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19.03.2014
LEGGE 29 GENNAIO 2014, N. 5 (CONVERSIONE DI DECRETO IMU-BANKITALIA)
Con questa legislazione la BI non è stata privatizzata, è stato semplicemente normato uno status quo,
prevedendo che i soggetti che partecipano debbano avere una determinata natura giuridica. Possono
essere soltanto banche, società di assicurazioni e istituti ed enti di previdenza. Perché nell’ottica di
aprire le banche al mercato si è limitata la partecipazione a BI solo alle banche? Ci potevano essere
altri soggetti finanziari. Non sembra esserci un argomento giuridico. Nel 1936 il segmento finanziario
era sostanzialmente coincidente con quello finanziario, oggi nel 2014 non è più così e si poteva
stimolare lo spostamento del baricentro del nostro sistema finanziario. Quindi forse è possibile che
l'intenzione del legislatore sia stata quella di tutelare ancora le istanze di questo tipo di soggetti.
Ritenendo che le banche siano investitori istituzionali di medio-lungo periodo più stabili di altri soggetti
finanziari, anche se di fatto non è sempre così. Inoltre si deve trattare di soggetti con sede legale e
direzione generale nei territori della repubblica italiana. Si vuole quindi mantenere un collegamento
funzionale tra BI e soggetti vigilati, collegamento di tipo territoriale comprensibile e giustificato.
La perdita del requisito della italianità prevede come conseguenza due sanzioni
1. Congelato il diritto di voto relativo alle quote in partecipazione
2. Obbligo da parte della banca di alienare la propria quota partecipativa (art. 4, comma 4bis
l. n. 5/2014)
Sembra si sia cercato di avvicinare la disciplina giuridica delle quote partecipative della BI alla
disciplina delle azioni di una SPA, mutuando soluzioni di disciplina che il TUB prevede per le SPA
bancarie. La sospensione del diritto di voto è prevista dal legislatore anche nelle società quotate in
caso di particolari inadempimenti da parte dei soci. Nell’articolo 4 troviamo già una svista del
legislatore: i diritti agli utili rimangono, ma perché se si perde il diritto di voto? Gli utili e i dividendi che i
soci percepiscono hanno una decisa consistenza, a differenza del diritto di voto. Il rimedio potrebbe
essere quello di imputare i dividendi del partecipante che ha perso il requisito della territorialità a
riserve statutarie. Inoltre si qualificano i partecipanti al capitale della BI come azionisti!! Le quote di
partecipazione alla BI non sono azioni anche se molto vicine.
Un altro elemento di novità è l'introduzione di un limite al possesso delle quote partecipative al
capitale della BI (3% del capitale della BI). Qual è la ratio? Un tema è quello di evitare concentrazioni
di potere in capo ad una o più banche. Inoltre si vuole evitare la percezione che ci sia un soggetto
bancario che possa influenzare l'attività della BI. Sostanzialmente non sarebbe possibile ma è
necessaria oltre all’indipendenza vera e propria della BI anche una percezione pubblica della stessa,
la percezione dunque che la BI non sia controllata da uno o più soggetti bancari. È infatti
fondamentale oltre all'indipendenza effettiva anche quella di percezione. L’altro aspetto è poi che il
legislatore ha voluto dare un incentivo ad aprire il capitale della BI. Il capitale deve essere frazionato e
si tratta di un incentivo ad aprire il capitale al mercato.
1. Evitare concentrazioni di potere
2. Evitare la percezione di concentrazioni di potere
3. Aprire il capitale al mercato PRIMA
Non cera nessun limite al possesso partecipativo. Molti soggetti avevano iniziato a detenere importanti
quote del capitale della BI. I primi due soci sono ancora Intesa San Paolo e UniCredit. In realtà però
anche prima c'erano meccanismi che non consentivano concentrazioni di potere: un meccanismo di
voto scalare (derogato il principio generale di “una quota, un voto”, da una quota a 100 quote il voto
era proporzionale, da 100 a 500 quote un voto, un voto extra per ogni 500 quote in più), limite
massimo di 50 voti per ogni socio. Il valore nominale di una quota era di € 0,52, 300.000 quote su €
156.000 di capitale. Vi era anche la soglia massima alla distribuzione degli utili, nel senso che
nessun associato poteva ricevere utili superiori al 10% del capitale della BI. Quindi vi erano limiti sia ai
diritti di voto sia ai diritti patrimoniali.