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I DIACONI
Con i vescovi e con gli stessi presbiteri cooperano quanti hanno ricevuto il grado del sacramento dell'ordine chiamato diaconato. È compito dei diaconi amministrare solennemente il battesimo, conservare e distribuire l'eucaristia, assistere e benedire il matrimonio, portare l'eucaristia ai moribondi (c.d. leggere la viatico), Sacra Scrittura ai fedeli, istruire ed esortare il popolo, presiedere al culto e alla preghiera, amministrare i sacramentali (impartire, cioè, determinate benedizioni), presiedere al rito funebre e alla sepoltura, dedicarsi alla carità e all'assistenza.
Queste funzioni sono spesso svolte direttamente dai sacerdoti sia perché la loro presenza può rendere non necessario il ricorso ai diaconi, sia perché il numero di questi ultimi è scarsissimo. Da secoli, infatti, il diaconato è stato praticamente ridotto a una fase del curriculum che porta al presbiterato sì che i.
chierici che sono già sposati, dall'altro impone ai sacerdoti celibi di mantenere il loro stato di celibato dopo l'ordinazione. Questa norma è stata oggetto di dibattito e discussione all'interno della Chiesa cattolica. Il celibato dei sacerdoti è considerato un dono speciale e un impegno totale a Dio e alla Chiesa. Essa rappresenta un segno di dedizione e di totale disponibilità al servizio di Dio e dei fedeli. Il celibato consente ai sacerdoti di dedicarsi completamente al ministero pastorale, senza le distrazioni e gli impegni che derivano dal matrimonio e dalla famiglia. Tuttavia, il celibato dei sacerdoti non è un dogma di fede e può essere oggetto di discussione e di possibili cambiamenti. Alcuni sostengono che il celibato sia una tradizione ecclesiastica che può essere modificata, mentre altri ritengono che sia un elemento essenziale del sacerdozio cattolico. Nel corso degli anni, sono state avanzate diverse proposte per consentire il matrimonio dei sacerdoti, specialmente per affrontare la carenza di vocazioni sacerdotali in alcune parti del mondo. Tuttavia, fino ad oggi, la Chiesa cattolica ha mantenuto l'obbligo del celibato per i sacerdoti. In conclusione, il celibato dei sacerdoti è un aspetto importante della vita ecclesiastica cattolica. Sebbene possa essere oggetto di discussione e di possibili cambiamenti, al momento rimane un requisito per l'ordinazione sacerdotale.coniugati, dall'altro proibisce ai presbiteri di sposarsi, stabilendo la nullità del loro eventuale matrimonio. Ora, se nulla impediva in linea di principio che il diaconato permanente fosse conferito anche a uomini sposati e appariva persino necessario prevedere questa possibilità allo scopo di trovare un adeguato numero di diaconi, vi era in molti padri la preoccupazione di evitare ogni eccezione che potesse intaccare la legge del celibato, aprendo la via ad una sua revisione anche per i presbiteri. Di fronte a questo dilemma, il Concilio ha adottato una soluzione stabilendo che il diaconato potrà essere conferito ad intermedia uomini di età matura anche viventi nel matrimonio e così pure a giovani idonei per i quali resterà però in vigore la legge del celibato. Nonostante queste aspirazioni fossero considerate con favore da alcuni vescovi, il Concilio non ha ritenuto di doverle accogliere e papa Montini le ha ampiamente criticate edecisamente respinte nell'enciclica "Sacerdotalis coelibatus", pubblicata nel 1967. In particolare, la Santa Sede si è dimostrata intransigente per quanto concerne il matrimonio dei sacerdoti già ordinati poiché, anche quando ha concesso la dispensa a quelli tra loro che desiderassero sposarsi, ha vietato nel modo più rigoroso che essi continuassero a esercitare le funzioni inerenti all'ordine sacro. Ha, invece, assunto un atteggiamento più possibilista circa l'ammissione di uomini sposati al presbiterato, permettendo che esso fosse conferito ad alcuni ministri coniugati di altre confessioni cristiane che avevano abbracciato il cattolicesimo. Gli altri ministri Secondo la disciplina del Codice pio-benedettino, quanti aspiravano al sacerdozio acquisivano, innanzitutto, lo stato clericale mediante un'apposita cerimonia, c.d. prima tonsura. In seguito ricevevano gli ordini minori (privi di carattere sacramentale), corrispondenti agliAntichi ministeri:
- L'ostiariato relativo alla cura delle porte della chiesa;
- Il relativo alla pubblica lettura della Scrittura durante l'lettorato;
- Le funzioni liturgiche;
- L'esorcistato relativo al compimento delle pratiche dirette a cacciare i demoni dagli ossessi;
- L'accolitato relativo all'assistenza al sacerdote nel servizio all'altare.
Ascendevano, quindi, al (considerato ordine maggiore suddiaconato come il diaconato e il presbiterato)
Queste disposizioni sono state profondamente innovate dal motu proprio "Ministeria quaedam" espresso da molti vescovi che nell'imminenza del Vaticano II avevano auspicato una radicale revisione della disciplina di tutta la materia.
Il documento pontificio ha infatti stabilendo che l'ingresso nello stato clericale avvenga con il diaconato, trasferendone le funzioni di carattere abolito il suddiaconato.
liturgico ai lettori e agli accoliti. Per quanto concerne gli ordini minori, è stato disposto che d'ora in poi essi siano e non siano più riservati ai candidati al sacerdozio, ma possano essere affidati anche a laici che li esercitino effettivamente e stabilmente. Tali ministeri nel diritto universale della Chiesa latina sono stati ridotti a 2: 1. Il lettorato: che attribuisce le funzioni di leggere la Scrittura durante le celebrazioni liturgiche, di guidare il canto e la partecipazione del popolo, di preparare i fedeli alla ricezione dei sacramenti. 2. L'accolitato: che comporta i compiti di assistere il sacerdote e il diacono nel servizio all'altare, specialmente nella celebrazione della Messa, e di distribuire, all'occorrenza, la comunione ai fedeli. La determinazione dell'età e delle doti richieste per essere ammessi al lettorato e all'accolitato (comunque riservati a battezzati di sesso maschile) è rimessa alleconferenze episcopali competenti per territorio che possono anche chiedere alla Santa Sede l'istituzione di altri ministeri quando li giudichino necessari o almeno molto utili per il bene dei fedeli nelle rispettive regioni.
CAPITOLO 4 - I FEDELI DELLA CHIESA
LO "STATUS" DI FEDELE
Il Concilio Vaticano II, definendo la Chiesa come il popolo di Dio, ha operato una profonda rivalutazione del significato dell'appartenenza a tale popolo. Ha, cioè, posto in piena luce quello status di fedele che è comune a tutti i battezzati e che, identificandosi con la stessa appartenenza alla Chiesa, costituisce il necessario presupposto di ogni più specifica posizione ecclesiale, connessa all'esercizio di una determinata funzione o alla pratica di un dato stato di vita.
Prima del Vaticano II, la società ecclesiastica veniva prevalentemente descritta come composta, per diritto divino, da categorie di soggetti nettamente distinte e diseguali in ossequio ad una
con il loro impegno alla missione della Chiesa. Il Concilio Vaticano II ha sottolineato l'importanza della comunione tra tutti i membri della Chiesa, riconoscendo che ogni battezzato ha un ruolo attivo e significativo nella vita della comunità. Non esiste più una concezione che metta in ombra la realtà globale della comunità cristiana o che accentui le differenze tra i vari livelli gerarchici. La gerarchia nella Chiesa ha una funzione specifica, ma non può esaurire la missione e il significato della Chiesa stessa. I chierici e i laici non sono due classi separate, ma sono strettamente legati tra di loro. La distinzione tra i chierici e i laici è di carattere funzionale, basata sulla diversità delle rispettive e specifiche funzioni. I sacri ministri sono al servizio degli altri battezzati, chiamandoli ad una attiva collaborazione. Allo stesso tempo, tutti i fedeli, nell'esercizio delle diverse funzioni loro affidate, contribuiscono con il loro impegno alla missione della Chiesa.Il nuovo Codice dedica dei canoni al popolo di Dio, che mirano a manifestare e incrementare l'unità del popolo di Dio.
La definizione di "fedele" è la seguente: "i fedeli sono coloro che, essendo stati incorporati a Cristo per mezzo del battesimo, sono stati costituiti in popolo di Dio e, resi così partecipi dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, sono chiamati a esercitare, ciascuno secondo la sua condizione, la missione che Dio ha affidato alla Chiesa da compiere nel mondo".
Questa formulazione può lasciare sconcertati per la sua sinteticità. In realtà, la norma in questione ha la sola funzione di rinviare ad una serie di insegnamenti del Vaticano II che vengono specificamente richiamati:
- il battesimo come incorporazione a Cristo,
- la Chiesa come popolo di Dio,
- la partecipazione di tutti i fedeli agli uffici di Cristo,
- l'universale missione di salvezza.
affidata alla Chiesa,• la responsabilità che compete a tutti i cristiani nella sua• realizzazione.
La condizione di fedele è collocata nel libro I (norme generali) titolo VI (le persone fisiche e giuridiche) del codice, in cui è previsto che«con il battesimo l’uomo viene incorporato alla Chiesa di Cristo ed è costituito in essa persona con i diritti e i doveri che, secondo la loro condizione, sono propri dei Cristiani in quanto siano nella comunione ecclesiastica e non vi sia una sanzione legittimamente inflitta».
A questa disposizione fa seguito una serie di norme relative a quelle condizioni che incidono sullo status delle persone fisiche quali l’età, l’uso di ragione, il domicilio, la consanguineità, l’affinità, il rito.
Il rilievo attribuito dalla nuova codificazione alla figura del fedele ha posto il legislatore di fronte ad un delicato problema: da un lato, occorreva specificare più
Accuratamente le• condizioni e le modalità dell’appartenenza alla Chiesa-popolodi Dio, dall’altro, tale determinazione doveva avvenire nel clima di• apertura ecumenica sancito dal Vaticano II.
Per adempiere a questo difficile compito, il Codice ha scelto di attenersi il più possibile alle enunciazioni conciliari. Così il canone 204 afferma che «la Chiesa, in questo mondo costituita e organizzata come una società, sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal successore di Pietro e dai vescovi in comunione con lui», mentre il canone successivo recita: in questa terra sono pienamente incomunione con la Chiesa Cattolica quei battezzati che nel suo organismo visibile.