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I FINI DETERMINATI DALLA LEGGE ED È RETTA DA CRITERI DI ECONOMICITA’, DI EFFICACIA, DI
IMPARZIALITA’, DI PUBBLICITA’ E TRASPARENZA, SECONDO LE MODALITA’ PREVISTE DALLA SEGUENTE
LEGGE E DALLE ALTRE CHE DISCIPLINANO SINGOLI PROCEDIMENTI, NONCHE’ DAI PRINCIPI
DELL’ORDINAMENTO COMUNITARIO; LA PA, NELL’ADOZIONE DI ATTI DI NATURA NON AUTORITATIVA,
AGISCE SECONDO LE NORME DEL DIRITTO PRIVATO, SALVO CHE LA LEGGE DISPONGA DIVERSAMENTE; I
SOGGETTI PRIVATI POSTI ALL’ESERCIZIO DI ATTIVITÀ AMMINISTRATIVE ASSICURANO IL RISPETTO DEI
PRINCIPI DI CUI AL COMMA 1; LA PA NON PUÒ AGGRAVARE IL PROCEDIMENTO SE NON PER
STRAORDINARIE E MOTIVATE ESIGENZE IMPOSTE DALLO SVOLGIMENTO DELL’ISTRUTTORIA.
La locuzione “persegue i fini determinati dalla legge”, sta a significare che l’amministrazione non può
stabilire essa stessa i fini da raggiungere, ma che li deve ricevere dal legislatore. Quest’ultimo a sua volta,
deve perseguire i fini che sono stabiliti in costituzione, potendo anche perseguirne altri li non contenuti,
fermo restando il divieto di perseguimento di fini ad essa incompatibili. Ex d.lgs. 165/2001, una volta che il
legislatore abbia stabilito degli obiettivi, spetta agli organi di governo il potere di indirizzo politico
amministrativo della PA, ossia quello di stabilire i traguardi da attuare concretamente, con un livello di
maggiore specificazione di quanto stabilito dall’autorità parlamentare, passando quindi il compito ai
dirigenti generali delle PA, ai dirigenti di settore, ecc.. Detto ciò, la legge ha altresì il compito di stabilire i
mezzi di cui la PA può disporre al fine di adempiere ai suoi compiti; difatti, senza una relativa legge di
autorizzazione, i poteri amministrativi non possono essere usati. All’art 3 della L 241 è stabilito l’obbligo per
la PA di inserire, nei propri atti, una congrua motivazione, la quale in primis indichi i presupposti di fatto e le
ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione di emissione (i presupposti di fatto sono dei requisiti
stabiliti dalla legge perché l’atto emanato sia legittimo, e se ne accerta l’esistenza per mezzo di una fase
istruttoria).
Importante prima di tutto è il principio di Tipicità: i poteri e gli atti amministrativi sono tipici non possono
esisterne di atipici ed arbitrari; tipiche sono altresì le eccezioni, come le ordinanze contingibili ed urgenti,
che la legge autorizza in base ai soli presupposti di fatto, senza però indicarne il contenuto, la cui
individuazione è rimessa, entro determinati limiti, all’autorità competente. Tipici sono quindi i presupposti
ed i procedimenti per la loro adozione, e tutto ciò in fondamentale garanzia dei cittadini, i quali sono così
protetti dall’eventuale arbitrarietà dell’azione amministrativa.
Il principio di legalità non è espressamente sancito in costituzione, ove sono solo annoverate una serie di
riserve legislative; pertanto la dottrina ha tentato di ricavarlo dall’analisi comparata di diversi articoli: L’art
97 cost comma 2 stabilisce che, I PUBBLICI UFFICI SONO ORGANIZZATI SECONDO DISPOSIZIONI DI LEGGE,
IN MODO CHE SIANO ASSICURATI IL BUON ANDAMENTO E L’IMPARZIALITA’ DELL’AMMINISTRAZIONE
(intesa come apparato e come attività); l’art 113 comma 1 stabilisce poi che CONTRO GLI ATTI DELLA
PUBBLICA AMMINIISTRAZIONE È SEMPRE AMMESA LA TUTELA GIURISDIZIONALEDEI DIRITTI E DEGLI
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INTERESSI LEGITTIMI […]; in via generale poi l’art 23 stabilisce che NESSUNA PRESTAZIONE PERSONALE O
PATRIMONIALE PUÒ ESSERE IMPOSTA SE NON IN BASE ALLA LEGGE (e pertanto la PA per limitare la sfera
personale o patrimoniale di un cittadino deve disporre di una autorizzazione legislativa che ne stabilisca
limiti e condizioni), e l’art 76 che l’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al governo se
non con determinazione dei principi e dei criteri direttivi, per un tempo limitato ed oggetti definiti.
Particolare ragionamento si basa sull’art 101 cost, il quale stabilisce che i giudici sono soggetti soltanto alla
legge: ciò significa che, in collegamento con l’art 113, un interesse (diritto soggettivo o interesse legittimo)
è ritenuto violato da un atto amministrativo solo se questo è (o comunque si pensa che debba essere
dichiarato) illegittimo, ossia sia in contrasto con una disposizione di legge.
Il principio di legalità può pertanto essere sintetizzato nella necessità della conformità degli atti
dell’amministrazione alla legge. Ma cosa si intende per conformità? La dottrina ha elaborato tre significati:
uno debole, per cui è conforme alla legge l’atto che sia ad essa compatibile, e pertanto sarà genericamente
conforme “alla legge” anche l’atto che regoli un ambito non disciplinato previamente dalla legge; uno
mediano, per cui è conforme alla legge l’atto che sia da questa autorizzato, ossia che in essa trovi il suo
presupposto normativo; un senso forte, per cui è conforme alla legge l’atto che abbia forma e contenuto da
essa predeterminati. Oggi bisogna ritenere esatta la accezione forte, per cui la legge, anche per
collegamento all’art. 76, deve sempre disciplinare compiutamente i poteri dell’esecutivo. La stessa corte
cost. ha ribadito l’illegittimità per violazione del principio di “LEGALITA’ SOSTANZIALE” delle leggi che
attribuiscano un potere alla pubblica amministrazione, senza l’indicazione di alcun criterio direttivo per il
suo esercizio o con formulazioni indeterminate. Tale soluzione è anche ricavabile dall’art 117 cost, comma
2 lett f) e g), ove è stabilito che lo stato ha legislazione esclusiva nelle materie riguardanti gli organi dello
stato […], l’ordinamento e l’organizzazione amministrativa dello stato e degli enti pubblici nazionali, da cui
discende il chiaramente che non è ammissibile l’esercizio di una potestà regolamentare senza una
previgente base legislativa.
Viene quindi ad avere rilevanza la questione sulla riserva di legge, per cui, ove viga riserva assoluta, la
materia può essere disciplinata solo dalla legge (ed al massimo applicata-eseguita dai relativi regolamenti),
ove viga quella relativa, allora è riservata alla legge solo l’individuazione dei principi generali della materia,
potendo autorizzare una fonte di livello regolamentare ad integrarne la disciplina (nella trattazione non
rientrano però le materie non riservate alla legge e da essa non regolate, che, anche se in generale possono
essere coperta da regolamento governativo ex L 400/88 , ciò non riguarda la materia del diritto
amministrativo, per il già visto art. 117 cost.).pertanto il legislatore non può demandare compiti alla
pubblica amministrazione senza determinarne con una certa chiarezza e specificazione le finalità, i
presupposti, il procedimento ed il contenuto. Fermo ciò, la legge ordinaria non deve nemmeno espropriare
il potere esecutivo, e quindi i regolamenti, dalla loro funzione attuativa e di specificazione, disciplinando la
fattispecie concreta ed eludendo i principi della generalità ed astrattezza: una legge che abbia tali
caratteristiche, e che secondo una certa parte della dottrina sono incostituzionali, è detta “legge-
provvedimento”. Secondo la maggioranza della dottrina le leggi-provvedimento sarebbero illegittime in
quanto in contrasto con il principio della divisione dei poteri; essa, indicando direttamente i destinatari dei
suoi effetti, viola il principio di eguaglianza, nonché l’art 113, in quanto ciò renderebbe impossibile per i
soggetti che abbiano subito un pregiudizio a causa sua di ricorrere al giudice per la ottenerne la
disapplicazione. Nonostante ciò, la corte cost. fino ad oggi ha ribadito la piena capacità del legislatore ad
emanare leggi di carattere particolare, in quanto ciò non è contrario, a suo parere a quanto disposto in
costituzione; la stessa corte ha però rassicurato che, per il loro carattere fortemente “rischioso”, tali tipo di
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norme sono sempre soggette ad un severo scrutinio in particolare sotto i profili della non arbitrarietà e
della non irragionevolezza.
Abbiamo già detto che in base al combinato disposto degli artt. 101 e 113, possono esercitare azione
contro un atto della PA solo coloro che abbiano subito un pregiudizio ad un diritto o interesse a causa di
questo, ritenuto ingiusto in base alla violazione di una legge ordinaria . in generale, un provvedimento
amministrativo è annullabile quando è adottato in violazione di legge o è viziato da eccesso di potere o
incompetenza; ex L 15/2005 NON sarà però annullabile il provvedimento, anche se adottato in violazione di
norme sul procedimento, il cui contenuto non sarebbe stato diverso anche se quelle regole fossero state
rispettate (ciò in base al fatto che non vi sarebbe alcuna regione di un interesse privato a ricorrere contro
un provvedimento i cui effetti comunque non muterebbero anche a seguito di una pronuncia favorevole
della magistratura).
Si è già detto che, in base al principio di tassatività, discendente da quello di legalità sostanziale, la legge,
nell’attribuire alla PA un potere, deve stabilirne i presupposti, il procedimento, gli effetti e la funzione
specifica; in base a ciò, nelle ultime riforme, si è avviato un processo di tipizzazione di tutti quei poteri,
considerati precedentemente “impliciti”, in quanto ricompresi in altro poteri attribuiti dal legislatore alla
PA; oggi comunque su molti punti in merito la giurisprudenza è ancora incerta. Anche le ordinanze,
generalmente a contenuto “tendenzialmente libero”, al fine di consentire la necessaria elasticità per
riparare a casi di urgenza, sono oggi valutate secondo il rispetto di determinati principi, quali quelli di
legalità, tipicità, contingibilità (ossia non prevedibilità dell’evento che abbia creato l’urgenza) ed urgenza, la
limitatezza degli effetti nel tempo, nonché l’indicazione della motivazione.
Nonostante ciò, è evidente ormai la sempre più marcata distanza che il nostro legislatore ha cominciato a
prendere nei confronti dei principi della generalità e dell’astrattezza, distanza che se non altro è
parzialmente recuperata dal principio di RAGIONEVOLEZZA, elaborato dalla corte costituzionale partendo
dall’art 3 cost., e che in concreto consiste nel fatto che la legge non deve compiere distinzioni irrilevanti, o
che comunque non deve discriminare fra le persone per ragioni che non hanno un nesso con lo scopo della
legge.
I principi comunitari
Come visto, l’art 1 della l 241/90,