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IL TEMPO DELLA STORIA

La contrapposizione tra la pienezza del tempo di Dio e l’illusorietà del tempo

dell’uomo.

Il tempo della cristianeità è diverso da quello della grecia antica: Kronos, il

tempo circolare e ciclico del mito classico contro Katechon, il tempo dilatato

della proiezione escatologica e apocalittica dell’esperienza terrena.

In questo nuovo modo di concepire il tempo che scorre, l’uomo può diventare il

motore della storia.

Tale cognizione del tempo, come tempo a termine, costituisce un ponte di

collegamento tra assoluto e divenire, fra Dio e mondo. Un ponte rivoluzionario

che come tale non è concepibile nella filosofia classica.

Il Katechon opera in una doppia prospettiva: da un lato detta il limite del

tempo, della storia, della politica e del diritto; dall’altro ospita dentro di sé la

pretesa di incidere sul tempo, sulla storia, sulla politica e sul diritto.

L’istituto del GIURAMENTO e il tempo

Il giuramento costituisce punto nevralgico di intersezione tra fede e politica, tra

religione e diritto, perché il ricorso ad esso in ogni civiltà, mira ad offrire

stabilità e certezza alla precarietà propria dei rapporti intersoggettivi.

Due tipi di giuramento:

_ horkos = è il giuramento greco-classico che crea un intangibile patto di

fedeltà giurata alla polis, proprio per istituire una correlazione sacra tra

cittadino e istituzione (la nazionalità della dimensione religiosa e la sacralità

dell’esperienza politica).

il giuramento è santo e bello

_ nolite jurare = non giurare (Vangelo di Matteo) è invece ciò che afferma la

tradizione giudaico-cristiana: il cristiano non può ricorrere al giuramento perché

commetterebbe il più grave peccato, l’aver nominato invano il nome di Dio.

il giuramento è illecito

E’ curioso, nel contesto della concezione lineare del tempo, come tempo a

termine, che la riflessione teologica, prima, e il nascente diritto canonico, poi,

abbiano lentamente ma inesorabilmente, finito per tradire la parola evangelica,

recuperando il giuramento.

Con Graziano e le Decretali che verrà sancita la legittimazione dell’istituto nelle

maglie dell’ordinamento canonico e i movimenti ereticali si opporranno

violentemente a ciò (il matrimonio per i protestanti è amore, ma contiene al

suo interno la naturalistica idea dell’inquietudine dell’amore).

MA pure all’interno di questi movimenti, ancorati a una lettura del Vangelo

intransigente e a un’idea del katechon atemporale e astorica, vi è una

contraddizione (si veda l’esperienza Valdese unita a quella luterana che

arrivarono ad ammettere la liceità del giuramento civile reso di fronte allo

Stato).

Se la gnosi cristiana aveva assunto atteggiamenti radicali, facendone

discendere l’accusa alla Chiesa cattolica di tradimento del messaggio

evangelico, viceversa il pensiero umanistico tede a una più equilibrata e laica

lettura delle fonti. Con il ragionamento critico di Erasmo da Rotterdam viene

rivisto l’istituto del giuramento sulla base del principio evangelico secondo cui

“interpretare una cosa con maggiore giustizia non vuol dire disapprovarla”.

In questo contesto emerge anche il problema del divorzio; ma che legame c’è

tra giuramento e rottura del matrimonio? Erasmo si chiede: perché, la Chiesa,

che ha temperato la condanna del giuramento, addirittura legittimandone un

uso responsabile, e non ha permesso il divorzio, quanto allo stesso modo si

ricorre ad esso non alla leggera? Erasmo considerava il matrimonio veritiero

quando si presentava come un legame tenuto assieme da sentimenti autentici

e reciproci, perciò il matrimonio che non è tenuto insieme da un reciproco

sentimento d’amore non meritava di essere definito tale. Allo stesso modo il

giuramento (e con riguardo ai preti senza vocazione).

Nell’ottica rinascimentale e laica di Erasmo si coniuga il rigore filologico e

katechon: rispetto delle fonti e storicità dell’approccio ermeneutico.

PASCAL E IL DIRITTO DEL PIU’ FORTE

Leggere Pascal significa affrontare il rapporto tra religione e mondo moderno in

Occidente.

Il pensiero moderno per un verso enuclea orizzonti ateistici ed erige nei

confronti del cattolicesimo barriere anticlericali, per altro verso si mantiene

ancorato nel nome della laicità, alla radice del dualismo cristiano. In

quest’ultimo caso si noti come Macchiavelli (il fondatore dell’assolutismo)

affermava che: “il maggiore bene che si faccia, e il più grato a Dio, sia quello

che si fa alla Patria”. L’autore fiorentino nel nome della sovranità dello Stato si

era mantenuto aderente all’alveo della tradizione romano-cristiana.

Il Cinquecento si era concluso con gli Essais di Montaigne, una summa laica che

dava una visione del mondo sull’orlo dell’abisso nell’immagine del cavaliere

indipendente e senza professione, privato ormai di ogni speranza o attesa di

Redenzione. E il Seicento, insanguinato dalle lotte dei trent’anni, vedeva

emergere le opere di grandi come Hobbes e Spinoza.

A Hobbes Pascal si affianca nella considerazione che tutto è peccato originale,

tutto è transitorio e iniquo nel tempo dell’uomo. La pace non è iscritta nel gene

dell’uomo per il semplice fatto che l’uomo non è buono, né generoso, né

rispettoso degli interessi altrui per sua natura. Essa pertanto costituisce una

conquista civile, ottenuta dal sovrano: talora con le arti della diplomazia, più

spesso con l’esperimento della forza.

All’interno del suo pensiero antidemocratico, Pascal critica le guerre civili,

affermando che esse sono le peggiori perché non sono indette dal sovrano con

la forza e proprio per questo generano enormi disordini.

Il diritto come espressione della forza.

Nel passo dei “quattro camerieri” Pascal dice che ha la precedenza chi ha

meno servitori al seguito senza la necessità di battersi in duello per decidere in

merito alla controversia.

Tradotto il passo in termini moderni: a un incrocio stradale, in cui convergono

più automezzi, chi ha la precedenza? Le soluzioni possibili sono solo due: (1) la

precedenza alla “destra” (che discende dalla radice giudaico-cristiana della

nostra civiltà, dove la mano destra è la mano di Dio) è l’impostazione

dogmatica adottata dalla maggior parte dei codici della strada degli

ordinamenti continentali; (2) la precedenza effettiva sulla base di chi arriva

prima in ordine temporale, impostazione (di ispirazione pragmatica) è quella

notoriamente fatta propria dagli ordinamenti giuridici di Common Law.

la soluzione offerta da Pascal è diversa da quelle sopradescritte: la

precedenza spetta al

soggetto più potente, ovvero a colui che ha al suo servizio un maggior

numero di servitori o,

se si preferisce, che dispone di automezzo più imponente, idoneo, come

tale, a subir minor

danno in ipotesi di collisione. Questo è un tema cruciale nell’illuminismo

giuridico e nella

concezione liberale del diritto: la certezza del diritto.

Pascal propone l’affermazione incondizionata del diritto del più forte, la

legittimazione più piena della ragion di Stato: “ E’ pericoloso dire al popolo che

le leggi non sono giuste, perché il popolo intanto obbedisce alle leggi in quanto

le ritiene giuste. Perciò, è necessario dirgli pure che bisogna obbedire alle leggi,

così come bisogna obbedire ai superiori, non perché sono giusti ma perché

sono superiori.” Come afferma Auerbach, tutte le istituzioni politiche si basano

sulla presunzione, sul caso e sulla violenza.

Secondo Pascal l’uomo si detta le regole del vivere civile in totale autonomia,

radica il diritto nella forza, libera la politica da ogni ascendenza etica o

religiosa.

Il katechon, la proiezione cristiana del tempo, una volta di più si ripropone e in

termini estremi: il katechon detta il limite della storia dell’uomo e del suo diritto

e ospita dentro di sé quel tempo, quella storia e quel diritto.

Quella di Pascal è un cristianesimo non religioso che riflette un pensiero

occidentale secolarizzato e piegato alle esigenze della tecnica moderna.

Con Pascal la laicità non corrisponde all’anti-clericalismo pure e semplice (che

poggia sull’idea che l’aristocrazia ed il clero sono forze politiche che vanno

vinte), ma la sua è una concezione del diritto che deve essere espressione

forte, espressione dello Stato e la Chiesa (diversamente) deve parlare un

linguaggio religioso e non giuridico-politico (indipendenza dal potere dello

Stato).

Lo spirito laico di cui si fa gran portavoce Pascal è: critico (non dogmatico);

problematico (aperto alla discussione); senza una Chiesa (senza una visione del

mondo a cui acriticamente adeguarsi).

L’ORTO DI CANDIDE

Nel capitolo d’apertura del “Candido o l’ottimismo” di Voltaire, egli ironizza sui

primi approcci amorosi del suo giovane eroe.

Candido, o l'ottimismo (Candide, ou l’Optimisme in francese), talvolta Candido, ovvero

l'ottimismo, spesso contratto in Candido, è un racconto filosofico di Voltaire che mira a

confutare le dottrine ottimistiche quale quella leibniziana. Lo scrittore francese fu stimolato

sicuramente dal terremoto di Lisbona del 1755 che distrusse la città, mietendo molte vittime.

Voltaire scrisse prima un poema sul cataclisma (1756) e successivamente redasse il Candido

(1759). Voltaire scrive il Candido in un periodo successivo a numerose persecuzioni nei suoi

confronti che l’hanno portato sulla via di una visione disincantata del mondo.

Nonostante la presa d’atto dell’esistenza del male, non risulta, comunque, che Voltaire nel

Candido esalti il pessimismo, quanto si limiti a stigmatizzare la pretesa di "vivere nel migliore

dei mondi possibili", precetto su cui Leibniz montò il cardine della propria filosofia. Non a caso

l'illuminista francese incarna nella figura del precettore Pangloss il filosofo tedesco, intento ad

istruire il giovane Candido a vedere il mondo che lo circonda con ottimismo, sebbene si

succedano in continuazione controversie e disavventure.

I personaggi del racconto di Voltaire:

Cunegonde è la discendente della baronessa Thunder-ten-tronckh

o Pangloss è il Tartufo (falso devoto) della situazione: il sedicente filosofo,

o oracolo di casa che cita Liebniz per sostenere che il mondo in cui viviamo

è il migliore dei mondi possibili

Pococurante è il riflesso della personalità dell’autore (Voltaire): uno

o scettic

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A.A. 2016-2017
16 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/11 Diritto canonico e diritto ecclesiastico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher iure notes di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Canonico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia o del prof Pacillo Vincenzo.