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La problematica del diritto canonico come scienza teologica/giuridica
Il contatto con i diritti religiosi inevitabilmente solleva la questione del contatto con la teologia, cioè con quel tipo di visione della religione che c'è dietro l'esperienza dei diritti religiosi. A una determinata visione teologica che una determinata religione possiede corrispondono determinate scelte in materia giuridica. Capitava in maniera regolare fino agli anni '60-'70 del XX secolo, soprattutto in Italia, che i giuristi di diritto canonico si interessassero unicamente del dato tecnico, vedendo il diritto canonico come tutti gli altri diritti, potendo analizzarlo e studiarlo esattamente come tutte le altre esperienze giuridiche. Questa tendenza appartiene alla Scuola italiana classica e negli anni '50-'60 del XX secolo qualcuno inizia a comprendere che questo approccio risulta insoddisfacente, per due ordini di motivi: 1) Chi si trovava ad utilizzare il diritto canonico per le sue esigenze dicarattere pastorale ed ecclesiale si rendeva conto che il diritto canonico organizzato meramente come un complesso tecnico-giuridico era qualcosa che serviva molto poco, non servendo alla vita della Chiesa, alla vita dei pastori, non aveva una grande capacità di appassionare i fedeli alle regole del diritto canonico. Pian piano gli stessi pastori avevano cominciato a perdere la passione per questa materia.
C'era anche un'insoddisfazione esteriore. Un eccessivo appiattimento del diritto canonico sui diritti secolari ne riduceva la portata. Il diritto canonico finiva per essere schiacciato, appiattito. Ciò fa sì che la vera natura del diritto canonico rimanga celata, nascosta. Questo tipo di insoddisfazione iniziò a svilupparsi nell'area tedesca; l'area italiana invece era rimasta sempre molto fedele a questa visione tecnica del diritto canonico. Nell'esperienza italiana solo Pio Fedele, professore di diritto canonico a
Perugia, comincerà autonomamente a sviluppare una sua critica alla Scuola italiana e questa critica poi porterà a una riflessione interna alla scuola italiana. Nel mondo germanico l'approccio della scuola italiana al diritto canonico risultava insufficiente e non bastevole. I Tedeschi erano molto più provocati dalla questione della Riforma Protestante di Martin Lutero. Lutero era fortemente critico nei confronti del diritto canonico e fondamentalmente chiede allo Stato di dare alla Chiesa delle norme di funzionamento terrene, perché la Chiesa stessa non sarebbe in grado di darsele. I canonisti si rendono conto che si deve dare una risposta ai protestanti. La stessa struttura del diritto canonico che i canonisti tedeschi rielaborano deve dar conto di quelle critiche e questo porta ad un ripensamento strutturale della stessa idea del diritto canonico. Il diritto canonico non può essere ridotto ad una disciplina meramente giuridica, perché in séovviamente ha un rapporto strutturale e strutturato con la teologia. Inevitabilmente quello che è il diritto canonico deve essere ricondotto alla struttura teologica delle strutture, delle norme, delle istituzioni che stanno dietro questo diritto.
Il diritto canonico, dunque, è una scienza teologica che deve essere studiata con il metodo giuridico. Quindi il metodo rimane quello giuridico, ma è la natura del diritto canonico a non essere più ricondotta nell'alveo della giuridicità, il diritto canonico diventa una scienza di carattere teologico.
Il primo a sviluppare compiutamente queste idee è un giurista che si chiama Klaus Morsdorf (1909-89), professore di diritto canonico presso l'università di Monaco. Morsdorf usa al posto di diritto 'canonico', diritto 'ecclesiale', perché la fondazione del diritto ecclesiale deve partire dall'autocomprensione della Chiesa e non da una filosofia sociale.
Il diritto all'interno degli Stati nasce col fine di regolamentare la vita delle persone e nasce con un'idea programmatica di carattere politico. Le persone hanno dei problemi, il diritto cerca di porre in essere dei comportamenti di carattere giuridico, che cercano di risolvere questi problemi sulla base di una filosofia sociale e politica.
Secondo Morsdorf questo va bene per gli Stati, ma non per la Chiesa, che deve partire da quella che è la sua funzione, dalla funzione della Chiesa, dal mistero della Chiesa, da una realtà e non da una filosofia. La realtà della Chiesa, il punto di partenza da cui partire per strutturare una normativa che sia rispettosa dell'autocomprensione della Chiesa è il mistero dell'incarnazione, che significa che Gesù Cristo si sia incarnato in un uomo ed abbia vissuto nella realtà. Se Gesù si è incarnato diventando uomo, anche la Chiesa in quanto struttura umana, dev'essere una struttura visibile.
che comunica all'interno della società l'idea di una comunità di persone che continua a fondarsi sul messaggio di Cristo. La Chiesa visibile non si contrappone alla Chiesa spirituale che sta in un'altra dimensione, ma Chiesa visibile e Chiesa invisibile, Chiesa terrena e ultraterrena sono legate da una stessa struttura: così come Cristo si incarna nell'uomo, anche la Chiesa come popolo di Dio presente nel mondo esiste ed è legata alla dimensione strutturale e ontologica della Chiesa. Questa intuizione è importante perché è una risposta chiara ai Protestanti. I protestanti affermano l'impossibilità di immaginare una struttura giuridica perché la Chiesa è una realtà spirituale. Morsdorf invece afferma che la Chiesa non è solo una realtà spirituale, ma anche terrena, perché Cristo si è incarnato nell'uomo e questa realtà strutturale ha bisogno di unaregolamentazione che essa stessa si deve dare, altrimenti la stessa realtà visibile, concreta della Chiesa non potrebbe estrinsecarsi nel modo migliore. Gli elementi costitutivi di questa Chiesa visibile sui quali il diritto canonico deve fondarsi correttamente, secondo Morsdorf, sono due: la parola e il sacramento. La parola è il verbo di Dio rivelato da Cristo ed è il messaggio cristiano. La parola esiste come struttura obbligatoria nella Chiesa, perché esprime la volontà di Cristo nei confronti dell'uomo ed è qualcosa che dev'essere tramandata. Il compito del diritto è mettersi in relazione con la parola per assicurare il fatto che la parola di Dio venga a mantenersi salda e inalterata nel tempo. Il sacramento è il modo con cui ciò che viene udito attraverso la parola diventa percepibile dall'essere umano. Il sacramento è il gesto, lo strumento, la modalità, l'azione con cui la grazia di Dio viene comunicata all'uomo.Dio viene annunciata con la parola e viene a strutturarsi nella vita e nella realtà sensibile di tutti i giorni. Mentre la parola viene ascoltata, il sacramento è fatto di gesti che vengono percepiti e sia ciò che viene udito, sia ciò che viene percepito sono le strutture obbligatorie in cui l'attività della Chiesa si declina. Non ci può essere Chiesa se non ci sono parola e sacramento. Parola e Sacramento sono anche la base giuridica della Chiesa. La Chiesa esiste in quanto struttura giuridica perché esistono la parola e il sacramento. Se il diritto canonico ha il compito di mantenere salda e inalterata la parola, e se ha il compito di disciplinare il sacramento, parola e sacramento sono non solo la base del diritto canonico, ma sono collegati anche al diritto divino. Il diritto divino si esprime all'interno della realtà sensibile degli uomini anche attraverso la parola e il sacramento. Questo vuol dire secondo Morsdorf che laLa canonistica è una scienza teologica perché collega direttamente a Dio attraverso parola e sacramento, ma viene a esprimersi nella realtà attraverso un metodo giuridico. Il diritto canonico diventa segno visibile di una realtà invisibile. Le norme di diritto canonico sono un qualcosa di visibile, che però rimanda a un qualcosa di invisibile. Partendo da questa struttura generale abbiamo una risposta alla critica protestante, perché la Chiesa è vista non solo come una realtà spirituale essendo anche una realtà visibile e concreta, che si collega alla realtà invisibile e spirituale attraverso un comando di Dio che impone una regolamentazione tanto della parola, quanto del sacramento. Parola e sacramento sono i due strumenti su cui si basa l'attività della Chiesa, quindi il diritto canonico è legato alla necessità di normare, di regolamentare il fatto che la parola venga trasmessa compiutamente nel tempo.
che il sacramento sia disciplinato secondo le modalità più adatte alla sua natura, affinché questo sia davvero manifestazione della grazia di Dio nella realtà.Questo tipo di impostazione per la Scuola Italiana classica è un' impostazione che è molto lontana dalla tradizionale impostazione, perché non si sta parlando di un diritto che si struttura sulla base di una esegesi tecnica della norma. Inevitabilmente la strada del diritto dello Stato e del diritto della Chiesa iniziano a divergere, perché dietro c'è tutta una realtà teologica. (SETTIMA LEZIONE)
Quando Morsdorf parla di 'autocomprensione' della Chiesa e del suo legame con la struttura del diritto canonico non bisogna dimenticare che per molto tempo la grande idea è stata che il diritto canonico, così come gli altri diritti religiosi, potesse essere studiato all'interno della scienza giuridica, così come si studiano tutti.gli altri diritti secolari, statuali. Morsdorf afferma invece che il diritto canonico è strutturato in relazione alla comprensione essenziale della Chiesa, cioè non può esistere un diritto canonico che sia staccato da questa comprensione essenziale della Chiesa stessa. Il diritto canonico è dunque diritto salvifico, cioè diritto che porta alla salvezza, poiché è lo strumento di Dio per la missione affidata alla Chiesa per la salvezza degli uomini. Il diritto secolare, statale è un male necessario, una struttura necessaria per garantire la pacifica coesistenza tra gli uomini: senza il diritto non sarebbe possibile regolare in modo ordinato le diverse volontà degli uomini e quindi tutti i diritti nascono col fine di preservare la pace sociale. Invece il diritto canonico è strumento di salvezza, che mostra la via per raggiungere la salvezza.