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LE PROCEDURE INTERISTITUZIONALI PER L'ADOZIONE DI ATTI DELL'UNIONE

1. Considerazioni generali.

Con il termine procedura interistituzionale si intende la sequenza di atti o fatti provenienti da più di un'istituzione, richiesta dai Trattati affinché la volontà dell'Unione si possa manifestare attraverso determinati atti giuridici (il carattere interistituzionale è dato dal fatto che gli atti giuridici risultano dalla combinazione degli interventi di più istituzioni, in particolare di quelle politiche). I Trattati prevedono numerose procedure interistituzionali. Alcune riguardano soltanto l'approvazione di atti specifici: la procedura di bilancio e la procedura per la conclusione di accordi internazionali. Le procedure più frequentemente utilizzate non si distinguono invece in funzione della natura del potere esercitato dalle istituzioni coinvolte o in relazione al tipo di atti da adottare. Un'identica procedura può

risultare pertanto applicabile per atti di varia specie (ad esempio stessa procedura applicabile sia ad atti di portata generale che di portata individuale). La Costituzione corregge questo difetto d'origine prevedendo una "procedura legislativa ordinaria". La distinzione tra le procedure di applicazione generale risulta piuttosto dal ruolo che in essa spetta alle varie istituzioni, in particolare al Parlamento (potere consultivo nella procedura di base mentre potere di codecisione nella procedura omonima). Il modello di procedura da seguire influisce anche sui modi di deliberazione delle varie istituzioni (ad esempio quando è applicabile la procedura di codecisione il Consiglio può generalmente deliberare a maggioranza qualificata). Per stabilire quale procedura vada seguita di volta in volta, occorre definire la base giuridica dell'atto che si intende adottare. Occorre cioè individuare la disposizione dei Trattati che attribuisce alle istituzioni ilpotere di adottare un determinato atto. Sarà ladisposizione così individuata a indicare la procedura decisionale da seguire. La correttaindividuazione della base giuridica di ciascun atto è operazione estremamenteimportante e delicata (conflitti tra istituzioni, in particolare tra Consiglio eParlamento/Commissione). La corretta individuazione della base giuridica dipendedall'analisi di alcuni elementi oggettivamente rilevabili dall'atto, tra i quali soprattutto loscopoc e il contenuto. Secondo la Corte di giustizia infatti "la scelta del fondamentogiuridico di un atto non può dipendere solo dal convincimento di un'istituzione circa loscopo perseguito, ma deve basarsi su elementi oggettivi suscettibili di sindacatogiurisdizionale". Nel caso uno stesso atto persegua una pluralità di scopi o presenticontenuti differenziati la base giuridica va dedotta dal c.d. centro di gravità dell'atto,senza tener conto di scopi ocomponenti secondari. Qualora non sia possibile determinare il centro di gravità dell'atto esso dovrà avere una base giuridica plurima, consistente in tutte le disposizioni del Trattato corrispondenti ai suoi vari scopi o ai vari contenuti. Se tali disposizioni prevedono procedure decisionali diverse, ai fini della scelta della base giuridica, si dovrà:
  1. preferire la disposizione di portata più generale;
  2. evitare di scegliere una base giuridica che pregiudichi i poteri di partecipazione del parlamento alla procedura decisionale.
Qualora l'istituzione competente decida di definire in un atto soltanto "gli elementi essenziali dell'emananda disciplina" (atto di base) e affidi ad un atto diverso le "disposizioni di attuazione" (atto di attuazione), non è necessario applicare ad entrambi questi atti la procedura decisionale prescritta dall'articolo del Trattato per l'atto di base. L'atto di base può

È legittimamente disporre che l'atto di attuazione sia adottato attraverso una procedura semplificata affidata alla medesima istituzione o mediante delega alla Commissione.

La procedura di base. L'art. 250, a differenza degli artt. 251-252, si limita a disciplinare i poteri rispettivi della Commissione e del Consiglio quando il secondo è chiamato dal TCE ad adottare un atto su proposta della prima. La combinazione dell'art. 250 e delle altre disposizioni citate dava pertanto vita ad una sorta di procedura che può essere detta procedura di base. L'art. 250 trova infine applicazione ogni qual volta il TCE prevede che il Consiglio adotti un atto su proposta della Commissione, ma non prescrive l'utilizzo di una diversa procedura. La procedura di base è anche denominata procedura di consultazione, con riferimento al ruolo del Parlamento che, nei casi in cui applicabile l'art. 250, si limita a esercitare poteri di tipo meramente consultivo.

Tuttavia la consultazione del Parlamento non è sempre prevista, per cui non sempre la procedura di base è anche procedura di consultazione. (Con l'inserimento nel TCE degli artt. 251 e 252, che disciplinano rispettivamente la procedura di codecisione e quella di cooperazione, si è posto il problema di definire i rapporti tra l'art. 250 e i citati articoli. Secondo la tesi accolta i principi contenuti nell'art. 250 non troverebbero applicazione quando il TCE richiama l'art. 251 o l'art. 252. Tuttavia con riferimento al par. 2, dove si parla di "procedure che portano all'adozione di un atto comunitario", la frase sembrerebbe alludere a tutte e tre le procedure decisionali, e ciò renderebbe applicabile anche nell'ambito delle procedure di cooperazione e di codecisione il potere della Commissione di modificare e di ritirare la proposta finché il Consiglio non abbia deliberato definitivamente. Non c'è dubbio.

Invece che il par. 1 non sia applicabile al di fuori della procedura di base). La procedura si apre con la proposta della Commissione, alla quale il TCE riconosce un potere generale ed esclusivo di iniziativa, essendo considerata portatrice dell'interesse generale della Comunità. La proposta della Commissione fa dunque da contrappeso alladeliberazione del Consiglio, che esprime gli interessi particolari dei singoli Stati membri. L'esclusività del potere di iniziativa della Commissione è andato attenuandosi col tempo essendo stato riconosciuto ad altre istituzioni il potere di sollecitare proposte. L'art. 192. 2 TCE riconosce tale potere al Parlamento europeo (la mancata presentazione di una proposta sollecitata dal Parlamento potrebbe indurlo ad approvare una mozione di censura ai sensi dell'art. 201 TCE). Analogo potere di sollecitazione viene riconosciuto anche al Consiglio dall'articolo 208 TCE. Proposte possono essere sollecitate anche da parte

Di altri organi, ed in particolare dal Consiglio europeo. Si ricordi che le proposte della Commissione prima di giungere al Consiglio passano attraverso il filtro del COREPER.

L'art. 250, par. 1. TCE limita il potere del Consiglio di modifica della proposta della Commissione. Soltanto il consenso dei rappresentanti di tutti gli stati membri consente al Consiglio di discostarsi dalla proposta della Commissione (dal termine "emendamento" utilizzato dall'art. 250 si può desumere la volontà di limitare il potere del Consiglio, nel senso che questi non possa allontanarsi in maniera radicale dalla proposta. Ciò infatti significherebbe deliberare senza proposta della Commissione, quindi violazione di forme sostanziali e conseguente annullabilità mediante ricorso ai sensi dell'art. 230). Il fatto che il Consiglio possa emendare la proposta della Commissione soltanto all'unanimità, potrebbe causare una situazione di stallo (l'art.

250 par. 2 perevitare tale rischio prevede che " fintantochè il Consiglio non ha deliberato, la Commissione può modificare la propria proposta in ogni fase delle procedure che portano all'adozione di un atto comunitario "). Tra i poteri riconosciuti alla Commissione dall'art. 250 par. 2 rientra anche il potere di ritirare la proposta.

La fase della consultazione viene prevista da singole disposizioni del TCE, che specificano di volta in volta se, per l'adozione di atti di determinate materie, il Consiglio debba assumere il parere di un'altra istituzione o organo, ed in particolare del Parlamento europeo. Esistono tre tipi di parere: parere facoltativo (l'ipotesi si verifica quando la disposizione in base alla quale il Consiglio intende agire non prevede la consultazione del Parlamento europeo ma il Consiglio ne chiede comunque il parere, il quale è facoltativo e non vincolante potendosene quindi il Consiglio liberamente discostarsene)

parere consultivo (la consultazione del Parlamento è richiesta dalla disposizione del Trattato rilevante. Il parere è obbligatorio ma non vincolante) parere conforme (procedura limitata a pochi ma importanti casi, introdotta dall' AUE, in cui il parere del Parlamento è obbligatorio e vincolante. In realtà quando è richiesto il parere conforme del Parlamento, il potere deliberativo non appartiene più soltanto al Consiglio, ma è condiviso con il Parlamento, come avviene nella procedura di codecisione prevista dall'art. 251. Tuttavia nella procedura di parere conforme il Parlamento si limita ad approvare o a respingere l'atto). La giurisprudenza della Corte di giustizia ha contribuito ad accrescere grandemente l'importanza della consultazione del Parlamento, affermando che essa è lo strumento che consente al Parlamento l'effettiva partecipazione al processo legislativo della Comunità. La consultazione del Parlamento,

quando richiesta dal Trattato, deve essere quindi una consultazione effettiva e regolare. Il TCE ammette la possibilità di stabilire un termine per l'emanazione del parere del Parlamento soltanto in materia di accordi internazionali. Al di fuori di questa materia nessun termine è previsto. Tuttavia si deve ritenere che, pur in mancanza di un termine previsto dal TCE, il Parlamento sia tenuto, in osservanza al principio di leale collaborazione con le altre istituzioni, a emanare il parere entro un termine ragionevole e a tenere conto delle eventuali richieste avanzate dal Consiglio per ottenere una delibera urgente. L'esigenza di una consultazione effettiva e regolare si avverte anche qualora il Consiglio intenda deliberare un atto diverso da quello sul quale il Parlamento è stato chiamato ad esprimere il proprio parere, se quindi la consultazione sia sufficiente o si renda invece necessaria una seconda consultazione. Il principio è il seguente: il parere del Parlamento deve essere richiesto e tenuto in debita considerazione in tutte le fasi del processo decisionale.Parlamento deve essere dato sull'atto poi effettivamente adottato dal Consiglio. Se, pertanto, dopo la consultazione del Parlamento, il Consiglio decide di apportare modifiche all'atto, queste modifiche devono essere sottoposte nuovamente alla consultazione del Parlamento.
Dettagli
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A.A. 2007-2008
90 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/14 Diritto dell'unione europea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher melody_gio di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto dell'Unione Europea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Barel Bruno.