Anteprima
Vedrai una selezione di 10 pagine su 161
Diritto civile II - Appunti sui diritti reali Pag. 1 Diritto civile II - Appunti sui diritti reali Pag. 2
Anteprima di 10 pagg. su 161.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Diritto civile II - Appunti sui diritti reali Pag. 6
Anteprima di 10 pagg. su 161.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Diritto civile II - Appunti sui diritti reali Pag. 11
Anteprima di 10 pagg. su 161.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Diritto civile II - Appunti sui diritti reali Pag. 16
Anteprima di 10 pagg. su 161.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Diritto civile II - Appunti sui diritti reali Pag. 21
Anteprima di 10 pagg. su 161.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Diritto civile II - Appunti sui diritti reali Pag. 26
Anteprima di 10 pagg. su 161.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Diritto civile II - Appunti sui diritti reali Pag. 31
Anteprima di 10 pagg. su 161.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Diritto civile II - Appunti sui diritti reali Pag. 36
Anteprima di 10 pagg. su 161.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Diritto civile II - Appunti sui diritti reali Pag. 41
1 su 161
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

Il religioso fino alla morte era stato il principale responsabile e promotore del Comitato. Il problema

era che un bene immobile di notevole valore era stato intestato direttamente a Padre Aldo; al

momento della sua morte eredi di Padre Aldo erano le due sorelle; una delle due aveva riconosciuto

che quel bene era del Comitato e si era disinteressata, l’altra, Anita, aveva avanzato “infondate

pretese” sul bene. Da qui l’atto di citazione. Anita svolge domanda riconvenzionale dicendo di

40

riconoscere che quel bene è divenuto mio per successione ereditaria e quindi assegna a me la

proprietà dell’immobile. Quindi una solita disputa proprietaria tra soggetti che va analizzata alla

luce delle regole di organizzazione perché da un lato non vi era dubbio che Padre Aldo avesse

acquistato il bene immobile e non vi era dubbio che Padre Aldo avesse acquistato non con soldi

propri in quanto frate cappuccino (i cappuccini secondo l’ordine non possono avere soldi propri)

seppur intestandoselo; il Tribunale respinge la domanda dell’attore cioè del Presidente del Comitato

e accoglie la riconvenzionale della sorella dicendo che si tratta di una successione. Si va in appello a

Brescia e qui si ribalta la sentenza di primo grado e decide a favore del Comitato. La Corte

bresciana, come racconta la Cassazione, ha espresso il convincimento che la realizzazione della

finalità di cui si tratta (finalità del comitato che voleva aiutare l’infanzia abbandonata) lungi dal

ricondursi all’azione del religioso quale solitario promotore costituì oggetto di un’azione congiunta

di una pluralità di soggetti che diedero vita a questo comitato per acquistare i beni strumentali

all’esercizio di tale attività. Quindi qui il discrimen viene tracciato in relazione al concetto di

attività: cioè si dice, in realtà è vero che nella sua vita Padre Aldo si era dato moltissimo da fare e

che aveva svolto un’attività di raccolta di fondi, ma questa attività non l’ha svolta in suo nome

personale, qui è un’attività di gruppo. Ma ugualmente il paradigma per quanto riguarda poi la

distribuzione e la titolarità dei beni finisce con l’essere quello stesso della società semplice, cioè c’è

un muro cinese tra il membro del comitato ed i beni perché lui non può servirsene nell’interesse

proprio. Se l’attività è comune allora la titolarità dei beni non spetta a nessun membro del comitato

ma spetta al Comitato. A conforto della ricostruzione della corte di Brescia si è fatto riferimento al

quadro probatorio per cui esisteva una serie di prove ed indizi che hanno convinto il giudice in

maniera razionale per cui si è arrivati alla conclusione che i beni fossero del comitato. Se questa è la

situazione non è valida la critica fatta dalla sorella che diceva che il comitato non era però

riconosciuto e che il bene era trascritto a nome di suo fratello. La corte di Cassazione respinge

queste due osservazioni, in primo luogo considera che la costituzione del comitato non è legata ad

alcun requisito formale, in secondo luogo è che l’intestazione del bene poteva benissimo essere

un’intestazione fiduciaria e che quindi quel bene in realtà, essendo il frutto di un’attività comune, è

del gruppo, anche la proprietà deve rimanere una cose comune fino allo scioglimento del comitato.

Qui quindi c’è un gruppo organizzato per scopi altruistici ed il destino dei beni rimane lo stesso di

qualunque altra società: rimangono in proprietà dell’organizzazione. Vi possono essere quindi

momenti di aggregazione che, pur non dando luogo a persone giuridiche, costituiscono un gruppo

organizzato; si deve dire che molto spesso la creazione di questi enti non è legata ad un aspetto di

organizzazione del gruppo; il comitato non è del tipo “associazione”, ma corrisponde alla tipologia

della “fondazione”, quello che conta è lo scopo comune mentre l’elemento personale dei membri

del gruppo viene svalutato.

Cito un’altra sentenza della Cassazione più recente per dare concretezza al problema.

Corte Cassazione Sezione Terza 22 giugno 2006 n. 14453: due signore, proprietarie di un palazzo

in Marsala, avevano convenuto il comune locale per sentirlo condannare al pagamento della somma

di 104 milioni e passa di lire a titolo di canoni insoluti per la locazione dello stabile denominato

“Palazzo Rallo”. Questo palazzo era stato adibito a sede di “ente teatro del Mediterraneo”.

Sostenevano che il comune fosse obbligato al pagamento perché l’ente teatro del Mediterraneo

(ETM), istituito dal comune per la promozione delle attività teatrali, costituiva organismo comunale

strumentale allo svolgimento dei compiti propri dell’ente territoriale.

Qui si dice che si è locato l’immobile all’ETM; l’ente è stato costituito dal comune di Marsala;

l’ente non ha pagato i canoni e adesso paga il comune di Marsala.

Il comune eccepiva il difetto di legittimazione assumendo che l’ETM era un ente pubblico

autonomo. Quindi qui si trattava di verificare se quell’ente fosse un’articolazione interna del

comune di Marsala oppure fosse un ente autonomo; il problema era fondamentale perché le due

signore volevano i canoni ed avevano citato il comune. Allora come si può risolvere la questione?

Sapere se è un ente autonomo o un’articolazione del comune. Si deve dire che il patrimonio

assegnato all’ETM è un patrimonio destinato ad uno scopo ma rimane formalmente intestato al

41

comune di Marsala o si deve dire che quell’ente ha una soggettività sua propria escluso che possa

averlo come soggettività di ente di diritto pubblico come aveva eccepito il comune in prima battuta

(gli enti di diritto pubblico devono avere infatti una costituzione formale che qui non c’era)?

Si trattava di decidere se era un’associazione non riconosciuta e quindi un gruppo organizzato e qui

la Corte d’appello di Palermo dice: “no, non può essere un’associazione non riconosciuta perché

mancano le caratteristiche fondamentali dell’associazione, cioè l’accordo associativo e la pluralità

degli associati. Qui si tratta di un ente costituito unicamente dal comune di Marsala; quindi manca

l’accordo associativo, manca la pluralità di associati. L’ETM va invece qualificato come

“fondazione di fatto” o come “comitato”; il comitato può essere costituito da un ente pubblico

anche non economico senza che rilevi la circostanza della mancata autonomia dell’attività di

raccolta dei fondi da impiegare per il raggiungimento dello scopo perché ciò che caratterizza il

comitato è il fatto del suo costituirsi per uno dei fini dettati nell’art 39 codice civile e l’esistenza di

un fondo con cui perseguire i propri fini e non certo l’attività di raccolta dei fondi stessi”.

Qui si dice: il Comitato può anche essere costituito da un solo soggetto purchè questo soggetto (che

può anche essere un ente pubblico non economico) destini certi beni al perseguimento di certi fini;

qui la finalità era ovviamente quella di diffondere la cultura teatrale a Marsala e nel Mediterraneo

quindi c’era un fine specifico, poi c’era una dotazione di questo ente e ciò basta a creare il

Comitato, con la conseguenza che era sbagliato convenire in giudizio il comune di Marsala perché

in realtà il legittimato passivo era proprio l’ente teatro del Mediterraneo. Poi la corte d’appello con

un escamotage è riuscita a fare giustizia dicendo che tanto il comune deve rispondere in solido

quindi paghi lui e basta.

Ciò che a noi interessa verificare è quindi la possibilità attraverso il soggetto di costituire un

patrimonio destinato ad uno scopo che finisce con l’essere titolare di rapporti e di beni (come nel

caso di Padre Aldo). Ci troviamo di fronte a situazioni in cui gli schemi soggettivi e oggettivi sono

in gran parte sovrapponibili. La scelta tra l’uno e l’altro finisce per essere sottile dettata da ragioni

di convenienza. Negli USA è riconosciuto che per molti tipi di attività si può costituire un trust o

una corporation. I due schemi sono fungibili l’uno rispetto all’altro salvo scegliere lo schema

migliore alla luce di determinati criteri. Se l’ETM fosse stato costituito da una società questa

avrebbe potuto destinare parte del suo patrimonio al compimento di uno specifico affare: vincolo di

destinazione sui beni, segregazione dei beni di una parte del patrimonio sociale vincolato ad uno

scopo ed in realtà il risultato non varia di molto. Qui si è costituito un comitato.

Si noti che le situazioni di confine sono numerose: uno degli esempi che il nostro codice ci ricorda è

quello relativo al consorzio; figura molto ambigua però se ci limitiamo al libro terzo e leggiamo

l’art 920 troviamo una nota importante; l’art 920 riguarda i consorzi volontari per l’organizzazione

delle acque: “salvo quanto disposto dagli art precedenti si applicano ai consorzi volontari le norme

stabilite per la comunione” quindi si applica l’art 1102 il che significa che qui abbiamo

un’organizzazione in cui i membri consorziati organizzano tra d loro la migliore distribuzione di

acque. L’art 920 richiamando le norme sulla comunione indica che, ripartito ed organizzato l’uso

delle acque, ciascuno proprietario consorziato ha diritto ad usare la cosa comune nei limiti dell’uso

promiscuo ma nell’interesse proprio. La cosa è diversa nel caso dei consorzi coattivi: art 921 in cui

le forme di costituzione e funzionamento del consorzio sono quelle stabilite dalle norme speciali. E

da qui possiamo trarre un’indicazione importante: ci sono due schemi fondamentali per organizzare

la comunione positiva: o lo schema per cui i beni del gruppo rimangono sempre beni del gruppo e

non possono essere goduti individualmente da ciascun membro del gruppo nell’interesse suo

proprio, rimangono quindi destinati allo scopo che è quello del gruppo; oppure lo schema in lo

scopo comune non c’è aldilà del fatto di organizzarsi per la migliore distribuzione dei beni e quindi

in questo caso abbiamo sempre una situazione di comunione positiva in cui ci si organizza per

stabilire le regole di godimento dei beni ma nell’interesse dei comunisti quindi ciascuno può

individualmente usare la cosa nell’interesse proprio senza commettere un’appropriazione indebita.

Tenuto conto di questi due schemi possiamo chiarir meglio quali sono i caratteri delle situazioni che

si creano

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
161 pagine
2 download
SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher renaissence di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto civile 2 e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Gambaro Antonio.