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La Legge francese (n° 72/1137) preoccupata dell’incidenza della previsione dello jus poenitendi non
tanto sul principio della “forza di legge” del contratto, quanto su quello consensualistico e
dell’efficacia traslativa immediata della vendita, sembrerebbe assoggettare l’efficacia reale del negozio
ad un termine sospensivo entro il quale è concesso al consumatore di sciogliersi dal vincolo
obbligatorio senza alcuna conseguenza sul suo patrimonio. Per di più, prima del decorso del termine, il
professionista non può percepire il prezzo e ricevere effetti in pagamento dell’ordine d’acquisto.
Inoltre la legge introduce vincoli formali rigidissimi in relazione ad obblighi d’informazione essenziali
sia sulle qualità del prodotto che su quelle del venditore.
Anche la Legge tedesca ha preceduto la direttiva, con delle differenze rispetto alla Francia. La tutela
del consumatore si sostanzia nel diritto di revocare per iscritto, entro 7 gg, la proposta diretta alla
conclusione del contratto. L’unico obiettivo essenziale d’informazione è quello relativo all’esistenza
del diritto di revoca.
Comune ai due sistemi si mostra l’ambito soggettivo di applicazione della normativa, mentre più
ampio appare il novero delle fattispecie contemplato dal legislatore tedesco (non solo vendite porta a
porta, ma anche nei luoghi pubblici). Il testo definitivo della direttiva appare maggiormente
influenzato dal modello tedesco.
Il D.Lgs n° 50/1992 considera due ipotesi non previste nella direttiva, cioè quella dei contratti
negoziati sulla base di offerte effettuate al pubblico tramite il mezzo televisivo e quella dei contratti
conclusi mediante l’uso di strumenti informatici e telematici. Inoltre, l’ambito oggettivo di
applicazione del decreto viene coordinato dal legislatore con la disciplina di tutti i contratti a distanza.
Nessun problema per l’ambito soggettivo: si tratta di disposizioni a tutela del consumatore, il cui fulcro
è rappresentato dal diritto di recesso.
Parte della dottrina muove dalla ricostruzione del recesso come mezzo attribuito al contraente per
liberarsi dal vincolo, laddove si sia verificato un intervento degli interessi sostanziali sottesi alla
vicenda negoziale.
Per individuare il fondamento del diritto di recesso, contemplato nella disciplina dei contratti negoziati
fuori dai locali commerciali, sembra utile cogliere il nesso con il potere del privato di sospensione
dell’esecuzione della prestazione di cui all’art. 1461 c.c. .
Il recesso mette in moto un meccanismo che mira a far cessare il vincolo obbligatorio; l’eccezione di
cui all’art. 1461 c.c., tende alla conservazione dell’equilibrio degli interessi sottesi al rapporto.
In entrambi i casi ci troviamo di fronte ad autonomi ed unilaterali poteri del soggetto; l’uno inidoneo
ad evitare la sopravvivenza del vincolo, l’altro con effetti diretti sulla vita del rapporto.
Il diritto di recesso può essere ricostruito in termini di diritto potestativo al quale l’altro contraente
risulta assoggettato.
Lo jus poenitendi si pone su un piano autonomo rispetto ai cosiddetti poteri di rinegoziazione. Lo jus
variandi non comporta un recesso dal contratto, bensì la sua modificazione, nel senso che il contenuto
del rapporto diviene parzialmente diverso da quello originario.
Si impone un cenno agli obblighi del professionista di rendere informazioni al consumatore in forma
vincolata: devono essere fornite in modo chiaro e preciso, con ogni mezzo comunicativo, osservando i
principi di buona fede e lealtà in materia di transazioni commerciali, tutte le informazioni relative alla
descrizione del bene o del servizio, al prezzo e alle spese, al costo di utilizzo, spese di consegna e
modalità di pagamento.
La disciplina dei contratti negoziati fuori dai locali commerciali è ora integralmente confluita nel
Codice del Consumo.
Su iniziativa del professionista, il consumatore si vede inaspettatamente coinvolto in un’attività
negoziale (cd effetto sorpresa), risultando impreparato e non sereno nella formazione del consenso, sia
nella scelta della disciplina contrattuale che nell’utilità del bene proposto.
L’effettiva tutela del consumatore si sostanzia nel diritto di recedere dal contratto entro 10 gg
lavorativi, senza l’obbligo di specificare il motivo.
Si esercita con l’invio di una comunicazione scritta alla sede del professionista, mediante lettera
raccomandata con avviso di ricevimento; la ricezione da parte del professionista porta allo
scioglimento delle obbligazioni scaturenti dal contratto stipulato.
3. Pubblicità ingannevole e comparativa. Il D.Lgs 25/01/1992 n° 74 attuativo della direttiva
84/450/CEE. Le novità della Legge Giulietti e del Decreto Bersani.
Altro significativo intervento è stato quello operato dal D.Lgs 25/01/92 n° 74 in materia di pubblicità
ingannevole e comparativa, attuando la direttiva CE 10/09/84 n° 450.
Il testo del decreto può essere distinto in due parti, una sostanziale ed una lato sensu definita come
procedurale.
- Sostanziale: ricalca fedelmente i principi della direttiva comunitaria, coerente nella definizione
degli obiettivi, della fattispecie e dei criteri d’intervento.
- Procedurale: la direttiva aveva riconosciuto agli stati membri la possibilità di scelta tra il
controllo amministrativo e quello giurisdizionale. Il nostro legislatore ha optato per una
soluzione mista, affidano il controllo ad una autorità indipendente, l’Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato (AGCM).
Molto si discute della natura del procedimento dinnanzi all’AGCM. Se da un conto il procedimento in
discorso ha tutti i connotati della processualità, esso si conclude con un provvedimento che
giurisdizionale non può dirsi, non fosse altro che, avverso di esso lo strumento d’impugnazione è il
ricorso al TAR.
Obiettivo dell’intervento è quello di “tutelare dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze
sleali i soggetti che esercitano un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, i
consumatori e gli interessi del pubblico nella fruizione di messaggi pubblicitari”.
I requisiti sono: l’evidenza, la veridicità e la correttezza.
È pubblicità qualsiasi forma di messaggio che sia diffuso, in qualsiasi modo, nell’esercizio di
un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, allo scopo di promuovere la vendita di
beni mobili o immobili, la costituzione o il trasferimento dei diritti e degli obblighi su di essi, oppure la
prestazione di opere e servizi. Affinché si configuri l’ipotesi di pubblicità ingannevole è richiesta
l’induzione in errore, anche solo potenziale, del comportamento economico dei soggetti ai quali si
dirige.
L’istanza del consumatore non consiste in una denunzia, ma di un ricorso all’autorità garante, tant’è
che questa valuta l’ingannevolezza del messaggio, accoglie il ricorso vietando la pubblicità non ancora
portata a conoscenza del pubblico o la continuazione di quella già iniziata.
Rileva il concetto di pregiudizio del comportamento economico: un danno derivante dall’acquisto di
un oggetto che non risponde alle qualità e caratteristiche pubblicizzate è fattispecie individuata dalla
dottrina per lasciare impunite le esaltazioni dei pregi della cosa offerta dal mercante.
Il requisito della trasparenza della pubblicità rappresenta un aspetto principale nella repressione della
pubblicità decettiva.
Il messaggio pubblicitario deve essere presentato come tale, per poter essere in tal modo individuato e
valutato dai suoi destinatari.
In quest’area d’inganno possono isolarsi tre ipotesi molto ricorrenti nel traffico economico: la
pubblicità redazionale, il product placement e la pubblicità subliminale.
Pubblicità redazionale: fa si che il destinatario del messaggio, inconsapevole di essere di fronte ad una
forma di réclame anziché d’informazione, abbassi notevolmente la barriera che abitualmente eleva
innanzi alle comunicazioni palesi, e tale situazione indotta dalla presunta imparzialità della fonte dalla
quale proviene il messaggio.
Si presenta un delicato problema di coordinamento tra l’esigenza di repressione e la necessità di far
salva la libertà di manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.).
Il rapporto appare in astratto lineare, essendo profili tra loro differenti che trovano tutela in due norme
costituzionali. Al diverso ambito di protezione corrisponde un differente margine d’inviolabilità:
margine quasi nullo per la libertà di manifestazione del pensiero, diritto fondamentale della persona;
più ampio per la libertà economica privata, si da poter essere indirizzato alla finalità di utilità sociale
su cui essa è strumentale.
Nonostante la distinzione appaia netta, si riscontrano numerosi casi di pubblicità redazionale nei quali
la qualificazione del messaggio può rilevarsi difficile.
Il decreto non attribuisce all’AGCM il potere di sanzionare ogni forma di pubblicità decettiva, ma solo
quella pubblicitaria, e cioè che sia riconducibile ad un committente rientrante tra i soggetti che
esercitano un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale.
È necessario dare pubblicità ai prodotti capaci di mettere in pericolo la salute e la sicurezza dei
consumatori, in modo tale che questi possano rispettare le normali regole di prudenza e vigilanza.
Il legislatore ha voluto impedire che la diffusione di quei messaggi idonei a produrre danni ai minori: a
tal fine rileva la fascia oraria in cui il messaggio viene trasmesso, sia l’eventualità di una sua fruizione
da parte dei bambini appartenenti ad una categoria di età inferiore a quella tenuta di mira
dall’operatore pubblicitario.
Si considera ingannevole anche la pubblicità che impiegando bambini o adolescenti abusi dei naturali
sentimenti degli adulti per i giovani.
Pubblicità comparativa: essa non è mai stata esplicitamente vietata dalla legge, ma in particolare quella
cd diretta è stata spesso ritenuta illecita dai giudici sulla base dell’interpretazione delle norme in
materia di unfair competition.
Questa forma di réclame è senza dubbio uno strumento di promozione delle vendite molto efficace.
La pubblicità comparativa consiste in qualsiasi pubblicità che identifichi in modo esplicito o implicito
un concorrente o beni o servizi offerti da un concorrente.
Per un verso si è osservato che essa costituisce un’attività informativa fondamentale a disposizione dei
consumatori poiché migliora la trasparenza