eccezioni fondate sul
contratto in base al quale è avvenuta l’assunzione.
Dunque sembra che tra accollo e delegazione non vi siano differenze sostanziali, ma
in realtà una differenza fondamentale c’è: mentre nella delegazione il creditore
delegatario pretende il pagamento sulla base di un diritto di credito che sorge dal
contratto di assunzione delegatoria, da cui scaturisce un nuovo rapporto in cui il
delegatario è creditore; nell’accollo invece il credito del debitore accollatario non
sorge dal contratto di accollo poiché è sempre connesso al contratto dal quale
scaturisce il rapporto di valuta.
In conclusione l’art. 1268 c.c. risponde ad una logica che è propria della delegazione,
perché solo in questo caso il creditore, partecipando causalmente alla
programmazione gestoria, si vincola a rispettarla chiedendo l’esecuzione della
prestazione prima al mandatario e poi al mandante. Di conseguenza il beneficium
ordinis (sussidiarietà della responsabilità del debitore originario) non si verifica
nell’espromissione e nell’accollo.
3.CONFERMA DELLA TESI PRECEDENTEMENTE ESPOSTA
ALLA LUCE DELL’INDIVIDUAZIONE DEI VARI “GRADI” DI
SUSSIDIARIETA’
La dottrina recente ha individuato varie strade che confermano l’estensione del
beneficium ordinis a tutte le ipotesi di assunzione del debito. Si ritiene infatti (anche
Cic