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I VIZI DEL PROCEDIMENTO DELLA FORMAZIONE DEL CONTRATTO, I VIZI DELLA
VOLONTA’, DEL CONSENSO: premesse generali:
1° considerazione: il codice è improntato alla protezione della volontà e alla protezione della dichiarazione
(affidamento). Le riserve mentali non hanno rilevanza al punto che se io mando una mail a Tizio e scrivo
“vuoi comprare il mio telefono per 50 euro?” e nel frattempo scrivo su un bigliettino “non voglio venderlo”,
questa è una riserva mentale e se Tizio accetta, il contratto è concluso-->la vera volontà non è tutelata in
queste situazioni ma si tutela l’affidamento dell’altra parte rispetto alla mia dichiarazione. In altre ipotesi la
volontà è tutelata dall’ordinamento MA solo se sussistono determinate caratteristiche, per esempio parlando
dell’errore, questo deve essere riconoscibile ed essenziale perchè in questo caso la dichiarazione non avrà
creato un affidamento nell’altra parte. Ultimamente la volontà viene tutelata soprattutto durante la fase
precontrattuale piuttosto che come rimedio a seguito della conclusione del contratto.
Proteggere la dichiarazione (l’affidamento) significa proteggere la collettività mentre proteggere la volontà
significa proteggere il singolo-->questa dicotomia secondo Sacco è sbagliata. Quando la dichiarazione del
singolo corrisponde davvero alla sua volontà, quell’atto non può che comportare il benessere comune e del
mercato. art.1433cc “errore nella dichiarazione o nella sua trasmissione”: nel precedente codice del
2° considerazione:
1865 (Albertino) non esisteva questa norma perchè l’errore nella dichiarazione veniva trattato in maniera
vizio. Un conto era l’errore ostativo e un conto era l’errore vizio. L’errore vizio
diversa dall’errore è una di
quelle situazioni in cui c’è volontà ma questa è viziata nella sua formazione, per esempio: io dichiaro di voler
comprare l’auto in ventina ma la compro perchè credo che sia 4x4 ma in realtà non lo è e se l’avessi saputo
non l’avrei comprata-->la L’errore ostativo
volontà esiste ma è viziata nella sua formazione. invece,
consisteva nell’errore nella dichiarazione o nella sua trasmissione e qui c’è divergenza netta tra volontà e
dichiarazione, ad esempio: scrivo che ti compro il telefono per 100 euro ma per un errore di digitazione scrivo
1000 anzichè 100-->non è volontà viziata ma è assenza di volontà.
Perciò nel vecchio codice, l’errore ostativo portava all’inesistenza della dichiarazione e del contratto di
conseguenza. Ma in concreto distinguere tra errore vizio e errore ostativo è complicato. Quindi il legislatore
del 1942 ha detto che il 1433 soggiace alle stesse regole dell’errore vizio quindi il contratto sarà annullabile
solo se dimostro che l’errore è essenziale e riconoscibile tutelando l’affidamento dell’altro contraente. La
differenza non è più sul piano della disciplina quindi, però da un punto di vista dogmatico, il legislatore
buono che l’errore nella dichiarazione o nella trasmissione sia un tipo diverso dall’errore
continua a dare per
Ma questa distinzione tra errore vizio e “errore ostativo” è opportuna?
vizio. NO, ed inoltre è apparente e
non reale, ad esempio: Tizio vede in una ventina di una concessionaria un’automobile A che è una Ferrari ma
lui non lo sa ed erroneamente pensa che sia una Porsche. In vetrina c’è anche l’auto B che è effettivamente
Tizio vuole comprare l’auto A ma dentro di sè è convinto che questa sia una Porsche.
una Porsche, quindi
Tizio entra e dice “voglio comprare la Porsche in vetrina, il contratto si conclude e l’auto viene spedita ma lui
intendeva l’altra automobile. Nel vecchio codice, questo è un errore sulla dichiarazione, quindi ostativo
escludendo l’esistenza del contratto. In realtà qui secondo Sacco, è vero che manca la volontà di comprare la
non
Porsche però non manca la volontà di dichiarare, la dichiarazione non manca ma è solo viziata-->l’errore
incide sugli effetti del contratto ma sulla dichiarazione, quindi per Sacco alla fine è un errore vizio sempre e
comunque e non un errore ostativo. Forse nel caso del salvataggio in bozza anziché inviare la mail allora qui
si può dire che manca la volontà di dichiarare-->errore nella trasmissione della dichiarazione.
3° considerazione: il 1433cc ci ha avvertito del fatto che ci sono situazioni in cui pur sembrando esistere una
non riconoscere l’effetto di questa serve la
dichiarazione, in realtà questa manca ma produce effetti e per
prova di un errore. Questo non toglie che ci siano situazioni in cui pur sembrando esistere una dichiarazione,
questa deve ritenersi inesistente. Esempi: se Tizio recitando un’opera teatrale formula una proposta che fa
parte delle sue battute, oppure se Tizio appone la firma su un contratto solo perchè Caio lo costringe
fisicamente o il caso della dichiarazione simulata.
4° considerazione: la disciplina dei vizi del consenso è affrontata dal codice a seconda dei singoli vizi del
consenso, ma questi come incidono sul contratto? Qual è il rimedio comune che danno luogo?
L’annullamento. L’annullamento può essere richiesto solo su istanza della parte nel cui interesse è stabilito
dalla legge. Inoltre può essere chiesto entro 5anni dalla scoperta del vizio MA se non viene chiesto entro il
termine, il contratto produce i suoi effetti. N: B.: si prescrive in 5anni l’azione di annullamento ma non si
prescrive l’eccezione! Cosa vuol dire? che se anche oltre i 5 anni, qualcuno mi conviene in giudizio per
l’esecuzione del contratto fino ad ora non eseguito, io posso eccepire l’annullabilità del contratto. In sostanza
abbiamo detto che dopo 5anni, anche se non volevo producesse effetti, il contratto li produce comunque MA
si fa a dire che il contratto è davvero l’incontro tra due volontà??
come (per ritornare alla domanda ad
inizio corso). è anche vero che l’annullamento subisce delle deviazioni ed eccezioni a seconda del tipo
5° considerazione:
di vizio, ad esempio in materia di dolo (inganno) il legislatore distingue tra dolo determinante (inganno senza
il quale l’altra parte non avrebbe concluso il contratto) e (artifizio senza il quale l’altro avrebbe
dolo incidente
concluso comunque il contratto ma a condizioni diverse)-->nel caso di dolo determinante, il rimedio è
l’annullamento, invece nel caso di dolo incidente, il contratto resta valido e la parte potrà chiedere solo il
risarcimento del danno. Questa distinzione non esiste in materia di violenza ed errore, tutte le minacce e tutti
gli errori, hanno la stessa conseguenza ossia l’annullabilità del contratto. In materia di violenza, il vizio
sussiste anche quando la violenza proviene dal terzo e non serve provare che l’altra parte sapeva della
violenza del terzo-->il contratto è annullabile ma questo non funziona in materia di dolo perchè bisogna
dimostrare che l’altra parte era a conoscenza del dolo del terzo.
È una conferma della disorganicità dei rimedi approntati dal legislatore, non in grado di tracciare una linea
e univoca nella tutela della volontà e dell’affidamento.
organica “Se i raggiri non sono stati tali da determinare il consenso, il contratto è
6° considerazione: art.1440cc:
valido, benché senza di essi sarebbe stato concluso a condizioni diverse; ma il contraente in mala fede
risponde dei danni” abbiamo detto prima, se l’inganno è tale da spingere l’altra parte
(dolo incidente)-->come
a concludere un contratto che avrebbe concluso comunque ma a condizioni diverse si avrà responsabilità
risarcitoria di tipo precontrattuale.
Ex art.2058, ove è possibile ci sarà il risarcimento in forma specifica rispetto alla forma per equivalente ossia
ad una somma di denaro. Sacco dice che se c’è violazione delle regole di correttezza e buona fede, il
risarcimento in forma specifica è quello di far venire meno il contratto ma nella pratica non è quasi mai
possibile e quindi il risarcimento è in denaro. Escluso il 2058cc, possiamo immaginare uno strumento che dia
all’ingannato/danneggiato una tutela maggiore di quella prevista dal codice? perchè il risarcimento del danno
ha funzione esclusivamente riparatoria del danno arrecato, all’ingiusta perdita patrimoniale e non cambia nulla
circa il grado di volontà di causare il danno. Questo rimedio potrebbero essere i danni punitivi, esistenti in
altri ordinamenti, in cui a fronte di un comportamento particolarmente riprovevole, bisogna sanzionare la
parte perdendo così la funzione riparatoria. Ci deve essere proporzione tra danno effettivo e danno punitivo
(1a7). In Italia, questo rimedio non esiste ma il problema che si è posto è stato quello di eseguire in Italia
sentenze americane che condannavano a danni punitivi. La corte d’appello dice che non è delibabile la
sentenza nella parte in cui riconosce il danno punitivo perchè è contrario ai principi di ordine pubblico
interno; nel 2015 le SU della Cassazione dissero che il risarcimento non ha funzione esclusivamente riparativa
di un danno all’altra parte quando agisca in mala fede ed questo è un danno
ex art.96 cpc-->liquidazione
considerato ormai non più contrario all’ordine pubblico ma tuttavia non è ammesso perchè dovrebbe
punitivo
intervenire il legislatore, i nostri giudici non possono liquidare danni punitivi se non in esecuzione a sentenze
straniere.
7° considerazione: abbiamo già detto che il legislatore disciplina i vizi in modo diverso tra loro e la questione
è: il legislatore pone dei limiti all’attivazione del rimedio previsto dalla legge (annullamento), per esempio
parlando dell’errore, questo deve essere essenziale e riconoscibile ed in caso contrario no annullamento MA
se l’errore non è essenziale ma è riconoscibile, allora in questo caso non si può chiedere il risarcimento dal
danno invocando una violazione dell’art.1337cc (no buona fede)?-->può funzionare come norma residuale
andando a coprire una lacuna normativa con un rimedio risarcitorio? NO, perchè il legislatore non prevede un
rimedio generale ma prevede solamente soglie minime/limiti di attivazione del rimedio quindi, nel nostro
caso, l’errore deve essere necessariamente essenziale e riconoscibile.
8° considerazione: i rimedi pe