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Savigny e la sua definitiva consacrazione nel sistema del diritto privato

Come ha dimostrato in maniera assai convincente il Solari, l'esigenza sistemica e scientifica che ispira il Sistema non può considerarsi nel Savigny in contraddizione colla concezione storica del diritto messa innanzi e difesa con tanto calore nel Possesso e nella Vocazione proclamando la superiorità del giurista e della scienza sull'opera del legislatore e della legge. Quali i motivi di tale inconseguenza sarebbe troppo lungo e difficile qui esaminare: ci basti rilevare col Solari come essa forse in nessun punto sia meglio apparente che nell'adesione del Savigny al sistema elaborato dall'Hugo e dall'Heise, e particolarmente nella sua accettazione di quella parte generale che l'Heise a sua volta aveva accolto dalla tradizione anteriore. Il concetto di negozio giuridico, che il Savigny identificava con quello di dichiarazione di volontà, mira a raggruppare sotto

un’unica categoria tutte le molte ed importanti determinazioni generali riguardanti i poteri della volontà nella sfera del diritto privato. L’importanza e la funzione centrale attribuita dal Savigny alla volontà nella sua teoria del negozio giuridico appare dunque evidente sin dall’inizio: ma ad essa si può ricondurre la trattazione dei problemi specifici relativi ai negozi stessi. Di qui ancora, ravvisata l’essenza del negozio nella volontà, la cura posta dal Savigny per determinare la natura, distinguendo e contrapponendo nettamente volontà e dichiarazione. È vero che per il Savigny il negozio giuridico consiste nella unità di tre momenti: la volontà - la dichiarazione - e la concordanza della volontà colla dichiarazione. Ma la dichiarazione non ha altro valore che quello di un mezzo per l’esplicazione e per l’attuazione della volontà, poiché, nelle parole del Savigny, la

volontà stessa, come fatto interno, non può venir conosciuta che mediamente, per mezzo di un fatto apprendibile per la via dei sensi. Ma la più caratteristica illustrazione della posizione del Savigny appare nella sua trattazione di quella che potremmo chiamare patologia del negozio giuridico, e cioè dei casi che sembrano escludere quella esistenza della volontà, nel senso di una volontà libera, che, come abbiamo visto, rappresenta l'elemento costitutivo del negozio. Alludiamo qui particolarmente alla classica teoria svolta dal Savigny intorno alla violenza ed all'errore. Tutta l'argomentazione del Savigny s'impernia difatti sulla tesi, che violenza ed errore non possono infirmare la libertà del volere: ed in quanto sussiste tale libertà, sussiste ed opera con essa la dichiarazione di volontà e cioè il negozio. La volontà in quanto libera nella sua essenza, rimane la sostanza immutabile del

negozio; l'arresto dello sviluppo delle conseguenze naturali di questo è dovuto non già ad un vizio della volontà, ma a una reazione positiva, giustificata e resa necessaria in sede etica, e quindi a una causa estrinseca alla volontà stessa. È ben chiaro che l'inefficacia del negozio - qualunque poi sia il modo in cui abbia a farsi valere - deriva da circostanze estranee all'intima struttura giuridica del negozio, il quale, come espressione di volontà libera, è in sé pienamente valido, comunque questa si manifesti. Da questi brevi cenni riassuntivi della teoria del Savigny sarebbe dunque lecito inferire, come in essa l'essenza del negozio giuridico sia ravvisata nella esplicazione della libertà, cioè dell'autonomia, della volontà individuale. In una concezione siffatta non si potrà dunque parlare senza contraddizione di una sfera di dominio indipendente dalla volontà individuale, neppure.come creatrice di rapporti giuridici: il dogma dellavolontà sul quale, come abbiamo visto, il savigny impernia la sua teoriadel negozio ed al quale egli doveva storicamente legare, col Windscheid, ilsuo nome, non può dunque rappresentare che una deviazione dalla logicadel sistema. Rimane però da spiegare le ragioni di tale deviazione cosìvasta e complessa, della formazione dei concetti della dogmatica giuridicadel secolo scorso. Nel Savigny stesso è chiaramente apparente lapreoccupazione di presentare la teoria del negozio giuridico che abbiamorapidamente esaminato nei suoi aspetti più caratteristici comestrettamente aderente alle fonti romane da lui rielaborate a sistema. Certoil ricondurre l'origine della dottrina volitiva del savigny direttamenteall'influenza del diritto romano potrebbe apparire seducente. Mal'affermare una siffatta derivazione urta in realtà colla varietà stessa deicriteri volta a volta.

Adottati e seguiti dai giuristi romani nella tradizione dei singoli negozi giuridici, e colla difficoltà di ricondurre tali criteri a un unico principio ispiratore. Il pensiero del Savigny oscilla, come fra due punte estreme, fra l'affermazione che la volontà privata sia naturalmente dotata di una sua propria capacità ed efficacia, e la sua riduzione a semplice fatto suscettibile di conseguenze giuridiche: in una parola, fra il sistema dell'autonomia e quello dell'eteronomia.

Capitolo 5

Non ci proponiamo di seguire il destino ulteriore del concetto di negozio giuridico, ne di esaminare i molteplici aspetti del suo sviluppo nella dogmatica successiva. L'episodio saliente di tale sviluppo è, la lotta combattuta intorno al dogma della volontà, l'attacco serrato che, viene mosso da ogni parte contro la teoria volitiva: ma l'oggetto vero e proprio della contesa è in realtà il problema ben più vasto e

più gravedell’autonomia individuale nella sfera del diritto privato. La progressivaeliminazione del dogma della volontà non è che la conferma storicadell’inconciliabilità di un sistema fondato sull’autonomia privata colprincipio della statualità del diritto, accolto come principio fondamentalenella dogmatica giuridica dopo il Savigny. È chiaro a questo punto comeil problema rientri in un quadro più ampio. Questo quadro più ampio è, lastoria della filosofia giuridica e politica, alla quale spetta non soltanto diindagare le varie fasi attraverso le quali si compie la profondatrasformazione del diritto privato caratteristica dell’età contemporanea,ma di illuminare le ragioni storiche ed i motivi ideali. Ne vale obbiettareche con ciò la questione si sposta su un piano interamente diverso daquello della pura costruzione dogmatica. Poiché tale superamento benpuò dirsi un fatto compiuto.

luogo la riforma del diritto privato sono la prova evidente di questa trasformazione. La concezione tradizionale del diritto privato, basata sull'individualismo e sulla centralità della volontà privata, è stata superata. Oggi, il diritto privato si adatta alle esigenze della società moderna, prendendo in considerazione l'interesse generale e le ragioni sociali. Questo si riflette non solo nell'applicazione del principio della subordinazione della volontà privata alla volontà generale, ma anche nella creazione di nuovi istituti giuridici. La riforma del diritto privato ha generato accese discussioni, dimostrando chiaramente il cambiamento in atto.luogo fra i giuristi il problema squisitamente dogmatico della collocazione di tali nuove forme giuridiche nel sistema tradizionale della giurisprudenza, sono un indice eloquente della loro novità ardita e rivoluzionaria. Questi casi tipici di interferenza fra diritto pubblico e privato, di cui si parla, che altro sono in realtà, se non i tipici aspetti della rivendicazione che lo stato fascista ha a sé compiuto di quel campo in cui fino a ieri dominava incontrastato il principio dell'autonomia individuale, in campo dell'economia? A questa interpretazione sembra peraltro opporsi la concezione che ravvisa nel contratto collettivo di lavoro e in generale nella produzione giuridica corporativa, se non addirittura un vero e proprio decentramento legislativo. Ma noi sappiamo anche che una siffatta concezione lascia in soluto il problema vero e proprio della costruzione dogmatica, cioè della norma o del complesso di norme da ridursi a sistema. Ora èsenzadubbio vero che lo stato corporativo affonda le sue radici in una struttura della società profondamente diversa da quella rispecchiata nella tradizionale costruzione dogmatica ed espressa nella contrapposizione fra un individualismo atomistico da un lato e l'onnipotenza statale dall'altro. Ora sembra che non si possa negare che, sia perfettamente pensabile un sistema in cui, si prescelga invece come punto di partenza l'autonomia di questi nuovi organismi-sindacati, corporazioni-produttivi di norme proprie, cioè di diritto. Ma una costruzione siffatta, non è neppure, per le ragioni che abbiamo sopra ampiamente esaminato, sostenibile da un punto di vista dogmatico. Ma anche e soprattutto dal punto di vista della costruzione dogmatica noi riteniamo, che un sistema fondato sul principio della sovranità statuale debba portare logicamente con sé la dissoluzione di qualsiasi autonomia che non sia quella della volontà statale.

chesignifica soltanto la necessità di riconoscere a queste norme giuridiche il carattere di norme eteronome, e con esse la volontà o le volontà che le pongono in essere, dalla norma suprema, che è la volontà dello stato. Edin fondo, tale e non altra è la tesi alla quale, finiscono per far capo igiuristi. Ed è questa anche l’unica via, per intendere le sostanziali, anziradicali limitazioni che in un sistema siffatto, la cui attività giuridica, purcontinuando ad assumere la tradizionale figura del negozio anzichéregolata dalla logica propria di un sistema fondato sull’autonomia dellevolontà singole e delle singole norme da esse poste in essere, è invecepienamente e coerentemente sottoposta alla volontà normativa dello stato.Senonchè, si ripresenta quella stessa obbiezione che, sembrarappresentare quasi come una reazione del buon senso contro un sistemarigidamente fondato sul principio

della eteronomia di ogni singo

Dettagli
A.A. 2012-2013
23 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher valeriadeltreste di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto civile e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Irti Natalino.